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Autore: Miss All Sunday    10/05/2019    1 recensioni
POLARIS [Po·lar·is]
Sost., dal lat. mediev. polaris, der. del lat. polus «polo»
1. Stella più luminosa nella costellazione dell’Orsa Minore.
Chiamata anche Stella del Nord, Stella Polare.
[Cross over The Gifted - X Men]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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North Star


Quartier Generale dei Ribelli
Atlanta - Georgia

Il funerale di Dreamer si era concluso da alcune ore. Anche se poteva essere davvero definito funerale? Non avevano nemmeno un corpo su cui piangere. Solo fiori che chi teneva a lei aveva portato, un piccolo spazio aperto immerso nella natura per dare un finto senso di pace e i mutanti che avevano avuto l'occasione di conoscere quella ragazza solare che aveva rinunciato alla sua vita da persona normale per aiutare chi era come lei. Brevi discorsi, nascosti nel bosco vicino alla base; non potevano correre altri rischi.

Le due persone che più erano legate a lei si trovavano in disparte.

John si era limitato a posare un mazzo di fiori, mentre Lorna si era concessa poche parole e un ti voglio bene sussurrato alla sua migliore amica.

Marcos aveva concluso parlando delle differenze fra umani e dotati e della necessità di trovare una soluzione comune per portare l'armonia, ma nessuno dei due l'aveva veramente ascoltato.

Sonya non era fatta per la guerra ed entrambi lo sapevano bene. Lei era buona -forse anche troppo- e si sarebbe sacrificata per proteggere gli altri. Cosa che alla fine l'aveva portata alla morte. Eppure per gli uomini lei era un mostro, un'assassina probabilmente.

Ogni minuto che passava, nella mente di Lorna si faceva strada la certezza che tutto quello fosse dannatamente sbagliato, ma non provava rimorso. No, il rimorso lo si prova quando si prende una scelta sbagliata; loro semplicemente non avevano avuto altra opzione. Provava rabbia e prima o poi, l’aveva giurato a sé stessa, avrebbe vendicato la morte di quella che considerava una sorella.

Terminato il breve discorso di Eclipse erano rimasti qualche istante in silenzio e poco dopo avevano fatto ritorno al loro nascondiglio. Le sentinelle si erano riposizionate, sensi all'erta pronte ad entrare in azione.

Il tutto era durato una quindicina di minuti non di più. Da un momento all'altro i Sentinel Services sarebbero potuti arrivare e loro non sarebbero stati in grado di lottare. Non in quelle condizioni.

Il resto della giornata era stato un continuo viavai di mutanti che avvicinavano Polaris e John. Un susseguirsi di come stai? e di va tutto bene?

Un paio di ore dopo qualcuno si era accorto dell'assenza della ragazza dai capelli verdi e aveva subito avvisato Marcos che, temendo una crisi da parte della fidanzata, era andato immediatamente a cercarla.

Poco più tardi l'aveva trovata nella loro camera. Era seduta sul letto con le gambe al petto circondate dalle braccia e il mento poggiato sulle ginocchia. Lo sguardo era perso nel vuoto, spento, e l'unico segno che fosse effettivamente viva era il suo respiro, lento e regolare.

Il colombiano si era seduto accanto a lei e con un braccio le aveva cinto le spalle. Erano rimasti così per un po' di tempo, quanto di preciso nessuno poteva dirlo. Solo due parole della mutante avevano rotto il silenzio che si era impossessato di quella stanza.

"Mi manca..."

Poi aveva lasciato alle sue lacrime il compito di concludere ciò che non riusciva a dire.

Marcos non aveva aperto bocca, sapeva quanto fosse difficile quel momento per lei e l'unica cosa che poteva fare era sostenerla senza invadere i suoi spazi. La conosceva bene. O meglio, si convinceva di conoscerla, ma ogni volta che si presentava una delle sue crisi, si rendeva conto che esisteva una parte di lei che nessuno -nemmeno lui- poteva comprendere. In circostanze simili, Lorna era come una mina: pronta ad esplodere al minimo passo falso. Non poteva lasciare che accadesse e quindi si limitava a starle accanto. Era l'unico modo in cui poteva proteggerla. Proteggerla da sé stessa.

Qualche minuto dopo -o forse ore?- qualcuno aveva bussato alla porta. Polaris si era rapidamente asciugata il viso, aveva lasciato un bacio sulla guancia del fidanzato e aveva aperto.

Era Shatter. La sua espressione preoccupata non lasciava presagire nulla di buono.

"Scusate non volevo disturbare. John ti sta cercando."

Non aveva risposto, si era limitata a superarlo diretta nella sala principale del rifugio. Prima di seguirla, il ragazzo si era voltato preoccupato verso Diaz che aveva scosso la testa e infine l'aveva raggiunto.

C'era parecchio movimento.
Lauren si stava occupando di rifornire cibo e coperte aiutata dal fratello, mentre Caitlin si stava impegnando per curare alcuni feriti.
In quell'ambiente adibito ormai da tempo anche a infermeria, Lorna aveva subito trovato Thunderbird che si stava consultando con altri mutanti. Anche lui portava i segni di quella faticosa giornata eppure aveva dovuto farsi forza ed essere il leader che tutti si aspettavano che fosse.

