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Autore: Myzat    08/03/2019    0 recensioni
STORIA VINCITRICE DEL CONTEST DI WATTPAD "Contest Edd" DI JULI2HOPE]
Andrew è ragazzo difficile, ha paura dei rapporti, delle convenzioni sociali, dei gruppi di persone che si formano in un determinato ambiente.
Gilbert invece è un completo disastro, è l'anima della festa e spesso si perde in relazioni che sono destinate a crollare prima ancora che lui se ne possa rendere conto.
È possibile che due animi completamente opposti come i loro si scontrino fino ad amalgamarsi alla perfezione?
È possibile, e tutto questo grazie ad un corso di Taekwondo per bambini.
Genere: Demenziale, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Tell me that you love me

Myzat

 

 

 

Andrew non credeva nei colpi di fulmine. Già da questo si potevano capire molte cose della sua persona, come il suo essere costantemente corrucciato, o il suo senso di angoscia ogni volta che aveva più persone intorno, e quella voglia perenne quanto ossessiva di allontanarsi dagli altri, di uscire fuori dal mondo.

Non credeva nemmeno che qualcuno potesse amarlo per davvero, come una madre o un padre. Non credeva che si potesse dare la propria vita nelle mani di qualcuno, sapendo che prima o poi quella persona avrebbe fatto cadere tutto a terra e riducendolo in mille pezzi, come un vaso di ceramica. Preferiva la solitudine, il silenzio fastidioso che gli fischiava nelle orecchie quando si accucciava vicino al camino che scoppiettava fragile e lento, e il fumo si dissipava nell'aria facendo prendere l'odore caldo del fuoco alle pagine del suo libro.

L'unica cosa che lo metteva di fronte a decine di persone era il suo lavoro, e non era neanche un lavoro tanto semplice; insomma, tenere a bada dei bambini ed insegnargli il Taekwondo non era affatto una passeggiata. Sì perché quei bambini erano la personificazione dei suoi incubi peggiori, erano dei piccoli puffetti urlanti che correvano ovunque e piangevano per un ginocchio sbucciato.

Ormai Andrew aveva imparato a comportarsi con loro, forse perché i bambini in una loro sfumatura erano anche ingenui, non sapeva dirlo perché ma ci sapeva fare.

Quel pomeriggio d'inverno infatti si era recato nella sua palestra verso le cinque ed aveva parcheggiato la sua Volkswagen davanti al cancello, per poi entrare nella struttura. Non era molto grande, ma era egualmente adatta per tenere dieci bambini in un'ora per diversi turni.

Si chiuse la porta dietro le spalle e, conscio che nessuno lo potesse guardare, si sbottonò la camicia.

Andrew era bello, con quell'espressione sempre seria e quegli occhi verdi vitrei, i capelli ebano e quel filo di barba incolta. Pareva uscito da un film, un divo di Hollywood, ed ancora effettivamente in molti non si spiegavano come nessuno se lo fosse preso. Ma Andrew non voleva venire preso da nessuno, amava stare da solo e non pensare a niente se non a se stesso e col suo carattere chiuso e pacato aveva da sempre evitato ogni possibile dichiarazione. Che poi nemmeno lo sapeva lui cosa potesse piacergli, romanticamente parlando, di una persona. Forse voleva che fosse intelligente, audace, che riuscisse a farlo divertire ed uscire dalla teca di vetro che si era creato intorno. Sì, se ci doveva proprio riflettere, Andrew voleva una persona che lo prendesse in tutti i sensi, e non come un premio di cui potercisi vantare.

Si infilò il dobok velocemente, ricoprendo le spalle larghe e dal colore pallido, dal colore della neve, per poi guardare il quadrante dell'orologio sulla sua scrivania all'ingresso e rendersi conto che a breve sarebbero arrivati le sue piccole pesti.

Sospirò ed aprì la porta; ancora dieci minuti rimanenti, aveva il tempo di fumarsi una Marlboro mentre della pioggia lieve aveva cominciato a cadere dal cielo, come le lacrime di un momento di dolore silenzioso.

