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Autore: Hesper    28/03/2019    2 recensioni
È proprio nei momenti più tranquilli e normali della propria vita che ci si imbatte negli incontri più inaspettati. Incontri che, peraltro, possono insegnarti qualcosa di nuovo, impartirti delle lezioni che in altre occasioni non avresti mai ricevuto.
Questa è la storia di come, in un'afosa mattinata d'estate, Matière e Moko finiscono per conoscere un misterioso individuo dai lunghi capelli del colore dell'erba.
Ambientata dopo gli eventi di Bianco/Nero 2 e X/Y.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, N
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Serendipità
 
 
Il sole splendeva alto nel limpido cielo, facendo brillare le innumerevoli finestre della Torre Prisma e degli edifici limitrofi come facce di un cristallo. Una pesante umidità minacciava i molti abitanti di Luminopoli, umidità che fu prontamente mitigata dai forti venti che abbracciavano vorticosamente i fitti grattacieli della metropoli.
 
Procedendo a passo tranquillo per uno dei vicoli che collegava Corso Inverno a Piazza Gialla, Matière inspirò profondamente, aprendo le braccia in avanti e socchiudendo dolcemente gli occhi.
 
Un vero colpo di fortuna quello che aveva appena avuto: quella giornata a dir poco bellissima coincideva con il suo primo giorno libero dopo intere settimane trascorse a lavorare per l’Agenzia. Certo, il caldo estivo non aveva giocato a suo favore – neanche i suoi indumenti più leggeri erano riusciti a risparmiarla dallo spiacevole sudore che le imperlava ogni angolo del corpo –, ma era da parecchio tempo che aveva promesso a Moko una passeggiata tranquilla per la metropoli, e l’ultima cosa che voleva fare era deluderla. Senza contare che i suoi amici della Gang di Luminopoli si erano offerti di tenerle d’occhio l’ufficio pur di permettere a lei e alla compagna di concedersi un po’ di riposo: “Andate e prendetevi un giorno solo per voi”, avevano detto loro i ragazzi, “noi staremo bene a casa col ventilatore”.
 
Il suo sguardo si diresse quasi in automatico verso la sua cara Espurr. Non l’aveva mai vista così felice in vita sua: con un grande sorriso che splendeva più del sole, correva e saltellava da una parte all’altra della stretta via, canticchiando una gioiosa melodia. Al contrario di lei, il caldo non sembrava darle il minimo fastidio, eppure portarsi dietro tutto quel folto e morbido pelo con quell’afa doveva essere faticoso… Sarà stato il potere dell’entusiasmo?
 
In risposta all’ottimo umore del Pokémon, Matière rise con spontaneità.
 
“Mi fa piacere che tu ti stia divertendo così tanto, Moko!” esclamò dunque, contagiata dall’allegria di lei. L’interessata annuì con vigore, emettendo un miagolio d’assenso.
 
In quel momento, sul ciglio della strada, si presentò a loro un solare Pokémon dai tratti felini e dal manto giallo, con orecchie che ricordavano delle ampie foglie color germoglio – se aveva ascoltato gli insegnamenti di Serena con attenzione, doveva trattarsi di un Leafeon. Anch’egli, colto dall’allegria che quella soleggiata mattinata trasmetteva, si avvicinò trotterellante a Moko, cosicché i due potessero giocare assieme. La Espurr sembrò felice della proposta, e i due cominciarono a rincorrersi per tutto il vicolo fino a sparire in un angolo.
 
L’accaduto non preoccupò minimamente Matière: se Moko decideva di interagire con un Pokémon era sicura che questo non avesse cattive intenzioni. La sua amica era sempre stata piuttosto diffidente e impacciata con gli umani, specie se adulti, ma in quanto ai suoi simili era sempre stata abile a coglierne la natura e, qualora presente, la loro ostilità. Fu proprio per questa ragione che non si affrettò a raggiungerli, ma proseguì in tutta tranquillità verso Piazza Gialla, il luogo in cui anche i due sembravano essersi diretti. Li trovò, infatti, di fianco all’obelisco che si ergeva al centro di essa in compagnia di un altro Espurr e di uno Skiddo, delle specie di Pokémon piuttosto comuni nella metropoli.
 
E fu proprio lì, in quel preciso istante, che osservò la più insolita, ma anche la più rassicurante delle scene: Moko, tra le braccia di un giovane uomo a lei sconosciuto, che si faceva accarezzare la morbida testolina.
 
Subito il solare sorriso si tramutò in una smorfia di estremo stupore. Moko che dà confidenza a un adulto al primo incontro? Mai ebbe luogo un simile evento, escludendo il giorno in cui diventarono amiche; persino Bellocchio, Serena e i ragazzi del vicolo avevano dovuto faticare per guadagnarsi la sua fiducia… E invece eccola lì, sorridente, in compagnia di uno strano tipo dai lunghi capelli del color dell’erba e con qualche anno in più di lei.
 
“Moko?”
 
Non ricordava bene se avesse pronunciato o meno il suo nome: ciò di cui invece era certa è che, per tutto quel tempo, aveva scrutato il ragazzo con una meticolosità quasi imbarazzante. Lo capì dall’istante in cui questi alzò gli occhi chiari, quasi argentei, e il suo sorriso delicato mutò in un’espressione a metà tra la perplessità e il dispiacere. Per fortuna sua fu solo un attimo: avrebbe mai avuto il coraggio di fronteggiare uno sguardo così placido e al contempo così assertivo?
 
Notando la sua presenza, Moko la raggiunse immediatamente, sgusciando dalla presa di lui. La sua allegria sembrava non essere svanita quando si accoccolò dolcemente sul suo petto imperlato di sudore: ciò la lasciò sì tranquilla, ma anche un po’ confusa.
 
“Sei tu l’amica di quel Pokémon?” si rivolse a lei il giovane misterioso, cordialmente. “Stava giocando con il mio Leafeon e altri suoi amici. Scusa se l’ho trattenuta qui”.
 
Il tono gentile, quasi suadente con cui la interpellò la fece trasalire. La sua prima impressione di lui fu di una persona sincera e al contempo magnetica: lo capì da come tutti e quattro i Pokémon lì radunati gli si avvicinavano con spensieratezza e interesse, giocando, completamente a loro agio, attorno a lui.
 
Inconsciamente, gli mostrò i palmi in segno apologetico.
 
