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Autore: DarkShinigami    23/02/2019    0 recensioni
< –Vuoi giocare con me? - chiese la bambina dai capelli turchesi. Lui stupito e leggermente rosso sulle guance rispose:
-N-non dovresti stare con me: sono pericoloso. La gente non vuole mai stare accanto a me! E…- poi lo interruppe. –Neanche con me i bambini vogliono giocare. –
“Ma… come è possibile? Non ha il potere della sabbia come me. Perché dovrebbero trattarla male?” >
Di seguito quella notte.
< -Gaara! Gaara che stai facendo? – ma non la sentiva. Era assorto nella sabbia, nelle sue urla. Si stava pressando la sabbia sopra l’occhio sinistro. –Gaara, che hai? Non farti male, ti prego! Gaara! - e si gettò nel turbine di sabbia. >
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Nel Villaggio della Sabbia, a Suna, un bambino se ne stava da solo sull’altalena. Era sera, ma i bambini continuavano a giocare a palla, tutti tranne lui. Gaara era diverso dagli altri bambini, ma ancora non era stato corrotto dal potere della sabbia, dal demone che viveva in lui. Nonostante avesse solo cinque anni, il rosso conosceva già la sofferenza della solitudine, quel “dolore del cuore” come lo chiamava lui, lo aveva da sempre accompagnato: nessun bambino voleva giocare con lui, nessun adulto osava rimproverarlo per paura che il demone Tasso si risvegliasse. Fin da quando aveva memoria, Gaara era sempre stato solo, e quella sera non era da meno… o così pensava.

Ecco che uno dei bambini aveva calciato il pallone troppo forte, e la palla rimase in cima ad un muro molto più alto dei pargoli, e con la sabbia incastrata nelle fessure dei mattoni che lo formavano, era impossibile persino scalarlo. Tuttavia ecco che il pallone scese, dolcemente, senza che alcun filo di vento lo avesse spostato: era la sabbia di Gaara che accompagnava la sfera tra le sue piccole mani. Con un sorrisetto dolce, il piccolo chiese loro:

-Volete giocare con me? - e inesorabilmente la risposta non fu, in effetti, una vera e propria risposta:

-Correte! - e se ne andarono, tentavano di scappare. Ma Gaara era triste, era arrabbiato. “Io… non voglio più essere solo!”, acchiappò per le gambe una bambina, la più lenta del gruppo, e questa urlava e piangeva dalla paura, dal dolore della pressione che la sabbia esercitava sulla sua caviglia. Il bambino tentò di prendere un altro del gruppo, ma a quel punto intervenne lo zio ad impedire che la situazione peggiorasse. –Y-Yashamaru! - disse sorpreso il bambino.

-Gaara, basta… ti prego. Smettila per favore. - era dolorante, ma sapeva ciò che era giusto da fare, e il piccolo lo ascoltò: lasciò andare la bambina e la sabbia tornò ad essere un semplice oggetto inanimato. Se ne andarono tutti di corsa, e pure l’uomo, dopo aver passato qualche istante a guardare il bambino, iniziò a tornare sui suoi passi. –Gaara, io vado a casa adesso. Vedi di non fare troppo tardi, d’accordo? - annuì.

Ed eccolo là, Gaara di Suna era di nuovo solo, che continuava a guardarsi i piedi e le piccole gocce d’acqua che vi cadevano attorno: le sue lacrime. -Nessuno vuole mai stare con me. Che cos’ho di sbagliato? Perché sono diverso? - si diceva da solo, e il dolore al cuore aumentava proprio come aumentava la pressione che lui esercitava sul lembo della sua mantella. Singhiozzava a testa bassa, nel silenzio e nessuno lo sentiva, a nessuno importava che lui soffrisse. Un ultimo urlo disperato e poi il silenzio, interrotto dal suono di un pallone che cadeva a terra. Gaara alzò la testa piano, piano per vedere cosa stesse succedendo. Una bambina. Una bambina dai capelli azzurri toccava e lanciava la palla in aria, senza però riuscire a riprenderla. Aveva un atteggiamento goffo per questo, ma era comunque carina con i capelli che si muovevano dolcemente mentre correva per cercare di riprendere la palla. Ad un certo punto però lanciò il pallone all’indietro e talmente forte rispetto al suo corpicino esile che cadde all’indietro, mentre il pallone continuava la sua breve traiettoria, che terminò proprio ai piedi del piccolo Gaara. La bambina si girò e si avvicinò di corsa dal bambino per poter riavere quel pallone. Lo riprese e guardò per un attimo il maschietto. –Vuoi giocare con me? - chiese la bambina dai capelli turchesi. Lui stupito e leggermente rosso sulle guance rispose:

-N-non dovresti stare con me: sono pericoloso. La gente non vuole mai stare accanto a me! E…- poi lo interruppe. –Neanche con me i bambini vogliono giocare. –

“Ma… com’è possibile? Non ha il potere della sabbia come me. Perché dovrebbero trattarla male?”