 

Gilbert, o Gil per gli amici, era un disastro naturale. Letteralmente, era un ragazzo dai capelli rossi e incredibilmente ricci, gli occhi marroni ed il naso contornato da milioni di lentiggini. Era alto, allenato, tuttavia il suo carattere era fuori dal comune. Lui infatti era sempre, perennemente, sorridente. Sorrideva come se fosse effettivamente l'unica cosa che gli riuscisse, e quando lo faceva delle adorabili fossette si creavano sulle guance.

Lavorava in un bar la mattina e spesso rompeva le tazzine con la sua goffagine, rideva quando faceva una figuraccia e si addormentava durante le lezioni alla scuola serale. Era rovinato su ogni bordo, ma era un capolavoro.

Caratterialmente parlando, Gil amava essere al centro dell'attenzione, avere un gruppo di amici solido e uscire il sabato sera a bere una birra, osservare da lontano i ragazzi più belli e farci qualche pensierino o, perché no, provarci direttamente. C'era da dire che il ragazzo non aveva mai avuto delle belle esperienze in amore, tra tradimenti e semplici sfoghi sessuali era convinto che nessun uomo lo avesse mai amato per davvero, e che nel suo piccolo avesse soltanto perso tempo. E' strano trovare qualcuno che al di fuori appare come la persona più felice e socievole del mondo ma che nella realà dei fatti non lo è davvero? Non particolarmente. Gilbert sorrideva in maniera talmente tanto naturale che anche quando sentiva un malessere palpabile tra le costole tutti quanti credevano fosse tutto okay. Perché non si era mai sentito apprezzato per davvero, non aveva mai avuto una storia seria e vera e, per quante volte ci ritentasse non trovava mai qualcuno che lo sollevasse da quelle verità che aveva ricalcato sulla sua pelle.

L'urlo di suo fratello lo fece balzare dalla sedia dove era seduto a studiare geologia, per poi farlo voltare leggermente irritato. Suo fratello Kris aveva dodici anni e quel giorno, siccome la madre era fuori per lavoro, si era sistemato nell'appartamento di Andrew per non rimanere solo.

"Che vuoi Kris?" Chiese scocciato, arricciando il naso. Kris aggrottò le sopracciglia di rimando e sbuffò sonoramente in tutta risposta.

"Ti ricordo che oggi ho il corso di Taekwondo, devi accompagnarmi" cantilenò.

Il corso di Taekwondo, già.

Gilbert aveva completamente rimosso questo piccolo particolare.

"Uffa, va bene. Vai a metterti il dobok, intanto cerco le chiavi della macchina" borbottò alzandosi e chiudendo il libro.

Avrebbe decisamente studiato un altro giorno, pensò autoconvincendosi di non star assolutamente trovando una scusa per evitare lo studio di quegli immensi libri, ad un passo dalla laurea in scienze naturali.

Si immaginava come un affascinante prof di scienze, con un sacco di ammiratrici ed ammiratori. Chissà, magari avrebbe trovato lì l'amore della sua vita, che fosse un collega o uno studente.

"Sono pronto!" urlò Kris andando verso la porta, seguito da Andrew che aveva appena acciuffato le chiavi ed aveva sorriso al fratello.

"Okay, andiamo peste" lo rincalzò passandogli una mano fra i capelli ricci e chiudendosi la porta alle spalle.

 

Andrew aspettava che i suoi allievi arrivassero tutti in palestra, nel mentre teneva in braccio uno dei più piccoli il quale, correndo per la sala con gli altri, aveva fatto uno scivolone e si era sbucciato il ginocchio. E piangeva, piangeva tantissimo.

Ecco che intendeva per "piccoli puffetti urlanti", ormai era una cosa più che normale dover consolare un bambino, tant'è che manco ci si applicava, lo prendeva in braccio e gli accarezzava la schiena, quello si rilassava e, se nessun compagno lo vedeva, gli stampava un bacione umido sulla guancia.

