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Autore: _ki_    20/07/2009    2 recensioni
Una piccola DracoxHermione. Ambientata alla fine del settimo anno scolastico, in un mondo che vive senza il terrore di Voldemort. E' la mia prima ff su questa coppia, quindi tutti i consigli e anche le critiche sono ben accetti. Spero possa piacervi com'è piaciuta a me mentre la scrivevo. Baci.. _ki_
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita a volte riserva per te sorprese che non ti saresti mai aspettato.

Sono qui, seduta nel tavolo di Grifondoro, in mezzo ai miei amici. Manca poco alla fine della scuola, questa è una delle ultime serate che passerò in questo castello. Ho sempre amato Hogwarts, ho sempre aspettato trepidante il giorno in cui salire sull’espresso e raggiungere questo posto meraviglioso. Sapevo fin dal principio che la mia vita sarebbe cambiata, qui a Hogwarts. Come avrei potuto immaginare cosa più giusta? E dire che la professoressa Cooman mi trova priva dell’Occhio Interiore. A me sembra di averne avuto abbastanza, formulando questi pensieri, sette anni fa.

La mia vita è cambiata, eccome se è cambiata. I miei amici, il mio modo di fare, il mio carattere, i miei sentimenti, sono tutti cambiati. Io, probabilmente, sono cambiata. E parecchio.

Per esempio, sette anni fa non avrei mai pensato che adesso, qualche giorno prima di lasciare per sempre questa scuola, sarei stata così immensamente felice di trascorrere questi ultimi momenti con i miei amici. È così bello vedere Ron, Harry, Ginny, Neville e tutti gli altri Grifondoro che tranquilli mangiano su questa tavolata come una vera famiglia. È così rilassante vedere che, anche se presto non saremo più in contatti così stretti, tutti riusciamo comunque ad essere tranquilli e a scherzarci sopra.

Oh, be’, forse non proprio tutti. Vedo una persona, in questa lunga tavolata, che non si sta affatto divertendo come dovrebbe. Questa persona è alta, ha una chioma di capelli bruni arruffati, ha il viso triste come fosse appena morta una persona, gli occhi dorati spenti della solita luce che li anima, l’espressione estremamente vuota.

Ma il punto è che è davvero morta una persona. Sì, è morta l’Hermione Granger che tutti conoscono. È morta quella ragazzina spensierata e intelligente che si aggirava per le mura di questo imponente castello sempre con un libro sotto braccio, il sorriso con i denti davanti lievemente più grandi, pronto per esibirsi a chiunque avesse voglia di vederlo. È morta quella ragazza un po’ impacciata ma coraggiosa che ancora si definiva una brava studentessa, quando ha infranto insieme ai suoi amici del cuore più regole dei gemelli Weasley messi insieme (oh, be’, meglio non essere troppo esagerati...).

È morta, Hermione Granger, è morta appena poche ore fa.

Ancora non ci riusciva a credere, Hermione, quando sei spuntato dal nulla, appena poco prima dell’ultima ora della serata, l’hai afferrata per un braccio e l’hai trascinata in una stanza che sapevi fosse vuota. Quando hai chiuso la porta a chiave, ti sei voltato con una lentezza snervante e hai puntato i tuoi occhi grigio cielo sui suoi oro. Non ci credeva, quando hai incominciato a parlare con lentezza, ostentando una calma che sapevi perfettamente di non possedere, mascherando il tuo dolore con l’indifferenza, il tuo amore con l’odio.

E alla fine, quando le hai spiegato -ancora con la tua aria da finto tranquillo, a cui lei non ha abboccato neanche per un istante- che non la volevi più vedere, ha sperato ardentemente che questo fosse tutto un sogno. Che tu, addirittura, fossi stato solo un brutto sogno. Voleva svegliarsi, voleva ritrovarsi ancora nella casa dei suoi genitori babbani che l’hanno condannata ad anni interi di tuoi insulti, la mattina del giorno in cui sarebbe partita per la prima volta con l’espresso per Hogwarts. Ma questo, come potrai ben sapere, non è accaduto.

Perché tu, anche se difficilmente Hermione l’avrebbe ammesso, sei reale. E realmente l’hai ferita, poche ore fa.