–Allora, vuoi giocare? - -Ehm, s-sì! -

Iniziarono a giocare a palla, e lo impararono anche insieme. Nessuno dei due aveva mai giocato con qualcun altro a palla, e per la prima volta sorrisero per davvero. Dei sorrisi sinceri. Delle innocenti risate di due bambini dall’infanzia difficile.

-Senti, ma come ti chiami? - chiese lei. –Gaara. E te? - -Shitsubo. Shitsubo Aki. *-

“Un nome crudele da dare ad una bambina… poi è carina.” In effetti lo era. Pelle leggermente abbronzata, viso tondo e occhi grandi, color miele, con molte ciglia. Continuarono e continuarono a passarsi la palla rossa, ed erano felici, molto felici, specialmente il maschietto che, all’insaputa dell’altra bambina, stava avendo una compagnia sincera per la prima volta in assoluto. Che infanzia triste la sua, ma non voleva pensare a questo: per una volta il dolore del cuore aveva cessato, e mai più avrebbe voluto riaverlo.

-Ascolta Aki, vorrei portarti in un posto. - e la guidò in cima al palazzo più alto di Suna, dove era solito andare per disperdere i suoi pensieri e le sue lacrime dove nessuno poteva vederlo, non che nessuno avesse mai voluto assistergli, ma almeno là non aveva addosso gli sguardi d’odio della gente. Si sedettero ad ammirare la notte, la luna non era ancora piena, ma nonostante tutto era bellissima: dominatrice del deserto che circondava la città e che pareva infinito, che non avesse alcun termine al di là dell’orizzonte.

-Aki, per caso tu sei di Suna? –

-No.-

-Allora sarai dei dintorni, no? Da quale villaggio vieni? Quello a Sud? Da uno di quelli ad Ovest? –

-No, no. In realtà il mio villaggio è uno dei pochi gruppi nomadi rimasti, quindi ci spostiamo spesso, anche se ultimamente ci stiamo stabilendo da qualche parte qui nel deserto. Devo dire che non mi dispiace stare qui vicino, soprattutto se ci sei tu, Gaara. –

La bimba fece un sorriso così largo da chiudere entrambi i suoi occhi, mentre il piccolo rosso arrossì, sperando che Aki non notasse il rossore sulle sue guance diafane. Era la prima volta che qualcuno sorrideva in sua presenza, e non era un sorriso forzato.

-È… è molto lontano il tuo villaggio adesso, A-Aki? –

-Non saprei. Forse sì. - rispose lei titubante. –Davvero non lo sai? Insomma, quanti giorni di cammino avete impiegato tu e i tuoi per arrivare a Suna? –

-A dir la verità sono sola. I miei sono rimasti dagli altri. –

-Bugiarda! Nessuna persona che non conosce tecniche ninja riuscirebbe ad attraversare il deserto da sola! – urlò lui. Proprio quando pensava che qualcuno fosse stato sincero con lui, ecco che questa arriva dicendo l’impossibile. Poi, ecco la domanda fatale:

-Cos’è un ninja? - Silenzio. Si guardavano increduli e basta. –N-non sai… non conosci i ninja? -

-No. Tu lo sai? -

“Davvero questa avrà attraversato il deserto da sola? Senza alcuna conoscenza di ninjutsu? Ma… ma chi è questa bambina?” pensò Gaara, quasi spaventato dalle sue stesse domande. Insomma, come era possibile?

Gaara pensò e pensò, poi ebbe un’idea. Si spostò verso il centro del tetto e fece delle forme di animali con la sabbia. –Ecco. Questo è un tipo di jutsu, ma ce ne sono tante altre e anche di molto forti. Esistono molte scuole di ninja, e io ho intenzione di andarci un giorno. E dimostrerò a tutti che si sbagliano sul mio conto. -

-Che figo! E posso impararla pure io? –

-Certo! Ma non la mia, questa la posso fare solo io… ed è per questo che tutti mi evitano. – il suo sorriso si rovesciò di nuovo. –Perché mai? – chiese lei.

-Sono un mostro. – abbassò lo sguardo. Le lacrime stavano di nuovo riempiendo i suoi occhi circondati da enormi e nerissime occhiaie, ma non caddero. Un’emozione nuova e molto più forte della tristezza aveva preso il sopravvento, e in una maniera talmente violenta che Gaara si rese conto solamente in quel momento di avere un cuore che batteva, di essere vivo.

