LA BEFFARDA STORIA DI RAGNAR IL ROSSO
La storia di Ragnar
inizia così, senza che nessuno l’attendesse quel
dì.
Le taverne, luogo sacro ad ogni buon
guerriero e mercante,
era il posto giusto dove riposare le proprie ossa stanche, bevendo la
propria
bevanda preferita e allietati dalla buona voce dei bardi e i racconti
degli
anziani. Vigliava una legge molto importante all’interno di
quelle quattro
mura… la legge dell’oste. Non gli importava se sei
umano, elfo, ricco, povero,
malato o sano; l’importante era avere i soldi in saccoccia
per pagare il
servizio avuto e tenere le mani lontane dalle donne e dalla moglie del
proprietario. La violazione si risolveva in due modi: o con le scuse,
allungando la deca per dimostrarne il pentimento, o con un metodo
più veloce e
forse più divertente per gli ospiti: prendere di peso il
disturbatore e
gettarlo nella polvere all’esterno della taverna, con
l’umiliazione annessa di
risate e parole di scherno.
A Skyrim, come in ogni altro
continente, rispettava e faceva
rispettare tali norme non scritte e diffuse da generazioni tramite
l’esempio e
la trasmissione orale.
Whiterun, alla taverna della Giumenta
Bardata, alla sera si
teneva tale regola e, nel caso, applicata con doviziosa cura.
Mercanti con le borse piene
d’oro, guerrieri con le braccia
piene di cicatrici, trovatori con la voce secca: tutti erano riuniti
intorno al
fuoco dell’attizzatoio del oste, figura autorevole e quasi
divina, che portava
il dolce bere dai boccali e dall’orecchio fino e, nel caso
fosse donna, anche
un conforto visivo delle sue grazie… prima del ritorno del
marito dalla cantina
e l’ascia, a portata di mano, per scoraggiare certi ardimenti.
Tra gli avventori abituali, vi stava
una donna nord. Alta,
capelli scuri e gli occhi stanchi. Accomodata al bancone con la sua
pinta di
birra preferita stava leggendo un documento che, a giudicare dallo
stare in
disparte rispetto al resto della comitiva, doveva essere molto segreto
e
importante.
-Matilda, come sempre?-
Domandò l’oste porgendo la bottiglia
piena.
-Come sempre, grazie.- La donna
annuì, chiudendo il
documento.
-So che non sono fatti miei, ma so
bene che voi siete la
consigliera del re di Skyrim… Da quando i Thalmor hanno
messo gli occhi su
Skyrim, nessuno è tranquillo…-
Borbottò l’uomo che, grazie alla sua esperienza
nel campo, sapeva leggere certe sfaccettature dei visi degli astanti. E
in quel
momento, era più che evidente… si percepiva la
paura, l’apprensione, ma anche
fiducia, avidità e possibilità di gloria.
-Sì, lo so meglio di
chiunque altro… l’impero ci ha fatto sapere
che appoggerà le nostre ragioni, dopo quasi cento anni di
guerre, è giunto il
momento del consiglio di pace.- Matilda, bevendo dal suo bicchiere,
decise di
confidarsi con l’oste senza troppe limitazioni, in fin dei
conti bastava solo
misurare le parole e mantenersi sul vago.
-“Il concordato
dell’oro bianco”… Si terrà a
Solitude,
saranno presenti l’imperatore, il re dei re di Skyrim e un
importante
dignitario della casata degli Altmer. Sarà un momento
storico per me e per il
nostro popolo.- L’oste smise di pulire le scodelle,
un’informazione simile
poteva fare la fortuna di chi la vendesse… o agli assassini
della
Confraternita, o agli Jarl locali…
-Uhm… speriamo.-
L’oste, nella sua piccolezza, nel suo
intimo fatto di umile re della taverna, socchiuse gli occhi.
Entrò
tracotante brandendo la lama, urlando spavaldo di gloria e di
fama.
Un uomo entrò nella
taverna, grassottello ma robusto e con
le gote rosse, agitando la lama. L’oste, prima di tutti, lo
riconobbe. Strillava
come un matto, farneticando di un’impresa appena compiuta.
