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Autore: iron_spider    23/04/2019    2 recensioni
“Tony, parlami. Che ti succede? Ci stai spaventando.”
Tony continua a fare il suo angelo di neve. Muove braccia e gambe avanti e indietro, fissando il cielo azzurro e terso finché Peter non si avvicina ancora, eclissando il sole. Socchiude gli occhi e lo guarda come se fosse pazzo.
Perché è pazzo.
“Peter,” dice Tony, iniziando quella conversazione che ha già fatto tante volte. “Ti fidi di me?”
“Certo,” dice Peter.
“Siamo in un loop temporale. Io sono Bill Murray. Mi ricordo tutto, e voi no, siamo… siamo intrappolati. Siamo in trappola, ragazzino. Ho fatto queste cose mille volte. E mille ancora. E ancora e ancora e ancora. Non so come uscirne. Quindi… mi arrendo. Adesso faccio angeli di neve. E basta.”

[post-Endgame // Traduzione // What If? // Tematiche delicate]
Genere: Commedia, Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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How can I even try to go on?


 
Sono tutti in pizzeria, adesso. Tony ha un mucchio di salame piccante [1] in un piatto davanti a sé, e invece di mangiare il calzone, o qualunque altra cosa Happy gli abbia ordinato, continua a fissare il piatto. Justin continua a blaterare all’infinito riguardo a Dio-sa-cosa. Hanno già spiegato la situazione agli altri nella hall, mentre uscivano dalla hall, in corridoio, sulla soglia della stanza, e mentre si toglievano il pigiama per rendersi presentabili.

Tony tira il piatto più vicino a sé. Sbatte le palpebre, fissandolo, e poi guarda Justin. “Gesù Cristo,” dice, quando la realizzazione lo colpisce.

Justin socchiude gli occhi, fissandolo. “No, Justin Hammer.”

“Sono stato io a far finire il salame piccante?” chiede Tony.

Justin sbuffa divertito. “No, questo è il tuo primo loop, te lo giuro,” sghignazza. “Avevo pensato di prenderti in giro, tipo: oh, Tony, sei bloccato da cinquant’anni! Ma non sarei riuscito a portare avanti lo scherzo, e sono troppo felice per il fatto che io e te siamo finalmente sulla stessa barca.”

Tony sospira, ciondolando la testa. “Ti odio, cazzo.”

“Quindi hai intenzione di…” Peter si interrompe, guardando con ansia Tony e i piatti di fronte a loro, “Uh… di tenerti quel salame piccante?”

“Sì,” dice Tony, tirando il piatto ancor più vicino a sé. Non sa perché stia diventando così territoriale nei suoi confronti. Probabilmente sta uscendo fuori di testa.

“Quindi… non capisco,” dice Happy, scambiando un’occhiata con Rhodey. “Siamo tutti in un loop temporale?”

“L’intera città lo è,” dice Justin, sbriciolando qua e là mentre mangia.

“E non a causa tua,” dice Rhodey.

“Cazzo, no,” dice Justin. “Cristo, perché diavolo vorrei farmi questo?”

“Perché diavolo fai qualsiasi cosa?” lo fulmina Happy.

“Siamo tutti bloccati nel loop,” interviene Tony, prima che si scateni una rissa. “Solo che… per qualche-- tremendo, orribile-- maledetto motivo, Justin e io riusciamo… a ricordarcelo. Abbiamo fatto tutto questo ieri. La Festa dell’Uomo Congelato, svegliarci con Cher e gli ABBA…”

“… e tu hai allestito la cerimonia di premiazione?” chiede Peter, guardando Justin.

“Sì, è stato lui, quel grosso stronzo bugiardo,” dice Tony, guardandolo storto.

“E il giorno si sta ripetendo da mesi,” dice Peter, spostando lo sguardo tra Tony e Justin.

Un altro orrore. “Sì,” dice Tony. “Hai detto qualcosa riguardo ai viaggi nel tempo ieri, quando hai saputo di questa storia, e avevi più o meno--”

“Cazzo, qui è gennaio,” ride Justin. “E a quanto pare nel mondo reale è fine marzo? Assurdo.”

Happy emette un lamento. “Gesù, mi sento male.”

“Quindi sei bloccato?” chiede Peter. “Insomma, sei bloccato e ricordi di esserlo, ma domani, uh, noi tre e il resto della città ci resetteremo… e basta?”

“Bingo,” dice Justin.

Tony odia il modo in cui lo dice. Rimangono in silenzio. Rhodey prende un sorso d’acqua, abbassando lo sguardo sul tavolo. Happy fissa duramente Justin. Peter sembra nervoso, teso, con gli occhi che scattano qua e là. Respira deglutendo un paio di volte nel tentativo di nasconderlo, poi scuote la testa.

È strano, ma la sua preoccupazione ha un effetto calmante su Tony. Gli dà qualcosa su cui concentrarsi, invece della propria rabbia repressa e paranoia. Deve rimanere concentrato: deve farlo per loro, non per se stesso. Per Pepper e per Colei-che-ancora-deve-essere-nominata. Non può perdersi la nascita della sua prima figlia, assolutamente no, e non per colpa delle pagliacciate di Justin. Tony ha sconfitto un Titano, può risolvere anche un loop temporale. Anche se vorrebbe avere con sé il resto della squadra per aiutarlo a gestire il tutto, ha comunque accanto tre delle persone più intelligenti che conosca.

Allunga una mano, posandola sul polso di Peter. “Calmati,” gli dice.

Peter incontra i suoi occhi. “Non sei preoccupato?”

Tony mangia una fetta di salame. Poi ne mangia altre due. “Ti sembro preoccupato?” Spinge il piatto al centro del tavolo. “Andrà bene… riusciremo a risolvere tutto.” Non sa se sta dicendo stronzate – forse sì – ed è fottutamente preoccupato. Ma non ha intenzione di farlo sapere a Peter-Appena-Tornato-dalla-Morte, non se riesce a impedirlo.

Cerca di formulare un piano nella sua testa. Lavora meglio se ha una scadenza: gli piace accettare la sfida e cercare di anticiparla, e questa gli sembra un momento ideale per accettare una sfida. Due settimane. Visualizza mentalmente quelle parole, quel lasso di tempo, e lo scolpisce nella pietra. Due settimane, è tutto ciò che è disposto a concedersi.

Guarda in direzione di Justin, che sta ancora mangiando come un infante. Tony socchiude gli occhi, disgustato. “Ehi, imbecille,” dice. Justin alza lo sguardo, chiaramente abituato a quell’appellativo nei suoi confronti. “Sai dove possiamo usare un telefono senza essere disturbati? Abbiamo dovuto inventarci uno stratagemma assurdo con la signora della reception e adesso non ne ho alcuna voglia. E non ho visto cabine telefoniche in giro.”

Justin annuisce, a bocca piena, per poi leccarsi le dita. Rhodey emette un lamento schifato, distogliendo lo sguardo. Tony si concentra sul proprio cibo e fa lo stesso, spostando il piatto verso Peter.

“Sì, so dove trovarlo,” dice Justin. “È al teatro.”

“Dove ci hai rinchiusi nel freezer?” chiede Happy, sollevando le sopracciglia. “Sì, mi ricordo bene quella parte della storia.”

Justin sbuffa. “Non preoccuparti, non lo farò di nuovo.”

Tony scambia uno sguardo con gli altri. Non pensa di aver mai visto Rhodey così incupito, e non è cosa da poco. “Uh, ok,” dice Tony, rivolgendosi a Justin. “Perché se lo fai…”

“Mi uccidi,” dice Justin, annuendo. “Lo so. E la morte è una scocciatura, anche se solo per un giorno. Prendetevi delle scatole da asporto, ok? Io vado al bagno dei maschietti.”

Tony non vuole neanche immaginare cosa stia frullando in testa a Justin dopo essere rimasto bloccato lì così a lungo.

“Dovremmo chiamare gli altri Vendicatori,” dice Rhodey. “Questa cosa è più grossa di noi.”

“Rischierebbero di dimenticare tutto anche loro,” dice Peter.

“Allora perché tu no?” chiede Happy, gesticolando. “Perché tu ricordi? Perché anche lui? Perché noi no? O chiunque altro.”

“Non ne ho idea,” dice Tony, spiluccando ancora dal proprio piatto. “Magari è il karma, per tutti i miei peccati. Dio. Dai, ragazzino, ti porto a questo telefono così puoi chiamare May e dirle che questa gita durerà per tutte le vacanze di Pasqua.” Così non si preoccuperà troppo. Così non

penserà che Tony abbia rapito suo nipote.

Tony sa che dovrà dirlo a Pepper, prima o poi. È già stato via per qualche giorno senza che lei si preoccupasse, ma adesso è diverso, ed è pericoloso.

Due settimane. Sta tirando la corda. Ma deve farcela in due settimane.

 
§
 

Tony riesce a sentire Peter che parla con May dentro l’ufficio e si sente quasi sopraffare dal senso di colpa. Si lascia sprofondare un po’ nella sua poltroncina di pelle consunta e sospira. Loro quattro se ne stanno seduti nell’ultima fila di un piccolo teatro fatiscente – la parte dell’edificio che non sono riusciti a vedere ieri quando Justin si esibito nel numero del freezer.

“Quindi cosa accadrebbe se, per esempio…” riflette Happy, guardando Justin, “Se chiamassimo Capitan America qui? A parte spedire te all’altro mondo per averci trascinato in questo casino?”

“Come dicevo prima: ho visto un sacco di persone arrivare in città,” dice Justin. “Ma è tutto molto singolare… di solito arrivano di notte, così possono prendere una stanza. E poi il giorno dopo – il loro primo giorno completo – iniziano il loop. Vengono assorbiti dal giorno. Quindi se fate venire qui Stelle-E-Strisce, arriverebbe probabilmente a fine giornata e inizierebbe il loop a mezzanotte.”

“Ci ricorderemmo di averlo visto?” chiede Rhodey. “Dal momento che – Dio – siamo già nel nostro loop?”

“In realtà non sono sicuro,” dice Justin. “Ho visto questo tizio che è venuto fin qui per cercare il nipote, e la prima notte è stata normale, si sono ritrovati, baci e abbracci e tutto il resto, ma il giorno dopo è successo: il nipote si è buggato. Si ricordava di essere qui, ma l’altro no.
Perché per lui l’arrivo dello zio si era cancellato, e si è resettato, ma lo zio se lo ricordava perché non aveva ancora vissuto il suo primo giorno, il suo primo loop. Quindi è come se la loro riunione fosse effettivamente avvenuta in senso cosmico, ma si fosse cancellata dalla memoria del nipote. Capito?”

“No,” risponde Rhodey, scuotendo il capo.

“Non so,” dice Justin, scrollando le spalle. “Sarebbe potuta andare in entrambi i modi. Che il ragazzo si ricordasse e lui no.”

Tony si sfrega le tempie. “Questo è… un inferno. Letteralmente un purgatorio.”

“Non dirlo a me,” dice Justin, puntando i piedi sul sedile di fronte a lui.

“Come hai fatto ad appropriarti di questo posto?” chiede Happy, guardandosi attorno. “Hai le chiavi e tutto. Hai i codici per quei cazzo di freezer.”

Justin fa una risatina. “Oh, prima di fare qualsiasi altra cosa, mi alzo ogni mattina per venire qui e fare amicizia con l’adorabile coppietta di anziani che gestisce questo posto. Tecnicamente, lavoro qui. Sentivo di aver bisogno di un campo-base oltre al motel, e loro avevano messo un annuncio per il personale… Dio li fa e poi li accoppia. Sono piuttosto impegnati ad aiutare per l’Uomo Congelato, quindi cercavano qualcuno di fidato per pulire qui e assicurarsi che tutto funzioni a dovere. In più, hanno un telefono funzionante che ho usato per chiamare la mia ex, anche se non ci sono mai riuscito.”

Fidato,” sbuffa Tony. “Ti è mai capitato di non riuscire a convincerli?”

“Oh, sì, un po’ di volte,” dice Justin, tirando appena su col naso.

“Non dirmi che hai…”

“Sì, li ho uccisi,” dice Justin, scrollando semplicemente le spalle.

Tony si ritrae. Sono seduti a un paio di poltroncine da lui, ma, di nuovo, gli sembra troppo vicino.

“Sei un pezzo di merda,” dice Rhodey. “Non potevi trovare un altro posto come base?”

“Ma mi piace questo,” dice Justin, facendo un gesto verso il teatro dimesso. “Comunque, stanno bene. Oggi.”

Tony lo fissa per un lungo momento, e ripensa alle regole assurde di questo maledetto loop. Si sporge in avanti, dà una pacca sul braccio a Justin e si alza in piedi.

“Che c’è?” dice Justin, alzando lo sguardo.

“Vieni qui.”

Justin lo segue nel corridoio centrale, un paio di file più in basso, e quando si volta a guardarlo sta sorridendo come un idiota. Tony alza gli occhi al cielo.

“Non voglio che tu uccida nessuno,” gli dice.

“Dai, ma che dici?” ride Justin.

“No. Non fa ridere,” dice Tony, negando col capo. “Devi promettermelo. Perché potremmo risolvere tutto questo da un momento all’altro – per caso o di proposito, che cazzo ne so – ma se qualcuno muore in quell’ultimo loop, è morto per sempre. E se fai morire qualche innocente per sempre, tu sarai morto per sempre. E se è uno dei miei… riavvio questo cazzo di loop per ammazzarti più volte. Chiaro?”

“Ok, ok--”

“No, devi prometterlo,” dice Tony. Sa che non può minimamente fidarsi di Justin, ma deve avere almeno qualche garanzia. “Se uccidi qualcuno, ho chiuso. Affondo con la nave… o lascio te nella polvere.”

Justin lo fissa per qualche secondo, con in faccia un’espressione che Tony non riesce a riconoscere. “Sei fortunato ad avere degli amici,” dice.” Si schiarisce la gola. “Va bene. Niente omicidi. Posso accettarlo. Ma se avviene per sbaglio, non dare la colpa a me: chissà che diavolo dovremo fare per risolvere questa merda.”

“D’accordo,” dice Tony, proprio mentre Peter svolta l’angolo entrando nella platea. Tony supera Justin per andargli incontro. “Tutto bene?” gli chiede. Per quanto possa andare bene, insomma. Cristo.

Peter annuisce. “Sì, uh… May non ha detto nulla perché sono con te.”

Ecco, quello lo fa sentire davvero uno schifo, ma si risolve a non commentare.

“Le ho detto che probabilmente continuerò a chiamare da questo numero perché non c’è linea quindi… uh, ricordami solo che l’ho detto,” dice Peter, schiarendosi la gola. Tony detesta il fatto che stia già iniziando ad avere il terrore dell’inevitabile reset, e vorrebbe poter risolvere il tutto in un solo giorno, per il loro bene. Peter si guarda intorno. “Allora, qual è il piano?”

“Piccoletto, non ho avuto un piano per tutto questo tempo,” dice Justin, puntando le mani sui fianchi.

“Forse è per questo che sei ancora bloccato,” dice Peter, deridendolo. Happy soffoca una risata e Tony sente un fiotto d’orgoglio quando Justin sembra accusare il commento.

“Hai una mappa di questo posto?” chiede Tony, tornando indietro per sedersi e dando a Peter una pacca d’elogio sul braccio.

“Del teatro?” chiede Justin.

“Sì, del teatro, voglio ristrutturarlo,” dice Tony, alzando gli occhi al cielo. “No, idiota, della città, Nederland.”

“Oh, oh,” dice Justin. “Sì, in effetti… dammi un secondo.” Sparisce dietro l’angolo e si allontana, e Peter gli scocca un’occhiataccia nel sedersi accanto a Tony.

“May sta bene?” chiede Tony. “Nel senso, in generale. Tutto a posto, uh… a parte per suo nipote bloccato in un loop temporale?”

“Sta bene,” dice Peter, anche se i suoi occhi sono ancora nervosi, come se temesse di non vederla più. “Uh, lei e Pepper si sono viste, credo che siano diventate entrambe dipendenti dallo Shirley Temple [2], al momento.”