Quando te ne sei andato, aprendo la porta con circospezione e assicurandoti che nessuno ti vedesse, non ti sei dato neanche la pena di lanciarle un ultimo sguardo, per vedere in che stato le tue parole tanto false l’hanno ridotta.

Ma ora ne devi fare i conti, perché davanti a te, a tre tavolate di distanza, un suo patetico sosia più reale del normale ha preso il suo posto. E non c’è nessuno che ti impedisce di guardarla, perché il suo sguardo ti perseguiterà, anche se cerchi di nasconderti dietro qualche tuo amichetto. Perché quando l’hai guardata, per qualche misero istante, hai sentito il rimorso stritolarti le budella e renderti per un attimo vulnerabile. Perché anche tu hai provato qualcosa, mentre i suoi occhi ormai spenti del loro solito fuoco incrociavano i tuoi, freddi e imperforabili come il ghiaccio. E io lo so.

Io, la patetica imitazione della Grenger d’allora, ho visto il tuo viso. Io sono riuscita a leggerti. Perché io, ormai, dopo tutto questo tempo, ti conosco. E il tuo sguardo era inconfondibile, mentre con falsa compostezza, mi guardavi per quel piccolo istante, mentre il sorriso forzato che ormai sei abituato a fare ti spariva da quelle labbra meravigliose che ormai non potrò più assaporare. Io ho capito quello che provavi. E non era quello che si può definire indifferenza allo stato puro.

Sono qui, seduta al tavolo di Grifondoro a cui ormai sento di non appartenere più, a mangiare cose di cui nemmeno mi accorgo, a seguire discorsi di amici che non riconosco, a pronunciare parole che non mi toccano, a guardarti come fossi l’unica cosa al mondo che ha bisogno del mio interesse. E tu svincoli il mio sguardo, tu fissi ostinatamente dappertutto tranne che verso di me, verso i miei occhi spenti, verso il mio viso ancora segnato dalle lacrime che tu hai causato, verso di me come sosia di quella che ero allora.

Sono felice. Felice che tu non mi guardi. Perché un tuo guardo, adorante o sprezzante che fosse, mi distruggerebbe per sempre. Perché hai già fatto troppo, mi hai già arrecato abbastanza dolore per una vita intera, e non mi serve un’altra prova per capire che è tutto finito. È tutto finito. Che amarezza, sentir dentro la mia testa queste tre parole. Che dolore, guardare ancora una volta il tuo viso e non poterlo sfiorare. Che delusione, non poter più scontrare il mio sguardo con quello tuo, acceso da un sentimento che mai più rivedrò.

Quasi mi aggrappo all’ancora che Ginny mi getta, parlandomi e catturando per la prima volta la mia vera attenzione, distogliendomi dalla mia contemplazione.

«Per tutti i gargoyle, Hermione. Dimmi cosa ti succede!» il suo tono sa di suppliche.

Suppliche.

Basta davvero solo una parola per ritornare a pensare a te? Ancora mi riaffiora l’immagine della me di poche ore fa, quella che ha cercato di capire ciò che tu, freddo e impeccabile come tuo solito, cercavi con disprezzo di farle assimilare.

Ricordo le sue suppliche, mentre tu voltavi il capo e non permettevi al suo sguardo di incontrare i tuoi occhi di ghiaccio...

«Sto benissimo Ginny. Non capisco di cosa ti preoccupi» il mio sguardo è ancora vago, ma assumo un’espressione un po’ più controllata per ingannare la mia amica. Con uno sguardo assai poco contento, Ginny ritorna a mangiare. Per fortuna, non avrei retto a un terzo grado da parte sua.

Di nuovo il mio sguardo corre senza indugi verso il tuo posto, dove tu hai ripreso ad affettare con disprezzo le patate del tuo piatto. Come puoi disprezzare anche un semplice piatto di patate? Come puoi non sopportare quello che mangi? Eppure il tuo sguardo è chiaro, quello che provi è disprezzo. Forse lo provi per qualcun altro? Per me, forse? O per te, per quello che mi hai fatto e ancora adesso continui a farmi?

Sicuramente per me. O, semplicemente, forse mi sbaglio. Forse quello che colgo nel tuo sguardo non è disprezzo. È solo la mia immaginazione, che galoppa veloce per non concentrarsi troppo su di te. Sì, è solo la mia mente malata. Malata di te...

