Il
cielo plumbeo preannunciava l'arrivo di una tempesta, pronta ad
abbattersi sulle brughiere inglesi; immersa in un vasto prato curato
quasi maniacalmente, caratterizzata da una lunga e imponente scalinata
in marmo bianco, si trovava Black Manor.
I padroni di casa - Cygnus Black III e Druella Rosier - appartenevano
entrambi ad antichissime famiglie magiche, conosciute per la loro
"purezza" e per i loro pregiudizi nei confronti di chi non poteva
vantare altrettanto candore.
Questi valori erano stati tramandati ad ogni discendente di Casa Black:
chi non comprendeva o non sposava tali credenze, veniva evirato dalla
famiglia, oltre che dal grande arazzo raffigurante l'albero genealogico
presente a Grimmauld Place, la vecchia casa di famiglia.
Andromeda Black, la mezzana, era rinchiusa nella sua camera, arredata
con un tocco piuttosto accentuato di Liberty.
La giovane avrebbe affrontato il suo Quinto anno ad Hogwarts e, come
tutta la sua famiglia, era stata smistata a Serpeverde. Ciò
che distingueva Andromeda dal resto dei suoi familiari era la
curiosità e la tolleranza, celata da - sebbene
apparentemente - un freddo carattere: il mondo babbano la affascinava,
specie i miti dell'antica Grecia, che aveva imparato ad amare
attraverso dei libri comprati di nascosto nella Londra Babbana. Aveva
scoperto che alcuni scrittori del mondo antico, come Euripide e
Apollodoro, avevano scritto di una ragazza che portava il suo stesso
nome: ella era una principessa Etiope che fu offerta in sacrificio ad
una bestia da suo padre per placare le ire di Poseidone, offeso dalla vanità
espressa dalla madre di lei, che mandò un'inondazione e un
terribile mostro marino. Perseo, figlio di Zeus e Danae, si trovava
proprio in quelle zone, dopo aver decapitato Medusa.
"L'eroe, ascoltando il disperato lamento della giovane, viene rapito dalla sua bellezza e decide di salvarla ma ad un patto: vuole in cambio un segno di gratitudine. Andromeda non può che concedergli la sola cosa che possiede: la sua persona. Perseo, deciso a compiere un'impresa degna di memoria, promette alla ragazza d'intraprendere per lei la lotta contro il mostro, ottenendo dallo stesso Cefeo il consenso. Il giovane, accompagnato dal dio Eros, pietrifica il mostro grazie alla testa della Gorgone e Andromeda, finalmente, viene liberata e portata al palazzo."
Un
bussare lieve le fece nascondere il libro sotto il cuscino: i lunghi
capelli ricci erano sciolti e liberi sulle sue spalle, una leggera nota
di spavento sul giovane volto.
- Sì? - domandò Andromeda ad alta voce, spingendo
le mani sulla federa.
- Padrona, Padron Black la attende nel salone. - il lieve squittio del
loro elfo domestico, Twinkie, la fece notevolmente rilassare: era
decisamente più semplice nascondere le sue passioni
recondite all'esserino, piuttosto che a sua sorella Bellatrix.
Allungò le gambe sul pavimento freddo e infilò i
décolleté neri, issandosi, mentre le mani
andarono a lisciare le pieghe del suo vestito bianco. Si
lasciò andare ad un sospiro: il giorno dopo avrebbe dovuto
prendere a King's Cross l'Espresso per Hogwarts e, vigilanza di
Bellatrix a parte, sarebbe stato decisamente più semplice
per lei dedicarsi ai suoi interessi.
Uscì dalle sue stanze e si diresse verso il grande salone
del maniero: il grande lampadario provenzale nero stava esattamente al
centro della stanza. I due levrieri di casa Black stavano distesi sopra
l'enorme tappeto persiano bordeaux posto davanti al camino, che era
animato da un fuoco piuttosto vivace. Lì, seduto nella sua
poltrona con in mano un calice pieno di vino d'ortica, stava Cygnus
Black. Andromeda era la figlia che più somigliava a suo
padre, per il quale provava un amore puro, assolutamente ricambiato dal
suo genitore. Ma le somiglianze tra i due non erano solo fisiche, -
fatta eccezione per gli occhi, certo: blu quelli del patriarca Black,
castani quelli della giovane Andromeda - ma soprattutto caratteriali:
entrambi erano interessati alla viticoltura, ai libri, protettivi oltre
ogni misura e testardi; se non fosse per le differenze etiche, i due
sarebbero due gocce d'acqua. Differenze etiche che Andromeda ancora non
aveva mai palesato.