Un bacio. Un bacio sulla guancia. Un bacio innocente di due bambini soli.

-Visto? Non sei un mostro. Non vedo artigli o denti, e non sei nemmeno aggressivo. Dopotutto mi hai lasciato avvicinare così tanto a te. – un altro sorriso seguito da una risatina. Nessuna risposta da parte del bambino. Era ancora sconvolto, con gli occhi azzurri, sgranati a fissare l’altra.
“Ma che ha per la testa? È… è carina si, molto, ma come le viene in mente di fare una cosa così... così…”

-È… è che… non ti avevo nemmeno vista arrivare, tutto qui. – le guance stavano di nuovo diventando rosa.

-Quindi non mi volevi vicina? -

-No, no, non è come pensi. È solo che non me l’aspettavo. Sono sempre stato solo e poi arrivi tu, sono felicissimo e poi fai questo gesto. Che è molto bello, ma ecco… vedi…- stava iniziando a balbettare. Non ragionava più. Sentiva che stava perdendo il controllo della situazione e aveva paura che quella felicità appena trovata gli potesse sfuggire dalle mani, che lei se ne potesse andare e non ritornare più.

-Dillo che ti è piaciuto, dai. - iniziò a ridere. –Te ne darò un altro, se vuoi. – arrossì pure lei guardando in basso.

-C-cosa? -

-Hai capito bene. –

-A-allora… se… se lo vuoi anche tu... – gli era piaciuto per davvero, e non poteva negare a se stesso che voleva sentire di nuovo quella magnifica sensazione di essere vivi e felici. Si mise davanti a lei, con le spalle rigide e deciso a prendersi di nuovo quel turbamento, quello sbigottimento così piacevole. Chiusero entrambi gli occhi, e mentre lui si avvicinava, ecco che scopre il vuoto. Si era spostata e aveva un sorrisetto furbo stampato in faccia.

-Ma… perché? - chiese lui.

-Te ne darò un altro se mi insegnerai una tecnica ninja. -

-Ma… non è giusto! E poi te l’ho detto: non posso farlo. –

-Vorrà dire che fino ad allora resteremo amici che giocano a palla, e basta. – fece per andarsene. Iniziò a scendere dal palazzo dove stavano quando il rosso le corse dietro.

-V-vuoi dire che siamo amici? – era esterrefatto. Non credeva a quello che aveva sentito, e sperava tanto che la risposta fosse un “sì”.

-Certo. Ci vediamo domani sera Gaara. –

-Ciao, Aki. – sorrise di nuovo e la guardò andare via nella notte.

Tornò a casa, dove discusse con lo zio di quello che era successo e che doveva chiedere scusa agli altri bambini. Perciò preparò una busta con i medicamenti per la bambina che aveva ferito, accompagnato con tanto di scuse e un sorriso sincero, sapendo che qualcosa di bello stava accadendo nella sua giovane vita, qualcosa che lo avrebbe cambiato per sempre, ne era certo. Purtroppo la ragazzina non ne volle sapere:
-Vattene via! Nessuno ti vuole! Nessuno ti ha mai voluto avere vicino! Mostro! – e gli chiuse la porta in faccia.

Il dolore del cuore stava tornando, anzi, era decisamente aumentato. Corse via nell’unico luogo in cui lui si sentiva a casa, e mentre era assorto nelle lacrime, una figura se ne stava nell’ombra. Scoppiò una breve lotta, vinta dal potere della sabbia di Gaara. Chi mai avrebbe potuto cercare di uccidere il più giovane figlio del Kazekage?

-Zio? –

Un suo parente, quello che più di tutti gli stava vicino; e quel gesto orribile fu accompagnato da altrettante terribili parole:

-Già Gaara. Dopotutto che ti aspettavi? Sei una minaccia, un pericolo per tutti noi. Mi dispiace averti mentito, ma nessuno ti ha mai amato, e mai potrà amarti. – continuò raccontandogli della morte della madre, del significato del suo nome, del motivo per cui custodiva il demone Tasso: era un fantoccio, uno strumento, un’arma da usare. Infine, gli disse che per questo, per questa sua natura, sarebbe sempre rimasto solo, e che lo aveva odiato sin dal momento della sua nascita. Espirò e morì.

-Non è possibile. – disse tra i singhiozzi. Urlò:

-Perché nessuno mi ama? – la furia della sabbia lo avvolgeva.