Mi alzo. Ho sopportato troppo a lungo questo supplizio, è giunto ora il tempo di porre fine a tutto questo. Ginny alza lo sguardo verso di me, come fanno anche Ron e Harry.

«Dofe fai?» mi chiede Ron, la bocca piena di patate. Le patate che tu stai sminuzzando con tanta cura e odio...

Non rispondo. Il mio sguardo indugia un attimo su Harry, l’unico che sa. Ma non mi fermo molto, non rifletto più come prima, ultimamente. In realtà, il mio cervello ha smesso di pensare come si deve da qualche ora... cosa ti ricorda? Sì, c’entri sempre tu.

Incomincio a camminare. Non mi interessa dove sto andando, l’unica cosa che mi importa è mettere quanti più metri posso tra te e me. Il resto può aspettare. Non mi accorgo di dove sto andando finché non sono giunta a destinazione. E qui il mio cuore (se ancora quella pietra pesante ricucita con lo scotch che mi ritrovo nel petto si può chiamare tale) fa un bizzarro salto della morte. Anche le mie budella, ancora strette nella morsa di ghiaccio che mi ha coperto il corpo, sembrano fremere per quello che mi si para davanti. Come se, in conseguenza a quello che sarebbe dovuto essere un gesto umano, volessero attorcigliarsi per l’agitazione.

La torre di Astronomia. Qui il luogo dove per la prima volta ci siamo incontrati. O, per meglio dire, ci siamo conosciuti. Qui dove abbiamo passato gran parte del nostro tempo libero, dove abbiamo imparato ad apprezzarci, a convivere, ad ama...

Non ho il coraggio di finire questa frase, neanche dentro alla mia mente malata. Le lacrime stanno già lottando contro quel poco di dignità che mi resta in corpo per uscire e far capire ai muri che mi rinchiudono qui quanto mi senta male.

Il dolore è forte, pulsa ogni istante più prepotente, mi preme sul cuore come se non avesse altro obbiettivo che distruggerlo per sempre. Forse era questo il tuo obbiettivo, distruggermi. Forse il tuo è stato tutto un tranello per farmi cascare nella tua trappola. Forse non mi hai mai sul serio amat... considerata, forse è stata tutta una messinscena per far morire un’altra sporca Mezzosangue.

Spero che non sia così, perché allora le tue doti d’attore sono davvero una meraviglia. Come si potrebbe simulare con tanta naturalezza il dolore che tu mi hai fatto capire di provare, mentre in quella vecchia stanza in disuso mi dicevi quanto mi disprezzavi?

La prima cosa che la mia mente agogna fare è urlare. Urlare fino a farmi sentire nella Sala Grande, dove tu ed i tuoi amichetti Serpeverde consumate un piacevole pasto prima di ritirarvi nei vostri caldi letti e programmare chi distruggere domani con le vostre notevoli capacità di odiare.

Ma non lo faccio. Non mi sono ancora ridotta così in basso, anche se forse non dovrei parlare, io...

I miei occhi saettano dubbiosi per tutto il perimetro della stanza, cercando chissà che cosa, poi lo trovano. Un posticino pulito vicino al muro, un posto per accogliere il mio dolore silenzioso e le mie lacrime. Mi avvicino silenziosa, mi accovaccio per terra ed esalo un lungo, frammentato sospiro. Ecco, i singhiozzi giungono puntuali nel mio petto e mi fan fremere il corpo. Qualche attimo e anche le lacrime sommergeranno il mio fragile corpo martoriato. Spero che tu mi veda, prima o poi, ridotta in questo stato pietoso solo per qualche tuo stupido capriccio di cui non sono e mai vorrò venire a conoscenza. Spero che tu veda come le lacrime inondano il mio viso, come i singhiozzi mi scuotono il corpo con violenza, e mentre gli occhi assumono una sfumatura vermiglia e si gonfiano stringo convulsamente le mani sulle mie braccia, conficcandomi le unghie nella carne e facendo così scorrere lento il mio sangue che tanto tu ti dai da fare per classificare impuro. Spero proprio che tu veda, una volta ogni tanto, come il tuo essere bambino mi ha ridotta. Perché, ti assicuro, non ci si sente molto bene così e se tu -per puro caso, ovviamente- volessi alleviare un po’ le pene di questa sporca Mezzosangue con il tuo nobile animo da Purosangue di prim’ordine, sappi che la mia porta (oh, me che porta, il mio cuore!) sarà sempre aperta.