“Ah, giusto, niente più serate da sommelier,” dice Tony.

“Già.”

“Pepper non ci cascherà ancora per molto,” dice Happy. “Se vai dal panettiere e ci metti più del dovuto, è già pronta a darti per disperso.”

“Uh, si fida di me,” dice Tony, sapendo fin troppo bene che ha ragione, e che si preoccupa sul serio. E non ha tutti i torti. “Credo di aver guadagnato abbastanza tempo, ho una scadenza in testa… merda, non possiamo farci fregare così.”

“Intendi tu,” dice Rhodey. “Siamo praticamente inutili. Ci resetterai ogni mattina come giocattolini a molla. Scommetto che inizieremo ben presto a snervarti.”

Tony non vuole pensarci, perché sa di doverlo vivere. Oggi è stato già abbastanza brutto. Rivolge loro un sorriso. “Non potreste mai snervarmi. Hammer, d’altro canto…”

Parlando del diavolo, Justin spunta di nuovo fuori sventolando un foglio di carta logoro e scribacchiato. “Allora, ho segnato tutti i posti che ho già controllato – ah, non c’è di che, so esattamente cosa state pensando…”

“Quindi sono i posti che dovremo controllare di nuovo, che bello,” dice Tony, mentre Justin spiega la mappa.

“… ma c’è un gruppo di baite ai margini della città a cui non mi sono esattamente avvicinato, perché sono lontane e fa freddo e non ho voglia di andarci.”

“Dove diavolo sarebbe la tua volontà di andartene di qui?” chiede Rhodey, incrociando le braccia sul petto.

“Ehm, ho deciso di lasciare quella parte a, uh, Tony,” dice Justin, sorridendo.

Tony rotea gli occhi. “Ok, un gruppo di baite. Sembra un buon punto di partenza. Non credo di poter, uh, convincere voi tre a rimanere qui--”

“No.”

“Non direi.”

“Assolutamente no.”

“Immaginavo,” dice Tony, facendo leva sui braccioli per alzarsi in piedi. Sente un brutto presentimento solleticarlo alla base della nuca, e cerca di non pensarci.

“Car-sharing?” chiede Justin, sollevando le sopracciglia. “La mia macchina è un rottame, l’ho rubata mentre venivo qui…”

“Cristo, non lo voglio neanche nella macchina a noleggio, Tony,” dice Rhodey. “Ho firmato un contratto. Un contratto vincolante.

Justin sbuffa. “Senti, rimarrete qui abbastanza a lungo: quella macchina è tua, ormai.”

 
§

 
Stanno tornando al motel, e Tony riesce a percepire l’umore cupo che ha preso il sopravvento su tutti, tranne che su Justin. Guarda avanti e incrocia gli occhi di Peter, e questi, invece di costringerlo a tirargli fuori a forza cosa c’è che non va, scambia un’occhiata con Happy e Rhodey e lo confessa di sua sponte.

“Non voglio dimenticarmi tutto a fine giornata,” gli dice. Guarda di nuovo gli altri, e Happy abbassa gli occhi, stringendo le labbra in una linea sottile. Peter si rivolge di nuovo a Tony. “Nessuno vuole.”

Tony sente una stretta al cuore e scuote la testa. “Pete…”

“Sappiamo che non puoi farci nulla,” dice Happy. “Solo che… è tremendo, sapere che sta per succedere, sapere che saremo completamente… superflui e inutili in questa situazione infernale.”

“Quelle sono le ultime parole con cui vi chiamerei,” dice Tony, guardandoli tutti. “Più qualcosa del tipo: eroici, intelligenti, molto, molto speciali--”

“Ti saremo d’intralcio, Tony,” dice Rhodey, troppo serio per i suoi gusti, a dispetto della serietà di tutta la situazione. “Ogni giorno dovrai raccontarci tutto da capo, spiegarci perché Hammer è qui, ci dovrai convincere… quando dovresti pensare ad aggiustare questo casino. Dovrai dirci le stesse cose, di nuovo e di nuovo e di nuovo. È tremendo, è veramente… tremendo.”

“Sentite,” dice Tony, mentre attraversano la strada. “Voi tre-- non importa. È così e basta. Ho bisogno di voi, so che ho bisogno di voi per risolvere tutto. Deve pur rimanere qualcosa nelle vostre teste tra un loop e l’altro, qualche ricordo… credetemi.” Sospira, con un cenno del capo, e prega che funzioni davvero così. “Credetemi e basta, ok?”

“Ci proveremo,” dice Peter, sconsolato.

Tony non riesce a elaborare un discorso d’incoraggiamento abbastanza vivace, perché l’intera situazione è folle, è quasi peggio di alcuni dei peggiori pasticci in cui si è cacciato. Ha la sensazione che il trauma di quello che hanno passato con Thanos sia ormai scritto nel loro sangue: quelle immagini continuano a ripetersi in un filmino dell’orrore nelle loro teste. Tony non può perdere di nuovo Peter, non può vedere Rhodey di nuovo ferito, non può mettere di nuovo in pericolo Happy. Rhodey è altrettanto protettivo, Happy forse anche di più, e Peter ha già perso così tanto in vita sua che probabilmente aver visto Tony a un passo dalla morte sta amplificando al limite la sua paranoia.

Questa è l’ultima. Cosa. Che ci voleva.

“Va bene,” dice Justin, accelerando quando vede la macchina. “Io sto davanti--”

“Sì, col cazzo,” dice Tony, fulminandolo.

“Ehm, io so dove andare, e tu no…”

“Ho la mappa, cretino,” dice Tony. Lancia un’occhiata a Happy e Peter, che hanno l’inconveniente di dover condividere con lui il sedile posteriore. “In realtà, preferirei legarti al tettuccio…”

“Non fa niente,” dice Happy. “Pete si siede in mezzo.”

“Mi dispiace, ragazzino,” dice Tony.

“Non fa niente,” dice Peter, lanciando un’occhiataccia a Justin che dice tutto l’opposto di “niente”.

Justin sospira, sedendosi dietro a Tony, e questi sale a sua volta. Detesta il fatto che Justin sia – quasi – dalla loro parte adesso, e anche se sta nevicando in modo piuttosto intenso sente il proprio calore corporeo che minaccia di soffocarlo. Una volta allacciata la cintura, abbassa il finestrino e sporge fuori la mano, acchiappando qualche fiocco nel palmo.

Rhodey ingrana la retromarcia e si rivolge a Tony. “Dove andiamo, navigatore?”

Prima che lui possa rispondere, Justin s’intromette. “Già, navigatore, dove andiamo?”

Tony gli scocca un’occhiata storta dallo specchietto. “Imbocca la strada principale,” dice, studiando la mappa. “Poi gira a sinistra al secondo semaforo.”

“Va bene,” dice Rhodey, uscendo dal suo posto e dirigendosi all’uscita del parcheggio.

“Spero che là fuori ci sia qualcosa,” dice Happy, e Tony può vederlo inclinarsi in avanti per indirizzare l’affermazione a Justin, oltre il povero Peter seduto in mezzo a loro. “Non vorrei perdere tempo in stronzate.”

“Qualcuno sa che cavolo c’è là fuori?” chiede Justin. “Di sicuro non io. È per questo che ci stiamo andando, magari c’è qualche… cazzo di talismano magico--”

Succede in fretta. Così in fretta che Tony ha a malapena il tempo di rendersene conto. Di sicuro non ha tempo per pensare, non ha tempo per reagire: vede un lampo rosso, sente Justin gridare aspetta! ma non c’è tempo di aspettare, Rhodey non ha tempo di indietreggiare, non ha spazio per avanzare. La dannata macchina rossa li sperona come se stesse andando a cento all’ora, e tutto ciò che Tony riesce a sentire è dolore. Quel tipo di dolore allucinante che lo invade, che divampa dentro di lui, ma il suo braccio-- il braccio-- il suo cazzo di braccio--

Poi ci sono solo dei lampi--

Dolore--

Delle grida, delle grida-- crede di sentire qualcun altro, adesso--

Il suo braccio-- il suo dannato braccio, cazzo, che è successo--

È altrove ora, è tutto sfocato, c’è del bianco, del sangue, ferro nella sua bocca, Cristo, dove sono, dove sono--

È stordito, ha le vertigini. Il suo braccio, che è successo al suo braccio, dove--

Peter, Rhodey, Happy, crede di dire i loro nomi, crede di parlare, sente delle mani su di lui che lo tengono giù--

Non riesce a vedere, cazzo, non riesce a vedere--

“Dov’è? Dov’è, dov’è, vi prego!”

La voce di Peter.

Quanto tempo è passato? Cristo santo, Tony non riesce a pensare… è su qualcosa, qualcosa è sopra di lui, il suo braccio, il suo braccio, il braccio buono, stavolta, non quello del guanto, il cazzo di braccio buono--

La sua vista è sfocata, sa che la sua coscienza sta oscillando dentro e fuori… dentro e fuori…

Dentro e fuori…

Fuori…

Fuori…

La cazzo--

Di macchina rossa--

Si sente come un nervo scoperto, rotto e in fiamme, come se la testa fosse dieci volte più grande di quanto dovrebbe. Sta morendo, sta morendo per forza--

“Tony, oddio, andrà tutto bene…”

Sbatte le palpebre. Non riesce a vedere. È come se fossero passati ottocento anni. Prova a stringere il pugno destro, ma-- ma--

“Tony. Tony.”

GIORNO TRE

Si sveglia con un sobbalzo sulle note di quella cazzo di SOS. È di nuovo nel letto del motel. È un altro giorno. Si sente come se stesse per avere un infarto e si stringe immediatamente il braccio, tastandolo fino al polso, fino alle nocche. Si passa la mano sulla fronte. È qui. È tutto intero.

Deglutisce a forza e cerca a tentoni la sveglia urlante, girandola per premere il tasto e interrompere la canzone. Peter si lamenta debolmente, rigirando la faccia nel cuscino, e Tony si mette in piedi, barcollando verso la stanza contigua. Scivola dentro, va in punta di piedi in mezzo ai letti in cui Rhodey e Happy stanno ancora dormendo e disattiva rapidamente la loro sveglia prima che scateni Cher nel mondo. Prende le chiavi dell’auto dal comò, e lì accanto vede il fondo del bicchiere che si è rotto la prima notte. Deglutisce di nuovo a forza.

Rientra nella sua stanza, col cuore ancora a mille, e coglie Peter che lo fissa con occhi appannati. Chiude la porta il più piano possibile e vi si accascia contro, sospirando.

“Che succede?” chiede Peter, con la voce roca del mattino. “Hai… hai impostato tu la sveglia?”

“No,” dice Tony. Un’ondata di tristezza lo assale, come un dolore fantasma in tutto il suo corpo. Il maledetto incidente d’auto, e le loro voci prima di quella follia che gli riecheggiano nelle orecchie: dovrai dirci le stesse cose, di nuovo e di nuovo e di nuovo. Per un lungo istante non sa cosa dire, come dirlo, come approcciare questo giorno nuovo e fottuto e spaccato in questo mondo nuovo e fottuto che è in realtà un purgatorio.

“Stai bene?” chiede Peter, adesso un po’ più chiaramente, tirandosi su coi gomiti. “Hai una faccia.”

Tony si schiarisce la gola. “Uh, torna a dormire, ragazzo,” gli dice. “Quell’affare è scattato troppo presto, abbiamo-- abbiamo ancora tempo prima, fino a, uh… alla premiazione.”

Peter annuisce, ma non sembra del tutto convinto. Tony si sente stanco – fottutamente esausto – e non sa come funziona tutto ciò, se sia come non dormire affatto, se sia ancora stanco per quello che… per qualunque cosa sia successa ieri, anche se i segni fisici sono scomparsi.

L’incidente è stato grave, è stato un disastro, non ricorda di essere mai stato messo così male se non a un soffio dalla morte o mentre era ubriaco fradicio.

“Ho fatto un brutto sogno,” dice Peter, piano, con la voce che si incrina sull’ultima parola. “È stato… strano, come quelli… quelli che facevo prima, hai presente?”

L’attenzione di Tony si distoglie dai suoi ragionamenti attuali per concentrarsi su Peter. Sa a cosa si riferisce: i sogni che ha avuto dopo l’Avvoltoio, e quelli quando è tornato, mentre cercava di riprendere a vivere dopo essere morto. Si avvicina a lui e si siede sulla sponda del suo letto, guardandolo dall’alto. “Che hai sognato?” gli chiede.

Peter abbassa lo sguardo, distogliendolo. “Non mi ricordo molto, era più… più una sensazione, solo-- ero ferito, sentivo il sangue, sapevo che eri lì ma non riuscivi a vedermi, e anche tu eri ferito… è stato-- non lo so, è stato solo-- insomma, sono contento di esserne uscito,” dice, con un sorriso tirato.

Il cuore di Tony sta martellando di nuovo. Quel sogno somiglia decisamente all’incidente di ieri. Non si sente pronto a spiegargli tutto, non adesso, vuole andare a parlare con Justin per avere più dettagli, ma sembra davvero che dei pezzi di ciò che è accaduto siano sospesi nella testa di Peter. “Non, uh… non ricordi altro?” gli chiede.

Peter scuote la testa.

Tony lascia andare un respiro. “Beh, ora è finito,” dice. “Stiamo bene.”

“Stiamo bene,” ripete Peter. Sbadiglia, ondeggiando un po’. “Mi svegli quando dobbiamo andare?”

“Certo,” dice Tony, allungando una mano ad arruffargli i capelli.

“Ok,” risponde Peter. Rivolge a Tony una strana occhiata, come se non gli credesse, e Tony pensa al loop e a ciò che lascia nelle persone che non sanno di esserci dentro. Merda, vorrebbe riuscire a scovare questa cosa, a capire come funziona… ma la magia si nasconde, l’ha capito nell’ultimo paio d’anni. Opera tra le pieghe del tempo e dello spazio, invisibile ad occhi come i suoi.

Peter si gira e affonda di nuovo nel cuscino, e Tony lo guarda per un istante prima di alzarsi e raggiungere la valigia. Guarda i vestiti che si è messo ieri e scuote la testa, mettendoli da parte e scegliendone altri. Col cazzo che starà al gioco delle ripetizioni. Si impone di fare tutto nel modo più diverso possibile, dovesse finire per ucciderlo.

Il che… probabilmente accadrà.

Sospira. Va in bagno e si sciacqua la faccia per quasi dieci minuti prima di vestirsi e scivolare cautamente in corridoio senza svegliare di nuovo Peter. Non ricorda in che stanza ha detto di essere Justin, e per un istante inorridisce al pensiero di essere nel suo stesso motel. Non sa neanche se sia qui al momento, potrebbe essere via… a uccidere la coppietta di anziani in quel dannato teatro.

Tony sospira di nuovo, e lancia uno sguardo in fondo al corridoio.

“Oh, Cristo, eccoti qua,” dice la voce di Justin. Tony si volta e lo vede arrivare dalla direzione della hall. Si pianta le mani sui fianchi.

“Non stavi uccidendo nessuno, vero?” gli chiede, anche se avrebbe un milione di altre domande, al momento.

Justin sbuffa, avvicinandosi e fermandosi di fronte a lui. “No! Certo che no! Una promessa è una promessa, no? E Cristo, dopo quel che ti è successo ieri… merda, amico--” Fa una risatina. “È stato, uh…”

“Non è successo a tutti?” chiede Tony. “Incidente d’auto, giusto?”

“Sì, quella cazzo di macchina rossa,” dice Justin, schioccando la lingua. “Già, eravamo tutti messi piuttosto male… nel senso, io ero il secondo messo peggio, a dirla tutta, ma tu… cazzo, tu te la sei vista brutta--”

“Non vedevo più niente,” dice Tony, ricordando la confusione, il dolore. “Il mio braccio--”

“Il tuo braccio,” ride Justin. “Il tuo braccio… era mozzato, bello. È stato disgustoso. Avevi, tipo, mezzo braccio. E continuavi a svenire perché-- insomma, hai avuto un trauma cranico tremendo, danni cerebrali, ti sei sfondato la fronte…”

Tony ha senso di nausea. Non perché lo ha vissuto, che già di per sé… è tremendo, ma ancor più perché gli altri hanno dovuto vederlo in quello stato. “Ma non sono morto?”