“Non ti preoccupare! Anzi, dovrei ringraziarti per averle fatto compagnia mentre arrivavo!” esclamò, e prima che potesse rispondere alla sua domanda l’Espurr, lo Skiddo e il Leafeon che prima si stavano intrattenendo con Moko la circondarono con degli allegri sorrisi sul muso. Con tutta probabilità volevano giocare con lei e l’amica: quest’ultima accettò l’invito, scivolando dalle braccia di lei e riprendendo l’attività di qualche minuto prima. Matière si limitò a spostare lo sguardo a destra e a sinistra, tenendo d’occhio il piccolo, gioioso gruppo – reputò un’alternativa migliore non intromettersi nel loro passatempo e lasciarli divertire in tranquillità. Diede per scontato che anche l’altro avesse intrapreso la stessa attività, magari con un gentile sorriso stampato sul candido volto, ma fu subito smentita: con la coda dell’occhio, notò invece di essere proprio lei l’oggetto delle sue attenzioni. Ne ebbe la conferma quando le sue ametiste incontrarono le iridi d’argento del giovane, che impreziosivano un viso segnato da stupore e concentrazione. Ciò la destabilizzò parecchio: aveva l’impressione che le volesse parlare, eppure nessun suono fuggiva da quelle labbra.
 
“P-Piuttosto…” esordì dunque lei, quasi come a rompere il ghiaccio. “…Mi stupisce che Moko ti si sia avvicinata così, senza problemi. Di solito è molto diffidente, soprattutto se si tratta di adulti… Ma tu devi averla conquistata, in un modo o in un altro. Devi essere una persona dal buon cuore, o un abile allenatore…”
 
Doveva averlo spiazzato con quelle parole: subito si passò le dita su una lunga ciocca verde, le palpebre leggermente abbassate.
 
“Non so se si possa dire questo di me…” replicò con modestia. “Credo che Moko si sia fidata di me per un’esperienza che entrambi condividiamo”.
 
Il viso di Matière si fece dubbioso, ma non si oppose: qualcosa le diceva che quel ragazzo non stava semplicemente farneticando.
 
“Vedi”, proseguì, e fece un passo in avanti. Un altro, un altro e un altro ancora, finché non fu di fronte al suo Leafeon. Prese ad accarezzargli teneramente il paffuto muso, gesto che il Pokémon ricambiò strofinando la guancia sul palmo della mano affusolata. “Io posso sentire le voci dei Pokémon. Anche la tua amica portava con sé dei ricordi, dei pensieri, e lei ha lasciato che li ascoltassi. Raccontavano un terribile passato che l’ha portata a odiare gli umani, a pensare che tra loro e i Pokémon non ci sarebbe mai potuta essere armonia. Gli umani sono cattivi, pensava, e se mi avvicino a loro verrò sicuramente ferita. Ma un giorno, quando ha incontrato te, tutto è cambiato. Grazie a te e ai tuoi amici ha capito che si sbagliava, che gli umani non sono tutti esseri malvagi, e che invece tra loro e Pokémon può esserci amicizia e cooperazione. Ancora non si fida completamente delle persone, questo è vero, ma si è ripromessa di non generalizzare e di riporre più fiducia in loro”.
 
E sentendo quel racconto, Matière non ebbe più alcun dubbio: il giovane stava dicendo la verità. Avrebbe anche spalancato gli occhi per la meraviglia se non fosse stata bloccata dalla paura che una capricciosa lacrima le solcasse gli zigomi: constatare che Moko si era aperta a qualcuno che non fosse lei la riempiva di gioia. Considerava la storia dell’amica come una parte della sua stessa essenza, e forse fu proprio per questa ragione che il seppur già udito racconto la emozionò a tal punto: si sentì come se un peso fosse stato sollevato dal suo stomaco.
 
Il giovane si allontanò dal suo Leafeon, che aveva ormai ricevuto abbastanza attenzioni, e raddrizzò nuovamente la schiena.
 
“C’è stato un periodo della mia vita in cui anch’io ero esattamente come lei, in cui credevo che la relazione tra umani e Pokémon altro non potesse essere se non conflittuale…” proseguì lui con una disinvoltura piuttosto insolita per qualcuno che sta di fatto dialogando con uno sconosciuto. Forse si sarebbe dovuto interrogare sulla ragione dietro un simile atteggiamento, eppure con lei, con quella ragazza dai capelli arruffati e gli occhi di ametista, ciò non accadde. Solo due volte gli era capitato di parlare così apertamente a una persona: forse… Forse stava semplicemente accadendo di nuovo. Era per caso un ironico scherzo del destino il proporgli proprio in quell’occasione un simile incontro?
 
“…Ma poi, grazie alle tante persone che ho incontrato nel mio cammino, ho capito che mi sbagliavo, e che i Pokémon e gli umani possono costruire assieme un futuro gioioso”.
 
Quel racconto strappò alla ragazza un sincero sorriso. Da persona piuttosto schiva capiva alla perfezione il messaggio che l’altro le stava lanciando, e lo condivideva. Per un attimo quelle parole la fecero sognare, ricordandole i legami che col tempo aveva forgiato… E dal felice, lieto sguardo che l’altro stava rivolgendo verso un indefinito punto nello spazio, intuì che anche per lui stesso quel racconto doveva essere stato evocativo.
 
Avrebbe voluto pronunciarsi, ricambiare quelle parole così importanti con un “grazie di aver condiviso questi pensieri”, o “mi fa piacere sentire queste cose”, ma tutto ciò che uscì dalle sue fino a quel momento sigillate labbra fu un bisbigliato “wow”.
 
Il giovane si lasciò scappare un altro, delicato sorriso alla breve risposta di lei. C’era qualcosa in quella ragazza… Qualche sconosciuta ragione che lo incoraggiava a esporle i suoi pensieri. In cuor suo sperava che questo non la disturbasse, anche se gli era parsa piuttosto interessata.
 
Il sentimento era reciprocato.
 
“Forse la persona sensibile e sincera, tra noi due, sei proprio tu” riprese dunque a parlare il misterioso ragazzo, i grandi occhi argentei diretti proprio verso la sua interlocutrice.
 
Matière sussultò a quelle parole, ma lo lasciò proseguire.
 
“Se sei riuscita a dissipare una tale oscurità dall’animo di un Pokémon può essere solo questa la spiegazione”.
 
Lo sguardo di lui guizzò su Moko, Leafeon e i loro amici, intenti a giocare tranquillamente sulla piazza, proprio di fianco a loro. “E il fatto che quei Pokémon, poco fa, si siano avvicinati a te senza neanche conoscerti ne è la prova”.
 
