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Autore: g21    20/04/2019    2 recensioni
L'uomo che è fuggito dall'Afghanistan, che ha salvato New York, il genio, miliardario, playboy e filantropo. Il supereroe che ha combattuto Thanos ed è rimasto bloccato nello spazio. E la donna che ha sempre saputo che quell'uomo ha un cuore, la segretaria che è diventata molto di più. Il ritorno di Tony sulla Terra e quell'abbraccio tanto sognato e desiderato.
Scritta per l'easter advent calendar del gruppo facebook “Hurt/Comfort Italia – Fanfiction & Fanart”
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Danvers/Captain Marvel, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Colmare i vuoti
 
 



Spazio. Vedo solo quello.

Da non so quanto tempo.

Un nuovo sospiro lascia le mie labbra secche, andando ad infrangersi contro l’aria già rarefatta.

Nebula alza per un momento gli occhi su di me, poi torna a guardare fuori.

Mi accorgo di non riuscire ad essere seccato per questa assenza di parole, anzi, è quasi un bene.

Certo, ormai tutto quello che faccio è in funzione di riuscire a risparmiare più ossigeno possibile, e mi sono accorto, negli ultimi giorni, che non è male il silenzio. Dovrò tenerlo a mente quando tornerò sulla Terra.

A quel pensiero mi sento improvvisamente svuotato da ogni cosa, mentre provo a mantenere la calma. Di certo voglio evitare di sprecare altro ossigeno, per quanto possibile.

Mi impongo di pensare a qualcosa di divertente e leggero, ma mi scopro capace di ricordare solo il sorriso di Pepper, e i suoi occhi azzurri.

Passo una mano sul volto, respirando a fondo.

“Stark, stai respirando troppo” mi avverte Nebula, il tono quasi stanco.

“Nessuno mi dice quello che devo fare” ribatto con astio, guardando male la mia compagna di viaggio.

“Lo dico solo per il tuo bene, immagino vorrai tornare sulla Terra vivo” prova a farmi ragionare lei, il tono piatto di chi capisce di star ragionando con un muro.

“Forse sarebbe meglio non tornare affatto” ammetto, cercando di suonare un briciolo ironico.

“Come vuoi” chiude Nebula, tornando a guardare l’esterno della nave.

Il suo tono è distaccato, disinteressato. In qualche modo fa scattare qualcosa dentro di me, ricordandomi, senza un apparente motivo, Pepper, prima di andarsene per quel periodo di pausa che mi ha richiesto.

Il pensiero della donna causa una stretta allo stomaco non indifferente. Sono sempre stato piuttosto ottimista, ma dopo quello che è successo non mi riesce bene.

Decido di alzarmi, magari mettere in moto qualcosa che non sia il cervello riesce a distrarmi.

Sono seduto da tempo e la ferita mal rimarginata al fianco non aiuta, però sento di dover fare qualcosa, non sono mai stato così tanto tempo senza fare niente.

Prendo qualche secondo per concentrare tutte le poche energie che ho in corpo verso le gambe e, facendo forza su una piccola rientranza vicino a me, provo a mettermi in piedi.

Sento gli occhi di Nebula su di me, ma non voglio nessun aiuto, so cavarmela benissimo da solo.

Mi sfugge un’imprecazione, data da una fitta al fianco, non appena mi metto in piedi.

“Stark…” prova a chiamarmi Nebula, ma non la lascio finire.

“Sto… benissimo. Alla grande” ammetto, nonostante il fiato corto e le mille lame che penetrano nella ferita.

Nessuna risposta dall’androide. Meglio così, non sono in vena di parlare.

Raggiungo a fatica i comandi e guardo fuori. Milioni di astri, il fondo nero. Non si vede altro, almeno per quanto io riesca a vedere.

Appoggio il braccio al vetro per alleviare almeno un poco il dolore al fianco che non mi lascia in pace. Forse Thanos mi avrebbe fatto solo un piacere uccidendomi su Titano, ma Strange non ha sentito ragioni.

Aveva detto che mi avrebbe lasciato morire senza problemi se avesse dovuto scegliere tra me e la gemma, invece no, ha voluto salvarmi. Il perché resta un mistero, almeno per me.

Mi ha salvato la vita, ma il mio cuore e la mia anima sono a pezzi.

Pezzi sparsi su Titano, insieme a ciò che resta del ragazzo che avrei dovuto proteggere.

Pezzi sparsi a New York, quando ho lasciato Pepper, dopo averle giurato che non me ne sarei più andato.

Pezzi sparsi in Siberia, grazie ad un tradimento che non so se supererò mai.

Pezzi sparsi a Sokovia, quando ho visto i miei compagni morti, in un’allucinazione fin troppo reale.

Ciò che resta è un guscio vuoto, ormai inutilizzabile. Vado avanti per inerzia, almeno fino a quando non si estinguerà tutto l’ossigeno.

Ammetto di essere stato tentato di respirare più spesso, non sopportavo più la monotonia di questa astronave.

L’unica cosa che mi ha sempre fermato è il pensiero di una possibile vendetta nei confronti del pazzo che ha fatto tutto questo.

Sento qualcosa di caldo che scende sulle mie guance, ma non ci faccio caso.

Ormai non controllo più nemmeno le emozioni, a meno che non sia rabbia. Non mi importa più di niente.

Sento qualcosa cadere alle mie spalle e dei passi affrettati.

“Cos’è?” chiede Nebula in meno di un secondo.

“Cosa?” ribatto stanco.