“Ci sei andato vicino, ma niente,” dice Justin, scuotendo il capo. “Cristo, è stato un bagno di sangue. Il ragazzino è andato fuori di testa, Rhodey piangeva, Happy era aggrappato a te… Dio, è stato-- insomma, sono bloccato qui da tre mesi e non ho mai visto nulla del genere… nulla di così terrificante--”

“Ok,” lo ferma Tony, scuotendo la testa. Pensa di chiedere cosa sia successo a loro, come fossero ridotti, ma si trattiene. “Cristo. Ma non dovevi sapere quel che sarebbe accaduto? Maledizione.”

“Senti, vi avevo avvertiti di quella dannata macchina rossa,” dice Justin. “Non sono mai uscito da quel parcheggio in quell’esatto momento, merda. Comunque stiamo bene.”

“No, adesso abbiamo perso un altro giorno e loro sono traumatizzati,” dice Tony, gesticolando in direzione delle porte.

“Stanno bene,” dice Justin, scandendo le parole. “È un nuovo giorno. Ho fatto certe cose che vorrei poter dimenticare, credimi.”

“Beh, io penso che loro trattengano qualcosa,” dice Tony. Justin inclina la testa. “Peter ha fatto un incubo, e assomigliava molto a quello che è successo ieri.”

“Ah, davvero?”

“Davvero.”

“Strano,” dice Justin, annuendo.

Tony lo fissa. “Non… non lo trovi interessante? Non è qualcosa su cui, non so, dovremmo indagare?”

“Insomma, forse?” chiede Justin. “Che intendi fare? Andare in giro a chiedere alla gente che sogni ha fatto ultimamente? Ok che sono strani, Tony, ma non--”

“Va bene, fa niente,” dice Tony, alzando gli occhi al cielo. Si trascina le mani sul volto e si appoggia al muro. “Maledizione, ma come sopporti questi reset? Non so come cazzo fare, è come un colpo di frusta.”

“Già, ci sono abituato,” dice Justin. “Stavamo andando a controllare quelle baite prima che la macchina rossa venisse a fotterci. Stesso piano? Vuoi svegliare il tuo entourage?”

Tony pensa inizialmente che, sì, li vuole con lui, si sente più forte e più capace con loro vicino, ma poi ripensa alla breve descrizione che Justin ha fatto di ieri, di quel che è successo… e se oggi le cose andassero storte-- e poi scuote la testa. “No,” dice, schiarendosi la gola. “Andiamoci da soli.”

“Solo noi due,” dice Justin, con un ampio sorriso. “Ah, finalmente come volevo io.”

Tony fa una smorfia, scuotendo la testa. “Non costringermi ad ammazzarti.”

 
§

 
“Hai intenzione, uh… di immetterti?” chiede Justin, rivolgendosi a lui dal sedile del passeggero. “Non c’è nessuno per strada.”

“Non ti ricordi che--”

“Ma non c’è nessuno in giro.”

“Quel testa di cazzo è sbucato dal nulla,” dice Tony. Justin sospira, ma sorprendentemente non interviene di nuovo, il che fa interrogare Tony sull’entità delle sue ferite dopo l’incidente. Controlla tutti gli specchietti, guarda fuori dal finestrino, e poi si immette il più velocemente possibile, superando a tutta birra il semaforo verde e svoltando l’angolo. “Quanto sono lontane queste baite? In termini di tempo.”

“Ah, il tempo,” dice Justin, facendosi assorto.

“Niente battute sul tempo,” dice Tony. “O sui loop. O qualsiasi cosa assomigli a un loop. O sulla neve. O su gente morta congelata. Regole di base.”

“Riesci ad uccidere il divertimento in ogni cosa.”

“Tornando alla mia prima domanda,” dice Tony.

“Non saprei, forse un quarto d’ora,” dice Justin. “Non ci sono mai andato. Non ne ho mai visto… il motivo. Non c’è nulla da fare, solo gente comune a cui probabilmente non importa della festa.”

“Potrebbe essere la tana del male,” dice Tony. “La persona che ha fatto questo potrebbe starsene lassù a guardarti da una stanza ipertecnologica. Probabilmente ha messo telecamere ovunque.”

“Ok, questa mi sembra paranoia,” dice Justin. “Quassù il segnale fa schifo. In effetti non dovrebbe fare così schifo.”

“Già, probabilmente fa parte del gioco,” dice Tony, con gli occhi sulla strada davanti a loro. La neve è ammassata ai lati, e cerca di non pensare troppo al fatto che qui, al momento, è gennaio. Continua a sperare che una di queste volte si risveglierà a New York. Come dopo un lunghissimo sogno. Cristo, tutto può succedere. Lancia una rapida occhiata a Justin e alza gli occhi al cielo di riflesso: non gli piace stare da solo con lui, e neanche stare con lui e basta, e odia il fatto che di tutte le persone in questo cazzo di mondo sia bloccato in un loop infinito con un simile stronzo.

“Stavo per chiederti se hai dei nemici, poi mi sono ricordati chi sei e quanto sarebbe stupida come domanda,” dice Tony, stringendo un po’ troppo forte il volante. “Nemico numero uno, a rapporto.”

“Anthony, credi davvero che-- merda, sei stato tu?” chiede Justin. “È un trucco? Mi hai raggirato?”

“Nah, non mi verrebbe mai in mente una cosa del genere,” dice Tony. “Il che mi ricorda che, se l’avessi fatto io, mi sarebbe servito un aiutino da un certo stregone, quindi forse dovrei provare a chiamarlo.”

“Uno stregone, bello, bello,” dice Justin. “Cristo, vorrei saper usare la magia. Avrebbe reso l’evasione molto, uh… molto più semplice.”

“Ok, visto che siamo improbabili soci in questo macello,” dice Tony, fermandosi a un semaforo rosso, “Come hai fatto, esattamente?”

“Oh, parliamo da soci?” chiede Justin. “È simile a essere amici?”

Tony lo fissa, e Justin scoppia a ridere.

“Va bene, ci arriveremo. Uh… l’evasione, ecco, non è stata nulla di che, la mia ex era una secondina tempo fa e conosceva il posto a menadito, in più ha convinto un paio di pezzi grossi ad aiutarmi. Ci sono voluti circa tre mesi di pianificazione, pensavo che ne sarebbe valsa la pena, cazzo… e invece mi sono beccato tre mesi di spazzatura per tutto il fastidio.”

“Oh, povero te,” dice Tony, rimettendo in moto quando scatta il verde. “Hai mai pensato che saresti dovuto, uh, rimanere in prigione?”

“Nah,” dice Justin, con un ghigno. “Non faceva per me.”

“Sì, che faceva per te,” dice Tony. “Un’accoppiata perfetta.”

“Quando ti scorderai della nostra scaramuccia, eh?” chiede Justin. “Insomma, non era niente di personale--”

Tony si lamenta più forte che può. “Smetti di parlare. Sono stanco della tua voce.”

“Mi dispiace, Tony,” dice Justin. “Sono sinceramente, follemente, profondamente dispiaciuto.”

“Lascia perdere,” dice Tony. “Sei un cattivo di bassa lega. Più o meno in fondo alla catena alimentare.”

“Così mi ferisci.”

“Perché diavolo la tua ex non è venuta a riprenderti?” chiede Tony, rivolgendogli uno sguardo. “Hai detto che non sei riuscito a contattarla. Perché non ti ha contattato lei?”

“Oh, sono sorpreso che mi stessi ascoltando.”

Tony si sente ribollire il sangue. È come un maledetto bambino. Tira un profondo respiro e scuote la testa, concentrandosi sulle strade ghiacciate, e Justin sbotta a ridere.

“Beh, ho perso il mio cellulare usa-e-getta mentre venivo qui, quindi non sa dove chiamarmi, e quando ho chiamato il numero che mi ha dato lei era disattivato. Ero un po’ preoccupato che gli sbirri l’avessero acciuffata, non-- non è esattamente una cittadina modello.”

“Certo che non lo è, se era impegnata con te,” dice Tony.

“Speriamo che non sia morta,” dice Justin, con una scrollata di spalle.

Un procione sbuca di fronte alla macchina e Tony schiaccia il freno il più delicatamente e velocemente possibile per non slittare fuori strada. Il suo battito cardiaco ha un’impennata e l’animale schizza via nel bosco. Tony prende un respiro, riprendendo velocità e ringraziando Dio che non ci fosse nessuno dietro di loro.

“Cristo santo,” esala. “Non ne posso più di questo cazzo di posto.”

 
§

 
Le baite sembrano innocue, e non c’è nulla d’interessante o bizzarro da vedere. Non sembrano case infestate, ma neanche villette di lusso, si collocano in una via di mezzo. Tony e Justin bussano alle porte e parlano con un paio di persone, ma non c’è nulla che li metta in allarme, e Tony pensa di essere diventato abbastanza bravo a individuare chi ha cattive intenzioni. Due baite sono vuote e altre due sembrano abbandonate, e s’intrufolano in una di esse in cerca di indizi.

Indizi. Cristo santo, è finito in una puntata di Scooby Doo.

“Non riesco a credere che tu non sia mai venuto quassù,” dice Tony, in mezzo alla camera da letto di una delle baite. “Questo posto sembra… perfetto per il cattivone di turno-- tipo te…”

“Uh, io non sono cattivo,” dice Justin. “Sono furbo.”

Tony alza gli occhi al cielo.

“E quassù non c’è niente,” dice Justin, ribaltando una sedia a dondolo. Una nuvola di polvere si solleva e aleggia nell’aria, e Tony tossisce nel mezzo, guardandolo storto.

“Abbiamo ufficialmente deciso che questo loop è indirizzato a te?” chiede Tony.

“Oh, adesso decidiamo insieme cosa è ufficiale? Perché--”

“Hammer.”

“Penso di sì,” dice Justin. “Non lo so. Insomma, adesso ne fai parte anche tu.”

Tony scuote la testa, spaziando lo sguardo fuori dalla finestra. “Merda,” dice. Non vuole ammettere di non avere idea di cosa fare, ma non ne ha davvero idea. L’unico pensiero che riesce a formulare è che dovrebbe tornare al motel prima che gli altri pensino che l’abbiano rapito o qualcosa del genere. “Va bene, questo contiamolo come un buco nell’acqua. Usciamo di qui.”

“Almeno possiamo cancellarlo dalla mappa,” dice Justin, mentre si dirigono verso la porta.

Sembra che stia nevicando più forte e Tony lo percepisce come un presagio, un segno negativo rispetto ai loro progressi, o alla loro assenza. Si guarda indietro da sopra la spalla e Justin lo sta fissando con una strana espressione, ma è complesso stabilire se sia davvero una strana espressione o solo la sua solita faccia da idiota. Gli riesce difficile dispiacersi per lui, e reprime quel sentimento non appena fa capolino nella sua mente. Sa che Justin si dev’essere pur cacciato in questo casino in qualche modo, e si chiede ancora se non sappia più di quanto abbia rivelato.

Tony segue le loro impronte mentre avanzano nella neve verso la macchina, e un uomo esce da due case di distanza rispetto a quella in cui si sono appena introdotti, rivolgendo loro una strana occhiata. Tony non può fare a meno di notarlo, e si gira verso Justin, che sta palesemente cercando di evitare lo sguardo del nuovo arrivato.

“Ehi!” grida l’uomo, ma sta guardando Justin, non Tony.

Justin non risponde.

“Ti ho già visto da qualche parte?” chiede l’uomo, socchiudendo gli occhi. È magro, coi capelli scuri e indossa delle bretelle e un ampio cappotto; Tony si gira a guardare di nuovo Justin. “Sembri-- mi sembra di averti già visto prima.” Li fissa, sembrando un po’ turbato.

“No, siamo appena arrivati in città,” dice Justin, agitando a mezz’aria la mano. “Non-- non ti ho mai visto in vita mia.”

“Hmm. Mi fai un’impressione familiare.”

“O magari fa solo impressione?” chiede Tony, mentre la faccia di Justin diventa risentita.

“Non sei mai venuto da queste parti?” chiede l’uomo. “Sei appena--”

“No,” sbotta Justin. “Tony, apri la macchina.”

Tony lo squadra, assottigliando lo sguardo. “Justin, questo signore sta cercando di parlare con te.”

Tony,” dice Justin, strattonando la maniglia della portiera. “Ci sono delle persone che ci aspettano, ricordi? E probabilmente sono in ansia per--”

Tony piazza le mani sul tettuccio dell’auto. “Poi voglio la storia completa,” sussurra, in tono brusco.

“E va bene,” sibila Justin.

“Mi spiace, amico!” grida Tony, alzando il braccio in direzione dell’uomo. “Magari ha solo un viso molto comune.” Apre la portiera e Justin si fionda letteralmente all’interno, e Tony non vuole sapere che cazzo abbia combinato a questo tizio, ma immagina che non sia affatto qualcosa di grandioso.

Avvia il motore e si allontana di gran carriera, osservando Justin che guarda fuori dal finestrino mentre si allontanano dall’agglomerato di baite. Lo fissa con più interesse di quello che abbia mai provato nei suoi confronti da quando ha scoperto della sua esistenza, e Justin esala un sospiro.

“Allora, che gli hai fatto?” chiede Tony. “L’hai ucciso? Per gioco?”

Justin emette un verso infastidito. “No, non l’ho ucciso. Ci sono andato a letto. Un paio di volte. Un tipetto interessante, solo che l’ultima volta le cose si sono fatte un po’ troppo strane e non-- non voglio un bis. Magari hai ragione con quella storia dei sogni. Oh, magari mi ha sognato...”

Tony scuote la testa schifato. “Dio, non voglio immaginarti come un essere dotato di una vita sessuale. Quasi preferivo un omicidio.”

“Oh, io ho una vita sessuale. Hai presente quando mi strangolavi--”

“Hammer.”

“Lo so che ti--”

“Ci mando a sbattere,” dice Tony, stringendo con forza il volante. “Lo faccio.”

“Non vorrai turbare i tuoi amichetti,” dice Justin, mentre prendono una curva. “Quel ragazzino… da quando hai un istinto paterno? Pensavo che l’unico contesto in cui qualcuno ti avrebbe chiamato ‘paparino’ fosse--”

Tony sterza bruscamente e la macchina sbanda e scoda da destra a sinistra, mettendo a tacere Justin prima che quella frase disgustosa possa uscire dalla sua bocca altrettanto disgustosa.

Justin sospira. “Vedi quel ragazzino… come tuo figlio? Tony Stark che prende in casa un randagio?”

“Non è un randagio,” sputa fuori Tony. “Ha una zia a cui sono molto affezionato, e comunque chiudi quella cazzo di bocca: non ho intenzione di parlarti di Peter.”

“Adorabile,” dice Justin, reclinandosi sul proprio sedile. “Giochi al genitore con sua zia. Zia? Non ha più i genitori?” Fa un verso sorpreso, e si sporge verso di lui oltre il cruscotto. “Tony, li hai uccisi tu? Non è così che si adotta un bambino, Stark, ci sono delle procedure--”

“Sono serio,” dice Tony, girandosi a guardarlo. “Ti ammazzo e getto il tuo cadavere nel fiume. Poi ricominciamo, per me va bene.”

“Che è successo alla regola di non uccidere? Per me non vale?”

“Per te non vale nulla,” dice Tony. “Tu sei il jolly.”

Justin sembra pavoneggiarsi un po’ a quelle parole, e a Tony quasi viene un conato. “Sembra un complimento.”

“Non lo è.”

“Lo sembra.”

“Chiudi quella cazzo di bocca.”