La giovane si guardò le punte dei piedi, sfoggiando un raro sorriso imbarazzato. Non era la prima volta che qualcuno le riferiva l’estrema confidenza che i Pokémon, selvatici e non, mostravano nei suoi confronti: ricordava che il dottor Xante, durante gli esperimenti, aveva fatto un’osservazione simile. Nonostante ciò, si sentiva ancora poco avvezza agli altrui complimenti, poiché la lasciavano in dubbio su come rispondere.
 
“Ehm… in realtà non credo di essere stata solo io: molte persone hanno aiutato Moko ad ambientarsi, e quelle stesse persone hanno aiutato me, che non ero messa tanto meglio… Ma ti ringrazio!”
 
Matière si grattò la nuca, pensando a come procedere.
 
“Può darsi che i Pokémon si fidino di me perché pensano sia una ragazza affidabile, ma la tua abilità dev’essere su un livello completamente differente. Io devo comprendere i loro pensieri dal loro comportamento; tu, invece, puoi addirittura dialogare con loro…”
 
“Però l’esito è identico” intervenne il ragazzo, gentile. “I Pokémon si fidano di me così come si fidano di te. Capire i loro pensieri, intuirli dal comportamento… Alla fine sono diversi modi di dialogare con l’altro. Non c’è una maniera giusta o sbagliata di comunicare, sono solamente due azioni che portano le stesse, benefiche conclusioni”.
 
“In effetti hai ragione…”
 
In quel momento qualcosa di morbido si avvolse attorno alla gamba della giovane: Moko, ormai terminato di giocare con i nuovi amichetti, era tornata da lei. Subito si abbassò per prenderla in braccio, cosa che lei accettò di buon grado. Anche il Leafeon del giovane raggiunse quest’ultimo, che lo fece riposare all’interno della sua Poké Ball.
 
Fu a quel punto che un pensiero balenò sulla testa di Matière, facendola quasi sobbalzare.
 
“Giusto!” esclamò, attirando di colpo l’attenzione dell’altro. “Che sbadata! Ero così presa dai discorsi che facevamo che non mi sono neanche presentata! Scusami se non l’ho fatto prima, ma…”
 
Con un solare sorriso, gli tese la mano. “Piacere di conoscerti, io sono Matière!”
 
Le labbra dell’altro s’incurvarono lievemente all’insù mentre ricambiava maldestramente il gesto. La sua presa era insolitamente salda per una ragazza piccola come lei.
 
“Il piacere è mio, Matière. Chiamami pure N”.
 
N? Un nome un po’ inusuale… Ma suonava bene, per una persona particolare come lui.
 
“N… Ok, me lo ricorderò senz’altro!” ripeté la ragazza, e Moko si accodò con un miagolio di entusiasmo.
 
N sorrise alla contentezza che le due stavano mostrando: aveva un che di contagioso.
 
“Matière…” pronunciò dunque, come a testare la melodiosità di quel nome. “Volevo chiederti una cosa. Per caso sei un’allenatrice? Sembri così a tuo agio con i Pokémon…”
 
Per l’ennesima volta, le sue gentili parole la lusingarono.
 
“Ho altri Pokémon oltre a Moko, ma dire che sono un’allenatrice è una parola grossa! Una mia amica mi sta insegnando dei trucchetti per diventare più brava nelle lotte, ma i miei compagni ed io siamo più specializzati nell’investigazione”.
 
“Investigazione? Quindi sei una detective?”
 
“Sì, lavoro all’Agenzia Bellocchio!” replicò lei con orgoglio. “Se la gente di Luminopoli ha qualche problema io tento di dargli una mano”.
 
Le palpebre di N si aprirono lentamente. Non aveva mai incontrato una detective, peraltro così giovane… Quella ragazza riservava davvero una sorpresa dopo l’altra.
 
“E tu invece, N?” lo interpellò, distogliendolo dai suoi pensieri. “A vederti sembri un allenatore formidabile…”
 
“…Diciamo che me la cavo” rispose, diretto.
 
Non sapeva il perché, ma Matière aveva la sensazione che con “me la cavo” l’altro intendesse dire “sono abbastanza forte”. Per quanto la riguardava poteva essere persino al livello di Serena…
 
“Visto che dici così… Ti andrebbe se facessimo una lotta veloce?” gli propose, cogliendo l’occasione. “Ho sentito dire che gli allenatori si conoscono meglio grazie ai loro Pokémon… e visto che ho del tempo libero e ancora molte cose da imparare in tema mi piacerebbe confrontarmi con te e celebrare il nostro incontro. Sempre se per te va bene, ovviamente”.
 
Alle sue parole N annuì, la soddisfazione che si mostrava con trasparenza sul suo volto. Conoscersi grazie ai Pokémon…. da quanto non udiva quelle nostalgiche parole?
 
“Per me va bene” ribatté, sorridente. “Anch’io ero curioso di conoscere te e i tuoi Pokémon. Uno contro uno va bene per te?”
 
“Certo!”
 
Ciò detto i due imboccarono assieme uno dei tanti vicoli che si aprivano tra gli innumerevoli palazzi della città – reputarono inadatto intraprendere una lotta nel bel mezzo di un luogo così trafficato. Posizionatisi a una decina di metri di distanza l’uno dall’altra, fecero scendere in campo i propri compagni. Matière chiamò a sé il suo asso, Crobat; N, d’altra parte, aveva al suo fianco un Pokémon che lei non aveva mai visto: una volpe bipede dal manto nero come la pece e una lanosa chioma scarlatta. Il muso era allungato, così come i suoi affilati artigli.
 
“Non sapevo esistesse un Pokémon simile!” esclamò la giovane, euforica. “Posso sapere come si chiama?”
 
“Zoroark. È un Pokémon della regione di Unima, da cui provengo” replicò, contento dell’interesse. “Ci conosciamo da quando eravamo molto piccoli”.
 
Il ragazzo scambiò uno sguardo veloce con il Pokémon Mutevolpe, che gli fece un cenno e un sorriso d’intesa. “Io e Zoroark siamo pronti. Tu e Crobat, invece?”
 
A quella domanda il Pokémon Pipistrello assunse una posa preparatoria: era pronto a cominciare.
 
“Sembra di sì!” constatò Matière, soddisfatta.
 
“Perfetto. Fammi sentire le voci dei tuoi Pokémon!”
 
“Eccomi!”
 
Fu una volta pronunciate quelle parole che la sfida ebbe inizio: l’Eterelama di Crobat sferzò l’aria con sorprendente rapidità, impattando sul Lanciafiamme scagliato dall’avversario. I due attacchi si annullarono in un tremendo boato e diverse, minuscole scintille che schizzarono per l’angusto campo di battaglia.
 