Lente come gocce di pioggia in una serata di primavera, le lacrime salate del mio dolore scorrono sul mio viso, tracciando percorsi invisibili che bruciano come fossero fuoco. Sento che potrei morire, ora, in questa squallida torretta per le osservazioni notturne delle stelle, per questo dolore. Ma non lo faccio, perché -non mi chiedere cosa perché non lo so- c’è qualcosa che ancora mi lega a questa terra. Forse (ed è il forse più remoto che abbia mai sentito) è perché ancora il mio cuore frantumato spera che tu ti accorga dell’errore commesso e venga da me a chiedere perdono.

La mia idea è così stupida che ai singhiozzi e alle lacrime si aggiunge una risata senza allegria. Tu, il Purosangue per eccellenza, che viene da me a chiedere perdono. Sì, devo proprio essere accecata dal dolore per formulare pensieri così maledettamente privi di ogni logica. Ma, come ho detto prima, la logica ha abbandonato questo corpo quando tu hai abbandonato quella stanza...

Qualcosa di diverso da un singhiozzo attraversa il mio corpo. Ero così concentrata nel mio dolore e nei miei pensieri, che il rumore dei passi mi giunge solo ora alle orecchie. Chi sta arrivando in questa parte remota del castello per vedere cosa succede? Che qualcuno, passando accidentalmente, abbia sentito i miei singhiozzi? Impossibile, dato che le scale per arrivare in cima alla torre sono numerose e la distanza non permette ai suoni di giungere fin nei corridoi del castello. Forse... qualcuno che mi cercava? Impossibile, chi cercherebbe mai l’ombra di una ragazza che sembra più un fantasma che una persona normale? Sarebbe da pazzi. Sarebbe da me.

Un altro rumore, notevolmente più vicino, mi fa compiere un altro balzo. Ora sono in piedi, e senza volerlo ho tirato fuori la mia bacchetta magica. Quando la testa appare dalla porta della stanza, il mio cuore sembra riprendere vita. Com’è possibile che tu sia qui? Come sei potuto venire qui mentre... mentre sapevi che io me n’ero andata?

Il mio sguardo, sorpreso, addolorato e irato al contempo, scruta ogni particolare della tua figura e non ti lascia neanche un attimo di tregua. Ora che ti ho davanti, affrontare il mio dolore sembra molto più semplice. Difficile, invece, è controllare la rabbia che potente mi assale.

«Hermione...». No, non posso sopportare questo nome pronunciato da te con tanto dolore. A che gioco giochi, Purosangue? Prima mi odi, poi mi ami, poi mi disprezzi e poi mi cerchi? Non è da te, Malfoy.

I tuoi occhi, forse per la prima volta da tempo, si soffermano sui miei con improvviso interesse. Cerchi forse di farmi capire tutto quello che non hai abbastanza fegato di dire con un semplice sguardo? Non basterà, non basterà per nulla.

«Avrei... ehm... io...» com’è buffo assistere mentre le tue parole si mostrano incoerenti come le tue emozioni, Malfoy.

Il mio sguardo non dev’essere dei più tranquilli, perché quando di nuovo i nostri occhi si scontrano ti vedo molto preoccupato. O è un’altra finta, Purosangue? Stai ancora facendo l’attore, o hai abbandonato la scena e ora provi ad essere un po’ una vera persona?

«Tu mi disgusti» le parole mi escono così, in fretta, con cattiveria. Il mio sguardo le conferma, perché ti vedo fremere. Hai paura di una Mezzosangue? Non l’avrei mai creduto, Malfoy. Nel silenzio che dopo la mia semplice frase si è creato sento il tuo respiro affannato. Cos’è, ora ti preoccupi dei miei sentimenti, Purosangue? Ora mostri interesse per quello che il mio povero cuore da Mezzosangue prova per te, Malfoy? Se non fossi così irrimediabilmente arrabbiata, forse mi verrebbe in mente che se così fosse avrei almeno un mese di prese in giro per te, mio caro Serpeverde.

Il tuo sguardo si fa come oscurato da un pesante velo. Che ti succede, Malfoy? Ti senti forse offeso? Be’, mi pare che fosse ora che qualcuna delle tue passate esperienze provasse un po’ a ribellarsi. O tu credi che tutte vogliano fare questa fine dopo essere state usate da te? Mi dispiace solo per essermi illusa così tanto, brutto Purosangue dei miei stivali.