 
§

 
Tony sente la voce di Happy mentre camminano verso l’ingresso del motel, prima ancora di aprire la porta. Rimbomba e riecheggia, e Tony è sicuro che l’intera città riesca a sentirlo.

È alto più o meno così, col pizzetto, bell’uomo… Cristo, dovete conoscere Tony Stark…

Justin fa un sorrisino rivolgendosi a Tony mentre procedono sul vialetto. “Vedo che ispiri una certa lealtà,” dice, guardandolo da capo a piedi.

“Non so cosa stai cercando di implicare, ma, di nuovo…”

“… chiudi quella cazzo di bocca, giusto.” Fa il gesto di chiudersi le labbra con una zip, e Tony alza gli occhi al cielo mentre entrano dalla porta principale.

Gli altri tre sono al bancone della reception e girano di scatto la testa quando la campanella della porta tintinna. Una miriade di emozioni attraversa i loro volti, ma stanno tutti gridando, e a Tony è subito chiaro quale sia quella più intensa.

“Ma che diavolo sta succedendo--”

“Tony, stavamo impazzendo, questo tizio ti ha rapito? Ti ha--”

Rhodey agguanta saldamente Justin per il bavero della giacca e lo spinge all’indietro fino a inchiodarlo al muro. “Che cazzo ci fai qui, Hammer?” ringhia, e per un secondo Tony si preoccupa, subito prima che gli occhi di Justin scattino nella sua direzione, con un piccolo sogghigno ad attraversargli le labbra. A quel punto Tony non è più preoccupato, ma solo disgustato, e infastidito, e decisamente esaurito.

“Rhodey, calmati,” dice, avvicinandosi e poggiandogli una mano sulla spalla.

“Tony,” dice Rhodey, sempre fissando Justin. “Che succede? Perché questo stronzo è qui? Dove sei andato?”

“Lascialo andare, si sta divertendo pure troppo,” dice Tony.

Rhodey socchiude gli occhi e allenta piano la presa, senza smettere di fissarlo.

“Tony, stai bene?” chiede Happy, di fianco a lui e con Peter subito dietro. “Merda, stavamo impazzendo… sei sparito di colpo-- insomma, il ragazzino ha dato di matto, quindi io ho dato di matto, ma avevamo una ragione per dare di matto--”

“Io questo tizio lo conosco,” dice Peter, affiancando Tony con aria sospettosa. “Ero-- lui stava…”

Tony lo tira vicino a sé, con quella sensazione d’impotenza che gli torce di nuovo le viscere.

“Questa è la parte migliore, eh?” chiede Justin, scrollando le spalle in direzione di Tony. “Sono davvero contento di non avere gente con me.”

Tony sospira, scuotendo la testa. “Non sei d’aiuto.”

“Tony,” dice Happy. “Sei con lui? Con… cazzo, con Justin Hammer?”

“Oh, no,” dice Justin, tendendo le mani, “Non mi dispiacerebbe, ma non stiamo in--”

Tony sibila, quasi sputa e agita freneticamente le mani in direzione di Justin. Il che sembra… decisamente sospetto, se ne rende conto non appena capta gli altri tre che lo osservano. Lancia un’occhiataccia a Justin, gli volta le spalle e fa cenno a Rhodey di accostarsi.

“Che sta succedendo?” chiede lui, esitante.

Tony sospira. “Ti fidi di me?”

 
§

 
Spiega tutto da capo, di nuovo. Dovrebbe redigere una sorta di copione, ma la cosa peggiore è che non avrebbe neanche bisogno di scriverselo, perché presto sarà in grado di recitarlo a memoria, parola per parola. È dura, osservare le loro facce mentre realizzano cosa succede, e ancor di più dire loro che hanno già fatto tutto ciò in precedenza, e che probabilmente dovranno farlo di nuovo. Dice loro dell’incidente d’auto, dell’eterna festa dell’uomo congelato, dove loro sono andati a cercarlo loro quando è scomparso.

“Ho una richiesta,” dice Peter, dopo aver chiarito tutto. Tony concentra su di lui la propria attenzione e Peter deglutisce a forza, a occhi bassi. “Potresti, uh… insomma, lo capisco, tutto questo è tremendo e probabilmente è-- difficile da gestire quando ti svegli tutte le volte nella stessa situazione, soprattutto dopo una cosa come l’incidente, solo che—insomma-- potresti non… sparire così?” chiede, schiarendosi la gola. “Per favore?”

“Già,” dice Happy. “Non è stato bello. Per nessuno di noi.”

“Specialmente se non possiamo chiamarti,” dice Rhodey, scuotendo la testa.

Lancia un’occhiata d’intesa con Peter, e Tony si sente un egoista: ultimamente si è concentrato solo sulle proprie perdite, su quanto sia stata dura stare senza Peter, su come si è sentito quando l’ha perso e su quanto sia diventato iperprotettivo da quando è tornato, ma Peter-- merda, Peter ha perso i suoi genitori e suo zio, e non ha nemmeno finito la scuola. Tony è diventato la sua figura paterna, nessuno può negarlo e nessuno ci prova neanche più, quindi riesce a immaginare come dev’essere stato svegliarsi e scoprire che era scomparso senza la minima idea di dove fosse andato. Tony sa che se morisse farebbe soffrire Happy e Rhodey, sa cosa proverebbero e non sarebbe affatto piacevole, ma sa anche che per Peter sarebbe diverso. Si sente investire da un’ondata di paura e vergogna e ci annega per un istante, rabbrividendo per la propria insensibilità, poi si schiarisce la gola, abbracciando brevemente Peter.

“Scusa, mi dispiace,” dice con voce un po’ rotta, arruffandogli i capelli. “Non ero lucido.”

“Non fa niente,” dice Peter contro la spalla di Tony, ricambiando l’abbraccio. “Insomma, quell’incidente… sembra--”

“Non è una scusante,” dice Tony, scostandosi e guardandolo in faccia. “Non lo farò di nuovo,” dice poi, a tutti loro. Questi annuiscono e lui cerca di venire a patti con le sue decisioni di merda e con il loro perdono istantaneo, e realizza che deve far meglio di così, a prescindere dal fatto che sappiano cosa stia succedendo o meno.

“Ma che famigliola adorabile,” dice Justin, dietro di loro. “Sono toccato.”

“Sì, in testa,” dice Happy. “Come facciamo a sapere che non è stato lui?”

“Perché persino io non mi odio così tanto,” dice Justin. “Non avrei mai scelto come giorno la Festa dell’Uomo Congelato, vi pare? O Nederland, se è per questo. Magari Orlando, o la Epcot [3] per il cibo e il vino… o Maui-- o Key West [4], so che c’è là un bar dove si entra nudi–”

“Perché letteralmente-- ogni cosa che esce dalla tua bocca deve essere una schifezza?” chiede Tony, guardandolo male.

“Oh, giusto,” dice Justin, raddrizzandosi un po’. “Per il bene di tuo figlio, cercherò di non fare battute vietate ai minori.”

Peter lancia a Tony un’occhiata strana, e lui scuote la testa.

“Quindi, cosa facciamo?” chiede Rhodey.

Sempre la stessa, dannata domanda. Tony si sente un idiota, a starsene lì nella hall del motel, ma si sentirebbe ancor più idiota a starsene nel bel mezzo della propria stanza, soprattutto se con loro ci fosse anche Justin. Non vuole che Justin veda dove dormono – anche se ha la sensazione che sia inevitabile, e quello stronzo ha probabilmente già dormito in ogni singolo letto. Ha avuto abbastanza tempo e libertà per farlo.

Tony scuote la testa.

“Pensi che sia qualcosa nascosto sulle montagne?” chiede Peter. “Come in Indiana Jones, magari qualcuno è alla ricerca del Graal, o qualcosa del genere?”

“Credo che mi accorgerei se ci fosse una cazzo ricerca del Graal in corso,” dice Justin, alzando gli occhi al cielo.

“Prima di tutto, perché diavolo la tua ex ha scelto questo posto?” chiede Happy. “Non è esattamente un hotel a cinque stelle. Non ti ci vedo, qui.”

“E questo è esattamente il perché,” dice Justin, indicandolo. “Chi vorrebbe mai essere catturato? Sapevo che non sareste venuti a cercarmi qui, se mi foste venuti a cercare.”

“La sua ex è un vicolo cieco a meno che non venga anche lei qui, ma poi rimarrebbe intrappolata qui come noi,” dice Tony. “E anche se fosse, non sappiamo se sarebbe in grado di ricordare come me.”

“Non ci sono indizi sul perché tu ricordi?” chiede Rhodey. “Ti ha fatto qualcosa? Ti ha baciato?”

Tony sospira, e Justin ridacchia. “No,” dice Tony. “Non ne abbiamo idea.”

“Tu ed io siamo connessi,” dice Justin. “Probabilmente è per questo.”

“E tu e la tua ex non lo siete?” gli chiede Peter.

Justin scrolla le spalle. “Certo che lo siamo. Forse riuscirebbe a ricordare anche lei, se fosse qui. Chi lo sa! Quel che so… è che sarebbe sicuramente una threesome memorabile, non credi, Tony?”

“Ti ricordi quante volte ti ho picchiato il primo giorno?” chiede Tony. “Possiamo aggiungerne altre, per me ve bene.”

Justin fa di nuovo il segno di chiudersi la bocca con una zip, ma ha l’aria di avere dei… pensieri, e Tony rabbrividisce, guardando poi gli altri. “La ricerca del ‘Graal’… potrebbe essere una buona pista, in un posto come questo. Merda-- la città potrebbe essere sotto un incantesimo, magari c’è qualcosa nascosto qui e comunque non abbiamo altre idee, penso che dovremmo almeno provarci.” Guarda di nuovo Justin, con riluttanza. “Hai perlustrato le montagne?”

“Ho sciato un po’,” dice Justin.

Tony rotea gli occhi e si rivolge di nuovo agli altri. “Ok, mettetevi giacche e scarpe più pesanti, nessuno morirà assiderato davanti a me.”

 
§

 
Si inerpicano fino al lago, senza trovare nulla. È completamente ghiacciato e Tony non permette agli altri di avvicinarsi a meno di due metri dal ghiaccio per paura che si rompa e muoiano congelati, e, con suo grande disappunto, è persino preoccupato che succeda a Justin. Si mettono a cercare in giro il più possibile, finché non hanno l’impressione di giocare a nascondino con un fantasma, e Tony detesta il fatto che potrebbe essere così. Questa roba potrebbe essere qualsiasi cosa. La ricerca del Graal, come ha detto Peter: un qualche antico artefatto che ha lanciato un incantesimo sulla povera, piccola Nederland sperduta in mezzo alla neve, trascinando con sé qualche povero stronzo per partecipare all’evento. Potrebbe essere un fantasma, bloccato qui in attesa di essere trovato. Potrebbe essere una strega o uno stregone che sta facendo casino senza alcun buon motivo, o perché vi è costretto…

Tony si accorge di essere rimasto indietro, in fondo al gruppo, e che sta digrignando i denti così forte che sembrano sul punto di rompersi. Ci sono fin troppe possibilità e nessun modo per portarle alla luce, nessuna guida; solo pericolo, solo irritazioni e loop e circoli e una rinascita mattutina per Peter, Rhodey e Happy in attesa di spiegazioni che lui non è in grado di dare. Non sa se quei reset stiano interferendo con le loro menti, confondendo i loro ricordi, e non sa se il fatto che lui ricordi ogni dettaglio gli stia fottendo il cervello più di quanto ne sia cosciente.
Troppe domande. Troppe risposte mancanti.

Si spingono più in alto nelle montagne, dove i sentieri non sono segnati e non c’è più nessuno in giro. La paranoia di Tony schizza a livelli cosmici e si fa silenzioso tenendo gli occhi bene aperti, nel tentativo di attenuare la propria ansia, ma non riesce a smettere di cercare pericoli, di cercare un significato nascosto in ogni parola di Justin, di pensare che ogni passo che fanno potrebbe condurli alla rovina. Questa situazione lo fa sentire piccolo, insignificante, incapace, come una formica bloccata sotto la lente d’ingrandimento di un bimbetto in attesa del sole.

Trovano un’apertura nelle montagne, a circa metà strada dalla cima, e sembra una grotta. Per un istante il mistero sembra assottigliarsi, aprendo la strada a nuove possibilità. Una cazzo di grotta: dev’esserci qualcosa dentro. Un qualche indizio.

Ma c’è solo neve. Umidità, neve mezza sciolta, un fondo inamovibile, niente scale o porte segrete. Niente. Nessuno.

“Merda,” dice Rhodey dall’imbocco della grotta, voltandosi a guardarli. Lui e Peter sono gli unici a non avere il fiatone. Scambia un’occhiata con Happy, colma di timore, di velata paura, di incredulità. Di solito Tony riesce a leggere Rhodey abbastanza bene, e quell’espressione sembra parlare: Rhodey non sa in cosa credere, ma si fida di Tony, quindi deve credere anche al suo racconto. Ma l’assenza di indizi inizia a farsi sentire, Tony glielo legge negli occhi. Non può dargli torto, cazzo.

“Che facciamo adesso?” chiede Peter. “Continuiamo a salire?”

“Voi andate, io mi fermo qui,” dice Happy, sedendosi. “Questo è troppo per me, e non sappiamo nemmeno cosa stiamo cercando.”

“Torniamo indietro,” dice Justin, scrollandosi della neve dalla spalla. Gira rapidamente su se stesso, guardandosi bene intorno, poi scuote la testa. “Qui non c’è nulla.”

La schiettezza con cui lo dice mette in allarme Tony. “Come facciamo a saperlo?” chiede. “Il Graal-- l’affare – qualunque cosa sia – potrebbe essere sepolto in questa cazzo di montagna. Potremmo dover scavare per tre giorni anche solo per trovarlo.”

“Tre giorni, una settimana, non lo sapremo mai,” dice Justin. “E poi… non troveremo nulla.”

“Che dovremmo fare?” chiede Happy, alzando al cielo le mani. “Dar fuoco alla città? Setacciare le ceneri?”

Ceneri. Tony sussulta, e Happy ha l’aria di rimpiangere la propria scelta di parole, con gli occhi che scattano in direzione di Peter.

“Voglio farci uscire di qui,” dice lui, alzando il mento. “Continuerò a cercare, a fare qualunque cosa.” C’è paura nella sua voce e nel suo sguardo, ma il ragazzo è prima di tutto un eroe, e Tony sa che non smetterà mai di provarci.

Prima ha già mentito per addolcire la pillola, e non può togliere speranza a Peter.

“Credo che se ci fosse qualcosa qui lo sapremmo, ragazzino,” dice Tony. “Insomma… questo è evidentemente un incantesimo. Un qualche tipo di magia, lo sappiamo. Penso che-- ci sarebbe stato un qualche tipo di segnale, se fossimo vicini a un indizio. Specialmente per me e Justin. E io non sento nulla,” dice, sperando che si beva quella stronzata. Si volta a guardare Justin, sbarrando appena gli occhi sperando che capisca l’antifona. “Tu?”

“No,” dice Justin, rapido, abile nel mentire. “Sì, penso che-- che lo sapremmo.”

“Torniamo indietro,” dice Tony.

“Non manca molto a fine giornata,” dice Peter, sostenendo lo sguardo di Tony.

Tony sa cosa intende: non manca molto al nuovo giorno, allo stesso giorno, al giorno in cui loro non ricorderanno nulla e dovranno ricominciare da capo. Non c’è niente che può dire per migliorare la cosa, o per renderla meno vera, e cerca di non trasalire di fronte a quel fatto.

“Dai, ragazzino,” gli dice. “Sfruttiamola al meglio.”

 
§

 
Sembra una corsa a ostacoli verso la morte, e il fatto che la morte li circondi non è d’aiuto. La discesa è ripida e terrificante, e Tony diventa particolarmente furioso quando oltrepassano il lago privo d’indizi, soprattutto perché gli idioti della festa dell’uomo congelato sono lì, impegnata nella gara dei Tuffi Polari – ovvero nuotare sotto il ghiaccio sperando di non morire. Magari questo loop è un castigo divino per la loro stupidità – e magari Dio li ha in grazia e farà finire il loop in un giorno in cui nessuno rimarrà mutilo o morirà. Tony non sa perché diavolo lui e Justin abbiano l’onore – la maledizione – di ricordarsi tutto. O perché Justin abbia dovuto trascinarlo qui, in primis.

