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Autore: Helena Hufflepuff    02/04/2019    0 recensioni
Il Kintsugi è una tecnica giapponese per riparare ciò che è rotto con una colla dorata, che esalta le crepe anziché nasconderle. George e Angelina, distrutti dopo la morte di Fred, si incontrano una notte, prendendo una decisione che cambierà le loro vite...
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angelina Johnson, Fred Weasley, Fred Weasley Jr, George Weasley | Coppie: Angelina/George
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Kintsugi*

Era già passata mezzanotte quando George si apprestava a chiudere il negozio. Quel giorno era andato alla grande: del resto era il 31 agosto, e tutti i ragazzini non vedevano l’ora di mostrare i loro ultimi acquisti targati Tiri Vispi Weasley sull’Espresso per Hogwarts. Per carità, facevano un gran bene agli affari, ma talvolta faticava a stare dietro alla crescente richiesta di materiale nelle ultime settimane di vacanze estive. Fortunatamente sarebbe arrivato un momento di tranquillità... prima che le scorte degli studenti finissero e cominciassero gli ordini via gufo.

Chiuse la porta e lanciò un Incantesimo Gnaulante sul negozio: da quando non viveva più nell’appartamento al primo piano (che pensava di utilizzare piuttosto per ampliare l’area espositiva) gli dava la certezza di ritrovare tutto al suo posto il mattino dopo. Di solito si recava a casa a piedi, ma guardò la strada allagata, la notte buia, e la pioggia che inondava ogni cosa come una tenda umida e fredda, così ricorse alla Materializzazione.

Quando arrivò davanti a casa sua, era completamente fradicio: era stato poco preciso nell’individuare la destinazione, ed era finito nella piscina comunale di Godric’s Hollow, e solo al secondo tentativo arrivò nel giardinetto sul retro di casa sua, a un centinaio di metri di distanza. Entrò, s’asciugò con un colpo di bacchetta e mise su il bollitore per preparasi qualcosa di caldo. Stava accendendo il fuoco nel camino, per togliersi un po’ d’umidità dalle ossa, quando qualcuno bussò alla porta sul retro. George andò ad aprire e per poco la mascella non gli cadde a terra per la sorpresa.

“Angelina?!”

“Buonasera, George, posso entrare?” chiese lei, come se fosse perfettamente naturale presentarsi a casa di un ragazzo che non vedi da quel giorno a… che ore erano?... un quarto all’una.

“Sì, certo… accomodati pure” disse lui indicando il piccolo salotto spoglio. Pochi minuti dopo, lei era accomodata sull’unica poltrona disponibile, mentre Fred aveva preso la sedia della cucina, ed entrambi avevano in mano una tazza di tè fumante.

“Perché sei qui, Angelina?” chiese George, per rompere il silenzio che aleggiava tra loro da quando era entrata.

“Non posso venire a incontrare un mio ex-compagno di Quidditch?” chiese lei, ignorando la domanda. “A proposito, bella casa. Molto… minimalista”.

“Ci sto poco” rispose lui, mentre con un pigro colpo di bacchetta buttava un altro pezzo di legna nel caminetto. “Ma dubito che tu sia qui per questo. Dimmi pure, sono tutto orecchio” disse lui, accennando un sorriso. Che battuta idiota, si aspettava di sentir dire: ma quando quella voce non venne, ebbe una piccola stretta al cuore.

Angelina estrasse dalla sua borsa a tracolla un foglio, palesemente Babbano, pieno di termini strani e numeri che George non capì, ma fu quando lesse alla fine che rimase senza fiato.

Test di gravidanza: POSITIVO.

“È suo” disse lei dopo un silenzio durato probabilmente ore. “Sono incinta di quattro mesi”.

“Vecchio mascalzone” mormorò lui. Che lui e Angelina si frequentassero lo sapeva: in particolare in quel mese erano più le notti che passava fuori che quelle che passava sotto il tetto dei Tiri Vispi, e aveva già cominciato a parlare di trasferirsi, ma George non pensava a quello, no di certo.

“Volevamo sposarci, sai” disse lei. “Alla fine di questo macello, m’ha detto…” poi non riuscì a continuare, scossa da singhiozzi convulsi. La tazza le cadde dalle mani, andando in mille pezzi, ma nessuno ci badò, lei troppo impegnata ad esternare il suo dolore, lui troppo intento a interiorizzare tutte quelle notizie.

Angelina si soffiò il naso nel fazzoletto che gli porse George, e nonostante la faccia chiazzata e gli occhi gonfi, gli sorrise. “Ma quando l’hai scoperto?” le chiese infine lui.

“Dopo quel giorno, sentivo il bisogno di partire” disse lei, la voce ridotta a poco più di un sussurro. “Ogni cosa mi ricordava troppo di lui, di noi. Così sono scappata. Non ne vado fiera, ma avevo bisogno di staccare da me stessa per un po’, altrimenti sarei impazzita. Così sono andata nel primo posto che m’è venuto in mente, e sono finita in Giappone. Lì ho alloggiato in un albergo modesto sopra un negozio di restauro. Il proprietario era gentile e parlava un po’ di inglese. M’ha detto: ‘Tuo cuore ha tanto male. Ma io voglio te insegnare via di guarigione’. E poi…” Angelina si chinò sopra la tazza rotta ma, anziché ricorrere a un più pratico Reparo, cominciò a percorrere tutti i cocci con la bacchetta, per poi accostarli. Le ci volle un po’, ma alla fine ecco la tazza perfettamente integra, ma non solo: in tutti quei punti dove s’era rotta, ecco una sottile striscia dorata.