-
Figlia mia. - Cygnus le sorrise, indicandole con la mano libera la
poltrona libera davanti a sé.
Andromeda sorrise con spontaneità. - Padre. - la dentatura
dritta e regolare scoperta e una fossetta sulla guancia destra ad
evidenziare la sua felicità. La giovane si sedette con
grazia, accavallando le caviglie. - Immagino ci sia qualcosa di
importante di cui parlare. Twinkie sembrava un po' agitata. -
notò Andromeda, portando la sua concentrazione sugli occhi
del padre.
Cygnus si prese un po' di tempo, fece roteare il contenuto del suo
calice e lo portò al naso. - Gradisci qualcosa? Un the? - le
domandò guardandola attraverso il bicchiere.
A sua memoria, Cygnus non era mai stato così evasivo: suo
padre era un uomo che andava dritto al punto, determinato ad esporre le
sue ragioni, qualcosa che aveva insegnato a tutte e tre le sue figlie,
insegnando loro l'importanza delle proprie opinioni. Andromeda assunse
un'espressione lievemente stupita, e annuì con il capo. - Un
the alla vaniglia sarebbe gradito, sì. -
Cygnus sorrise, leggero: conosceva i gusti delle sue figlie, era sempre
stato un padre attento, come quella volta che aveva sentito casualmente
Andromeda dire a Narcissa che i suoi fiori preferiti erano le orchidee,
e il giorno dopo aveva riempito le aiuole dell'ingresso con quei fiori.
Veleggiò su di loro un vassoio d'argento, con una teiera
piena d'acqua bollente e una tazza di porcellana, accompagnata da un
piattino dello stesso materiale adornato con dei biscotti al burro.
Andromeda stette in silente attesa, allungò un braccio verso
la teiera e riempì la tazza di the.
-
Stai crescendo a vista d'occhio e io... - sospirò,
sistemandosi composto sulla poltrona bordeaux. - ... invecchio. -
Andromeda mise una zolletta di zucchero e con il cucchiaino
cominciò a mescolare la calda bevanda.
- Ma quando mai! Mi sembra di vederti più alto di recente.
Sei cresciuto anche tu. - disse scherzosamente, spostando la sua
attenzione dalla tazza al viso di suo padre, un sorriso divertito sul
volto candido.
Cygnus fece una risata breve, alzando un sopracciglio. - La persuasione
è una delle tue doti migliori: l'hai ereditata da me, in
fondo. - esclamò con una certa soddisfazione, osservando sua
figlia. - Ma non è per decantare le tue qualità
che ti ho chiamata qui. - aggiunse, poggiando un attimo il calice sopra
il vassoio volante. La sua espressione si fece improvvisamente
più seria, era certo che quella rivelazione non avrebbe
fatto altro che alimentare la già grande
caparbietà di sua figlia.
- Ti ascolto. - disse Andromeda, aggrottando le sopracciglia in un
cipiglio alquanto dubbioso.
Cygnus piantò i suoi occhi blu su quelli scuri della figlia:
- Tua sorella Bellatrix, come ben sai, si sposerà con
Rodolphus Lestrange al termine dei suoi studi. -
Andromeda non riuscì a trattenere un'espressione alquanto
disgustata: certo, e come avrebbe potuto dimenticarlo? Quell'essere
disgustoso cominciava ad essere una presenza statica all'interno del
suo maniero e questo la indispettiva parecchio, insieme alla sua barba
poco curata.
Cygnus finse di non notare quel cambiamento e riprese a parlare.
- E tu diventi ogni giorno sempre più bella, Andromeda.