«Io non volevo» sussurri. Ah, non volevi?

«Peccato che l’hai fatto, allora» anche il mio è poco più di un sussurro. Dubito che, comunque, con questo silenzio tu non sia riuscito a coglierlo. Ammutolisci. Cosa vorresti dire, Serpeverde? Forza, qualunque cosa è assai gradita, purché tu la smetta di fissarmi con quegli occhi così pieni del tuo falso dolore.

«Credevo... tu... io non...»

«Non ha importanza quello che credevi» sibilo. È strano, assomiglio molto più io ad un serpente, che tu, in quest’istante. Ma l’ira è folle, e spesso quando se ne è accecati accadono strani fatti inspiegabili. «L’importante è quello che è accaduto. E non mi pare che sia stata una delle storie migliori. Per lo meno, io il lieto fine non l’ho ancora scorto». Questo tutto quello che ho da dire. Ora vorrei solo potermene andare da qui. Mi accorgo solo adesso di avere ancora la bacchetta puntata contro di te. Sono indecisa. L’abbasso? O magari ti colpisco con una bella fattura talmente potente da stordirti per un mese? Sono incerta su cosa fare...

«Ti devo spiegare...». I miei pensieri sono bruscamente interrotti da queste parole. Cosa mai vorrai spiegarmi tu, che sembravi già aver detto tutto, in quella stanza abbandonata? Sento la rabbia invadermi tutto il corpo, trasmettere una piacevole sensazione di calore. Quasi non odo le parole che la mia bocca sputa fuori come bestemmie, urlandole ai quattro venti, in modo che possano rimanergli per bene incise nel poco cervello da Serpeverde Purosangue che ti ritrovi.

«Non mi interessa un accidente delle tue spiegazioni! A me sembra che tu sia stato abbastanza chiaro oggi pomeriggio, non ho bisogno di ulteriori chiarmenti! Tieniti i tuoi pensieri per te, Malfoy, io non li voglio più!» e tremo. Tremo di rabbia repressa, tremo di voglia di vendetta. Tremo di paura. Paura che tu ora possa andartene, voltare i tacchi e allontanarti con un ultimo fruscio del lungo mantello. Allontanarti da me, non farti più vedere. Perché io non voglio che te ne vada, voglio che resti qui, perché è l’unico modo che ho per sfogarmi e sentirmi in qualche modo sempre appartenente a questo strano, oscuro mondo.

Deglutisci. Scorgo il tuo pomo d’Adamo fare su e giù mentre la saliva ti scorre in gola. I tuoi occhi sono più espressivi di sempre, ma non oso guardarli per paura di quello che potrei scorgerci.

Ti avvicini. Il mio sguardo si fa perplesso. Dove trovi il coraggio di farti avanti mentre io sfogo tutta la mia rabbia? Mentre ho la bacchetta puntata dritta sul tuo petto? Devi essere matto, non ci potrebbe essere altra soluzione plausibile.

«Lascia che ti spieghi, io...». Ma non ho la forza per ascoltare ancora le tue parole. Un altro passo avanti, ed io un passo indietro.

«Non mi interessa, qualunque cosa tu voglia dirmi. Vattene, non ti voglio più vedere» dico, la voce di nuovo ridotta ad un sussurro. Non capisco cosa mi succede. Un attimo prima ti voglio qui, accanto a me, per urlarti dietro tutto il mio rancore e poterti al contempo guardare ancora, parlarti, come non succede da questo pomeriggio, mentre l’attimo dopo ti voglio via, il più lontano possibile da me.

«Dammi il tempo di...».

«Sparisci dalla mia vita Malfoy! Non ti voglio più vedere, non ti voglio più neanche sentire! Sta’ lontano da me!». Mi volto. Non voglio più vederti. Non voglio più farmi vedere. Le lacrime premono con forza devastante per uscire, forza che io non riesco a contrastare. E così incomincio di nuovo a piangere, a singhiozzare, sempre conscia che dietro di me una persona mi osserva, mi ascolta. Ma non mi interessa più, ora voglio solo sfogarmi e magari così capirai finalmente come mi sento.

«Hermione...». Ancora. Non sopporto più il mio nome pronunciato da te.

