La campanella era appena suonata, così tirasti un sospiro per prepararti psicologicamente all’allenamento intensivo che avresti dovuto tenere con il tuo migliore amico cicalato, Kacchan. Quel giorno non avevi per niente voglia di allenarti, o meglio: non avevi per niente voglia di farti saltare la testa dal collo con un’esplosione. 

Mentre ti alzasti, notasti una massa di persone intente a spingersi davanti alla vostra aula: chi erano quei ragazzi? E soprattutto: cosa ci facevano lì?

Furono proprio le parole del tuo migliore amico a rispondere ai tuoi quesiti: «Sono quelli delle altre sezioni. Sono venuti a studiare ‘il nemico’. Toglietevi di mezzo, stupide comparse!»

A quel punto, in mezzo alla folla, si fece spazio un ragazzo dai capelli viola e le profonde occhiaie con uno sguardo davvero molto cupo, almeno quanto quello di Kacchan che guarda Deku. 

«Le altre sezioni della Yuuei sono piene di persone che sarebbero volute entrare nel corso per eroi. Tuttavia la scuola ci ha concesso comunque un’opportunità: chi spiccherà durante il festival sportivo potrà essere trasferito nel vostro corso. E pare che questa regola valga anche per voi. Siete solo degli arroganti.»

Ti piaceva il suo modo di fare, la calma disarmante che aveva utilizzato col biondo ciclato. 

Ma che avrebbe fatto contro qualcuno in grado di resistere alla sua calma apparente?

Fu a quel punto che ti dirigesti verso la folla, arrivata davanti a quella ed al ragazzo dai capelli viola ti fermasti, appoggiando svogliatamente un braccio sulla spalla del biondo e sporgendoti in avanti col viso.  

«E tu chi sei, eh?» gli chiedesti, sorridendo beffarda. 

«Hitoshi Shinso.» disse semplicemente lui, con lo stesso tono di prima. 

«Bene, lascia che ti dica una cosa, Hitoshi Shinso. Hai ragione: come puoi vedere siamo degli arroganti.»

«Ma che stai dicendo, eh?» ti chiese Kacchan, preparando le esplosioni.  

«C’è una sola differenza tra la nostra arroganza e la tua, però...» 

«T/c-chan, smettila, per favore, le altre sezioni ci odieranno se tu e Bakugou-kun continuate così.» ti pregò Lida, agitando le braccia come se fosse un robot, ma tu continuasti imperterrita: «almeno la nostra è fondata. E adesso levatevi di mezzo, stupide comparse. » ricalcasti ciò che il tuo amico aveva chiesto, sorridendogli complice. 

~

Non potevi credere a ciò che avevi appena visto. Deku era sotto il totale controllo del ragazzo dai capelli viola, Hitoshi Shinso. Quel quirk era qualcosa di assurdo: non ti occorreva sapere nel dettaglio come funzionasse, avevi avuto la prova di quanto era utile. 

Era per questo che quel ragazzo ti aveva risposto in quel modo: essendo privo di qualsiasi capacità fisica non sarebbe riuscito ad annientare nessuno dei robot della prova d’ingresso della vostra scuola, ma molto probabilmente contro i villains sarebbe stato molto più utile di molti di voi, te compresa. 

Magari sarebbe riuscito a fermare anche il noumu senza muovere un solo muscolo. 

Assurdo. 

Era tutto ciò che riuscivi a pensare. 

Senso di colpa. 

Era tutto ciò che sentivi nei suoi confronti. 

Gli avevi detto che, per stare dov’era, era privo di qualsiasi capacità e forse lui ti aveva creduto. 

Devo scusarmi. Devo scusarmi. 

Era l’unica cosa che ti veniva in mente, mentre già sentivi i ragazzi della B e molti eroi acclamare il misterioso ragazzo dai capelli viola. 

Ti alzasti dagli spalti per raggiungere l’entrata del campo così Ochako ti chiede dove fossi diretta. «Devo fare una cosa.» le urlasti di rimando, accelerando. 

~ 

«Hitoshi Shinso?» chiamasti il ragazzo, che sembrava avere uno sguardo pensieroso, tanto che non ti aveva nemmeno vista mentre riprendevi leggermente fiato appoggiata al muro. 

«Ah, sei tu. Che vuoi, adesso? Vuoi dirmi che il mio quirk è simile a quello di un villain, forse?» ti chiede visibilmente scosso. 

«Volevo chiederti scusa. Sono davvero colpita dal tuo quirk, in uno scontro saresti certamentente più utile di me, ho sbagliato nei tuoi confronti.»

«Non hai paura che lo usi su di te, adesso?» ti chiese, avvicinandosi e mettendo una mano contro la parete alla quale eri ancora appoggiata. 

«Il nostro potere non definisce chi siamo, anzi, siamo noi a definire lui. So che non faresti nulla di male.» gli rispondesti sinceramente, cosa che parve realmente sorprenderlo. 

«Mi chiamo T/n T/c, ti va di diventare amici?» gli chiedesti allora, facendolo sorridere. 

«Amici, eh?» chiese lui, mentre tu ridevi in sottofondo.