“Crobat, usa Nube!”
 
Il Veleno/Volante fece subito come richiesto: un fitto banco di nebbia invase lo stretto vicolo, riducendo drasticamente la visibilità di entrambe le parti.
 
N percepì immediatamente il disagio del suo alleato: non gli serviva vederlo per sapere che si stava voltando in continuazione a destra e a sinistra nel tentativo di cogliere anche solo un minimo indizio della presenza dell’altro.
 
Non doveva essere piacevole ritrovarsi contro tattiche simili alle proprie.
 
“Mantieni la calma, Zoroark. Usa ciò che sai fare meglio”.
 
Silenzioso e celere come un ninja, Crobat sfrecciò nel mare di nebbia, le sue zanne velenose pronte ad affondare nella carne dell’avversario.
 
Di Zoroark, però, nessuna traccia.
 
Aguzzò i sensi avvezzi all’oscurità della notte. Quello in cui si trovavano era un luogo piuttosto angusto: dovunque fosse andato non poteva essere troppo lontano. Eppure… la sensazione di essere osservato e l’impressione che il terreno si fosse allargato di parecchi metri non abbandonavano la sua mente. La situazione preoccupava non poco anche Matière: avrebbe voluto chiamarlo per sentire come stava dato che era da un po’ che non riemergeva dalla nebbia, ma vinse su di lei il timore di distrarlo in un momento critico.
 
“Urlorabbia”.
 
Una sola parola, e delle spaventose e abrasive grida minacciarono i timpani dell’allenatrice e di Moko. Fu però Crobat a soffrirne le peggiori conseguenze: strabuzzando gli occhi, rimase fermo a mezz’aria, incapace di difendersi da quell’assalto. Avrebbe voluto contrattaccare, scagliare contro l’avversario un’Eterelama per poi finirlo con Velenodenti, ma non riusciva a comprendere la provenienza di quel lamento. Nasceva sì da davanti, ma anche da dietro, da destra, da sinistra e da sopra la testa: era come se un enorme, irato canide stesse alitando cupi ruggiti dall’alto verso il basso, lasciando che si amplificassero nella stretta via.
 
“Crobat, dirada la nebbia!”
 
Con un vigoroso battito d’ali la nebbia si disperse nel territorio, rivelando il solito vecchio vicolo, e il solito vecchio Zoroark, intento a proteggersi dalle lame di vento create dal Pokémon Pipistrello.
 
L’avversario stava tentennando, era vulnerabile: Crobat si lanciò subito contro di lui, carpendogli una delle zampe anteriori con le sue zanne intrise di veleno. Il Pokémon Mutevolpe emise un ruggito colmo di frustrazione: le illusioni da lui costruite non erano bastate a confondere l’altro.
 
“…Però puoi ancora recuperare, Zoroark”.
 
Incoraggiato dalle parole di N, Zoroark alzò violentemente la scura zampa ferita da cui Crobat era in procinto di allontanarsi, e con tutte le forze rimaste nel suo corpo scagliò, a ridotta distanza, un potente Neropulsar. Il Pokémon avversario fu scaraventato contro la parete di un condominio, ma riprese quasi immediatamente, seppur barcollante e stordito, a sbattere vigorosamente le ali per riassestarsi.
 
“Zoroark, Crobat, Matière” si pronunciò poi N, arrestando la lotta amichevole in corso. “Per voi va bene se concludiamo qui? Credo sia più che sufficiente”.
 
Zoroark annuì, provato ma euforico; Crobat, d’altra parte, si volto spossato verso Matière.
 
“…Sì, lo credo anch’io” asserì quest’ultima, convinta. “Sei d’accordo, Crobat?”
 
Il Pokémon Pipistrello le fece un cenno d’assenso con la zampa che fungeva da ala. I due allenatori fecero dunque riposare i loro compagni all’interno delle rispettive Poké Ball, mormorando loro dei complimenti per l’ottimo lavoro svolto. Ciò fatto, si riavvicinarono l’uno all’altra.
 
“Tu e Crobat fate un’ottima squadra” si complimentò N, sinceramente stupito. “Per usare una simile tattica in lotta… Si vede che siete affiatati, e che Crobat è felice di stare con te”.
 
A quelle parole Matière si lasciò sfuggire una risata nervosa.
 
“Dici? Eppure tu e il tuo Zoroark vi siete mossi benissimo anche nella nebbia. A un certo punto non capivo neanche da dove provenisse la mossa del tuo Pokémon, così come anche Crobat… Come avete fatto?”
 
“Zoroark ha il potere di manipolare le percezioni di umani e Pokémon” spiegò con un sorriso. “Tutto ciò che abbiamo fatto è stato confondere i sensi di Crobat per impedirgli di trovarci. In breve, abbiamo utilizzato il nostro modo di nasconderci, proprio come te e Crobat”.
 
“Wow, non pensavo che i Pokémon potessero avere simili abilità…” considerò la giovane, meravigliata. “So che Moko può spostare oggetti – o anche romperli – senza nemmeno toccarli, ma addirittura alterare le percezioni…”
 
“I Pokémon possono avere le abilità più disparate: basta solo conoscerle”.
 
Ciò detto, N diede un’occhiata veloce all’orologio. Era già trascorsa un’ora e mezza dal suo arrivo a Luminopoli? Come scorre in fretta il tempo quando ci si diverte…
 
Già: con Matière aveva passato davvero una bella mattinata, così bella che avrebbe sperato durasse di più.
 
Così bella che stava per dimenticarsi il motivo per cui si trovava in quella grande metropoli fitta di grattacieli e attrazioni di ogni tipo.
 
“Matière?”
 
Pronunciò il suo nome quasi in automatico, come fosse il modo di richiamare alla memoria il suo obiettivo originario. In buona risposta la ragazza sobbalzò, scrutandolo con le sue enormi ametiste.
 
“Sì?” replicò lei, piegando la testa su un lato. Persino Moko prese a osservarlo con fare curioso.
 
“…Hai detto di essere un’investigatrice, giusto?”
 
Il volto di lei si fece perplesso. “Sì, lavoro all’Agenzia Bellocchio, vicino a Corso Autunno… Perché me lo chiedi? Hai bisogno di qualcosa?”
 
Quella domanda gli confermò un’altra volta la sua perspicacia.
 
“Puoi trattenerti ancora per qualche ora?” propose dunque con speranzosa cortesia.
 