Ragnar il rosso, o anche noto come il
bugiardo, o l’ubriaco.
Era un comune uomo di Rorikstead, celibe e grande bevitore, non aveva
figli e i
suoi parenti erano morti servendo l’impero, quando lui era
ancora giovinetto.
Era rimasto l’ultimo della sua famiglia e si vociferava che
il suo odio verso
l’impero non era, solamente, per avergli strappato la
famiglia ma l’unica donna
ch’egli amava era fuggita con un generale imperiale. Sfogava
il suo rancore
nelle risse da taverna e nelle sue forti bevute così
ammirabili che, quei pochi
che lo conoscevano, sia di fama, sia in intimità, gli
pagavano le bevute. Più
per pietà che per gentilezza.
Matilde lo guardò con la
coda dell’occhio. Non sembrava
pericoloso, tanto che, le sue spadate, potevano evitarle pure un cieco
con un
braccio legato alla schiena.
-Oh… accidenti…
credevo che non sarebbe arrivato. Mancava
solo lui…- Borbottò ironico l’oste
preparando un boccale per il nuovo ospite.
-Chi è?- Matilda, per
pensare ad altro e non più alle
faccende politiche del suo regno, domandò così
informazioni.
-Ragnar il rosso, un fallito e un
vagabondo… è una disgrazia
per i nord ma, considerando tutto, è un buon esempio su
quello che un nord NON
dovrebbe essere.- Matilda non rise alla battuta malinconica del
proprietario.
I commensali più
amichevoli e più gentili lo invitarono al fuoco.
Dopo avergli tolto la spada, smussata e ormai incapace di tagliare
persino il
burro, dalle mani e, siccome la notte era ancora giovane, lo spronarono
a
raccontare nel dettaglio l’ultima impresa.
-Ih…
Mentre
arrivavo per di qua… finalmente li ho incontrati…
gli assassihni dei miei genitori. Ih…
ero abbastanza sobrio per poterli affrontare, loro e quei giochetti di prestihgio…- Ragnar diede una
pacca a
uno dei suoi connazionali…
-Talos mi ha protetto…
Ih… guardate… l’amuleto di Talos che
mi regalò papà prihma
di partire per
la guerra...- Mostrò, da sotto il collo della maglia, un
ciondolo rovinato dal
tempo e con la lama quasi spezzata.
Pianse a dirotto, poggiando la testa
sulla spalla dello
stesso che aveva dato il pugno. Era un famoso nord molto bravo con i
metalli.
Eorlund Mantogrigio, l’uomo
che lo aveva accolto al fuoco,
gli carezzò la chioma rossa. Si conoscevano fin da bambini
e, più di chiunque
altro conosceva, le sue sfortune.
-Su, su… Con chi hai fatto
a botte, stavolta?- Domandò a
questo punto.
-L’ho detto… gli
assassini dei miei genitori… erano in
cinque o sei… con le loro tunih…
che
nere e le orecchie a punta… Mentre li uccidevo, ho urlato il
nome di Talos.-
Alzò il pugno in aria, vittorioso. Sentiva dentro di
sé, in una commozione
sincera, di aver finalmente vendicato la morte dei suoi genitori.
-Adessih…
voglio
solo incontrare quel figlio di una vacca di imperiale e sgozzargli il
figlio
della mia amata Igrid nella ih…
culla.- Imprecò tracannando la birra, appena ricevuta
dall’oste.
Matilde, grazie
all’inconsapevole fatto che il Rosso
parlasse a voce alta, comprese il quadro generale dell’
”impresa” di quel pazzo.
-Uomini con le orecchie a
punta… sulla strada per Whiterun…
perché sembra che abbia già sentito questa
storia?- Un sospetto le balenò in
mente, come se Sheogorath e Hermaeus Mora avessero deciso di unire le
forze e attuarle
uno scherzo beffardo.
Riaprì la
lettera…
“Verso sera…
accogliere gli emissari Thalmor alle porte di
Whiterun, proteggerli ad ogni costo… trattato
dell’oro bianco…” Matilda non
aveva più alcun dubbio, era chiaro come il ghiaccio puro
della montagna più
alta di Skyrim…
Si alzò in piedi,
estraendo la sua spada lucida e affilata.