“Questa tecnica si chiama Kintsugi, che non è semplicemente incollare nuovamente i pezzi: le strisce dorate rendono l’oggetto ancora più bello e prezioso. Il signore m’ha detto: ‘Tu sei come tazza rotta: anche con Kintsugi non tornerai come prima, ma sarai più forte, ancora più bella di ora. Trova tua colla dorata’. Il giorno dopo, sono andata in un ospedale per un po' di nausea... e l'ho scoperto lì”. Guardava la tazza, i pensieri lontani. “Ed è per questo che sono venuta da te, oggi”. Si schiarì la voce e guardò George, fissando i suoi occhi scuri sul ciuffo che non nascondeva del tutto l’orecchio mancante. “Saresti disposto ad aiutarmi a crescere questo bambino? Non che non mi creda capace di farlo da sola, ma amavo molto il padre, e lui, o lei, merita di crescere il più vicino possibile a chi lo conosceva meglio di tutti”.

George la fissò per un bel po’. Angelina era una tipa tosta, e sapeva quanto le costava essere andata lì da lui, con quel tempo da lupi, per trovare qualcuno che potesse comprenderla e aiutarla. Le si avvicinò e con un dito cominciò a percorrere quelle linee preziose sulla tazza. Chissà, forse anche lui aveva bisogno di trovare la sua colla dorata…

Quattro mesi più tardi, George stava correndo come non aveva mai corso in vita sua. S’era Materializzato nei pressi della Tana, dove Angelina era andata a bere un tè in compagnia di Fleur e Molly; proprio quest’ultima l’aveva chiamato tutta agitata via Metropolvere direttamente nel negozio per urlare che doveva subito raggiungerle “ma niente Polvere Volante, signorino, o insozzi tutto il salotto!” Così aveva lasciato il negozio in mano alle sue assistenti prima di correre a Smaterializzarsi dal piccolo sgabuzzino sul retro alle pendici della casa paterna (stava migliorando, niente più atterraggi in stagni o laghi, ma doveva ancora affinare la tecnica).

Non appena arrivò la vide. Anzi, li vide: Angelina, raggiante, stringeva un piccolo fagotto che strillava a pieni polmoni come un’aquila. Andromeda, che stava buttando una manciata di lenzuola in una bacinella piena di acqua saponata Autolavante, lo accolse con un sorriso. “È andato tutto bene. Lei è stata bravissima e lui è sano come un pesce… come puoi sentire tu stesso!”

“Lui? È… è un maschietto?” chiese George, come istupidito. Andromeda gli sorrise – si vede che era abituata a sostenere neopapà rintronati alla nascita di un figlio – e lo accompagnò accanto ad Angelina, che lo guardò solo di sfuggita prima di tornare a guardare suo figlio. Era bellissimo, la peluria castano-rossiccia sulla testa e i suoi pianti energici come uno scoppio fragoroso di risa.

“Hai già scelto un nome?” chiese ad Angelina, che non le era mai sembrata così bella come in quel momento.

“Un’idea già ce l’avrei… ma prima, vuoi prenderlo in braccio?” chiese lei.

Lui si protese verso il piccolo, che appena lo vide quasi sorrise prima di salutarlo con un’esuberante zampillo giallo. George, anziché prendersela, cominciò a ridere come non faceva da mesi, e capì che aveva trovato la sua colla, che la sua vita aveva appena assunto nuova forma come quella tazza rotta col Kintsugi.

“Benvenuto, Fred Weasley Junior!”

° * ° * ° * °

NdA: in realtà questa OS volevo pubblicarla ieri, ma come sempre il mio cervello ieri ha deciso di andare in sciopero così arrivo con ventiquattr'ore di ritardo sul compleanno di Gred e Forge con  una FF di quelle da bel groppo in gola. Il titolo l'ho scelto perché immagino che sia George che Angelina abbiano sofferto moltissimo per la morte di Fred: due persone distrutte dalla perdita della loro anima gemella (più o meno letteralmente), eppure sono riusciti a rimettere assieme i pezzi della loro vita, creando una famiglia; la tecnica giapponese del Kintsugi, che le crepe le esalta anziché nasconderle, mi sembrava potesse essere una metafora abbastanza calzante. Per quanto riguarda le tempistiche, lo so che sono un po' (troppo) forzate, ma mi piaceva l'idea che George e Angelina si unissero attorno a ciò che restava di Fred. Più che l'amore tra i due, ho puntato sulla ricerca di un nuovo motivo per lottare... e cosa c'è di meglio di un bambino che ti saluta "lavandoti"? XD

Grazie di aver affrontato questa lettura, buon proseguimento di giornata! ^_^

   
 
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