Credo sia arrivato il momento che tu faccia il tuo debutto in
società. - disse Cygnus molto serio. Andromeda fece per
ribattere, ma suo padre la interruppe prontamente, mettendo una mano
davanti a sé. - So cosa stai per dire: che dovresti essere
tu a scegliere l'uomo della tua vita, che è troppo presto...
Sappi che in parte sono d'accordo. Ma tua madre è
dell'opinione che sia molto più importante sistemare la
vostra vita che i propri ideali, e forse in questo ha ragione. -
Andromeda assunse un'espressione piuttosto distaccata. Lei? Un debutto
in società?
Storse la bocca, irritata.
- E io non ho diritto di replica in questo? Dovrò sposarmi
con una persona che disprezzo per compiacere voi? - rispose Andromeda
piuttosto in fretta. Cygnus si alzò dalla poltrona,
sollevando entrambe le sopracciglia. Tirò fuori dal taschino
un sigaro, schioccò le dita e lo accese. Fece una breve
tirata. - Certo che hai diritto di replica. Non devi scegliere quello
che io vorrei o che tua madre vorrebbe, ma il più adatto tra
quelli disponibili. - avanzò qualche passo sulla figura tesa
di Andromeda, che lo osservava come una preda studia il proprio
predatore. - 'Dromeda, fosse per me ti impedirei di sposarti, ti
lascerei vicino a me per tutta la vita, a giocare con gli scacchi, a
discutere dei prossimi affari... Ma sei troppo capace per impedirti di
diventare grande. - si fermò davanti a lei, osservandola con
attenzione. - Pensa al tuo futuro, è ciò che
conta. -
La giovane Black non rispose a suo padre, si limitò a
lasciare la tazza del thè ormai tiepida sul vassoio.
- Posso andare? - domandò Andromeda con una certa riverenza,
segno evidente che si sentiva contrariata.
Cygnus la guardò, e accennò ad un lieve assenso
con la testa, lasciando la figlia libera di tornare nelle sue stanze.
Andromeda
si richiuse la porta alle spalle con una certa foga. Sapeva quali erano
gli obblighi del suo lignaggio e quanto fossero ristrette le vedute
della sua famiglia, ma pensava che suo padre, in un certo senso,
avrebbe rispettato il suo volere. Passò una mano tra i suoi
lunghi capelli ricci, e li spostò all'indietro; fece due
passi e si posizionò davanti alla specchiera posta vicino
alla finestra della sua camera. Si sedette e osservò la sua
figura nel riflesso: le guance erano meno piene rispetto a prima, e con
il tempo il suo viso e il suo corpo avevano assunto una certa
femminilità. Eppure sentiva dentro di sé un
profondo senso di inadeguatezza, come se il posto alla quale
appartenesse non fosse quello giusto.
- A che pensi, 'Dromeda? -
La giovane si voltò, e un piccolo sorriso stanco
spuntò sul viso: era Narcissa, la sua sorella minore,
definibile tranquillamente come la metà del suo giovane
cuore.
- Vogliono farmi debuttare in società: magari i nostri
genitori pensano che sia l'ultimo modello della Scopalinda e hanno
deciso di mettermi in vetrina. - disse, arricciando il naso
teatralmente.
Narcissa rise piano e si posizionò dietro la sorella
maggiore: erano sempre state legate loro due, così diverse
ma incredibilmente affini. Prese la spazzola posta sulla specchiera e
cominciò a spazzolare i capelli della sorella. Un po'
invidiava l'aspetto di Bellatrix e Andromeda, così fiero e
forte, dotate di capelli scuri e occhi profondi; il suo aspetto, a
detta di tutti, era incantevole, con i suoi lunghi capelli biondi -
uguali a quelli di sua madre Druella - e gli occhi blu ereditati da suo
padre, ma a volte avrebbe voluto possedere quel calore che con un solo
sguardo potevano trasmettere le sue sorelle maggiori. Ma la sua era
un'invidia benevola, voleva bene a Bellatrix e si affidava ciecamente
ad Andromeda.