Ma poi tutto a un
tratto il tono scemò, quando di Matilda lo sguardo
incrociò.
Se un minuto prima,
l’intera taverna era talmente rumorosa
che avrebbe svegliato persino le megere delle montagne, ora era in un
silenzio
quasi palpabile.
Ragnar smise di parlare, quando
sentì la spada di Matilda,
puntata alla sua gola…
-Ragnar… non ti rendi
conto di quello che hai fatto… lurido
ubriacone, indegno del nome dei tuoi genitori…- Matilda lo
fissò con rabbia…
Per colpa di un pezzente, il destino
di Skyrim fu già
scritto… I Thalmor avrebbero interpretato
quell’incidente come un attacco
terroristico alla loro comunità e avrebbero riaperto le
ostilità…
Il trattato oro bianco era
l’ultima possibilità di ottenere
una tregua e una pace duratura per l’impero e per i nord
stessi.
E per colpa di un idiota, quanto
altro sangue sarebbe stato
versato? Quante altre morti sarebbero state necessarie prima che
potessero
dirsi soddisfatti quei mostri gialli?
“Devo fare qualcosa come
consigliera e protettrice di
Skyrim, io… La prode Matilda…” Lei
socchiuse gli occhi, come a raccogliere le
idee…
Avrebbe sporcato la sua
dignità di eroina con il sangue di
un povero innocente, vittima della sua stessa avidità
dell’alcool.
Siam stanchi di udire
siffatte menzogne, orsù diamo un limite a queste
vergogne!
Matilda, con queste parole,
sfidò apertamente il suo
avversario… Il suo sangue avrebbe saziato la
brutalità di quegli elfi senza
anima.
Fu molto furba…
lasciò credere ai nord che fosse
indispettita per la volgarità del Rosso e nascose la
verità…
La verità avrebbe portato
al genocidio da entrambe le parti…
I Nord, troppo lealisti, non sarebbero mai scesi ai patti con lo
straniero.
Avrebbero preferito accoltellarsi anziché chinare il capo a
uno sconosciuto.
Se questo accordo segreto fosse
diventato di dominio
pubblico avrebbe scatenato una guerra civile.
Ragnar, incurante ed ignorante di
essere l’artefice di una
futura caduta del Nord… si alzò dalla sedia e
impugnò la sua spada, sporca e
utile quando una forchetta in un brodo…
“Grazie… ero
stanco di essere stato, per così tanti anni,
oggetto di scherno… dammi una morte onorevole.”
Anche se ubriaco, riuscì a
mettersi in posizione di
guardia.
Così di un
baleno il duello iniziava, con la prode Matilda che parava e
affondava.
Si creò uno spazio in
mezzo alla taverna dove i due
contendenti poterono dare sfoggio alle loro abilità.
Ragnar si difese bene, ma i suoi
riflessi erano troppo
lenti…
“Sarà
più facile di quel che penso… mi
basterà ferirlo e
costringerlo a venire con me a Solitude e avrò il mio onore
salvo…” Certo, il
nord sarebbe stato torturato fino alla morte ma, di questo, Matilde non
importava…
Ragnar sorrise, di colpo, e si
avventò contro la donna. Non
era un assalto volto a difendersi, quando a… lasciarsi
uccidere.
-NO!- Lo scatto, in risposta, della
donna era troppo veloce
e inarrestabile… la lama fendette
di
netto la gola rossa e ancor piena di vino del povero ubriacone, vittima
del
destino e morto come un cane.
Del povero Ragnar la
sorte è segnata, di lui ci rimane una testa
mozzata!!
Il gelo calò sulla
taverna… il fuoco sembrò spegnersi…
s’udivano i rumori all’esterno… ma
all’interno… era come se il luogo fosse
morto. Tutti gli avventori erano paralizzati per lo stupore e lo
sgomento…
Matilda per prima.
Il corpo del Rosso giaceva esangue,
con il corpo a coprir il
suo sangue… Tra tutti era l’unico, libero e felice
dal peso della sua
esistenza… Sarebbe stato ricordato per sempre…
forse come il pazzo che sfidò
Matilda… o forse, da pochissimi, come l’uomo che
fece bandire Talos dal
pantheon delle divinità dando vita alla rivolta di Skyrim?