Nel mentre la porta si era spalancata, facendo intravedere al giovane uomo il viso tondo e pieno di lentiggini di Kris che tutto un sorriso salutò il maestro. Non fece in tempo ad alzare la mano in segno di saluto che vide un altro, più grande ed anche più serio, Kris entrare nella palestra. Ci furono due minuti di silenzio, e in quei due minuti Andrew realizzò che quello dovesse essere il fratello più grande del ragazzino. 

Splendido, ma che ci faceva lì? Non era un po' troppo grande per ricevere delle lezioni?

"Ti lascio con mio fratello Gil, siccome mamma non c'è ti pagherà lui il mese" disse il più piccolo, salutando Gilbert ed andando dagli altri.

"Non... non c'era bisogno che ti scomodassi tu, avrei aspettato qualche giorno" spiccicò a malapena Andrew facendo scendere il più piccolo ormai calmatosi e portando una mano dietro il collo, imbarazzato. 

"Oh, nostra madre è fatta così. E' molto puntuale in queste cose" rispose Gilbert sorridendo in maniera troppo allegra. Il motivo di quel sorriso lo aveva davanti, e non aveva intenzione di staccargli gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. Ma quanto era splendido il maestro di suo fratello? E ne aveva visti tanti ma quell'uomo aveva un fascino fuori dal comune, con quello sguardo sempre serio e quella voce bassa, con del riguardo enorme nei confronti dei suoi allievi.

Stava già volando con la mente, e neanche se ne accorgeva.

"Comunque piacere di conoscerti, sono Gilbert!" Cinguettò porgendogli la mano. Andrew in tutta risposta prese un bel respiro e gliela strinse, notando quanto fosse calda quella dell'altro.

"Andrew" mugolò, per poi avvicinarsi alla sua scrivania e prendere dal primo cassetto il tesserino di Kris per firmare sul mese pagato.

"Quanto sono?" Chiese, prendendo il portafogli dalla tasca.

"Trenta" rispose senza guardarlo in viso.

Gilbert glieli porse sul palmo della mano e, tentando di aprire di nuovo bocca per attaccare bottone, venne bloccato dal moro.

"Torna tra un'ora e mezza, Kris finisce il turno" Gilbert quasi ci rimase male ma neanche troppo, in fondo era normale che un uomo serio come Andrew non gli prestasse attenzione neanche per un secondo.

"Ah... sì, certo. A dopo" concluse il rosso chiudendo la porta.

 

Gilbert non sapeva bene come spiegare il perché fosse rimasto incantato da Andrew, succedeva spesso che un uomo lo attirasse con un solo sguardo, e ci si interessava talmente tanto che spesso riusciva ad uscirci insieme, scottandosi perché nessuno lo aveva mai preso seriamente e, dopo un po' di sesso, lo abbandonava.

Tuttavia lui sembrava così schivo ed impossibile che lo attizzava da morire, avrebbe volentieri passato il resto dei suoi giorni a guardarlo mentre insegnava ai bambini con quel dobok che, Dio, gli fasciava quei fianchi meravigliosi.

Si schiaffeggiò il viso e si sentì avvampare, il suo cuore non reggeva. Voleva uscire con lui, prenderlo e portarlo via da quel posto e stare da soli per delle ore interminabili e guardarlo negli occhi, accarezzargli la mascella, e sì, stava decisamente impazzendo.

Magari se non fosse scomparso nuovamente glielo avrebbe chiesto più tardi, alla fine del turno di Kris.

Sì, avrebbe sicuramente fatto così e sarebbe riuscito a farsi dare il numero.

 

Andrew aveva inarcato un sopracciglio abbastanza stranito quando, precisamente dopo un'ora e mezza, Gilbert si era presentato da lui aspettando che il fratello arrivasse.

"C-ci si rivede!" balbettò sorridendo, quasi intimorito dal suo sguardo. Gli faceva uno strano effetto, ma non gli dispiaceva affatto.

"Già. Kris si sta cambiando" fece segno con la mano indicando lo spogliatoio.

"Ho notato" rispose, sviando il discorso "Senti non è che, magari, daresti delle lezioni a-" Gilbert non riuscì a concludere la fase dato che l'altro si era messo sulla difensiva ed aveva esalato, freddo come la neve a Dicembre:

"Do lezione solo ai ragazzini".