- Beh, nessuno di quei sciocchi potrebbe ambire alla mano di mia
sorella. Forse solo Zabini: è carino, no? -
domandò Narcissa, interessata alla reazione che avrebbe
avuto sua sorella, che si limitò a sollevare per un attimo
le spalle.
- Carino, sì... - disse, senza alcun entusiasmo. Adam Zabini
faceva parte di una fra le più antiche famiglie magiche,
ricco e piuttosto avvenente, ma la mezzana tra le Black sospettava che
le sue qualità si limitassero solo ad essere quelle.
Narcissa osservò con attenzione l'espressione della sorella
dallo specchio, piuttosto apatica in effetti. Poggiò le mani
sulle sue spalle e si affiancò ad Andromeda con il viso:
- Hai ancora tutto il tempo per decidere, sorella. È solo un
debutto, non devi sceglierlo proprio ora. - le scoccò un
bacio sulla guancia, che ebbe il potere di far sorridere l'altra.
- Chissà: potrebbe succedere anche l'impensabile, ovvero,
che tu possa trovare interessante qualcuno. -
Andromeda rise sottovoce e si voltò verso la sorella: - Sono
così complicata? - le domandò divertita.
- No, non complicata. Esigente.
Ma sei una Black, e una Black deve avere solo il meglio. -
King Cross.
-
Nostro padre ha prenotato per me e Rodolphus un viaggio in Spagna: dice
che è il posto più adatto per una coppia appena
sposata. - Bellatrix Black era la sorella maggiore, e condivideva con
Andromeda una somiglianza fisica quasi terrificante, con la sola
eccezione dei suoi capelli quasi neri e degli occhi decisamente
più freddi. Andromeda non poteva davvero credere che sua
sorella, la più decisa e irremovibile, si sarebbe messa da
parte per favorire la carriera di suo marito, un Lestrange senza alcun
tipo di qualità, secondo il suo parere.
- Ma come fai a baciarlo? È disgustoso, sembra un troll. -
commentò Narcissa, storcendo il naso platealmente.
Andromeda rise, accompagnata dall'espressione scettica della maggiore:
- Bella ha sempre avuto il gusto dell'orrido, lo sai. -
esclamò la sorella di mezzo.
Bellatrix ghignò:
- Siete delle sciocche sentimentali, mie piccole Black: Rodolphus
appartiene ad una delle famiglie più importanti del nostro
mondo, e difende con fervore la nostra superiorità. - disse,
sistemandosi la chioma corvina, senza risparmiare uno sguardo
minaccioso verso una famiglia babbana.
Andromeda ignorò il suo commento, a volte non si capacitava
dell'estremismo di sua sorella. Non che i Black non ci avessero messo
del loro, certo: "Non fraternizzare con la feccia babbana" poteva
tranquillamente sostituire il più pomposo "Toujour pur" come
motto della famiglia, ma era anche convinta che fosse una ristretta
visione del mondo, e che il sapere magico dovesse essere tramandato a
chi fosse capace, non a chi fosse purosangue.
- Sì, ma dovrai dormirci insieme. Farci dei figli. Non credi
che sarebbe più semplice se fosse carino, intelligente e dai
modi raffinati? - domandò Narcissa leggermente confusa.
- Non occorre che sia bello, ma che sia bravo a letto. -
sussurrò maliziosa, provocando un certo rossore nelle guance
della più piccola e una ritrovata attenzione in Andromeda,
che sollevò un sopracciglio.
- Non dovresti parlare di queste cose davanti a Narcissa, non sta bene.
- la ammonì Andromeda, prendendo le parti della sorella
più piccola.
- "Santa Andromeda del Kent" - la apostrofò, sbuffando
vistosamente, mentre si avvicinavano al Binario 9 3/4. - Cissy non
è più una bambina, deve capire come va il mondo. -
Narcissa abbozzò un sorriso imbarazzato, annuendo con
vigore, provocando in Andromeda un gesto di stizza, stizza che la fece
sparire nel muro di mattoni che l'avrebbe portata alla fermata
dell'Espresso.
