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Autore: lawlietismine    24/04/2019    0 recensioni
{ KiriBaku }
Le pale del ventilatore, che si muovono lentamente sul soffitto sopra di lui, in realtà sono quelle di un elicottero militare. Gli scricchiolii del pavimento, invece, sono i passi di un nemico che pian piano si avvicina, di una minaccia che incombe.
Bakugou è tornato da poco dalla guerra, quando incontra Kirishima per la prima volta.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi purtroppo non mi appartengono 
e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

Ehilà! Sono tornata in questa sezione (e su EFP in generale, visto che erano mesi che non pubblicavo qualcosa) con una nuova KiriBaku! Che poi tanto nuova non è, perché l'idea mi era venuta secoli fa, but still.
Non ho molto da dire a riguardo tbh. Non so quando potrò aggiornare^^" spero presto, dipende un po' dall'ispirazione e se vi piace l'idea. 
Spero non ci siano errori! Non ho un* beta e rileggo abbastanza velocemente, quindi potrebbe essermi sfuggito qualcosa. Nel caso sentitevi liberi di segnalarmelo così correggo. 
Per il post originale della fanart, basta cliccare sull'immagine. 
E nada, spero vi piaccia questo prologo! Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!^^
Alla prossima, 
Lawlietismine 
 


- Potete trovarmi su twitter per qualsiasi cosa
- Titolo preso da "sleepwalking" dei bring me the horizon



 

Give me a reason to start again






 

La sua psicologa dice che è normale.



I suoi sorrisi dolci mentre parla dovrebbero essere rassicuranti; le sue carezze delicate sull'avambraccio, appena Katsuki arriva allo studio o quando sta per andarsene, confortevoli. Eppure– eppure non lo sono neanche un po'.

Mai. Le sue parole non lo aiutano mai.

Ogni volta, Katsuki vorrebbe annullare l'appuntamento seguente, vorrebbe sbottarle in faccia che è un'incompetente a cui probabilmente hanno regalato la laurea, che è soltanto inutile. Ma non può. Questo lo sa bene, purtroppo. Ce lo hanno mandato praticamente a forza, dopotutto, in quello studio maledetto.

E sa altrettanto bene nel profondo, molto a fondo, che in realtà il problema non è lei.

Ma questo ovviamente non lo ammetterà ad alta voce.


 

***



Le sue notti trascorrono in un oblio assordante.

Il suo corpo, paralizzato nel letto, è un concentrato di pura rabbia bollente che scorre mista al sangue nelle vene. La sua testa, vigile e allo stesso tempo un po' visionaria, è dimora di mostruosità indesiderate che lo attaccano senza remora alcuna.

Katsuki freme. Stringe i denti, artiglia le lenzuola sopra le quali è steso. Serra gli occhi come se così potesse non vedere, ma le immagini non fanno altro che diventare più vivide, i suoni più chiari, le sensazioni più reali. Sangue, grida, panico.

(Le pale del ventilatore, che si muovono lentamente sul soffitto sopra di lui, in realtà sono quelle di un elicottero militare. Gli scricchiolii del pavimento, invece, sono i passi di un nemico che pian piano si avvicina, di una minaccia che incombe.)

L'urlo furente che vorrebbe ripercorrergli la gola, che vorrebbe sprigionarsi tutt'intorno, Katsuki lo tiene bloccato come un macigno nel petto.

Finge di non percepire neanche le lacrime che gli bagnano gli occhi, che appannano le iridi scarlatte come a pregarlo silenziosamente di poter scivolare giù lungo le guance, di potersi finalmente liberare.

No. Lui tiene sotto controllo anche quelle.


 

***



La prima volta che esce di casa durante la notte, in realtà ci impiega ore per farlo.

Resta seduto in fondo al letto per un lasso di tempo indefinito. I gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani, le dita fra i capelli scombinati. Gli occhi fissi sul pavimento. Il respiro pesante, il battito assordante. Qualche goccia di sudore gelido ripercorre il lato del suo volto, poi il collo e infine si infrange contro il tessuto della canotta leggera che indossa nonostante sia inverno.

Nel buio notturno, le quattro mura intorno a lui sembrano farsi sempre più strette, sempre più piccole, come a volerlo rinchiudere, inghiottire. La sua camera adesso è soffocante, claustrofobica. Insopportabile.

Il suo rifugio sicuro è diventato una trappola.

Katsuki sente di non appartenere più a nessun luogo.


 

***



Il bar non lo trova subito. E quando lo trova, comunque, non ha aspettative. Non ha idea di cosa diverrà in realtà per lui quel posto, non sa a cosa lo porterà la sua scelta impulsiva di uscire di casa stasera.

A parte perché, questa sera, Katsuki esce senza avere alcuna meta in testa, senza obiettivi, senza niente.

Vuole solo sfuggire a quella fastidiosa sensazione di avere delle mani strette intorno alla gola.

E il suo corpo allora si muove da solo, i passi si alternano senza controllo, il percorso che intraprende è del tutto casuale, istintivo. Cammina per ore, forse. Non lo sa. Non gli interessa. Non se ne accorge neanche. Non ha importanza.

Accelera. Rallenta. Si ferma. Riprende.

Quasi fosse un corpo non suo, come se in realtà lui fosse solamente uno spettatore impotente.


 

*



Odia le feste. Odia il Natale.