"Cos... perché?" Ecco, ci era rimasto male questa volta, e sul serio. Andrew aveva stretto le dita tra la stoffa del dobo, sentendosi evidentemente a disagio.

"Non mi piacciono gli adulti" rispose, per poi vedere il fratello più piccolo correre verso la porta. Era il momento di andare, e probabilmente non farsi più vedere nei paraggi.

"A mercoledì!" urlò Kris, saltando i gradini ed andando verso la macchina. Gilbert,a dire la verità, non riuscì nemmeno a salutarlo con un cenno del capo.

Si trascinò fino alla macchina e sbuffò sonoramente. Eppure ci aveva sperato così tanto, quel tipo lo stuzzicava tantissimo; in fondo ancora si chiedeva se ci fosse un modo per contattarlo al di fuori della palestra.

Poi, come un fulmine, un'idea gli passò per la mente e si diede automaticamente del genio.

"Oi Kris" lo richiamò, facendo distogliere l'attenzione del più piccolo dalla cintura che non si incastrava; "La macchina del tuo prof è quella Volkswagen parcheggiata lì?" chiese indicando un punto preciso della strada. Kris lo guardò corrucciato.

"Che vuoi fare?" chiese curioso.

"E' quella sì o no?" continuò imperterrito, per poi sentirlo sospirare ed annuire. 

Dal cassetto prese un blocco note ed una penna, scrivendoci sopra il suo numero ed il nome.

"'Chiamami per un caffè appena sei libero' o 'chiamami' e basta?" si interrogò ad alta voce, facendo capire tutto al minore che, con nonchalance si affacciò verso il fratello e sorrise divertito. "Ti piace il mio prof?"

"Da morire" rispose, scrivendo velocemente un semplicissimo 'Chiamami' e scendendo dalla macchina per posizionare il suo biglietto nel tergicristalli della macchina di Andrew.

E lì davvero Gilbert pregò che tutto andasse per il meglio, perché su quel muro che quell'uomo si era costruito intorno lui ci stava saltando, ci stava saltando coi piedi di piombo.

 

Andrew si era chiesto, tra le tante cose, perché quel ragazzo gli avesse lasciato il suo numero. Insomma, si erano parlati per cinque minuti complessivi, si erani guardati negli occhi solo una volta, come se non bastasse gli aveva risposto in maniera abbastanza infastidita; insomma, non gli pareva proprio un'idea geniale quella di chiamarlo. 

Tuttavia, per una volta si era sentito in colpa. Sì perché in effetti lui era stato carino, cordiale, ed invece che rispondergli in maniera altrettanto cordiale l'aveva brutalmente cacciato dalla palestra. Quindi sì in generale l'avrebbe voluto chiamare, anche solo per scusarsi; lo aveva notato come ci era rimasto male quel pomeriggio, e gli era dispiaciuto da morire, dato che una delle cose che aveva pensato al loro primo incontro era che fosse effettivamente carino, con quelle lentiggini sul naso e le fossette quando sorrideva.

Era nel suo appartamento sdraiato sul divano, aveva appena finito di mangiare una pizza ordinata a domicilio perché era troppo pigro per cucinarsi qualcosa. Riprese il foglietto tra le mani e poi il cellulare, cominciando a comporre incerto il numero del ragazzo.

Dallo smartphone cominciò a sentirsi il rumore tipico dell'attesa, mentre intanto deglutiva più e più volte sperando che quella tortura finisse il più presto possibile.

Dopo pochissimo tempo il rumore venne interrotto da un sonoro ed allo stesso tempo impastato "Pronto?" segno che evidentemente il ragazzo stava già dormendo. In effetti gli era parso più piccolo, possibile che ancora andasse a scuola?

"A-ah ti ho disturbato?" Chiese spaventato. Si sentiva un cretino, un grandissimo cretino.

"Mi hai chiamato alla fine! Sono contento" cantilenò dall'altro lato del telefono il rosso risvegliatosi completamente.