“Certo, oggi non ho turni particolari da rispettare!” rispose lei, accompagnando le sue parole con un sorriso e un cenno col capo. “Avanti, dimmi”.
 
“Ne sono felice”.
 
Il suo volto, prima abbellito da un lieto sorriso, si fece d’un tratto serioso. Le sue dita presero a giocherellare col tondo ciondolo che portava al collo.
 
“Ecco… starei cercando una persona. È un ragazzo della mia età, poco più basso di me… Ha un bel viso, gli occhi grandi e marroni e i capelli corti dello stesso colore. Indossa un cappello nero e rosso molto simile al mio, una felpa azzurra e i pantaloni neri. Si chiama Touya, è un mio caro amico: un paio di anni fa è stato campione di Unima, potresti averlo visto in televisione qualche volta… Per caso l’hai mai visto qui a Luminopoli?”
 
Campione di Unima? Certo che N aveva degli amici importanti… Non che Matière potesse pronunciarsi in merito: lei conosceva la campionessa di Kalos, uno degli scienziati del Team Flare e persino un membro della Polizia Internazionale. Nonostante il prestigioso titolo che ricopriva questo ragazzo, però, nulla si accese nella sua mente.
 
“No, mi spiace…” replicò, mortificata. Quando lo disse il volto del giovane assunse un’espressione così triste… il suo amico doveva mancargli davvero tanto.
 
Si sentì quasi in dovere di rimediare.
 
“Però se vuoi possiamo cercarlo assieme! Sei sicuro si trovi a Luminopoli?”
 
Le iridi argentee di N splendettero come l’autentico metallo prezioso che rassomigliavano.
 
“Lo faresti davvero?” chiese per conferma. “Ti ringrazio molto. Una volta ho incontrato il suo amico d’infanzia… diceva che Touya gli aveva menzionato di voler venire qui a Kalos”.
 
“Di voler venire qui a Kalos per cercarmi, per rivedermi”, avrebbe dovuto dire. Ma forse— forse quella consapevolezza avrebbe impattato troppo violentemente contro il suo animo per essere pronunciata.
 
“So che qui è pieno di punti di raduno per allenatori, e visto che lui è stato campione ho pensato potesse essere interessato a visitare questa città” proseguì, facendo del suo meglio per ignorare quella sgradevole pesantezza che cominciò a gravare sul suo stomaco. “Il problema è che Luminopoli è troppo grande, e faccio veramente fatica ad orientarmi… Le mie ricerche, fino ad adesso, sono state abbastanza inconcludenti”.
 
Matière si sforzò di sorridere, ma tutto ciò che si palesò sul suo viso abbronzato fu uno stiramento di labbra. In quell’istante una sola certezza raggiunse la sua consapevolezza: non le piaceva vedere N in difficoltà. Fu forse proprio questa la ragione che la esortò ad aiutarlo, ad accettare la sua richiesta nonostante quello fosse il suo primo giorno di libertà.
 
“Non ti preoccupare! Se hai la sensazione che sia nei paraggi sarà senz’altro così: in tal caso lo troveremo” lo incoraggiò lei nel tentativo di fargli riacquisire il sorriso. “Io e Moko conosciamo bene le strade di Luminopoli, e abbiamo un’intera giornata libera per cercare il tuo amico. Sei d’accordo, Moko?”
 
Moko, in buona risposta, miagolò con entusiasmo, alzando le piccole zampe in aria: anche lei pareva motivata ad aiutare il ragazzo.
 
“Perfetto! Visto che il tuo amico è un campione possiamo dare un’occhiata a luoghi come ristoranti, caffè, o anche la Casa Esami. Però ora che ci penso potrebbe aver attirato attenzione per strada, magari qualcuno l’ha riconosciuto… Per te va bene se prima di tutto saliamo sulla cima della Torre Prisma? Da lì si vede chiaramente tutta la città, e se qualcuno si è radunato per assistere a una sua lotta lo noteremmo senz’altro…”
 
“Penso sia una buona idea” replicò N, il viso colmo di rinnovata speranza.
 
“Benissimo, allora possiamo cominciare la nostra ricerca!”
 
Una volta fermatisi per qualche minuto al Centro Pokémon più vicino per rimettere in sesto Crobat e Zoroark, non ci volle molto affinché i tre raggiungessero l’imponente, splendente Torre Prisma. Il rapido ascensore li portò immediatamente all’ultimo piano, un’enorme, arieggiata stanza colma di turisti affacciati sulla balconata che abbracciava l’intero spazio. Posizionati lì vi erano anche dei binocoli, molto utili per chi volesse osservare più nel dettaglio gli angoli della città che destavano più interesse.
 
Subito i due rabbrividirono: a causa del caldo l’aria condizionata era al massimo e il sudore che i loro corpi avevano accumulato mentre passeggiavano per la metropoli si era ormai raffreddato. Nonostante ciò, non vi diedero molto peso, e si diressero invece verso la grande finestra protetta da una spessa lastra di vetro.
 
Un mare di grattacieli che tentavano di sfiorare la volta celeste – fu questo l’utopico panorama che avvolse i loro occhi.
 
Le palpebre di N si aprirono a dismisura, quasi a voler inglobare quell’enorme quadro. Quando era giunto a Luminopoli, a primo impatto il paesaggio non gli era sembrato compatibile con i suoi gusti – troppo artificio, troppa tecnologia, troppo grigio. Eppure, a discapito dell’eccesso di spazio e di interventi umani, quella gigante metropoli pareva ospitale anche per i Pokémon: li aveva visti ovunque, in piazza, nei vicoli, persino vicino alla torre stessa. Questi ultimi e gli umani stavano tentando, lì, di raggiungere il massimo benessere, il massimo progresso, e con le loro aspirazioni avrebbero potuto raggiungere il cielo… Era quella la ragione per cui erano stati costruiti edifici così alti?
 
“Moko, N, guardate!” esclamò Matière con l’entusiasmo di una bambina. “Non è meravigliosa Luminopoli vista da quassù?”
 
Moko, contagiata dall’amica, miagolò esultante; N, d’altra parte, annuì, un dolce sorriso che si formò sul delicato viso.
 
“È vero. È molto bella vista dall’alto… da qui sì che ti accorgi di quanto sia effettivamente estesa”.
 
Il viso scuro di Matière brillava di una felicità tale da abbagliare chiunque lo guardasse.
 
“Ho sempre saputo che era grande, ma solo ora mi accorgo delle vere dimensioni! Dovremo percorrere tutta la balconata per vederla tutta quanta”.
 