Quando tornano in città, ci sono decine di palloncini blu e grigi che fluttuano appesi ai lampioni, e la macchina rossa passa in velocità; Tony, solo a vederla, si sente ribollire il sangue. Il cane Jeff continua a scorrazzare qua e là coi bambini che lo inseguono, le bambine stanno ancora vendendo fiori appassiti, Martha e suo marito stanno ancora litigando. Justin rivolge un’occhiata lasciva alla sposa cadavere coi capelli rossi, e Tony non vuole neanche immaginare cosa sia successo tra i due.

Trovano il ristorante più costoso della città, che si rivela essere un posto specializzato in pesce chiamato Dockspree [5], e Tony lascia loro ordinare ciò che vogliono. Prende a Peter due porzioni di tortino al cioccolato fuso, e cerca di partecipare con brio alla discussione che si solleva tra lui e Happy riguardo ad aromi artificiali e zuccheri.

Le ore ticchettano via e loro si dirigono infine verso il motel, quando inizia a far buio e le decorazioni vengono tirate giù. Le strade sono vuote e tutto sembra molto simile a quando sono arrivati qui per la prima volta, con quella sensazione inquietante che aleggia traslucida nell’aria, posandosi su Tony come un sudario.

Justin cerca i loro occhi mentre scendono dalla macchina per raggiungere il motel. “Credo che questa sia l’ora in cui fa entrare la gente,” dice.

“Chi?” chiede Happy. “Il loop?”

“Il loop, la città, uguale,” dice Justin. “È come un’ora di punta. È l’unico momento in cui ho visto o sono venuto a sapere di persone in arrivo.”

“Potremmo provare ad andarcene?” chiede Tony. “Pensi che funzionerebbe?”

“Non funziona mai,” dice Justin, spingendo la porta. “Credo che sia addirittura più difficile all’ora di punta: sta cercando di risucchiare altra gente, non di perderla.” Una volta dentro sospira, sfregandosi le braccia. “Beh, uh… ok, ci vediamo domani.” Li supera e si dirige verso il secondo corridoio, dietro il loro.

“Tutto qua?” grida Rhodey, con la voce che echeggia assieme allo scoppiettio del fuoco nell’angolo. “È tutto quello che hai da dire?”

“Non c’è molto da dire,” dice Justin, girandosi e continuando a camminare aprendo le braccia. “Non vedo l’ora di avere un altro primo incontro rissoso, domani.” Si gira di nuovo e scompare in fondo al corridoio.

“Merda,” dice Rhodey, rivolto a Tony. “Quanto cazzo lo odio.”

 
§

 
Provano a lasciare la città, tanto per provare, anche se Tony sa che non funzionerà. E ovviamente, due minuti dopo che hanno imboccato la strada, quando un po’ d’ottimismo ha iniziato a sbocciare in lui, la macchina sputacchia e si ferma, costringendoli a riportarla a spinta verso la maledetta Nederland.

Quando tornano, viene loro in mente un’altra opzione da provare.

“Magari così lo freghiamo,” dice Peter.

Si siedono tutti davanti al fuoco, con Rhodey e Happy che rinunciano alla solita routine non andando a dormire nella loro stanza. Mancano sette minuti a mezzanotte e Tony non si è mai sentito così sveglio ed esausto allo stesso tempo. È come se ogni singolo errore che abbia mai commesso fosse tornato indietro per perseguitarlo e morire con lui, nel buio e nella neve.

“Non funzionerà,” dice Happy, guardandolo.

“Non lo sappiamo,” dice Tony, deciso a mantenere viva la più piccola scintilla di speranza. “Non ne abbiamo idea.”

“Niente funzionerà,” dice Happy.

Rhodey si fa più vicino al fuoco. “Non abbiamo fatto neanche un passo avanti,” dice. “E come facciamo? Cristo santo, ci servirebbe prima di tutto un manuale d’istruzioni, anche senza considerare che tu devi occuparti di noi come… pazienti con l’amnesia.”

“Peter ha fatto quel sogno,” dice Tony, con gli occhi che sfrecciano verso l’orologio. Tre minuti. “Credo che voi siate in grado di trattenere parte di ciò che accade. È nelle vostre teste, ne sono sicuro. Fidatevi, dovete fidarvi.”

“È tremendo,” dice Peter, con le lacrime nella voce, e lascia ricadere la testa. “È tremendo, tra-- tra pochi minuti non-- saremo--”

Tony gli posa un braccio sulle spalle e lo avvicina a sé, e Happy gli stringe la spalla dall’altro lato. “Riuscirò a risolvere tutto,” dice Tony, mentre il terrore li assale al pensiero di quante altre volte si ripeterà questa esatta scena. “Ce la farò.”

“Sei da solo,” dice Peter, alzando lo sguardo verso di lui. “È come se non fossimo davvero qui.”

“No,” dice Tony, “Non sono solo, voi siete qui, e non ci vuole mai molto a convincervi--”

“E May è a casa-- e Ned e MJ-- e oddio, Pepper, Pepper e il bambino… oddio, e se rimaniamo bloccati per--”

Quello è il suo inferno personale, e Peter riesce a scovarlo anche senza indicazioni. “Non lo saremo,” dice Tony, interrompendolo. “Non rimarremo bloccati, te lo prometto.”

Tony,” comincia Peter.

E poi tutto cambia.

GIORNO QUATTRO

È come l’impulso di un telecomando. È un battito di ciglia, come statico sulla radio che lascia di colpo posto a un nuovo canale. Tony si sveglia nel suo letto, nella stessa stanza. Con SOS.
 
So when you’re near me, darling, can’t you hear me
SOS
The love you gave me, nothing else can save me
SOS
 
Rimane sdraiato lì, senza ascoltare davvero la musica, senza davvero svegliarsi, senza provare davvero a rimettersi a dormire. Rimane a crogiolarsi nel terrore, nell’incredulità, e si chiede cosa abbia fatto per meritarsi questo. Non è mai stato un grande fan di se stesso, anche dopo aver operato i cambiamenti più grandi e aver raccolto attorno a sé un buon team di supporto. Ma non pensa di essere davvero un essere umano così schifoso da dover rimaner bloccato in all’infinito nella neve con Justin Hammer.
Torce il piumino tra le mani.
 
When you’re gone
How can I even try to go on?
When you’re gone
Though I try how can I carry on?
 
Sembra fatto apposta, cazzo [6]. Come fa ad andare avanti? Non è un tipo che si arrende. Il momento in cui è stato più vicino ad arrendersi è stato dopo aver perso contro Thanos, e Peter era sparito, metà dell’universo era sparito, ma anche allora era riuscito a rimettersi in piedi per aiutare a risolvere tutto. E adesso… questo. Merda. Fissa il soffitto. Reset, ripeti, reset, ripeti. Anche i suoi pensieri sono gli stessi.

Peter emette un lamento dall’altro letto. “Non ricordavo neanche che avessi messo una sveglia.”

A Tony viene da piangere. Non dice nulla. Fissa il soffitto ancora e ancora e si chiede cosa accadrebbe se non si muovesse per tutto il giorno. Se non parlasse, se diventasse catatonico, se spaventasse a morte tutti quanti: magari cambierebbe qualcosa, se quel maledetto loop capisse che non ha intenzione di stare al suo gioco.

“Dio, per un attimo mi ero dimenticato dove fossimo,” dice Peter, girandosi sulla schiena.

Tony l’ha portato lì. L’ha derubato. Ha derubato anche May, le ha portato via suo nipote. L’ha praticamente rapito, cazzo. Anche Happy e Rhodey. Ha messo fine alle loro vite. Si perderà la nascita di sua figlia. Non la vedrà crescere. E chiunque verrà a cercarlo quando capirà che è sparito rimarrà bloccato con lui. Lo deruberà della sua vita, lo strapperà a tutto ciò che si è lasciato dietro per venire a salvare il culo a lui.

Fissa il soffitto finché non gli bruciano gli occhi.
 
So when you’re near me, daring can’t you hear me
SOS
The love you gave me, nothing else can save me
SOS
 
“Tony?” chiede Peter, e lui lo sente vagamente mentre si alza dal letto. “Tony? Che ti succede?”

Tony si copre il volto con le mani. Sente che tra due secondi scoppierà a piangere come un bambino e si schiarisce la gola, scuotendo la testa. “Niente,” risponde.

È come se non fossimo davvero qui.

Sente Peter avvicinarsi e sedersi sulla sponda del letto. “Stai piangendo? Ti dà fastidio la sveglia?”

“No, non sto--”

“La spengo,” dice Peter. “Dev’essere preimpostata.”

Tony affonda le dita nelle palpebre, e vede le stelle. Sente Peter alzarsi di nuovo e armeggiare con quello stupido orologio.

“C’è uno sportelletto sul retro,” dice Tony, la voce attutita dalle mani. Non sa cosa fare, non ha un piano, tutto ciò che ha sono le immagini terrificanti di qualche secondo fa, di ieri sera, di stasera o quel che diavolo è: quella sensazione tetra e sospesa nell’aria sopra di loro, le lacrime negli occhi di Peter, la rassegnazione nella voce di Happy. Tony può immaginare cosa penseranno e come si sentiranno quando gli spiegherà di nuovo cosa sta succedendo. È come se qualcuno li avesse privati delle loro azioni, delle loro abilità. Lo odia. Odia il fatto di non sapere come risolvere tutto.

Ripensa a Justin e una parte di lui vorrebbe pestarlo a morte. Vorrebbe spaccargli quella maledetta faccia da idiota e cancellarla dall’esistenza per avergli fatto questo. Ma l’altra parte, con suo orrore, prova empatia per Justin, perché sono entrambi bloccati in quest’inferno e hanno la condanna di ricordarselo. Tony non vuole sentirsi così, non vuole avere neanche un briciolo di compassione per lui, ma continua a saltar fuori nella sua testa in bella vista. Sono diventati una squadra, nel bene e nel male. Decisamente nel male. Non c’è nessun altro che riterrebbe un compagno peggiore, se non forse Thanos. O magari Obadiah. O suo padre.

La musica si interrompe e sente Peter che gli posa una mano sul braccio. Tony sta piangendo, solo un po’, con le lacrime calde che si raccolgono sotto le sue dita, strabordando, e non sa come fermarsi, come mettere a posto le cose. Non sa se cominciare a raccontare adesso la sua maledetta storia, o se incontrarsi prima con Justin, e puntualmente sente Cher che prende a cantare nell’altra stanza.

“Tony?” chiede Peter. “Che succede? Hai avuto un incubo, stai-- stai avendo un attacco d’ansia? Perché se ce l’hai, fai come mi dici sempre, respira, concentrati sul presente, concentrati su di me, calmati…”

Peter è un ragazzo sveglio, perché questo è un attacco d’ansia. Decisamente. Non ne ha uno da un po’, perché finora è stato tutto tranquillo, e quasi non l’ha riconosciuto. L’ha preso alla sprovvista, in qualche modo, è arrivato in una forma diversa e più subdola, che l’ha paralizzato. Ma Peter l’ha riconosciuto per quello che è.

“Respira, dentro e fuori, stai bene, va tutto bene e tu stai bene,” dice Peter, stringendogli il polso. Sa che il ragazzino è sempre preoccupato per il suo cuore da quando gli ha parlato dell’entità di tutti i suoi problemi, e sente le dita di Peter tastare qua e là per trovargli il polso. Sa come deve percepirlo: fluttuante, irregolare. Deve calmarsi, diamine, e pensare ai fatti.

La porta comunicante si apre; non la sente davvero, ma lo immagina perché Cher si fa più forte.

C’è un istante di silenzio. “Ehi, che gli prende?” chiede Happy.

“Va tutto bene,” dice Peter, rapido, stringendogli ancora il polso.

“Sta bene?” chiede Happy. “Che succede?”
 
What am I supposed to do
Sit around and wait for you
Well I can’t do that
And there’s no turning back
 
“Sta bene, sta benissimo,” dice Peter.

“Rhodes, Tony ha qualcosa che non va.”

Deve pensare ai fatti. Deve affrontare questa cosa come un’indagine, deve scomporla. Respira a fondo. Fatti. Fatti. Fatti. Dev’esserci un motivo per cui sono bloccati proprio in questo giorno. La Festa dell’Uomo Congelato. È l’unica cosa rilevante collegata ad oggi.

“Ok, l’ho trovato,” dice Rhodey, dall’altra stanza. “Ci sono, ci sono, un momento.”

La musica cessa.

Tony abbassa le mani e guarda Peter. Sembra un po’ impaurito, e sta chiaramente cercando di mantenere la calma per il suo bene; Happy e Rhodey si avvicinano, con occhi preoccupati. Tony si aggrappa con la mano alla spalla di Peter, e lui gli stringe l’avambraccio mentre si tira su a sedere.

“Oggi è la Festa dell’Uomo Congelato,” dice.

Tutti lo guardano socchiudendo gli occhi.

“No,” dice Rhodey. “No, l’abbiamo mancata.”

Tony ha la tentazione di alzarsi e andarsene, ma sa che non può. Tutto questo deve avere a che fare con questa maledetta festa idiota, e non ha intenzione di lasciarli indietro, né di farli preoccupare più di quanto non siano già. Deve avere tutto a che fare con questa merda di Festa dell’Uomo Congelato. Deve essere quella.

Una traccia di paura gli blocca la gola al pensiero di dover spiegare di nuovo tutto. È come essere intrappolato in fondo a un pozzo, o guardare dentro la canna di un fucile. Ma non vuole fare nulla senza di loro.

Deglutisce a fatica, guardandoli. “Vi fidate di me?”

 
§

 
Racconta da capo tutto. Loro sono riluttanti. Racconta ancora. Li vede cedere, e parla dell’incidente, di ieri, del primo giorno, di quel maledetto di Justin, della truffa della premiazione e di ogni singolo dettaglio. L’inconveniente col freezer, il bicchiere rotto, lo sportelletto dietro la sveglia, la Festa dell’Uomo Congelato. Sente il proprio petto irrigidirsi in preda ai conati, e ha l’impressione di dover vomitare.

“E non so come aggiustarlo,” dice Tony, con le lacrime agli occhi. “Non so cosa stracazzo fare, non so come salvarci, ma… ho un’idea, credo che dovremmo… unirci alla città? A questa stupida festa? Non so se funzionerà. Non lo so affatto, so solo-- che dobbiamo provarci. E ho bisogno che voi mi crediate.”

Si immagina una nuvola cupa, nel giorno in cui non gli crederanno, quando non ci riusciranno, quando lui non riuscirà a convincerli e perderà la loro fiducia, e spera che non sia oggi, spera che saranno schierati al suo fianco, dove sono stati per tutto questo tempo, e i suoi occhi sfrecciano avanti e indietro tra loro tre e sa che sembra pregarli, che sembra pazzo, come se avesse preso freddo o avesse una carenza d’ossigeno al cervello, o chissà cosa, ma tutto ciò che riesce a pensare è vi prego, vi prego, vi prego, aiutatemi a riprenderci le nostre vite.

“Ti credo,” dice Peter. “Certo… certo che ti credo. Ti crediamo,” dice, guardando gli altri due da sopra la spalla.

“È stato Justin,” dice Rhodey. “Ne sono sicuro.”

Tony scuote la testa. “No, è-- è uno stronzo, ma non vuole essere qui. Non è lui.” Odia saperlo, e il fatto di crederci ciecamente.

“Merda, allora,” dice Rhodey, agitando le mani e guardando Happy. “Merda.”

“Mi ha steso come un birillo?” chiede Happy. “E poi… ci ha chiuso in un freezer?”

“Sì, è stato il primo giorno,” dice Tony. “La sua tattica persuasiva.”