"Sì uhm... Volevo chiederti scusa, per come ho risposto oggi pomeriggio" sussurrò passandosi due dita sulle palpebre massaggiandosele.

"Oh, ma non preoccuparti, ahah! Sono stato io ad essere troppo indiscreto" aveva una risata, non troppo stranamente, carina "Piuttosto, volevo trovare un modo per conoscerti. La verità è che io non sono portato per le arti marziali" confessò, facendo forse un po' sorridere Andrew. Non era così male parlarci.

"Conoscermi? Non sono così interessante" sbottò infatti incuriosito leggermente.

"Certo che lo sei! Ma ti sei visto? E poi ti ho trovato adorabile con quel bambino in braccio, quando ho portato Kris" disse Gilbert, che intanto era sdraiato sul suo letto e muovela le gambe, evidentemente emozionato. Non ci aveva sperato, doveva essere sincero: si era immaginato quel fogliettino strappato in mille pezzi ed il proprio nome gettato nel dimenticatoio.

"I bambini sono così, hanno bisogno di una persona che sappia essere buona ed allo stesso tempo autoritaria. E comunque non lo sono per davvero, non mi piacciono i rapporti con le persone, le convenzioni sociali, non mi piacciono nemmeno i gruppetti; la moltitudine mi mette a disagio, non ho mai capito il motivo reale di questa mia distanza dal mondo reale" gli confidò senza pensarci troppo. Non era mai riuscito a parlarne con qualcuno, ancor meno a rispondere alle continue avances delle ragazze che da tempo prima gli avevano messo gli occhi addosso; la verità era che le donne non lo attraevano, nè intellettualmente, nè sessualmente.

"Però adesso con me stai parlando, non è fantastico?" Andrew ci ragionò dato che non n'era reso effettivamente conto. Era piacevole quella sensazione di calore che sentiva scendere in gola e poi sparpagliarsi nel petto, e quel nodo che sentiva sempre improvvisamente era sparito nel momento stesso in cui aveva cominciato a parlare.

Parlare, parlare, parlare, con il fulvo gli riusciva estremamente bene e nemmeno si spiegava il motivo.

"Domani" fece Andrew, lasciando in sospeso la frase per qualche secondo. Gilbert gli domando un più che normale 'Cosa?', e Andrew rispose dopo aver preso un grosso respiro, con le labbra che gli tremavano appena "Vieni in palestra. Ho il giorno libero, ma posso darti qualche lezione di Taekwondo"  il cuore di Gilbert per un secondo o forse due aveva smesso di battere.

Era in totale apnea, non sentiva nient'altro se non i suoi capelli scostarsi leggermente ad ogni suo movimento. Sarebbe potuto morire lì, seduta stante, ma diamine sarebbe stato con Andrew per un pomeriggio intero, da soli.

"Ci vediamo alle sei, va bene?" Gilbert riprese a respirare e si mosse come se avesse avuto un'anguilla nei boxer rispondendo un più che eloquente "Certo! Ci sarò!"

 

Gilbert aveva pianificato tutto, aveva immaginato ogni minimo dettaglio del primo appuntamento con Andrew; si poteva definire appuntamento, vero?

No, non era affatto un appuntamento. Tuttavia, Andrew era stato davvero carino nell'accettare di dargli delle lezioni di Taekwondo di cui fondamentalmente non gliene fregava niente, ma il solo pensiero di stargli così vicino lo emozionava. Perché era diverso dalle altre persone che aveva conosciuto, lo sentiva sulla propria pelle, ed anche se la sua era una semplice infatuazione non voleva lasciarselo assolutamente sfuggire.

Era salito in auto, alle diciassette e cinquantadue minuti, il fiatone ed il cuore a mille; doveva reprimere ogni istinto sessuale e non, nascondere i suoi reali sentimenti nel vaso di Pandora e non riaprirlo se non al momento opportuno, altrimenti avrebbe rovinato ogni cosa.

Nel complesso stava volando nell'iperuranio e quando si era ritrovato davanti alla palestra non sapeva più se scendere o meno dalla macchina. Tuttavia, anche con le gambe molli scese e si diresse verso il luogo, respirando profondamente.