“Di sicuro affacciarsi su un solo lato non sarà sufficiente” considerò dunque N, pensieroso. “Credo dovremo utilizzare anche tutti i binocoli messi a disposizione”.
 
E fu proprio ciò che pochi secondi dopo presero a fare: verificare, a occhio nudo o con i binocoli, la presenza di qualche raduno nelle piazze principali e nelle strade più trafficate, e in caso negativo ripetere l’azione da un’altra angolazione.
 
“Sai, N” parlò a un certo punto Matière, lo sguardo rivolto a un oggetto indefinito nello spazio. “Ti ho detto che conosco bene Luminopoli, ma la verità è che qui, sulla Torre Prisma, io non ci sono mai stata…” confessò, grattandosi, imbarazzata, la nuca. “Non avevo mai visto Luminopoli da così in alto: se è per questo, non avevo mai visto nulla da una simile altezza… A te è mai capitato prima di oggi?”
 
A quella domanda N si voltò verso la ragazza: era ancora sorridente e solare, gli occhi di ametista intenti a scrutarlo. Le sue iridi argentee guizzarono nuovamente su Luminopoli, attraversate da un improvviso, nostalgico lampo.
 
“…In realtà sì, un paio di volte” replicò, perso nei suoi ricordi e nel paesaggio che si stagliava davanti a lui. “Ad Unima c’è una città che in quanto ad attrazioni assomiglia molto a questa. Lì però la città non si può vedere da una torre, ma da una ruota panoramica. La prima volta che ci sono salito ero col mio amico… è stata davvero una bella esperienza”.
 
Un’esperienza che, lì e in quel momento, gli sembrava di star rivivendo.
 
Furono attimi di esitazione quelli che precedettero le parole che avrebbe pronunciato con affetto e nostalgia: “Ricordi, Matière, quello che ti ho detto prima, sul fatto che io e Moko condividiamo un’esperienza di vita?”
 
Matière si limitò ad annuire, silenziosa.
 
“È stato Touya il primo a insegnarmi quanto fosse bello un mondo in cui umani e Pokémon possono vivere in simbiosi”.
 
Gli occhi di lui si socchiusero dolcemente a quelle parole.
 
“Vorrei tanto che vedesse come il nostro incontro è riuscito a farmi diventare una persona migliore, vorrei potergli dire i miei sentimenti… Ma più di ogni altra cosa, avrei dovuto lasciargli il tempo di esprimersi, quel giorno, così da sapere se sono riuscito a fare qualcosa di buono per lui. Per questo devo – no, voglio trovarlo”.
 
Un soffocante nodo serrò la gola di Matière a quelle parole così sincere e colme di sentimento. L’affetto che N provava per quel ragazzo era autentico, genuino: dovevano aver fatto molto l’uno per l’altro per serbare un così profondo affetto reciproco.
 
E fu proprio in quell’occasione che Matière capì veramente perché era così interessata a N, perché non faticava a dargli confidenza e fiducia, perché Moko stessa non pareva intimorita da lui, e perché lui sembrava ricambiare tali sentimenti: come puoi non sentirti a tuo agio, quando davanti a te c’è una persona che ti assomiglia così tanto?
 
Più parlava con lui, e più si convinceva fosse quella la vera ragione per cui era quasi naturalmente attratta dal ragazzo.
 
Quello che si formò sulle labbra di Matière fu un sorriso talmente malinconico che anche Moko, incontrandolo con lo sguardo, fu assalita da una profonda nostalgia.
 
“Non è facile stare così lontani dalle persone a cui si vuole bene” affermò lei, chiudendo dolcemente gli occhi. “Lo so perché anch’io lo sperimento sulla mia pelle ogni giorno”.
 
Fece un profondo sospiro, cercando di calmarsi e trovare le parole più adeguate per esprimersi. N la stava scrutando con trepidazione e curiosità, ma ciò non le provocò alcuna pressione: il suo sguardo era quasi rassicurante.
 
“Qualche tempo fa ho conosciuto due uomini che, nonostante il mio carattere impulsivo, hanno riposto fiducia in me. Prima c’erano davvero poche cose che conoscevo e che sapevo fare… ma loro hanno avuto pazienza e mi hanno guidata verso ciò che sono adesso. Mi hanno insegnato a leggere, a scrivere, a contare, ad avere cura delle altre persone e dei Pokémon… Si sono persino presi cura di Moko. Ma soprattutto, non mi hanno mai abbandonata, neanche nei momenti più bui. Hanno fatto veramente tanto per me, così tanto che li ho sempre considerati dei padri. Mi volevano – mi vogliono bene almeno tanto quanto gliene voglio io, e ho sperato fino all’ultimo che potessero stare con me e Moko per sempre… Per questo è stato difficile dir loro addio quando, per motivi loro, se ne sono dovuti andare”.
 
Quando posò gli occhi sulle attente iridi argentee di N, Matière aveva riacquisito la solita, solare convinzione.
 
“Però sai una cosa? Saranno anche lontani, ma sono certa che, nel loro cuore, mi pensano almeno tanto quanto io penso a loro, e che il nostro legame ci farà rincontrare”.
 
Il loro legame…
 
“Per questo, N… sono sicura che anche il legame che tu e il tuo amico condividete vi farà tornare assieme. Il tuo amico ti starà cercando senz’altro, e starà pensando a te così come lui sta occupando il tuo cuore. Sono certa che un giorno potrete riabbracciarvi, e faremo in modo che succeda a breve”.
 
N spalancò gli occhi, mentre un bizzarro ma piacevole calore gli fece riacquisire la precedente, gioiosa placidità. Non c’erano altre parole per esprimere i sentimenti che provava in quel momento: Matière aveva fatto tornare in lui la speranza e il buon umore, rinnovando la sua forte motivazione a ricongiungersi con Touya.
 
Le sue labbra s’incurvarono in un carezzevole, splendente sorriso: avrebbe dovuto imparare prima ad adottare il contagioso entusiasmo di quella ragazza così allegra e sincera.
 
Touya lo stava cercando, così come stava facendo lui… Allora avrebbe dato il meglio di sé. Era il minimo che potesse fare per ricambiare ciò che quel meraviglioso ragazzo era riuscito a fare per lui.
 
 
***
 
 
La spossatezza e la delusione si fecero strada in Matière, Moko ed N quando constatarono che di Touya, nella grande Luminopoli, non vi era alcuna traccia. Ristoranti, caffè, la Casa Esami, persino i vicoli in cui la ragazza era cresciuta: erano veramente tanti i luoghi che avevano perlustrato e in cui avevano chiesto informazioni. Sembrava quasi che l’ex campione di Unima non si fosse neanche mai recato nella metropoli, o che, qualora lo avesse fatto, fosse passato completamente inosservato.
 