“Potrebbe farlo di nuovo,” dice Happy.

“Se lo fa, è morto.”

“Ritornerebbe semplicemente il giorno dopo, giusto?” chiede Rhodey. “Funziona così?”

Tony sospira. “Lo ucciderò in modo orribile se vi torce un capello, e lo sa.”

“Cristo,” dice Rhodey, piantandosi le mani sui fianchi e fissando il soffitto. “In quanti casini dobbiamo andare a ficcarci?”

“Credimi, non faccio che pensarci,” dice Tony.

Stanno in silenzio per un secondo, e Tony si massaggia le tempie, cercando di eliminare il mal di testa che si sta formando nel suo cranio.

“Quindi pensi che prendere parte agli eventi dell’uomo congelato ci aiuterà?” chiede Peter, gli occhi enormi mentre annuisce speranzoso.

“Forse,” risponde Tony, fissandolo.

“Allora andiamo-- andiamo a prendere Hammer,” dice Peter. “Facciamolo.”

“Ok,” dice Happy. “Andiamo.”

 
§

 
“Va bene,” dice Justin, poggiato allo stipite della porta. “Insomma-- va bene, non ho esattamente preso parte da quando sono qui… piuttosto l’ho-- bazzicato un po’, sapete, ho guardato la gente…”

“Non vogliamo saperlo,” dice Tony. “Ci stai?”

“Sì, probabilmente non funzionerà se non partecipiamo entrambi,” commenta Justin, e il modo in cui lo dice irrita Tony oltre ogni dire. Non sarebbe in questo macello se non fosse per lui. Ogni volta che ci pensa, vorrebbe non aver mai aperto quelle lettere.

“Datemi il tempo di vestirmi.”

Justin scivola di nuovo nella sua stanza lasciando aperto uno spiraglio, e quando Tony sbircia all’interno vede che quello stronzo è riuscito a mettere sottosopra la stanza nelle poche ore trascorse dall’ultimo reset. Scambia un’occhiata con gli altri e scuote la testa, incoraggiandoli a rimanere in corridoio invece di entrare nel covo di quello stramboide.

“Sei andato a fare base al teatro?” chiede Tony, incrociando le braccia sul petto.

“Ho deciso di riposarmi, stamattina,” risponde Justin. “Mi sono svegliato, ho affrontato il terrore esistenziale e ho pensato che voi foste già usciti… mi occupo domani di Kelly e Todd.”

“O più tardi,” dice Tony. “Giusto in caso ci serva il telefono.” Sa che deve convincere Peter a chiamare di nuovo May: il pensiero che il tempo scorra normalmente fuori da questo buco infernale lo perseguita, e gli si accappona la pelle se pensa che May si sta preoccupando per Peter, o Pepper per lui stesso. Se pensa alla squadra che si chiede cosa diavolo sia successo… sono stati tutti molto uniti dopo quello che hanno passato, e sa che se riuscissero a tracciare i suoi spostamenti e venissero a cercarlo, rimarrebbero bloccati anche loro. Ricordandoselo o meno. Entrambe le opzioni sono terribili.

“Tutte queste telefonate…” dice Justin. Esce di nuovo, infagottato in due camicie a quadri, un paio di jeans e un’ampia giacca, e chiude la porta dietro di sé. “Ok, avete un piano? Che volete fare prima?”

“Dio,” dice Tony, già temendo ciò che li aspetta. “Andiamo a vedere cosa sembra più semplice. Dovremo probabilmente fare tutto.”

“Potrebbero volerci un paio di giorni,” osserva Justin.

Ciò causa un’evidente reazione negli altri tre, che realizzano di dover sentire la stessa spiegazione ancora e ancora e ancora finché non avranno finito. E potrebbe anche non funzionare, potrebbe non servire a niente, potrebbero sprecare il loro dannato tempo prendendo parte a questa stupida festa.

Ma devono provarci.

“Andiamo a trovare un programma delle attività da qualche parte,” dice Happy, con uno sbuffo. “Andiamo, Cristo, e iniziamo questo schifo.”

 
§

 
Sono seduti a un tavolo da picnic con circa altri venti concorrenti, ognuno con una grossa tazza contenente una poltiglia ghiacciata di fronte a sé. Happy ha l’aria di voler essere ovunque piuttosto che qui, e sorprendentemente l’espressione di Justin è quasi identica.

“A me viene subito il mal di testa da gelato,” dice Happy, inclinandosi in avanti e cercando gli occhi di Tony.

“Non scommettiamo su di te, allora,” dice Tony. “Bene. Buono a sapersi.”

“Dobbiamo solo essere i più veloci?” chiede Peter, accanto a lui. Le sue mani si agitano ansiose attorno alla sua tazza, e Tony non può dargli torto per non volerla toccare. È freddissima e non è consentito indossare guanti durante la gara.

“Da quel che ho capito,” risponde Tony, guardandosi intorno. Alcune persone alla fine del tavolo si stanno scaldando come se stessero per entrare sul ring, o qualcosa di simile, e Tony spera che almeno uno del proprio gruppo riesca a vincere questa roba. Non sa come funzioni (e si chiede quante altre volte dovrà pensare questa frase) ma spera che non debbano essere lui o Justin a vincere se quella è davvero la cazzo di chiave per uscire da quest’esperienza terrificante.

“Va bene, gente,” dice la signora che dirige la pagliacciata, in piedi su una sedia all’altro capo del tavolo. “Quando suona la campana, iniziate a bere.”

I giudici, o quel che sono, prendono a incombere alle loro spalle e Tony alza gli occhi al cielo, scambiando poi una breve occhiata con Justin.

“Mi brucerò la lingua,” dice Tony. “Tipo un’ustione fredda.”

“Possiamo farcela,” dice Rhodey. “Che diamine, abbiamo ucciso un Titano.”

“Giusto, giusto,” dice Tony, annuendo. “Abbiamo fatto anche quello.”

“Possiamo farcela a bere qualcosa di molto freddo,” dice ancora Rhodey.

“Certo,” concorda Tony. “Certo che sì.” Guarda alla sua destra e vede Peter fare una smorfia nel fissare la propria tazza.

La campana suona.

Tony afferra la propria tazza e la inclina verso la bocca, sentendo all’istante il freddo che gli congela le punte delle dita. Avverte la massa fredda e viscida atterrare sulla sua lingua e quasi si strozza, ma la manda comunque giù, per poi strozzarsi sul serio, finendo per lanciar via la tazza senza neanche volerlo, e la guarda sfrecciare tra le teste di Rhodey e Happy, entrambi troppo presi a tracannare le loro poltiglie per accorgersene.

Tony è basito per la propria inettitudine e guarda Peter, che ricambia scrutandolo da dietro la sua tazza, per poi abbatterla sul tavolo, con le dita aperte e tremanti ma ancora strette attorno ad essa. Tony vede che dentro c’è ancora una discreta quantità di poltiglia e Peter s’imbroncia nel guardarla, senza però mollare la presa.

“Sono bloccato,” dice. “Le mie dita… sono incollato.”

“Ugh,” sospira Tony, sentendo Justin in preda ai conati accanto a lui. Si sporge e afferra i polsi di Peter, staccandogli con cautela le dita. “Dai, Spidey,” sussurra, e Peter si acciglia ancor di più.

Dichiarano vincitore qualcuno a metà del tavolo, e Rhodey libera un grido strozzato mentre lancia via la sua tazza, che va a colpire in pieno petto un tizio dietro a Justin. Justin mette giù la propria tazza giusto in tempo: i resti della bevanda respinta da Rhodey gli atterrano in testa. Happy, che sembrava decisamente di cattivo umore fino a pochi secondi prima, trattiene una risata alla sventura di Justin, coprendosi la faccia con le mani.

“Oh, bene,” dice Justin, girandosi a guardare Tony col ghiaccio blu che gli cola sulla fronte. “È stato… meraviglioso.”

 
§

 
Le mani di Tony sono sul punto di addormentarsi. O di staccarsi di netto. Le sente sprofondare nell’acqua gelata, come il suo cuore che gli sprofonda nelle viscere quando realizza, per la millesima volta, che sono bloccati a Nederland, Colorado, finché il sole non si spegnerà e il mondo non finirà.

“Quanto manca?” chiede Peter, accanto a lui, con un aria da derelitto e le mani ficcate nel secchio che prima conteneva probabilmente teste di pesce o qualcosa di egualmente orripilante.

“Non sai contare, ragazzino?” chiede Justin, già battendo i denti. “Tony, non gli hai insegnato a contare?”

Tony, Rhodey e Happy sbottano in un unisono “zitto”, e il picco di rabbia che attraversa Tony lo scalda un poco, anche se solo per un istante. Peter per un momento sembra molto compiaciuto, prima di ricordarsi di quanto ha freddo e tornare quindi a sfoggiare un’espressione abbattuta.

“Ancora trenta secondi!” annuncia il giudice, un uomo anziano con un lunga barba bianca, una sorta di cugino di Babbo Natale più magro e con un debole per le salopette.

“È un buon momento per dirvi che non ho idea di come si cambia una gomma?” chiede Justin.

Tony rotea gli occhi così tanto che quasi si fa male. “È il punto di questa cazzo di cosa, Hammer,” sbotta. “Cambiare una gomma ghiacciata, dannato imbecille--”

“Va bene, va bene--”

“Gesù,” dice Happy. “Sarà un lavoro coi fiocchi.”

“Perfetto!” annuncia il giudice. “Via! Cambiate quelle gomme ghiacciate!”

Tony ritrae le mani dal secchio con uno strattone e afferra la gomma nuova – o meglio, crede di farlo, ma ne è certo solo perché lo vede accader: non ha più la minima sensibilità nelle dita. La prende, la fissa e cerca di convincersi di non stare allucinando, per poi realizzare rapidamente che sta perdendo tempo. Si gira per mettersi al lavoro e vede la gomma di Rhodey schizzar via rotolando attraverso la linea disordinata di persone accanto a loro.

“Uh, ok,” dice Justin, sedendosi e girandosi a guardare Tony. Fa un gesto verso la biciclette e si alita sulle mani per scaldarle. “Già, non ne ho… la minima idea.”

 
§

 
Si stanno dirigendo verso la gara di magliette ghiacciate, quando Tony nota l’espressione tetra sul volto di Rhodey.

“Senti, lo so che fa tutto schifo, ma dobbiamo continuare,” dice Tony, dandogli un colpetto sul braccio.

“Lo so,” dice Rhodey, sbuffando un poco. “Pensavo solo che, sai… che avremmo continuato a prenderci cura dei nostri bisogni umani. Tipo pause per andare al bagno. Pause per scaldarci. Delle cazzo di-- pause per mangiare.”

Tony lo fissa. Guarda qua e là tra le attività che non hanno ancora completato: non hanno nemmeno ideato un dannato travestimento per la gara di costumi. “Hai bisogno di una pausa pranzo?”

Rhodey scrolla le spalle, ma Tony sa cosa vuol dire. Si volta verso Peter e Happy. “Abbiamo tutti bisogno di una pausa pranzo?”

“Sono incluso nel ‘tutti’?” chiede Justin. “Non mi stai neanche guardando.”

“Non sei assolutamente una priorità,” dice Tony, sempre senza guardarlo. “Pausa pranzo?” chiede di nuovo fissando alternatamente Happy e Peter.

“Non dobbiamo per forza--”

Tony alza gli occhi al cielo. “Ok.”

 
§

 
“Bene, e adesso porterà indietro il piatto, guardate,” dice Justin, gesticolando con una fetta di pane mangiata a metà

“No, non guardiamo,” dice Tony, prendendo un altro sorso di tè. Sono seduti in un piccolo cafè che da solo è più carino di mezza città, e Peter sembra essere al caldo, che è tutto ciò che gli interessa al momento.

“Non hai bisogno di mostrarci le prove,” dice Happy, con una traccia di disgusto. “Crediamo già a Tony.”

Gli occhi di Peter seguono comunque la ragazza che si sta dirigendo verso il bancone per lamentarsi del suo pranzo, proprio come predetto da Justin.

Tony abbassa lo sguardo sul programma degli eventi che ha mezzo accartocciato tra le mani, che non si sono ancora del tutto riprese dalla fallimentare gara per sostituire una gomma ghiacciata. Cerca di concentrarsi sul presente, su come risolvere il problema, non sul panico che minaccia di crescere, non su qualunque cosa che riguardi il mondo esterno o che potrebbero perdere. Non pensa a niente di tutto questo. Pensa al fatto che si stanno godendo il pranzo, che qui dentro sono al caldo che, spera, se c’è ancora un pizzico di fortuna rimasto in questo mondo, una di quelle stupide gare del cazzo potrebbe anche essere divertente.

“Oh, cavoli,” dice, scorrendo il dito sulla lista. “C’è una gara a chi mangia più ostriche. Oh.” Legge la frase completa. “Ostriche delle Montagne Rocciose [5]?”

“Testicoli,” dice subito Peter. “Quelli sono testicoli di toro.”

“Non sai contare, ma questo lo sai,” dice Justin, schioccando la lingua.

“Dagli fastidio un’altra volta, e ti ammazzo,” dice Tony. “Ti ficco diciassette ostriche delle Montagne Rocciose in gola, che ne dici?”

Justin solleva un sopracciglio e Tony emette un verso seccato. Ne ha davvero abbastanza di lui.

GIORNO CINQUE

“Aspettate,” dice Happy. “Quanti ne abbiamo fatti ieri?”

Tony è frenetico. Sa che Justin si presenterà alla porta da un momento all’altro, perché si sono accordati così ieri sera, e ha già convinto gli altri del loop e tutto il resto, tutto quanto, si è già rovinato gli occhi a forza di piangere, si è già quasi strappato i capelli perché tutto questo non sta funzionando.

“Tutti, tranne la lettura della setta dei poeti estinti perché non ci è venuto in mente nulla e il lancio di salmoni ghiacciati, ma non importa- non abbiamo vinto nulla,” dice, facendo avanti e indietro di fronte al proprio letto.

“Tony, sei sicuro che non sia un qualche trucco di Hammer?” chiede Rhodey. “Sembra il tipo di cosa che farebbe, inventarsi questa cosa del loop magico solo per ridicolizzarci da soli--”

“No,” dice Tony, scuotendo la testa. “No, no… è bloccato, e gli eventi dell’uomo congelato sono stati una mia idea-- deve tutto avere a che fare con questa roba dell’uomo congelato-- dev’esserci un motivo per cui è proprio questo giorno.”

Scuote di nuovo la testa, fissando i loro volti, prendendo nota del loro silenzio. Guarda Peter e ripensa a May, al mondo esterno. Peter è riuscito a parlarle ieri sera, e ha detto che sembrava tranquilla… ma sta cominciando a sospettare. Tony ne è sicuro. Sente che è tutta colpa sua, gli pesa addosso, lo soffoca e deve risolvere tutto, deve risolverlo--

“Tony, va tutto bene,” dice Peter, piano. “Siamo con te.”

Tony lascia andare il respiro e annuisce verso di lui. Guarda gli altri e loro annuiscono di rimando, ma c’è ancora un terrore familiare nei loro occhi. Gli credono – hanno fiducia in lui a dispetto di tutto – ma sa che forse si stanno chiedendo se non stia nascondendo loro qualcosa, edulcorando i fatti dicendo che ci sono stati cinque reset quando in realtà sono cinquanta.

Spera di non doverlo mai fare.

“Da dove cominciamo?” chiede Happy. “Qual è l’ordine del giorno?”

 
§

 
“Prova… a farci scivolare il braccio,” dice Tony, combattendo contro quella cazzo di maglietta ghiacciata che continua a sfuggirgli di mano. Non è semplicemente bagnata: è letteralmente congelata, con le pieghe e tutto il resto e dei piccoli ghiaccioli attaccati. È riuscito a infilarci dentro le braccia, ma non riesce a far passare la testa – continua a cercare di rimodellarla, ma non sta avendo molto successo. Ma in qualche modo, tra tutti loro, Justin è quello in vantaggio, e sembra che stia facendo meglio di tutti gli altri in gara.