La porta si aprì prima che lui potesse poggiare la mano sulla maniglia, aperta dall'interno da Andrew che, vedendolo, sorrise impercettibilmente.

"Sei puntuale" constatò il moro, facendolo entrare.

"Ho preso da mia madre" scherzò levandosi il cappotto e guardando con la coda dell'occhio l'altro. Si era già messo il dobok e lo guardava senza ben capire il perché del suo interessamento. Gilbert pensò che fosse ingenuo, adorabilmente ingenuo; ed era così bello che fremeva dalla voglia di dirglielo, di accarezzargli le guance e sentire scorrere sui suoi palmi la barba pungente, di uscirci insieme per davvero e sperimentare qualcosa che non sapeva minimamente come potesse essere ma che già gli urlava quanto potesse essere meraviglioso.

"Ho pensato che non avessi un dobok" disse, facendolo annuire come aveva previsto "Per questo ne ho portato un altro mio" Andrew glielo porse, facendo ingoiare sabbia e ferro a Gilbert. Andò a cambiarsi, e si guardò allo specchio appena finì: gli andava grande, non troppo, ma la differenza di taglie era evidente. Gli venne da sorridere e per caso riuscì a sentire l'odore di Andrew nel vestito; non ci pensò nemmeno, si convinse soltanto che fosse assolutamente perfetto.

Dal punto di vista di Andrew invece lo trovò tenero con addosso quel dobok forse un po' troppo grande, gli sembrava un bambino in confronto, ed in effetti forse ci andava d'accordo proprio perché gli ricordava uno di loro.

"Hai mai fatto arti marziali?" gli chiese, tornando serio.

"Non sono molto forte, per non dire che sono una frana".

"Nessuno nasce già forte, anche se tu ormai sei adulto... I principi del Taekwondo sono cortesia, integrità, perseveranza, autocontrollo e spirito indomito, per cui non supportiamo assolutamente la violenza; inoltre tu adesso sei una cintura bianca, ma col tempo se avrai intenzione di continuare potrai passare di grado velocemente da bianca superiore a gialla" Gilbert lo seguì attentamente; non perché gli interessasse, sia chiaro, ma semplicemente perché lo trovava piacevole da ascoltare.

"Ora, prova a colpirmi usando soltanto calci come piccolo allenamento. Non preoccuparti di potermi fare male, non ci riusciresti comunque" gli disse, facendolo ghignare appena.

"Eh, sei molto sicuro di te vedo" Andrew fece spallucce, ricambiando il ghigno;

"Sono il maestro dopotutto" rispose, dandogli il via. 

Gilbert aveva iniziato con dei calci piuttosto lenti e se n'era anche accorto vista la prontezza di Andrew nello schivarli senza batter ciglio. Si accese di più quella strana scintilla che univa la rivalità e l'ambizione, e Gilbert accelerò i movimenti mettendo un po' di più in difficoltà Andrew che, stupito, sorrise scomposto. 

Era ovvio che non ci fosse alcuna tecnica, tuttavia lo incuriosiva particolarmente quella sua voglia di sorpassarlo; che lo avesse istigato senza nemmeno volerlo?

In tutto questo Gilbert si era evidentemente sporto troppo verso Andrew senza prenderlo minimamente prenderlo col calcio che aveva dato, perdendo l'equilibrio e quindi cadendo irrimediabilmente a terra; per meglio dire, addosso ad Andrew che cadde a sua volta.

Andrew chiuse gli occhi per qualche secondo, stringendoli forse per il dolore al sedere che si era procurato. Il fulvo ringraziò vivamente che non avesse sbattuto con la testa, eppure chiese, appoggiando le mani sul pavimento ed il ginocchio fra le sue cosce: "Stai bene?! Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace!"

"Tutto bene, stai tranquil-" rispose Andrew ma le parole gli morirono in gola quando aprì gli occhi e vide il viso di Gilbert a pochi centimetri dal proprio. E gli parve assurdo che il pensiero che gli venne non fu 'è una situazione orribile' ma 'è bellissimo quando arrossisce'.