“Ho ucciso
Ragnar…
perché mi sento come se avessi
perso…” La donna sentì i muscoli
indebolirsi…
si lasciò cadere a terra… ma la spada le
restò in pugno… così come la spada di
Ragnar non scivolò, nonostante i nervi celebrali erano
separati dalla mano.
-Matilda… Va bene
così, nessuno ti giudicherà per
questo…
Ragnar sapeva di volerlo… Aspettava qualcuno che mettesse
fine alle sue pene.
Ora sarà libero da qualche parte… forse non a
Sovngarde ma…- A parlare fu il
giovane ma già saggio Eorlund il Grigio, ma si accorse
subito che la donna non
lo ascoltava.
-Forza… portiamo il corpo
fuori, dev’essere sepolto con
tutti gli onori, almeno è morto con la spada in una mano e
il calice
nell’altra, come un vero nord.- Gli altri annuirono, non
appena riuscirono a
riprendersi, seppur con fatica, dallo shock. Sollevarono il corpo,
più simile a
un blocco di ghiaccio che a un corpo umano, di Ragnar. Nessuno spese
una parola
di commiato, nessuno versò lacrime… Fu bruciato
nel silenzio della pira…
Il Mantogrigio rientrò
nella taverna, Matilda era ancora a
terra… ma stringeva tra le mani la testa bianca e gli occhi
con le pupille
ormai sparite e rimpiazzate da vene rossicce intorno ai bulbi. Solo il
rossore
delle guance e della barba sembravano dagli un aspetto vagamente vivo.
-Dobbiamo bruciare anche la
testa… La impaglierò, se vuoi.- Eorlund
le passò una mano sulla spalla, con il fare paterno.
-Lasciami stare… devo
andare a Solitude… devo parlare con
l’imperatore.- Matilda, ancor sporca di sangue e con gli
occhi scioccati
camminò, da sola e con il gelo nelle ossa, fino alle terre
di Solitude.
“Sono arrivata…
devo parlare con l’imperatore…” La donna
sorrise quasi… stringendo al petto, come se fosse una
reliquia, la testa
dell’unico uomo che abbia fatto battere il cuore in quel
modo.
Stava per raggiungere le
porte… quando… Le forze iniziarono
a mancarle…
“è
così… me lo merito… Mi odi
così tanto Ragnar?” Matilde,
si sentì in colpa… Ragnar voleva solo la vendetta
per la sua famiglia. Lei lo
aveva disonorato in mezzo ai suoi amici, i suoi compagni, additandolo
come
bugiardo… un epiteto indecoroso per un nord.
Sentì arrivare dei lupi.
Affamati e attirati dall’odore del
sangue nella testa del nord…
Matilda non si arrese…
strinse a sé la testa mentre le zanne
iniziarono a strapparle le carni… ad affondare fin nelle
ossa…
Si sarebbe rialzata, dopo che i lupi
sarebbero andati via… e
avrebbe detto loro la verità, non importandole se fosse
apparsa a loro come un
cadavere ambulante…
Nessuno la aiutò, i lupi
avevano già strappato le carni
dalle braccia, azzannata alla gola e, per qualche motivo, non toccarono
la
testa del Rosso, lasciandola rotolare via dalle braccia ormai morte
della
donna. Come se fosse maledetta.
Di Matilda non restò che
un nome. Non fu accolta né al
banchetto degli eroi, per la mancata sepoltura e mancò anche
il ricordo di
qualche caro.
Di Ragnar non restò che
una pira che mai si spense sulla
cima della montagna al centro di Whiterun. E da lì in poi
sarebbe diventata la
Forgia Celeste… Una fiamma così forte e viva da
forgiare il metallo più
resistente e affilato per il popolo nord.
Oggi… le generazioni dei
bardi ricordano la triste storia di
Ragnar il rosso, morto senza un perché e di una donna di cui
non si sa né il
viso e né le imprese.
Ogni sera, intorno al fuoco e con la
voce malinconica e canzonata,
si sussurra in pochi versi la ballata di una tragedia divenuta menzogna.
FINE