«Vattene...» sembra una preghiera, quella che ora mi esce dalle labbra. Cosa mi succede? Dov’è tutta la mia grinta, il mio spirito guerriero? Persi, come ho perso te. Quando ho perso te.

Non sento muoverti. Sei ancora lì, dietro di me, a guardare la mia schiena scossa dai singhiozzi? O te ne sei andato, veloce e silenzioso come solo tu puoi essere? Spero tu te ne sia andato, non voglio ferirti fisicamente per farti capire quanto non sei desiderato, in questo momento.

«Guardami» semplice, diretta, una parola che esce dalle tue labbra perfette quasi come una supplica. Tu, tu che supplichi me? È davvero uno scandalo.

Scuoto il capo. Non ti voglio più guardare, mai più. Ma tu sei ottuso, non hai capito che ormai non c’è più niente che mi possa far cambiare idea. Mi prendi per una spalla, mi fai girare a forza. La tua presa è forte, troppo, forse, e mi fa male.

Cerco di divincolarmi. Non mi arrendo, non in questo. Dovrai far molto più di supplicarmi per convincermi, Malfoy. Cerco di girarmi di nuovo, di fuggire alla tua stretta, ma sembra che tu abbia proprio intenzione di farmi male, perché oltre a rafforzare la stretta alla spalla, con la mano libera mi fai girare del tutto e, con davvero poca eleganza, te lo devo dire, mi sbatti contro il muro dietro di me. Fa male. Un dolore acuto mi attraversa la schiena. Perché sei diventato così violento, Malfoy? Eppure una volta, anche se probabilmente solo per finta, eri così dolce...

Non ci devo pensare, no!

Ti sei avvicinato. Sento il tuo respiro solleticarmi il viso. E sento il tuo profumo. Il tuo maledetto profumo che sa di fresco, di pulito, di limpido...

Mi sento persa. Persa nel tuo sguardo. Perché non ho fatto in tempo, presa alla sprovvista, a distogliere lo sguardo dai tuoi occhi glaciali. E ora sono incatenata, sono immobilizzata da queste due pozze argentate...

Leggo dentro ai tuoi occhi angoscia, dolore, tristezza... stai ancora mentendo, Malfoy? Sei in grado di mentire anche guardandomi negli occhi? Riesci a mascherare le tue reali emozioni anche con lo sguardo? Sei davvero un bastardo...

E, mentre il mio sguardo è inevitabilmente incatenato al tuo, mentre le tue braccia mi bloccano tutte le possibili vie d’uscita, appoggiate al muro ai lati della mia testa, mentre il mio cuore incomincia di nuovo a battere furioso, quel cuore che credevo aver perso per colpa tua... tu incominci a parlare.

«Devi perdonarmi, Hermione» la tua voce è così morbida, suadente... ma probabilmente stai ancora recitando. Apro la bocca, pronta a zittirti, ma riesci a precedermi. «E non mi interrompere. Lasciami finire, per la barba di Merlino» la tua espressione scocciata, per un secondo, fa riaffiorare nel mio volto l’ombra di un sorriso stiracchiato. Ma dura troppo poco perché tu te ne accorga appieno. Continui.