“Sto congelando,” dice Justin, contorcendosi qua e là, col braccio sinistro nella manica, mentre il destro gli dà problemi. “Sto per morire.”

“Se morirai, sarà perché ti ammazzeremo noi,” dice Rhodey, piazzato là a torso nudo, avendo scelto di provare a scaldare la maglietta prima ancora di provare a mettersela. Tony non pensa che sia una strategia vincente, ma a quanto pare ormai non sa più un cazzo di niente. “Sembra che adesso possiamo farlo, e non sarebbe un problema.”

“Beh, questa è un’opinione non condivisa,” dice Justin, scoccando un’occhiataccia a Tony.

Tony riesce a sentire Peter che batte i denti e si gira a guardarlo, visto che non riesce comunque a cacciare la testa nella propria maglietta. Peter è un po’ più avanti di lui, con entrambe le braccia e la testa all’interno, ma solo le mani sbucano dalle maniche e la maglietta non cede.

“Pete?” lo chiama Tony, con una smorfia. “Tutto bene?”

“Benissimo,” dice Peter, tremando e tentando di far scendere la maglietta. “Veramente… benissimo.”

“Cristo, Tony,” dice Happy. “Ho appena rotto l’orlo della maglietta. Si è… semplicemente spezzato.”

Tony sta per rispondere, quando sente un lieve oh dietro di lui. Si gira e vede Peter, con le braccia infilate un po’ meglio nelle maniche rispetto a qualche secondo fa, ma c’è una linea di sangue che gli cola lungo il polso.

“Ok,” dice Tony. “Abbiamo finito.”

“No, sto bene,” dice Peter. “Ce l’ho quasi fatta.”

“Vedo del sangue e sto avendo dei flashback, abbiamo finito,” dice Tony, sentendo dello statico attraversargli il corpo mentre posa rapidamente la maglietta ai propri piedi.

GIORNO SEI

“Oggi andrà meglio,” dice Tony, mentre marciano attraverso la strada e verso la gara di sculture di ghiaccio. “Non faremo casino. Non proveremo di nuovo quella roba coi tacchini. Non oggi. Conosciamo i nostri limiti.”

“Già, quello è stato…” Justin si interrompe, scuotendo la testa. “Pensavo che avresti gestito meglio il tuo uccello, Haps.”

“Chiudi quella cazzo di bocca,” dice Happy, squadrandolo storto, anche se non ricorda di cosa sta parlando.

“Non riesco a credere che stia accadendo,” dice Peter, a braccia incrociate.

“Neanch’io, ragazzino,” dice Tony, con un sospiro. “Ringrazia Justin Hammer, che coinvolge le persone in eventi ai quali non vogliono essere coinvolti.”

“Senti, non sapevo che avresti portato gente,” dice Justin. “Volevo coinvolgere solo te. Non la tua famiglia di fortuna.” Sbuffa piano. “Certo, però è stato molto più semplice di quanto pensassi. Credono a tutto ciò che gli dici.”

“Non a tutto--”

“Decisamente non a tutto--”

“Mi dice bugie praticamente sempre--”

“Ok,” dice Tony. “Mi credono quando c’è bisogno.”

“E io penso ancora che tu c’entri qualcosa,” dice Happy, fissando in cagnesco Justin.

 
§

 
“Ok, respira,” dice Tony, con le mani sulla spalla e sulla schiena di Rhodey. “Respira e basta,”

“Sto respirando,” dice Rhodey, guardandolo male, per poi guardar male anche Justin. “Sei tu la testa di cazzo che ha fatto cadere quel dannato affare.”

“Non l’ho fatto cadere,” dichiara Justin, liquidando la cosa.

Le persone dietro di loro li stanno fissando come inebetiti, e Tony tira via Rhodey dalla neve rimettendolo in piedi, o meglio: su un piede, visto che tiene quello ferito sollevato. Questo tipo di cose – ovvero Rhodey che sbatte anche solo il mignolino – lo fa precipitare in un vortice di stress post-traumatico.

“Gli hai fatto cadere sopra una bara,” dice Happy. “Una bara con un cazzo di manichino dentro. Proprio addosso a lui.”

“Sul suo piede,” dice Justin, seguendo Peter che si posiziona sull’altro lato di Rhodey, mentre i tre zoppicano dal luogo della gara sulle bare verso il motel. “E comunque, stavamo andando troppo veloci.”

“Stavamo cercando di vincere,” dice Tony, tra i denti.

 
§

 
“Stava giocando al biliardino umano?” chiede l’infermiera.

“Sì, per la quinta volta… è rotto?” chiede Happy, stringendosi il braccio mentre è seduto sul lettino dell’unico piccolo ambulatorio di Nederland.

“Potrebbe essere solo una brutta storta,” dice l’infermiera, con un sorriso. “Torno subito, aspetti un momento.

“Aspetto, aspetto,” dice Happy, sussultando non appena esce dalla stanza.

Tony si è piazzato nell’angolo, appoggiato al muro, in uno stato di panico. Quel tipo di panico che gli scuote il cervello e lo paralizza sul posto, gli blocca tutte le funzioni motorie, come se fosse uno dei suoi robot con un guasto. Fissa Happy, il suo braccio probabilmente rotto, gli altri, tutti con un colorito bluastro sulle guance. Scommette che ce l’ha anche lui.

Ha fatto casino. Ha fatto casino ha fatto casino ha fatto casino--

“Tony,” dice Happy. “Ehi. Terra chiama Tony.”

“Sì?” chiede Tony, trovando i suoi occhi.

“Va tutto bene.”

“Invece no.”

“Probabilmente è solo una brutta storta.”

“Già, e non va bene.”

Si ricorda l’ultima volta che Happy è andato all’ospedale. È stato agghiacciante, e questo non ci si avvicina nemmeno, ma Tony non riesce a toglierselo dalla testa. Queste tre persone – non Justin, figurarsi – si sono tutte fatte male per colpa sua. E adesso ha fatto questo, cazzo.
La sua mente gli dice che domani staranno bene. Sarà come se non fosse mai accaduto.

Ma oggi è domani. Domani è oggi. E ancora e ancora e ancora e ancora e

GIORNO SETTE

Tony è nell’ufficio del teatro, con la voce di Pepper nell’orecchio. Si sente come se le stesse nascondendo qualcosa – perché le sta nascondendo qualcosa, e lo percepisce sulla punta della lingua. Sono in trappola, siamo in trappola, non tornerò più a casa.

“Allora, quando torni a casa?” gli chiede. “Non dev’esserci molto da fare lassù.”

“Oh, rimarresti sorpresa,” dice lui, premendosi le dita sulla tempia. “Uh… ci siamo divertiti, sì. Un sacco di persone mi riconosce, abbiamo incontrato molta gente del posto…” Lo dice perché è l’esatto opposto della verità; nessuno l’ha riconosciuto ed è strano, ma forse, semplicemente, non ci fanno troppo caso. Non lo sa e non gli importa. “Presto,” le dice. “Presto. Tu stai bene, vero? Bimba a posto?”

“Bimba a posto,” risponde Pepper. “Scalcia come una matta. Ti ho convinto sul nome Ava? Perché Ava Maria secondo me suona bene.”

“Solo perché vuoi sentirmi cantare quella canzone tutte le notti,” dice Tony, riferendosi ad Ave Maria. “Ami la mia interpretazione.”

“Non sei Andrea Bocelli, però…”

“Sono bravissimo, punto,” dice lui.

“Il nome, Tony!” lo richiama lei. “Dai!”

Ava Maria Stark. La figlia che non conoscerà mai perché è bloccato a Nederland, Colorado, fino alla morte. Morirà? Invecchierà? Cristo santo. Se questa è l’immortalità, non la vuole.

“Lo adoro,” risponde.

“Davvero?” chiede lei. “Adesso lo adori?”

“È perfetto,” dice lui, cercando di camuffare quel nodo alla gola per non tradirsi. “Ma decidiamo, uh, ufficialmente quando torno.”

“Ok,” dice lei. “Ma la chiamerò così. Quindi ci si abituerà.”

Tony sorride tra sé. “Ah, davvero?”

“Esatto,” dice Pepper. “Ava Maria Stark, sto parlando con tuo papà, è al telefono.”

Tony si schiarisce la gola. “Ok, ma-- continua a ricordarle che esisto.”

“Fidati, lo sa,” dice lei. “Ti amo.”

“Ti amo anch’io.”

Attaccano entrambi e Tony si asciuga gli occhi. Quando si gira, vede Peter appoggiato al muro in corridoio, appena fuori dall’ufficio. Ha parlato con May prima che lui chiamasse Pepper, e sta ancora facendo i conti con la storia del loop, visto che Tony l’ha convinto giusto un’ora fa.

Si alza in piedi, esce dall’ufficio e si avvicina a lui, mettendogli una mano sulla spalla. “Stai bene?”

Peter deglutisce rumorosamente, fissando un punto dietro di lui prima di guardarlo in volto. “Quante volte ce l’hai spiegato?” chiede.

“Oggi è il settimo giorno,” risponde Tony. “Solo, uh… solo sette giorni.” Cerca di non farli sembrare un’eternità, anche se lo sembrano.

“Non… non di più?” chiede Peter. “Non ci mentiresti mai al riguardo, vero?”

“May sarebbe decisamente preoccupata e arrabbiata se fossero di più,” dice Tony. “E, uh… a parte questo-- ho chiamato Strange, prima di chiamare Pepper. Non ha risposto.” Tony si è quasi sentito scoppiare il cuore nel petto, mentre aspettava che il suo telefono smettesse di squillare. E, ciliegina sulla torta: quel mago da strapazzo non ha la segreteria telefonica. Che stronzo.

“Ci riproverai?” chiede Peter.

Tony detesta vederlo così sperduto. Quello non è Peter: Peter è uno che sa sempre cosa fare, pieno di gioia e ottimismo, e questa situazione lo sta consumando. “Sì, ci proverò,” risponde, stringendogli la spalla. “Ora andiamo a… soffrire,” continua. “So che Justin è uno stronzo, ma non preoccuparti, lo tengo d’occhio io.”

Peter continua a fissarsi le punte dei piedi, scuotendo la testa, per poi guardare Tony. “Mi dispiace che stia succedendo a te,” dice. “Vorrei riuscire a ricordare anch’io.”

“Non voglio sentire ‘mi dispiace’ da te,” dice Tony, mettendogli un braccio sulle spalle e guidandolo verso la platea. “Merda, a me dispiace: questa è l’ultima cosa che avrei voluto, io volevo solo prenderci una pausa, divertirci… magari trovare qualche cattivo di bassa lega da far acciuffare a Spider-Man, roba così. Non pensavo che Nederland nascondesse qualcosa del genere.”

“Ne usciremo,” dice Peter, mentre svoltano l’angolo per ricongiungersi agli altri. “So che ce la faremo.”

Il ci farai uscire tu è sottinteso, o forse no, forse è la voce nella testa di Tony che vuole che abbia sempre il pieno controllo della situazione, di tutto ciò che sta accadendo, ma scorge negli occhi di Peter la fiducia e la sicurezza che il ragazzo ripone in lui, e sa che è una sua responsabilità. Justin non farà un bel niente, e loro, per qualche assurda volontà cosmica, saranno sempre all’oscuro di tutto. Non sa cosa diavolo potrebbe accadere, ancora.

Peter si siede sull’ultima poltroncina della fila, accanto a Happy, e Tony rimane in piedi con le mani sui fianchi.

“Questa roba dell’uomo congelato non sta funzionando,” dice. “Non stavamo-- non stiamo concludendo nulla, proprio… nulla.”

“Mi sono davvero rotto il braccio?” chiede Happy.

“Già,” risponde Tony. “Rhodey, tu hai avuto un trauma cranico mentre cercavi di fare una scultura di ghiaccio, Peter, tu ti sei quasi mozzato un dito al lancio del salmone, non chiedermi come, è stato-- un film dell’orrore, e Hammer… è quasi morto soffocato con le ostriche delle montagne rocciose. Il che mi ha fatto ridere, ma fa lo stesso.”

“Non sono--”

“Sì, Peter, so cosa sono,” lo interrompe Tony, puntandogli contro il dito.

“Il tuo ragazzino è fissato,” dice Justin, assottigliando gli occhi.

“No, è solo una miniera di informazioni,” replica Tony. “Comunque, voglio cambiare approccio, credo che… se non è il giorno, allora forse è il luogo. Magari a questa città serve qualcosa.”

“Serve qualcosa?” chiede Rhodey. “Tipo cosa? Che possiamo offrirle, da soli? Certo, se avessimo accesso al mondo esterno… ma con quel dannato loop, se è davvero come dici--”

“Credo che sia qualcosa che possiamo darle noi, da soli,” dice Tony. “Una sorta di… volontariato.”

Justin emette un sonoro lamento, reclina all’indietro la testa e alza gli occhi al cielo.

“Ovviamente detesti il volontariato,” dice Happy. “Ovviamente detesti anche solo l’idea di aiutare qualcuno.”

“Non possiamo aiutare queste persone,” dice Justin, raddrizzandosi e scuotendo il capo verso Tony. “Se ricordi bene, qui sono io quello che ha sofferto più a lungo, e conosco questi stronzi--”

“Li conosci superficialmente, giusto per decidere se ucciderli o andarci a letto,” dice Tony. “Ci sono molte opportunità per aiutarli, qui: abbiamo visto di persona che alcuni di loro si sono fatti male in questa festa dell’uomo congelato, sappiamo che altri hanno avuto un infarto, sappiamo che una macchina va in giro ad ammazzare gente--”

“Noi non siamo morti,” dice Justin, indicandolo. “Quasi. Ma non siamo morti.”

“Ci sono un sacco di cose che potremmo fare,” continua Tony, ignorandolo.” “E magari-- magari è per questo. È per questo che ha fatto in modo che anch’io ricordassi, perché questo stronzo non avrebbe mai fatto nulla di ciò che voleva.”

Justin fa un verso derisorio.

“Io ci sto, per qualunque cosa,” dice Happy. “Non voglio rimanere bloccato qui, e non voglio che ci rimaniate voi…”

“Neanch’io,” dice Rhodey. “Non voglio stare con questo deficiente un secondo più del necessario, e neanche voi.”

“Andiamo, non sono poi così male,” dice Justin, con una risata.

“Dobbiamo uscire di qui,” dice Peter, determinato.

“Va bene,” dice Tony, col petto che si stringe per l’emozione. “Su, diamoci da fare.”

“Ugh, Cristo,” dice Justin. “Non sarà divertente.”

 
§

 
Tony corre più veloce che può, ma il cane è più veloce. I bambini gli stanno alle calcagna e il resto del gruppo gli va dietro, a parte Peter, che è un paio di passi avanti a lui.

Stanno tutti gridando la stessa cosa:

“Jeff! Jeff! Vieni qui, Jeff!”

Il cane col costume da scheletro è nero, screziato di marrone, e sembra un cucciolo gigante; Tony non è neanche sicuro che sappia di chiamarsi Jeff.

“Voi avete-- dei biscotti o qualcosa del genere?” chiede Rhodey, ansimando mentre corre, coi passi che sprofondano con un risucchio nella neve.

“Sa che lo stiamo inseguendo!” grida uno dei bambini. “Non si avvicina! Rimane a un paio di metri e se li fa tirare!”

“Non glieli dare, bimbo!” grida Tony. “Fallo avvicinare! Sei tu il capo! Sei tu l’alfa!”

“Ce l’ho quasi!” grida Peter, accelerando.

“Non cadere!” grida Tony. “Non scivolare, eh!” Davanti a sé vede scenari terribili, col ragazzino che inciampa in vari modi spaccandosi inevitabilmente la testa, invece Peter va in scivolata come un giocatore di baseball, taglia la strada al cane e lo fa correre dritto tra le sue braccia.

“Oh, Cristo,” grida Happy col fiatone, fermandosi slittando appena. “Grazie a Dio.”