La
baraonda di carrelli pieni di bagagli e gabbie con gufi, civette, gatti
e animali di ogni specie non tardò a palesarsi: poteva
notare una famiglia che accompagnava un ragazzino di circa undici anni
verso gli sportelli del treno; un anziano mago infilare di nascosto
nella tasca di quella che doveva essere sua nipote una cioccorana...
Si fermò un attimo ad osservare quei scenari con un flebile
sorriso, quando si sentì toccare delicatamente una spalla.
Si voltò e vide una donna poco più bassa di lei,
dalla figura longilinea: aveva i capelli corti e biondi, gli occhi
azzurri e un viso leggermente truccato.
- Scusami cara se ti disturbo, hai visto per caso un ragazzo alto, con
i capelli scuri e gli occhi azzurri? È mio figlio, ha
dimenticato di prendere questo. - disse, agitando il volume di Pozioni.
Vicino a lei, stava un uomo con i capelli neri, folti baffi e un
borsalino di colore grigio posto sul capo.
- Maud, mia cara, se magari dicessi il nome di nostro figlio, sarebbe
molto piú semplice, non credi? - la riprese con calma il
marito, accendendosi una sigaretta con un fiammifero.
Andromeda stette in silenzio, seguendo con lo sguardo la coppia.
- Oh, certo, che sbadata, scusami cara. Si chiama Edward Tonks: lo
conosci? - domandò rivolgendole un enorme sorriso. Andromeda
alzò entrambe le sopracciglia: Edward Tonks, conosciuto come
Ted, il Tassorosso, suo coetaneo, quello che la fissava di continuo in
un modo che la irritava oltre ogni immaginazione. Si rese conto che la
sua espressione non doveva essere delle più affabili,
perciò accennò un sorriso:
- Sì, signora Tonks. - Andromeda si voltò appena,
cercando con la vista il giovane, fino a che non lo intravide in
lontananza, accompagnato da Amelia Bones e i gemelli Prewett.
Riportò la sua attenzione verso la donna, indicandolo. -
È lì. -
Maud Tonks le rivolse il più caldo dei sorrisi, lasciandola
spiazzata per qualche secondo. - Oh, grazie mia cara! -
esclamò con gentilezza, prima di sgambettare piuttosto
goffamente verso il figlio. - Ted! Ted! - urlò a gran voce,
sparendo dalla folla, seguita dal marito che, in segno di
ringraziamento, levò il cappello per un attimo.
Andromeda osservò la scena da lontano, prima di scuotere la
testa con un sorriso divertito dipinto sulle labbra rosa. Si
incamminò spingendo il suo carrello verso l'entrata del
treno.
Ted
Tonks era un ragazzo di quasi sedici anni: sembrava non dovesse
crescere più, ma era già molto alto, con i
capelli neri e due profondi occhi azzurri. Rideva con la spensieratezza
dei suoi anni, per lui Hogwarts era stata una benedizione, mai aveva
creduto che potesse esistere un mondo diverso da quello in cui aveva
vissuto sino ai suoi dieci anni quando, per non subire l'ennesima
sgridata di sua madre all'ennesimo piatto rotto, riuscì a
fermarlo prima dello schianto sulla moquette, lasciandolo sospeso per
aria per qualche secondo.
Lui, "un babbano", così venivano definiti i non magici,
aveva scoperto un mondo tutto nuovo quando aveva ricevuto la sua
lettera per Hogwarts: ricordava ancora la visita della professoressa
McGranitt, che aveva illustrato alla sua famiglia la novità
delle sue capacità.
- Ted, dovrai fare di meglio quest'anno a Pozioni se vuoi diventare un
Auror. - lo rimbeccò Amelia Bones, la sua migliore amica
Corvonero.
- Già, o Lumacorno potrebbe fare uno di quei suoi luuunghi discorsi su
come coltivare le proprie ambizioni. - ribatté ironico
Fabian Prewett, passando una mano tra i suoi capelli fulvi.
- Ragazzi, vi ho già detto come la penso: ci vorrebbe un
miracolo. Giuro che se riuscissi a prendere anche una sola O con il
vecchio Horace, mi tuffo nel Lago Nero. - disse Ted, fingendo
un'espressione sconsolata, prima di scoppiare a ridere.