Il suo sguardo evita ogni addobbo che lo circonda, evita i sorrisi felici delle persone che sfortunatamente trova sulla sua strada nonostante l'ora tarda. Un gruppo rumoroso di amici da una parte, birre in mano e sigarette fra le labbra; una coppia di innamorati dall'altra– lui con un braccio a circondare le spalle di lei e lei che tiene lui stretto a sé, come se da questo dipendessero le loro vite, seduti comodamente su una panchina sul marciapiede al lato della strada.

Katsuki svolta ancora, cambia direzione, i suoi piedi lo portano lontano dal caos, dalla felicità generale, dall'atmosfera festosa e serena che ha infettato la città come il peggior morbo di sempre.

I vicoli in cui allora si perde sono tutto un altro mondo in confronto al centro. Bui, silenziosi, tetri. Incolore come la sua vita, confinata ormai in una grigia esistenza. Quei vicoli non sono del tutto espressione diretta di ciò che lui ha dentro– niente sarà mai davvero come quell'inferno che si porta dentro, niente lì potrebbe arrivare a esserlo; ma un po' almeno ci si avvicinano.


 

*
 

Hey”
 

*



Poi la nota.

La sente.

Quell'interferenza che stride malamente fra i suoni e le voci che gli occupano costantemente la testa. Troppo amichevole, troppo gentile, troppo limpida per appartenere all'eco dei ricordi che lo tormentano, alle grida disperate, ai gemiti, ai lamenti–

“Sovrappensiero?”

Katsuki adesso ascolta il ronzio di sottofondo, cerca di distinguerlo dal resto, di isolarlo e inquadrarlo. Gli è sconosciuto.

Ci mette un po' a fare i conti con la realtà. Non ad abbassare il volume dei suoi pensieri– quello non è possibile, è troppo alto, troppo feroce, troppo insistente, troppo forte per poterlo combattere; ma ad alzare invece un po' di più quello del resto del mondo, quello che tiene sempre al minimo, se non spento, quello che ormai non gli interessa più. Perché lui, di quel mondo, non ne fa più parte.

Il suo sguardo mette a fuoco l'area circostante. Il parco poco distante alla sua sinistra, apparentemente curato e tranquillo, il cancello all'ingresso accostato. Non c'è nessuno. Né sulle panchine sparse qua e là, né alla fontana al centro dello spiazzo.

La strada che sta percorrendo, realizza solo adesso, non è più cupa come i vicoli di prima. Non è neanche rumorosa come il centro in cui si è ritrovato all'inizio.

È vuota, isolata, ma pacifica. Un po' solitaria, ma non in modo del tutto negativo.

Poi i suoi occhi si spostano ancora, lungo la muraglia di edifici alla sua destra. Negozi chiusi ormai da ore, nient'altro a rovinare l'armonia.

E, infine, trova la fonte di quel fievole disturbo.

Un ragazzo se ne sta di fronte a quello che Katsuki riconosce distrattamente essere un bar (la veloce occhiata noncurante all'insegna al neon su cui legge un semplice – Plus Ultra – glielo conferma). Ha il corpo un po' ruotato nella sua direzione, le mani ferme a mezz'aria verso la serranda che probabilmente, prima di accorgersi di lui, stava per tirare giù.

È un tipo bizzarro. I capelli rossi, fissati con fin troppo gel in un'assurda acconciatura, attirano per primi la sua attenzione. Chi diamine si pettina così? Poi lo sguardo si sposta sulle labbra schiuse, perché sono piegate in un sorriso che pare pacato, sincero, buono. Un sorriso che poche volte Katsuki si è visto rivolgere, tanto meno da uno sconosciuto. Eppure, a quanto pare, per un motivo che gli sfugge quel sorriso è proprio diretto a lui.

Il ragazzo sembra giovane. Più di lui, forse. E il suo fisico, ben delineato e identificabile nonostante il parka e i jeans a coprirlo, è decisamente in contrasto con i lineamenti dolci della sua espressione.

Poi Katsuki finisce per incontrare il suo sguardo e per un attimo, ne resta completamente destabilizzato.

“Va tutto bene?”

Non ha idea del perché questo tipo insista a parlargli, nonostante il suo ovvio silenzio. Non sa perché continui a guardarlo così, con quella nota di curiosità e al tempo stesso ingenua preoccupazione. Chissà cosa sta vedendo, cosa sta pensando di questo randagio dall'aspetto trasandato, delle occhiaie evidenti sotto ai suoi occhi spenti, del suo non proferire parola.

Non che a lui interessi.

Ma il ragazzo non ne sembra intimorito, anzi, sembra intenzionato ad aggiungere qualcosa, invece che rinunciare e lasciarlo perdere.

Poi, però, tutto crolla.

Forse è il suono improvviso delle chiavi che tintinnato tra le mani dello sconosciuto, quando quello fa per avvicinarsi un po' di più col sorriso ancora più ampio e cordiale, a far scattare repentinamente l'interruttore. A farlo precipitare di nuovo nel buio, oscurando all'istante quel filo di luce che lo aveva distratto per un misero attimo.
In ogni caso, un momento dopo, il ragazzo davanti a lui perde importanza. Il suo volto e la miriade di emozioni che lo delineavano svaniscono, tornano a essere una macchia confusa insieme a tutto il resto.


E Katsuki semplicemente gli dà le spalle e se ne va, senza più guardarsi indietro.


***


 

Il suo primo incontro con Eijiro segna qualcosa di fondamentale importanza nella sua vita, ma Katsuki questo ancora non lo sa.

 


 

  
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