Tony raggiunge il ragazzo sull’erba e lo osserva ridere mentre il cane gli lecca la faccia, raggomitolandosi sulle sue gambe.

“Ciao, Jeff,” dice Peter, sorridendo e dando delle pacche sul dorso del cane. “Ehi, bello!”

Tony sorride tra sé, scuotendo la testa.

 
§

 
“Come mai dei fiori appassiti?” chiede Peter alla bambina, mentre lei li sistema ordinatamente nei vasi.

“Per la Festa dell’Uomo Congelato,” risponde lei.

Tony e Peter sono seduti con lei e sua sorella sulle loro sedioline formato bambino, mentre Rhodey e Happy sono intenti a indirizzare gente verso di loro per comprare i ninnoli. Justin se ne sta in piedi dietro di loro, con le braccia conserte sul petto, e Tony non perde occasione per girarsi e guardarlo storto.

“Questo è, uh, il primo anno che li fate?” chiede ancora Peter.

La bambina più grande gli sorride. “Io l’ho fatto l’anno scorso, ma mia sorella era troppo piccola. Adesso può, quindi li facciamo insieme.”

“E i vostri genitori sanno che siete qui fuori da sole?” chiede Tony, pensando che la sua futura figlia avrà costantemente con sé un corpo di guardia o un supereroe.

“I loro genitori sono di là, a giocare al biliardino umano,” afferma Justin, facendo scattare il mento in quella direzione. “Il padre è il tizio col parka viola.”

“Quello che ha rotto il braccio a Happy?” chiede Tony.

“Proprio lui.”

“Papà ha rotto il braccio a qualcuno?” chiede la più piccola, fissando Justin da sopra la spalla di Tony.

“No,” risponde Tony, schiarendosi la gola.

“Va bene,” dice Happy, incitando un gruppo di circa cinque persone verso la bancarella. “Ecco altri clienti di rilievo.”

Peter si rigira uno dei fiori tra le dita, facendo scintillare i brillantini alla luce del sole.

 
§

 
Tony trasporta la busta di salame piccante come se fosse colma d’oro. Peter gli tiene aperta la porta della pizzeria e Tony ignora il verso lamentoso di Justin dal fondo del gruppo. Si avvicina deciso al bancone e suona il campanello, rimanendo in piedi in attesa. Il cameriere più vicino di gira e guarda prima lui, poi la busta, poi di nuovo lui.

“Senta,” comincia Tony, poggiando la busta sul bancone. “C’è un negozietto sulla Terza strada, e sembra che stiano chiudendo l’attività. Forse la città dovrebbe occuparsene e cercare di aiutarli-- comunque, hanno un surplus di salame piccante e voi… no. Stiamo spartendo la roba, un po’ alla volta-- ma se vi serve altro, ricordatevi: Mario è sulla Terza.”

“Mario è sulla Terza,” ripete il cameriere, fissando imbambolato la busta.

“Bene,” dice Tony, dando una pacca sul bancone. “Perfetto.” Si gira e fa un cenno agli altri, e Justin emette un altro lamento, spingendo la porta per uscire.

“Bel lavoro, Tony,” dice Rhodey, dandogli una pacca sulla spalla.

“Già,” dice Happy. “Era importantissimo.”

Peter sta masticando qualcosa e Tony gli dà di gomito. “Che stai mangiando?”

Peter sogghigna.

“Ne hai rubato uno?

“Forse.”

Tony scuote la testa, ma non può evitare di sorridere. “Se gliene serve uno, ragazzino, ti giuro…”

 
§

 
“Scusi!” Tony riesce a sentire Peter che grida. “Scusi, signore!”

“Che c’è?” sbotta il tizio, e Tony assottiglia lo sguardo, scoccando un’occhiata a Rhodey. Sono entrambi accovacciati dietro l’angolo in un vicoletto vicino al parcheggio, mentre Happy e Justin sono nascosti dall’altro lato. Sono vicini allo stupido padiglione ghiaccia-cervello e le grida e il frastuono arrivano fin lì come se ci fossero dentro, con le noccioline contaminate e tutto il resto.

Hanno pedinato lo stronzo con la macchina rossa fin qui, e per quanto a Tony non piaccia porre Peter in prima linea, sta facendo un buon lavoro nell’attirare l’attenzione di quella testa di cazzo.

“Credo che le sia caduto qualcosa,” dice Peter. “Sembra caduto dalla sua tasca. Credo fossero dei soldi.”

“Oh, merda,” dice il tizio. “Grazie, piccoletto.”

“Di niente, amico,” dice Peter, in tono compiaciuto.

Tony guarda in direzione di Justin, che in verità sembra felice di prendere parte in questa particolare azione per aiutare la città. Sembra concentrato, e Tony si rabbuia per un istante, anche se hanno riconfermato la regola del non uccidere: il tipo è uno stronzo che rischia di ammazzare qualcuno in ogni cazzo di loop che sono costretti a sopportare, ma Tony non vuole esattamente ucciderlo. Forse se fosse stato più cosciente delle proprie condizioni e di quelle degli altri dopo l’incidente, sarebbe più propenso a un istinto omicida.

Ma per ora, una bella ripassata sarà sufficiente.

Sentono i passi dell’uomo dietro l’angolo, e non appena entra nel suo campo visivo Tony balza allo scoperto e lo stende con un diretto sul muso. Gli fa lo sgambetto, mandandolo al tappeto, e Justin e Rhodey gli assestano un paio di calci prima che Happy metta a segno un altro pugno. Tony cerca di non scostarli con troppa forza mentre afferra quell’idiota per il colletto, tirandolo in piedi con uno strattone. È un ragazzo giovane dall’aria nervosa, e i suoi occhi sono sbarrati e impauriti.

“Senti, stronzo,” dice Tony. “Farai meglio a guidare come tua nonna per il resto della giornata e per il resto della tua vita, se vuoi continuare a vivere, capito? Voglio che ti fermi agli stop, senza bruciarli-- e voglio che qualcuno ti suoni per quanto riparti piano quando è verde…”

“Uh… uh…”

“Finirai per investire qualcuno se non vai più piano, cazzo,” dice Tony, scuotendolo, e sente un già! dietro di sé da parte di Happy. Justin interviene e con un pugno gli fa perdere la presa sul ragazzo; si gira infastidito, con un cenno di disapprovazione. Il ragazzo batte le palpebre, stordito, e Tony gli pianta un pugno sul petto per inchiodarlo a terra. “Mi sono spiegato? Iron Man ti romperà il culo se vai sopra i venti all’ora qui intorno. Non me ne frega un cazzo di quale sia il limite di velocità. Sono stato chiaro?”

“Chiarissimo,” dice il ragazzo, asciugandosi il sangue dal naso.

“Bene.”

“Gliene do un altro,” dice Justin, appoggiandosi alla spalla di Tony.

“No,” lo ferma lui. “Indietro. Ora.”

“Cosa-- cosa ci fa Iron Man a Nederland?” annaspa il ragazzo, fissandolo.

“Credimi, Speedy [8], mi sto facendo la stessa domanda.”

 
§

 
“Signora,” dice Tony, prendendo per mano l’anziana donna e guidandola verso l’alimentari. “Si è fatta controllare, ultimamente? Ha fatto un check-up medico?” Lancia un’occhiata alla Chevrolet che ha avuto un ritorno di fiamma un giorno sì e l’altro pure, e vede Rhodey che parla col proprietario.

Lei lo squadra da dietro le ampie lenti che fanno apparire i suoi occhi due volte più grandi di quanto siano, e rimane a bocca aperta. “Cielo, ma tu sei Tony Stark,” dice, stringendogli un po’ più forte la mano.

“Beh, sì,” dice lui, con un ampio sorriso. “Sa, lei è la prima a riconoscermi. O… che ammette di avermi riconosciuto-- comunque, sì.”

“Oh, adoro Iron Man, caro,” dice lei, rivolgendogli un sorriso smagliante. “Sei il mio preferito da un bel po’ di tempo, hai salvato mia nipote nel Queens nel 2010, quando quegli orribili robot hanno attaccato la città.”

“Ah, davvero?” chiede Tony, mentre salgono sul marciapiedi. Scocca un’altra occhiata a Justin e Rhodey, chiedendosi cosa penserebbe quella donna se sapesse che il creatore dei suddetti robot fosse ad appena qualche metro da lei. La guida dentro l’alimentari, dove vede Peter e Happy che stanno dando una mano per evitare che il negozio debba chiudere in anticipo come al solito. “Beh, Iron Man è qui, e Iron Man le sta dicendo di farsi controllare al più presto quel cuore d’oro che si ritrova.”

“Ho rimandato gli appuntamenti,” dice, con le luci al neon del negozio che le illuminano il volto. “Pensi che ci sia qualcosa che non va?”

Lui fa un verso esitante, sempre tenendole la mano. “Hmm, può darsi,” dice, ripensando agli altri giorni, quando ha visto quella poveretta accasciata sull’asfalto del parcheggio, con mezza città che si precipitava ad aiutarla rischiando di travolgere chiunque sul suo cammino. “Io ho problemi di cuore, bisogna tenerli d’occhio. Mi farei controllare – giusto per essere sicuri – cerchi di ricordarselo, ok? Se lo ricordi. Abbastanza da sognarselo stanotte, va bene?”

“Oh, faccio dei sogni molto vividi,” dice, e forse l’occhiata che gli rivolge è un po’ lasciva, non saprebbe dirlo.

“Oh, wow,” ride, dandole una lieve pacca sulla mano. “Anch’io.”

Sente un forte scoppio all’esterno e si girano entrambi di colpo per guardare.

“Cos’è stato?” chiede la donna, allarmata.

“Nulla,” dice Tony, tornando a guardarla. “Tutto bene?”

“Sto bene,” dice lei, increspando la fronte. “Solo-- è stato un rumore molto forte.”

Tony è lieto che stavolta fosse abbastanza lontana e non sia stato troppo forte.

 
§

 
Tony non sa se riusciranno a ricordare. Se la pista dei sogni è davvero una pista o solo una speranza vana nella sua testa, un filo al quale si aggrappa che potrebbe non condurre da nessuna parte. Ma mentre siedono nella sala da pranzo del rifugio mangiando zuppa e formaggio grigliato, spera di non sbagliarsi… spera che ciò che hanno fatto oggi non sia stato inutile. Che rimarrà in qualche modo con le persone che hanno aiutato, che le guiderà nel loop di domani, come una vocina insistente simile alla propria che li sospinge nella giusta direzione.

“È stato tremendo,” dice Justin, giocherellando con la cannuccia.

“Che problema hai?” chiede Rhodey. “Sul serio?”

“Sociopatico,” dice Tony, scrollando le spalle.

“Queste persone sono insignificanti,” dice Justin sporgendosi in avanti come se stesse rivelando loro un segreto. “Non valgono il nostro tempo.”

“È per questo che sei bloccato,” dice Peter, pacatamente. “Non hai alcuna empatia, sei… insomma, credo che tutto questo stia cercando di insegnarti qualcosa. E tu non vuoi impararlo.”

“E allora perché Tony è bloccato?” chiede Justin, alzando le sopracciglia. “Che deve imparare lui?”

“Beh, lui aspetta un bambino, e magari l’universo sta cercando di insegnargli a essere paziente appaiandolo con un poppante come te,” risponde semplicemente Peter.

Tony esplode in una sonora risata, mentre Rhodey ne soffoca una e Happy si copre la bocca con le mani, sorridendo. Tony mette con slancio un braccio sulle spalle di Peter e gli pianta un bacio in testa. “Questo è uno dei tuoi momenti più alti, Pete.”

“Grazie!”

“Sì, ridete pure,” dice Justin. “Siete comunque bloccati. Siete bloccati!”

“Magari se ti decidessi a prendere parte ai nostri progetti di gruppo…” osservaTony, inclinando la testa verso di lui.

“Ho già preso abbondantemente parte,” dice Justin. “Sapevo come aggiustare la macchina di quel tizio, oggi.”

“Sì, certo,” dice Rhodey. “Stavi solo cercando di farla scoppiare più in fretta.”

Tony stringe un altro po’ la spalla di Peter prima di lasciarlo andare, riprendendo a mangiare il suo formaggio grigliato. La prospettiva di domani – un altro oggi – aleggia grave su di loro.

 
§

 
La voce di Peter attraversa il buio nel bel mezzo della notte, e Tony riesce a malapena a vederlo nell’altro letto, sotto il suo mucchio di coperte.

“Domani, dimmi che sai di Sandwich il cane.”

Tony socchiude gli occhi. “Sandwich il cane?”

“Il suo vero nome è Blaise, è un corgi che ho trovato il giorno in cui mi hai detto di questo viaggio,” dice Peter. “Ho rintracciato i suoi padroni via Facebook, ma l’ho chiamato Sandwich perché si è mangiato il panino che avevo con me.”

Per qualche ragione, quella storia gli fa venire le lacrime agli occhi. La vita di Peter, prima che lui gliela portasse via – prima che lo trascinasse qui cacciandolo in tutto questo. Detesta sapere che domani sarà sempre lo stesso, e per quanto voglia credere che gli sforzi di oggi faranno scorrere di nuovo il tempo, sciogliendo il loop e lasciandoli in pace, sa che la delusione è solo all’orizzonte. Spera e spera ancora… Dio, spera di sbagliarsi.

“Il cane Sandwich,” dice Tony, schiarendosi la gola. “Capito.”

Una settimana di questo è abbastanza. Si meritano di uscirne. Si meritano di uscire di lì, cazzo, di uscire dall’errore che Justin ha commesso e che sta scontando. E merda, se dovesse uscire Tony farà quel che deve, lo sbatterà in prigione e farà in modo che ci rimanga.

Ma facci uscire. Facci uscire. Falli uscire.

 

 




Tradotto da What if there was no tomorrow di © iron_spider

Note di traduzione:

[1] Il salame piccante è quello che gli anglosassoni chiamano “pepperoni” (no, non quel Pepperony :P) e che si vede sempre sulle loro “pizze standard”.
[2] Lo Shirley Temple è un cocktail analcolico e non ho idea di quanto sia noto in Italia o se sia conosciuto con questo nome (sono piuttosto ignorante sull’argomento), quindi ho mantenuto come in originale.
[3] La Epcot è una sezione di Disney World, famosa appunto per il cibo e il vino.
[4] Key West è un’isola nellarcipelago della Florida, famosa per i suoi locali notturni.
[5] Ho scelto di lasciare il nome originale. Letteralmente vuol dire “Banchetto/Baldoria sul Molo”.
[6] Si riferisce ai versi della canzone di Cher: “Se non ci sei più / Come posso anche solo provare ad andare avanti? / Se non ci sei più / Anche se ci provo, come faccio ad andare avanti?”
[7] Le Rocky Mountain Oysters sono una specialità tipica del Colorado (e sono realmente ciò che dice Peter).
[8] In originale Tony lo chiama speed demon, letteralmente “demone della velocità”, e in senso lato “uno a cui piace guidare veloce”. Per evitare una traduzione verbosa, ho preferito riferirmi a Speedy Gonzales, facendo leva sul vizio di Tony per soprannomi e citazioni della cultura pop.

Note Della Traduttrice:

Cari Lettori,
eccovi il secondo capitolo in traduzione, che in un certo senso è stato più ostico per svariati motivi, non ultimi i molti giochi di parole che spero di aver reso al meglio.
Considerando il diverso layout e la diversa lunghezza media dei capitoli su EFP rispetto a AO3, questo capitolo è stato diviso in due (l'originale sfiorava le 70 pagine Word e avevo addirittura difficoltà a caricarlo), rispettando la logica originaria dell'autrice nella scelta del titolo del successivo. Non è stato ovviamente intaccato in alcun modo il senso della storia.

Grazie a tutti coloro che leggono, recensiscono e che hanno aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite <3 Sappiate che ogni commento è gradito, sia in riferimento alla storia che alla traduzione, e che verrà inoltrato tramite me anche all'autrice originale <3
A presto col prossimo capitolo, e nel frattempo auguro a tutti una buona visione di Endgame ;)
 
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