«Non sai com’è stato difficile, per me, guardarti, poco fa, nella Sala Grande. Non riesci a comprendere l’immenso dolore che mi ha sommerso... e non pensare che non dica il vero, perché è proprio quello che penso. Anche se, per come mi sono comportato, non si direbbe... ma non importa, perché ora ti spiegherò tutto. Mi arrendo, non ci riesco. Ho bisogno di te, non riesco a starti lontano. E...» una smorfia compare sul tuo bel viso, così vicino al mio che potrei sfiorarti con le labbra senza neanche accorgermene... «Non mi interessa. Credevo che lasciandoti avrei fatto la cosa migliore. Tu non potevi restare con me, con i tuoi amici che mi odiano e... e quel Weasley che ti fa la corte... io credevo che lui... in lui avresti trovato qualcuno meglio di me. Anche se, be’, devo ammettere che è difficile trovare qualcuno migliore di me...» l’ombra del ghigno che mi sono abituata a scorgere nel suo volto affiora sul tuo viso d’angelo. Non riesco a credere alle parole che sto sentendo. Non riesco a capirci più nulla. «Ma, insomma, io credevo che, dopo un paio di giorni, saresti riuscita a dimenticarmi,» (apro la bocca per replicare che no, non sarei riuscita a dimenticarlo, ma il suo sguardo supplicante mi fa desistere) «ma evidentemente non avevo calcolato quello che provo io. Insomma, lo sai che non sono proprio quello che si potrebbe definire “altruista per eccellenza”... Lo sai come sono fatto, non riesco a non fare quello che voglio. E io voglio te, sempre e comunque» -il mio cuore fa un balzo inaspettato- «Quelle parole, quello che ti ho detto prima, nella stanza... io non le pensavo. Non pensavo neanche una delle cose che ti ho detto. Soprattutto l’ultima, sai, io ti amo sul serio...» -un altro balzo del mio cuore rianimato- «non potrei mai odiarti... e quella scusa che era stato tutto un gioco, che volevo solo divertirmi... be’, quella è stata la cazzata più grande che sia mai uscita dalle labbra. Sai, appena sono uscito e mi sono allontanato di qualche passo dalla porta avevo già voglia di ritornare dentro e dirti che non è vero, che io ti amo... ma volevo provare, volevo vedere se riuscivo a starti lontano, per un po’. Insomma, volevo lasciarti un po’ vivere... perché sapevo che non avremmo mai potuto avere un futuro, che noi siamo gli opposti... Che non dovremmo neanche pensare di stare insieme... volevo lasciarti una vita normale, con un ragazzo normale, da amare senza problemi, non da nascondere in pubblico... e anch’io forse volevo provare a star lontano da te, non dovermi nascondere...» una smorfia prende il posto del mezzo sorriso di pochi attimi fa. Non ti riconosco, e non capisco. Cosa stai dicendo? Cosa vogliono dire tutte queste parole che stai accavallando le une sulle altre? Non riesco a concentrarmi come si deve, sono così persa nel tuo sguardo... «Ma ho capito che è tutto tempo sprecato. Pensa, se non avessi avuto quest’improvvisa idea di rendere la vita più complicata ad entrambi, ora saremmo fuori un qualche posto appartato a sbaciucchiarci... che stupido. E se lo dico io è vero, fidati! Vorrei non averlo mai fatto... me ne pento così tanto... Mi... mi potrai mai perdonare?» hai finito di parlare? Oddio, non me ne sono minimamente accorta...

Passano alcuni secondi. Leggo dal tuo sguardo impaziente la voglia che hai di sentirti dire “Sì, sei perdonato” e baciarmi, finalmente. Ma io ancora non capisco.

«Quindi noi ora siamo qui, come due deficienti, a guardarci negli occhi, solo perché tu hai voluto provare a stare senza di me?» ecco quello che non capisco. Il tuo viso si fa allarmato, e ne hai pienamente il diritto. I tuoi occhi lampeggiano come segnali d’allarme, mentre nei miei scatta quel fuoco che da tanto non sentivo...

«Tu mi hai fatto penare per tutto questo tempo solo per fare un esperimento?» ti urlo in faccia. Tu ti ritrai. Leggo il terrore nel tuo sguardo.

«Io... io volevo solo... insomma tu...»

«Sei uno stronzo Draco, capito?» urlo ancora, mentre calde lacrime scorrono sul mio viso. Un attimo dopo, ti sono saltata addosso, ed ora cerco di baciare ogni parte del tuo viso che riesco a raggiungere. Non ti preoccupare, vedo dal tuo sguardo allarmato e al contempo confuso che non riesci a capire cos’è successo, ma neanche io lo afferro a pieno. Una cosa è certa, però, ed è che io non ti voglio più perdere.

Dopo pochi attimi, cominci a capire che ti ho perdonato. Mi stringi a te, mi baci con passione, come da ieri sera non facevi. Mi sei mancato, mi sei mancato terribilmente. E non ti voglio più vedere lontano da me...

«Oh» il rumore di qualcosa di morbido che sbatte contro qualcosa di altrettanto duro ci costringe ad interrompere il nostro momento di felicità. Guardo il punto da cui proviene il rumore con sguardo omicida allo stato puro. Certo, questo prima di scorgere...

«Harry!»

«Potter». Al contrario del mio, il tuo tono fa trasparire tutto il disprezzo e l’odio che provi nei confronti del mio amico. Be’, come biasimarti, dato che ci ha appena interrotti...