“C’è qualcosa che si sta avvicinando velocemente” spiega senza staccare gli occhi dall’esterno.

“Lo starai immaginando” dico fra me, prima di vedere cosa effettivamente avesse visto l’androide.

Una donna, fluttuante nello spazio, circondata da un alone di luce, appare quasi all’improvviso davanti alla Benatar. Faccio un passo indietro, ma la gamba cede e mi ritrovo in terra, tutto il peso sul fianco sinistro.

Mi sfugge un ringhio basso, mentre sembra che altre lame non vogliano lasciarmi stare. Chiudo gli occhi, stremato ormai dalla stanchezza e dal dolore.

Nebula probabilmente mi parla, ma capisco poche parole se non Stark e casa. Mi sforzo di aprire gli occhi e la vedo ai comandi, segue la donna che ho visto nello spazio.

Decido di abbandonarmi al sonno, al massimo sarà l’ultima volta che chiuderò gli occhi. Tutto sommato sono felice se dovesse finire così, a quanto pare mi stanno riportando sulla Terra.

Porto una mano al fianco e lo sento caldo e pulsante. L’ultima cosa che vedo è Pepper, la immagino sorridere, con i suoi occhi azzurri che brillano.
 
 


Sento qualcuno scuotermi per una spalla e dei rumori sopra di me.

Apro gli occhi, a fatica e controvoglia, e trovo il viso di Nebula a pochi centimetri da me.

“Coraggio, Stark. Siamo sulla Terra” mi avverte l’androide.

“Come…” provo a chiedere, ma non escono altre parole.

“La donna che abbiamo visto nello spazio. L’ho seguita e ci ha portato qui” spiega, intuendo quello che volevo sapere.

Ci vuole qualche secondo prima che il mio cervello, a corto di ossigeno e spento fino a qualche istante fa, riesca a tradurre le informazioni della mia compagna di viaggio.

Provo ad alzarmi, ma il mio corpo non collabora.

“Aspetta, ti serve una mano” mi ferma, porgendomi una mano.

Accetto il suo aiuto e mi alzo. Praticamente fa tutto il lavoro lei, non sarei mai stato in grado di alzarmi da solo nelle mie condizioni.

Il portellone della Benatar si apre e torno a qualche anno fa, di ritorno dall’Afghanistan. Adesso al mio fianco c’è l’androide blu al posto di Rhodey, ma non ho idea di chi ci sia ad aspettarmi.

Stringo il braccio di Nebula in un riflesso involontario, dato dalla stretta allo stomaco al pensiero che non ci sia
nessuno. Al pensiero che non ci sia Pepper, come all’inizio.

Il primo a venirmi incontro è Rhodes, così tiro un primo sospiro di sollievo. Lui non è sparito.

“Tony, è bello rivederti” mi saluta sollevato, portandomi una mano sulla spalla.

Non rispondo, lasciando vagare gli occhi per dei luoghi che non pensavo di rivedere.

“Dobbiamo medicare subito questa brutta ferita. Ti accompagno dentro” mi avverte, portando un braccio attorno alle mie spalle.

“No, prima devo…” inizio lasciando in sospeso, non volendo dire ad alta voce quello che penso.

“Tony…” prova ancora il mio amico, ma non lo lascio finire.

“Rhodey, dimmi che non è sparita anche lei” chiedo, la voce piena di paura.

Non faccio caso al cuore che si fa pesante a quelle parole, come a ricordarmi il mio fallimento. Sospiro pesantemente a quel silenzio, allora è proprio vero. Stringo la spalla di Rhodes, ma una voce mi ferma. È femminile, incredula e sollevata, un richiamo debole, ma perfettamente udibile per me.

“Tony” è una parola, una soltanto, e subito sento di essere nel posto giusto.

I miei occhi partono alla ricerca e ne incontrano quasi subito un paio azzurri, lucidi e brillanti. Pepper si è avvicinata a qualche metro da me. È lì, non è sparita. La raggiungo in fretta, incurante del male al fianco, e la stringo a me non appena possibile.

Lei mi sostiene, come ha fatto spesso, e non parla, non serve. La stringo più forte, per quanto me lo permetta la mia poca forza, con la paura di sentirla sparire tra le mie braccia. Pepper ricambia, in quella stretta la mia stessa paura e il mio stesso sollievo.

Un gesto che mi riempie, di speranza e coraggio, nonostante la situazione dica il contrario.

Sorrido, finalmente a casa.
 
 


​Angolo autrice
 
Salve. Ho scritto questo piccolo scorcio per l’easter advent calendar del gruppo facebook “Hurt/Comfort Italia – Fanfiction & Fanart” e ho pensato di lasciarlo anche qui. Inutile dire che quell’abbraccio nel trailer mi ha riempito di gioia e di sollievo. Vedere Tony di nuovo sulla Terra e con Pepper mi ha scaldato il cuore. Il resto della storia, tutto il fatto di lui e Nebula dispersi e recuperati da Carol è un mio headcanon, rinforzato da alcuni dettagli ripresi dai vari trailer/spot usciti (in primis la luce che arriva da fuori dalla Benatar e le lacrime di Tony, perchè quei suoi occhi lucidi mi hanno stretto il cuore in una morsa assurda)

E niente, spero che possa piacervi questa storia che raccoglie uno dei momenti che più aspetto di vedere (l’altro è la reunion tra Steve e Tony). Se volete farmi sapere qualcosa siete liberi, intanto grazie dell’attenzione

Giulia
  
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