Non si era accorto però che qualcun altro era presente, Aki, ed era spaventata. Percepiva la potenza, la collera, la pazzia del suo nuovo amico.
-Gaara! Gaara che stai facendo? – ma non la sentiva. Era assorto nella sabbia, nelle sue urla. Si stava pressando la sabbia sopra l’occhio sinistro.
–Gaara, che hai? Non farti male, ti prego! Gaara! - e si gettò nel turbine di sabbia.
Il rosso se ne accorse e interruppe il flusso, e mentre lui si premeva con la mano la tempia sinistra dove aveva scritto il kanji “Amore”, notò che la bambina dai capelli turchesi era a terra, di fronte a lui. Si spaventò per un attimo, la scosse un pochino chiamandola… per fortuna era solo svenuta, gli rispose e si girò verso l’altro. La tempia destra le faceva male, scottava: aveva anche lei il kanji di Gaara, ma dalla parte opposta.

-Scusa, Aki. Ero davvero fuori di me. -

-Non fa niente. Ouch! Ma che è successo? Ah! Mi fa male la fronte. – disse tendendo il palmo sulla tempia destra. Il ragazzino tentò di spiegare, ma non appena provò ad aprire bocca, gli venne in mente la storia che gli aveva appena raccontato lo zio, e non disse nulla. Si alzò e si diresse, arrabbiato, verso la scala per scendere dal tetto.

-Dove vai? – ma non le rispose. Continuava per la sua strada. –Gaara, dove stai andando? Non vorrai lasciarmi qui? Gaara! –

-Vattene via! Tu non sei mia amica! Nessuno lo è: io sono solo, lo sono sempre stato! – urlò. Poi si strinse i denti, forse per pentimento, forse perché ancora non credeva a quello che gli era successo, che gli era stato raccontato. Probabilmente non credeva neanche lui stesso alle sue parole, ma quello che accadde lo segnò drasticamente.

Utilizzò il potere della sabbia per scendere definitivamente dal palazzo, subito dopo cominciò a camminare verso casa.

-Gaara! – sentì un eco, ma non si voltò. –Gaara, questo segno che porto sulla fronte sarà ciò che mi legherà a te. Io non mi scorderò di te, Gaara! Ci rivedremo! Lo so che ci rivedremo! E quando arriverà quel giorno, non so se sarà in amicizia, Gaara di Suna! – urlava lei, ma lui non si voltò nemmeno una volta: continuava ad andare avanti, quasi marciando.

La mattina dopo, poche ore dopo l’alba, il rosso tornò sul tetto per vedere che cosa avesse provocato con la sua ira, ma niente. Non c’era niente, solo il corpo dello zio, che gli altri ninja non avevano ancora recuperato. Di Aki Shitsubo, invece, non vi era rimasta neppure l’ombra, nemmeno una goccia di sangue provocata dal taglio della sua sabbia. Pensò allora che forse quella ragazzina non fosse neanche esistita, era troppo assurda la sua storia per essere vera, insomma, “Un villaggio nomade di gente che non aveva mai sentito parlare dei ninja… bah, patetico! Poi, una ragazzina che da sola viaggia per il deserto e che, guarda caso, diventa amica mia. Mai sentita una storia del genere!”. Se ne tornò per i suoi passi.

Negli anni seguenti, Gaara smise di pensare a quella sera, o almeno della parte di Aki, che continuò a credere una persona mai esistita. Continuò a crederlo fino a scordarsi del tutto della bambina dai capelli azzurri e gli occhi color miele. L’aveva pensato fino a che, durante la selezione dei Chunin, non vide una ragazza della sua età circa, dagli occhi brillanti e color miele, con i capelli azzurri dalle sfumature viola e un ciuffo che le copriva la parte destra del viso.
 
 
 
*Aki=Autunno  Shitsubo=Speranza perduta


Angolino di un’autrice disperata

Salve ragazzi/e, questa è la mia prima One shot, spero vi sia piaciuta nonostante il “mistero” della piccola Aki che ho creato. In realtà avevo pensato di farne un continuo, per analizzare il rapporto tra i due durante la selezione dei Chunin, ma non so se vi piacerebbe visto che andrei ad analizzare solo questi due personaggi in pratica. Spero anche di aver tenuto fede al personaggio del rosso quando era bambino, visto che non ho seguito con costanza la serie e non ho finito neanche tutto Shippuden, ops.

Comunque vorrei una vostra opinione, o magari di più. Volete una seconda parte, magari una piccola serie? Vorreste che introduca qualche altro personaggio che vi piace, oltre a Gaara? Che rating? Io avrei pensato arancione, visto che preferirei aggiungere un po’ di sangue, ma sono sempre aperta a nuove opinioni.

Spero non sia troppo rispondere a due o tre domande. Vi ringrazio comunque dell’attenzione.
   
 
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