Tali furono le ipotesi che aleggiarono nella loro mente, almeno fino a quando, presso il Centro Pokémon di Corso Alto, qualcuno riconobbe, nella loro descrizione, un ragazzo che aveva sfidato la settimana prima.
 
“Uno dei migliori allenatori contro cui mi sia mai confrontato”, confidò loro il giovane – un Fantallenatore – con una certa soddisfazione, “il titolo di campione se l’è proprio meritato. Io allora gli ho proposto di andare alla Villa Lotta, e mi ha risposto che ci avrebbe provato di sicuro, anche se era a Kalos per altre ragioni. In effetti ogni tanto lo vedevo voltarsi di qua e di là, come se stesse aspettando qualcosa… Non è che cercava proprio voi? Per Arceus, se l’avessi saputo l’avrei trattenuto nei paraggi…”
 
Ormai il sole aveva già cominciato a nascondersi dietro i grattacieli di Luminopoli, perciò i tre decisero di concludere le loro ricerche con una cena veloce al Chiosco Pan di Lumi. Ma anche lì, come il nastro di una cassetta ostinato a riavvolgersi di continuo, le parole del Fantallenatore non abbandonarono la loro coscienza.
 
“Mi dispiace di non essere riusciti a trovare il tuo amico, N…” ammise Matière, con rammarico, tra un morso e l’altro del suo Pan di Lumi.
 
“Anche a me” replicò N, condividendo i sentimenti di lei. “Però è anche vero che è molto difficile trovare qualcuno in una metropoli come questa. In dei luoghi così affollati è difficile che la gente si accorga di chi la circonda… O almeno, questa è la mia impressione”.
 
Il giovane fece un sospiro, chiudendo gli occhi come a liberare la mente dalla fatica.
 
“La Villa Lotta… Era questo che aveva detto quell’allenatore?” domandò poi, cercando una conferma dei suoi ricordi.
 
“Sì…” rispose l’altra, portando l’indice sul mento. “E mi sembra avesse detto anche qualcosa come: andate lì a cercarlo, sono sicuro che lo troverete” proseguì imitando la voce del ragazzo incontrato al Centro Pokémon.
 
“Spero che abbia ragione… Sai per caso come arrivarci? Alla Villa Lotta, intendo”.
 
“Vediamo… Mi pare si trovi a Batiko—”
 
Le parole di Matière furono bruscamente interrotte da un ripetitivo allarme proveniente dalla tasca dei suoi pantaloncini: il suo Holovox stava squillando. Ancora poco impratichita con la tecnologia del momento, faticò un po’ prima di riuscire a rispondere alla chiamata in arrivo. Mormorò delle parole di scusa all’amico, per poi rivolgersi all’ologramma che si palesò davanti ai suoi occhi.
 
“Pronto?”
 
“Ah, finalmente, Matière! È tutto il giorno che ti chiamo e non mi rispondi! Ma dove siete finite tu e Moko?”
 
Elvezio, c’era da aspettarselo. La consapevolezza di aver fatto preoccupare lui e le altre ragazze della Gang di Luminopoli la indusse a sorridere con imbarazzo, la mano intenta a grattarsi la tempia. Con la coda dell’occhio riuscì a scorgere in N un leggero divertimento, cosa che amplificò ancor più le sue emozioni.
 
“Scusami, avrei dovuto avvertirti! Comunque io e Moko stiamo bene, abbiamo avuto da fare nel frattempo… poi ti racconto”.
 
Il ragazzone rimase perplesso alle parole di lei, ma riuscì comunque a recuperare un po’ di calma.
 
“Ma non era il tuo giorno libero?”
 
“Sì, ma infatti non erano cose dell’Agenzia! Te l’ho detto, poi ti racconto tutto quando torno”.
 
“Se lo dici tu…” Fece un sospiro. “Comunque la cena è quasi pronta. Noi ti aspettiamo”.
 
“Grazie, a dopo”, e con la gratitudine nel tono di voce chiuse, impacciata, la chiamata. Poi, rivolta a N: “scusami, erano i ragazzi che vivono con me e mi aiutano con l’Agenzia. Erano preoccupati per me e Moko perché quando sono uscita gli avevo detto che sarei tornata per pranzo…”
 
“Capisco…” affermò l’altro, contento ma leggermente sovrappensiero. “Vi ho forse trattenute troppo?”
 
“Non dirlo neanche!” sbottò lei agitando le mani in avanti. “Se io e Moko non avessimo voluto o potuto aiutarti non saremmo qui in questo momento!”
 
La piccola Espurr annuì con vigore e convinzione.
 
“Però, visto che le nostre ricerche sono terminate per oggi, forse è meglio se torno a casa…” Fece una pausa. “Tu invece, N? Cosa pensi di fare adesso?”
 
“Per questa notte dormirò nelle stanze messe a disposizione dai Centri Pokémon, e domani credo che seguirò il consiglio di quel ragazzo e andrò alla Villa Lotta”.
 
“Ho capito. Come ti dicevo prima, la Villa Lotta si trova a Batikopoli: è una città a sud-est di Kalos. Se non ricordo male dovresti arrivarci in treno, o comunque con un Pokémon che sa usare Volo se ce l’hai”.
 
Matière increspò le labbra, come a richiamare alla mente un’informazione importante.
 
“Giusto!” esclamò d’un tratto. “Prima che me ne dimentichi…”
 
Sotto lo sguardo interrogativo di N, la giovane frugò nella tasca dei suoi pantaloncini fino a che non trovò un foglietto cartonato tutto sgualcito. Lo porse subito al ragazzo di fianco a lei, che lo guardò con interesse.
 
Agenzia Bellocchio…” lesse lui sottovoce. “Un biglietto da visita?”
 
La ragazza annuì, un solare sorriso ad adornarle le sottili labbra. “Sono sempre stata una gran testarda: quando mi metto in testa qualcosa è difficile che ci rinunci…” ammise con spontaneità. “Per questo ti aiuterò ancora nella tua ricerca: mentre tu sei a Batikopoli io posso continuare a raccogliere informazioni qui a Luminopoli”.
 
Col sottile dito indicò il biglietto da visita. “Lì c’è scritto il mio numero oltre che l’indirizzo dell’agenzia, così se hai bisogno o se hai qualche novità possiamo tenerci in contatto! Se siamo in due sarà più facile trovare il tuo amico, no?”
 