Una voce argentina però lo interruppe dalla leggerezza dei
suoi discorsi: intravide sua madre destreggiarsi tra la folla,
facendosi spazio a suon di gomitate e "mi scusi."
- Ted, Ted! - lo chiamò a gran voce lei, facendo avvicinare
il giovane Tonks verso sua madre.
- Mamma! Che c'è? - domandò lui, guardandola
stranito. La donna si fermò, e prese un enorme respiro.
- Sei un imbranato di prima categoria! - esclamò leggermente
irritata, sventolandogli davanti agli occhi il manuale di Pozioni. Ted
sgranò gli occhi: era convinto di aver infilato il grosso
tomo dentro il suo baule. Il Tassorosso afferrò il libro, e
sorrise nel modo più convincente possibile.
- È per questo che ho una mamma speciale come te! - disse
lui, in tono fintamente svenevole, prima di scoccare un bacio sulla
guancia della madre, che rimase un attimo interdetta. - Ciao
papà! - esclamò lui, alzando una mano in segno di
saluto, cenno che il padre ricambiò senza proferire parola.
La madre arricciò le labbra, contrariata. - Ah, vai via, su,
o potresti perdere il treno con la testa che ti ritrovi! -
borbottò lei, segretamente felice di quella dimostrazione
d'affetto. - Mi spiace solo non aver potuto conoscere il nome di quella
ragazza: che cara, è grazie a lei se hai il tuo li... - si
fermò, intravedendo la figura della Black dal finestrino del
vagone dinanzi a lei, seduta compostamente sul sedile. - Oh, eccola
là! Che ragazza gentile! - esclamò lei, attirando
l'attenzione di suo figlio che, alla vista di Andromeda, rimase un
attimo interdetto.
Ecco, un'altra cosa che apprezzava di Hogwarts era poter sbirciare di
nascosto Andromeda Black: gli avevano detto che la famiglia Black era
tra le più antiche famiglie di maghi inglesi ed erano
conosciuti per essere tra i più ricchi e - ahimè
- e razzisti d'Inghilterra.
Sapeva che Andromeda aveva due sorelle: una era Bellatrix, al settimo
anno e l'altra era Narcissa, al terzo anno, tutte e tre smistare
rigorosamente tra i Serpeverde, ovvio.
Eppure... eppure quando guardava Andromeda sembrava di vedere qualcosa
di distante anni luce da ciò che si diceva, qualcosa di
diverso, ma la sua condizione di Nato Babbano - o Sanguemarcio per
i più estremisti - gli aveva impedito di avvicinarla e di
conoscerla: era la ragazza più bella che avesse mai visto, e
non poter sapere cosa ci fosse dietro i suoi occhi scuri lo frustrava
da morire.
Si fermò a guardarla per qualche secondo: nonostante la sua
educazione, non aveva esitato ad aiutare i suoi genitori
perché sì, era certo che sua madre avesse
sbandierato ai quattro venti quanto fosse sbadato suo figlio, Ted Tonks.
Sorrise senza nemmeno accorgersene, guardando Andromeda che si scostava
un riccio castano dal volto, mentre teneva con una mano un libro
rilegato in pelle blu.
- È una tua amica? - domandò curiosamente la
madre, guardando il figlio con allegra attenzione.
- Una conoscente. - sussurrò ironicamente Ted
senza guardare la madre, beandosi ancora un po' di quel viso che si
rilassò notevolmente nello scorrere con gli occhi le parole
del suo racconto.
Note dell'autrice:
Salve a tutti!
Stavo pensando da un po' di scrivere una
Fanfiction su Ted e Andromeda, una coppia che mi ha sempre affascinata,
nonostante la Rowling non abbia mai scritto di loro: eppure credo che
dietro il loro amore ci sia stata una storia importante, una storia
fatta di mille peripezie dovute ai pregiudizi.
Questa è una mia personalissima
interpretazione di come potrebbe essere andata.
Attendo il vostro riscontro: qualunque sia il
commento, è ben accetto.
A presto. 😊