«Ehm... scusate io... io ti stavo cercando, Hermione, e... e so che spesso vieni qua e quindi volevo... ehm, sono venuto a controllare...». Gli occhi di Harry incontrano quelli tuoi, furenti.

«Ehm... io, io credo che me ne andrò via adesso... sì, ecco, meglio che me ne vada...» e in un attimo è già scomparso dietro alla porta e se l’è chiusa alle spalle. Resto qualche secondo a fissare imbambolata il legno dietro cui è appena scomparso il mio migliore amico, poi tu (ri)incominci a baciarmi e mi distraggo dalla mia contemplazione.

I tuoi baci dolci mi sfiorano il collo, le guance, il naso, la fronte, poi finalmente arrivano alle labbra. E, quando le nostre bocche si uniscono dopo un giorno di attesa, sento che potrei toccare il cielo con un dito. Come ho fatto ad arrabbiarmi con te, prima? Come ho potuto porre quella sciocca domanda, appena pochi attimi fa, quando avevo la tue labbra ad un palmo di naso? Come ho potuto fare a meno di questo contatto per ventiquattro ore intere senza impazzire? Be’, non mi interessa, ora non ne farò più a meno, a costo di incollarti a me per tutta la vita.

«Hmm... vieni... hmm... con me... giù?» ti chiedo, mentre prendiamo fiato tra un bacio e l’altro. Le tue sopracciglia si aggrottano in un modo meraviglioso, che ti rende bellissimo.

«Giù? Perché? Abbiamo tutto il tempo e lo spazio che vogliamo, qui... e mi sei mancata troppo per non poterti stare continuamente accanto...» e mi baci ancora. Ma non hai capito.

«Ma giù si sta meglio... all’aperto, al fresco... io qua ho caldo...» mi fermo, ed un rossore istantaneo m’imporpora il viso. Tu te ne accorgi, e la tua espressione si fa ancora più dubbiosa.

«Hai caldo? Ma... ma fuori non possiamo stare insieme...». Sorrido. Ecco il punto.

«Chi ti ha detto che non possiamo stare insieme?» chiedo, una nota di malizia che non sapevo di avere nella voce. Ti blocchi, e mi guardi. Hai capito.

«Io... ma tu vuoi?». Predo un respiro.

«Sì, voglio» un sussurro, il mio. «Ma tu vuoi?».

Hai capito. E mi sorridi.

«Certo che voglio». Il tuo volto raggiante mi dà la forza necessaria per affrontare quello che stiamo facendo. Quello che abbiamo deciso di fare. Insieme.

«Allora voglio andare fuori. E far capire a tutti quanto ti amo...». Il respiro ti si blocca in gola. Appena mi accorgo di quello che ho detto, anche il mio fa lo stesso. E il rossore al viso è assicurato. Non te l’avevo mai detto...

Poi, dopo un istante di esitazione, sorridi.

«Certo. Andiamo a dire a tutto il mondo quanto ci amiamo».

Non mi sono mai sentita così leggera. Com’è bello sentire quelle poche parole... sei troppo, troppo importante per la mia vita.

«Non ti azzardare più ad andartene senza di me».

E ridi.

«Mai più» è la tua conferma. E io so che non è una bugia.

 

 

 

Hola... ed eccomi qui, con una nuova storiella, questa volta su Harry Potter. Questa storia, come avrete certamente capito, è ambientata negli ultimi giorni di scuola dei nostri protagonisti. Qui non c’è Voldemort o, se c’è (e io non c’ho ancora pensato per ora, quindi non saprei dirvi con certezza) è stato eliminato prima di quest’anno.

Vorrei ringraziare le gentilissime persone che hanno aggiunto le mie storie precedenti tra i preferiti o seguiti... e vb anche quelle che hanno recensito, ma in questo momento mio padre mi ha minacciato di staccarmi il computer se non chiudo, quindi non ho tempo... avverto quelli che seguono la mia ultima storia “Due vite, un unico sogno” che ho perso completamente l’ispirazione, perché ho passato un periodo dei più neri totali, ma cercherò in questi giorni di postare l’ultimo capitolo per non avere più quella storia sulla coscienza.

E ora, che altro dire, se non “Recensite, pls *me fa la faccina con gli occhi dolci*”.

Bene, nient’altro da aggiungere, credo...

 

Baciotti _ki_

   
 
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