A quelle parole N spalancò gli occhi d’argento, ancora più belli e radiosi grazie alla tenue luce del tramonto.
 
Così tanta gentilezza… Aveva già capito che Matière era una ragazza dalla spiccata sincerità e sensibilità, ma offrirsi di aiutarlo ancora pur di farlo ricongiungere con Touya… Forse si trovava veramente davanti a una delle persone più premurose che avesse mai incontrato.
 
Le sue labbra s’incurvarono in un meraviglioso, carezzevole sorriso. Fu veramente grato di essersi imbattuto, durante il suo viaggio, in una persona come lei.
 
“Non so come ringraziarti, Matière” si espose dunque, lieto. “Sei stata gentilissima, e oggi mi sono divertito molto con te nonostante la ricerca. Spero di riuscire a venire a trovarti di nuovo, un giorno”.
 
La contentezza di N fu talmente contagiosa che Matière non poté fare a meno di reciprocare il suo sorriso.
 
“Dovrei essere io a ringraziarti, N!” replicò, grata. “Grazie a te ho imparato un sacco di cose oggi, e anch’io mi sono divertita molto. Spero che un giorno mi verrai a trovare! Vieni pure quando vuoi: l’indirizzo è scritto sul biglietto. Anche il tuo amico è il benvenuto, sono sicura che riuscirete a ritrovarvi!”
 
“Spero che sia vero” affermò lui, quasi sognante. “Domani appena arrivo a Batikopoli ti chiamerò di sicuro, così anche tu potrai avere il mio numero. E ovviamente ti dirò se lo troverò”.
 
“E io farò lo stesso!”
 
Ciò detto, Matière si voltò verso la strada di casa, come a prepararsi a tornare in agenzia.
 
“Allora siamo d’accordo così” asserì a mo’ di conferma. “Grazie di tutto, N! Sai la strada per arrivare al Centro Pokémon o hai bisogno di indicazioni?”
 
N scosse la testa. “Non ti preoccupare, so come arrivarci. Però, prima di lasciarci…”
 
Le sue dita si avvolsero attorno alle Poké Ball di Leafeon e Zoroark, che uscirono da esse immediatamente.
 
“…Leafeon e Zoroark volevano salutare te, Moko e anche Crobat” concluse con un sorriso.
 
Sentite le sue parole, anche Matière attinse alla Poké Ball in cui era custodito Crobat, permettendo a quest’ultimo di palesarsi davanti a loro. A quel punto Moko, che fino a quel momento era rimasta a mezz’aria accanto alla spalla dell’amica, si unì agli altri tre Pokémon, e assieme si scambiarono dei gesti di congedo. Dopo non molto anche N si avvicinò al piccolo gruppo e accarezzò sia Crobat che la piccola Espurr: il primo rispose con un sorriso, la seconda con un insolitamente caloroso abbraccio.
 
“Arrivederci, Moko, Crobat. Mi ha fatto piacere incontrarvi”.
 
I due ricambiarono il saluto, e Matière si andò a congedare con l’altra coppia di Pokémon. Con suo stupore e piacere, le sue carezze furono ben accette, se non incoraggiate, sia da Leafeon che da Zoroark.
 
“A presto, e buona fortuna per tutto!” esclamò lei, allegra.
 
“Anche a te, Matière”.
 
Ciò detto, la ragazza e i suoi due Pokémon si allontanarono definitivamente da N, lieti di aver conosciuto una persona così pura e sincera.

 
 



 
 
 
 
 
 
 


Note dell’autrice:
 
Salve a tutti i cari lettori che sono arrivati fin qui! ^o^
 
Questa volta mi presento a voi con un incontro decisamente crack. N e Matière che collaborano per trovare Touya? Se mi chiedete come caspita mi è venuta questa idea, che dire: non lo so nemmeno io! ^o^" Forse il mio amore per Matière e per la quinta gen (nonché la mia preferenza non più segreta per la Isshushipping) si sono così amalgamati in questa fanfiction? Chissà…
 
Gli obiettivi che mi ero prefissata mentre scrivevo la storia erano principalmente due. Il primo era trattare di un personaggio di cui non ho mai scritto e di cui, onestamente, non mi sarei mai aspettata di scrivere-- su N si è detto e fatto davvero tanto, soprattutto alla luce della sua popolarità e di quella della Ferriswheelshipping, ragion per cui, fino ad adesso, non me la sono mai sentita di dare il mio contributo a riguardo (rischiando magari di pubblicare la fiera del "già sentito"). Il secondo (nonché più importante), invece, era farmi perdonare per la fanfic che avevo scritto su Matière e Bellocchio per un concorso qui su EFP: per chi l'avesse letta, sappiate che sono ancora in espiazione per tutte le cose brutte che ho fatto accadere in quella storia! TAT L'unica lore che ho tenuto da quella fic è il sesso di Moko (che anche qui è una graziosa femminuccia <3).
 
Scemenze a parte, spero che la fanfic sia stata di vostro gradimento, ma soprattutto che i personaggi vi siano sembrati IC (nel caso non si fosse capito Hesper tiene moltissimo a questo aspetto, e confida nel fatto che voi la capiate). Se mai voleste lasciare un commento sappiate che sarete sempre i benvenuti nella sezione recensioni. ;) Come sempre anche una lettura silenziosa mi lascia più che soddisfatta.
 
Prima di lasciarvi vorrei fare un paio di precisazioni riguardo alcuni dettagli presenti in questa storia.
 
- La questione di Moko che ha una storia di abusi non è completamente confermata, ma alcuni indizi presenti su X/Y mi hanno condotta a pensarlo come un avvenimento canonico. Nel diario di Bellocchio, infatti, c'è scritto non solo che Matière sta imparando solo grazie a lui a leggere e a scrivere (altro aspetto menzionato nella fic), ma anche che Moko ha paura degli umani (adulti), e che questo suo comportamento può essere legato a degli abusi passati che lei avrebbe subito.
- Il piano più alto della Torre Prisma me lo sono immaginato così per via di un dialogo che si può fare con un NPC a Luminopoli. Questi dice che "vorrebbe salire sulla Torre Prisma per vedere dall'alto tutta la metropoli". I binocoli sono un riferimento a tutti i luoghi "panoramici" della serie (se notate in pressoché ogni gioco della serie principale c'è almeno una torre con dei binocoli).
 
Ancora un grazie a chi è arrivato fin qui e a chi, in generale, ha voluto dedicare un po' del suo tempo a leggere la mia fanfiction.
A presto, spero!
 
Hesper
  
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