"Ch- Che c'è?" chiese sentendo le guance andare lentamente a fuoco, mentre i suoi occhi si posavano gentilmente sulle sue labbra un po' screpolate per il freddo.

"Nulla, solo... Sei bello" disse, trasparente ed ingenuo. Andrew non mentiva, non tratteneva nulla, e nel suo essere inesperto aveva detto ciò che vedeva chiaramente. Vedeva una bellezza originale in quei riccioli rossi, in quelle lentiggini che parevano infinite sul suo naso piccolo e grazioso. Ed era interessante quanto fosse carino ma allo stesso tempo genuinamente bello e non infantile. Era un bel ragazzo, un bell'uomo, lo affascinava incredibilmente ed era la prima volta in tutta la sua vita che capì le parole di sua madre, prima che ella morisse.

 

"Ci sarà, un giorno vicino o lontano, qualcuno che ti farà vedere il mondo sottosopra. Letteralmente a soqquadro, come un quadro di Picasso, e quel disastro di colori sarà la cosa più bella che tu possa mai ammirare. Non avere mai fretta, la troverai proprio quando meno te lo aspetti, e quando riconoscerai la sensazione di toccare il Nirvana con un solo dito sarà già accaduto tutto."

 

Gilbert rise imbarazzato e si tramutò in un gamberone, per poi continuare a balbettare. L'idea di volerlo baciare era sempre più alta, per cui si avvicinò, un po' tremolante.

Ormai non gli importava più del rifiuto, avrebbe colto la palla al balzo.

"Posso... Posso baciarti?" per un attimo, il mondo cessò di muoversi. L'aria non circolava più e non aveva nemmeno importanza, perché Andrew aveva annuito un po' titubante senza staccargli gli occhi di dosso. E Gilbert saltò su quel muro come aveva detto il giorno prima "coi piedi di piombo", baciandolo con estrema dolcezza, poggiandogli una mano sulla guancia e finalmente sentendo sul palmo quella barba scura, sentendo una scarica di calore nel petto densa quanto la cioccolata d'inverno. Andrew lasciò che l'altro approfondisse il bacio schiudendo le labbra. Assaporò il sapore della sua bocca, strofinò la propria lingua con la sua e per un attimo gli toccò il palato facendogli il solletico. Era lento e sapeva di caffè ed anche di tabacco, ma il mondo riprese a girare quando entrambi si allontanarono per riprendere fiato.

"Wow" mugolò Andrew, sorpreso positivamente.

"Ora usciamo insieme?" chiese Gilbert, oscillando tra l'eccitazione e l'imbarazzo. Il moro non ci pensò due volte e gli rispose di sì, sorridendo con le guance rosee.

Gilbert l'aveva anche capito, era stata la prima volta per lui; era stata la prima volta, ed era felice che fosse stato con lui.

"A me non piacciono le convenzioni sociali e nemmeno i rapporti umani. Sono strano, mi chiudo a riccio e non riesco ad esprimere mai ciò che provo. Eppure tu sei riuscito a farmi provare un sentimento nuovo e piacevole che non mi dispiace affatto" gli disse, Andrew.

"Ed io forse posso ricredere nelle storie serie. Sai, non ne ho mai avuta una, solo delusioni su delusioni ma... Tu sei diverso. Non lo so, emani un'aura che mi dice 'Lui è quello giusto', ed io voglio credere a quest'aura. Tu invece mi lascerai il libero accesso per poter conoscere tutto quello che hai chiuso a chiave nel tuo cuore, Andrew?"

E non ebbe dubbi Andrew che quello fosse il momento più bello della sua vita, senza alcun difetto o macchia, nulla poteva rendere quella frazione di minuti meno meravigliosa di quanto già non fosse. Perché da lì la sua vita sarebbe cambiata, ed avrebbe aspettato con impazienza che la notte diventasse giorno per riprendere il suo percorso con Gilbert, anche se era solo l'inizio.

"Sì, credo che sia un'ottima idea... Gil" disse, accarezzandogli entrambe le guance.

   
 
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