Una volta accortosi della sua presenza, il moro si era allontanato dagli altri e le si era avvicinato. Le braccia conserte com'era suo solito quando stava pensando o era sotto pressione.

"Un Segugio ha attaccato un piccolo centro a est in cui si trovava una nostra squadra partita stamattina per recuperare delle provviste. Uno dei nostri è stato catturato..."
Aveva fatto una pausa, chiuso gli occhi per un attimo e scosso la testa provando a scacciare via l'idea che quello sarebbe stato il destino molti altri suoi compagni.
"Dobbiamo anche decidere cosa farne delle Frost. Metà di chi si trova qua le odia per aver dichiarato apertamente guerra ai Sentinel Services, mentre gli altri credono che il loro aiuto sia l'unico modo per sopravvivere."

La sua interlocutrice si era passata una mano sulle palpebre e aveva sospirato: era la terza volta nel giro di due settimane che un centro veniva assalito e come se non bastasse l'iniziativa delle gemelle aveva diviso i mutanti.
Poi la sua attenzione era stata attirata da una ragazza mora che si trovava su una delle panchine poste vicino alle pareti. Era sola e stava distrattamente disegnando cerchi sul legno con le dita.

"Lei chi è?"

"Si trovava al magazzino che è stato attaccato. Probabilmente si nascondeva lì. Caitlin ha provato a visitarla, ma non vuole farsi avvicinare e non parla. Non sappiamo cosa le sia accaduto, ma secondo noi potrebbe essere in uno stato di shock o qualcosa del genere. Se ci fosse stata Sonya avrebbe usato i suoi poteri per tranquillizzarla, ma adesso dobbiamo cavarcela da soli."

Vedendo l'espressione del ragazzo nel pronunciare quel nome, Polaris aveva poggiato una mano sulla sua spalla per incoraggiarlo e, senza aggiungere altro, aveva raggiunto la giovane che aveva catturato il suo interesse.
Le si era seduta accanto, ma appena l'aveva fatto questa si era allontanata mantenendo le distanze. Ci sarebbe voluto del tempo.

"Sono Lorna, tu?"

Silenzio.

"Posso... posso sapere quali sono i tuoi poteri?"

Nulla. Di nuovo.

"D'accordo, non so cosa tu abbia dovuto affrontare, ma molti di quelli che vedi qua dentro hanno passato cose terribili. Di noi ti puoi fidare, sei al sicuro. Vedi quella ragazza con i capelli viola? Fuggita da una prigione per mutanti. I due che stanno portando le coperte? Sono ricercati perché hanno usato i loro poteri per difendersi. Il ragazzo con le squame? Lui...”

Si era bloccata quando aveva visto Caitlin che dall’altro lato della sala le stava facendo cenno di raggiungerla.

“Torno subito.”

Quando si era avvicinata alla donna quest’ultima l’aveva portata in disparte dove nessuno potesse sentirle facendola così preoccupare.

“È successo qualcosa?”

“No... cioè non proprio. Riguarda la ragazza con cui stavi parlando. Quando è arrivata qua era spaesata e allontanava chiunque le si avvicinasse. Le ho chiesto cosa avesse, pensavo a quella droga diffusa fra i mutanti...”

“Kick?”

“Esattamente, ma...”

“Impossibile, posso assicurarti che quelli non sono sintomi della sua assunzione.”
Caitlin le aveva scoccato un’espressione preoccupata.
“Ho visto dei mutanti sotto il suo effetto.”

La bionda stava per ribattere, ma aveva rinunciato; Polaris era già abbastanza sotto pressione.

“Comunque, ho ipotizzato cosa potesse essere e così ho chiesto a Sage di fare delle ricerche. Il mio dubbio è stato confermato. Sono effettivamente danni collaterali, ma non di una droga.”

Aveva recuperato un foglio piegato che aveva in tasca e gliel’aveva consegnato.

Lo sguardo della mutante si era prima posato sul pezzo di carta, poi sulla sua interlocutrice e infine sulla mora.
Stava per tornare a passo spedito verso di lei quando la madre dei gemelli Strucker le aveva afferrato un braccio costringendola a fermarsi.

“Lasciami. Lei non può restare qua.”

“Ti prego Lorna ascolta...”

“Se ne deve andare. Prima va da loro e poi pensa di essere protetta da noi? Si sbaglia, ha fatto la sua scelta.”

“Se gli altri alla base sapessero cos’è successo non credo reagirebbero bene. È già abbastanza sconvolta e non so che altri effetti potrebbe avere quella cosa su di lei, non possiamo lasciarla andare e basta!”

“C’è gente qua dentro che considererebbe una come lei una traditrice e non potrei dargli torto. O se ne va con le buone o saranno loro a mandarla via.”

“Lorna per favore, deve essere aiutata!”

La giovane Dane le si era avvicinata pericolosamente e aveva puntato gli occhi verdi nei suoi.

“Aiutata? Siamo appena stati attaccati, Sonya è morta e i Sentinel Services ci stanno cercando! Non possiamo avere altri guai, non possiamo rischiare. Se l’avessero mandata loro?”

Prima che la bionda potesse aggiungere qualcosa Polaris l’aveva superata diretta a passo svelto verso la mora.

“Guardami.”

La ragazza aveva esitato un po’, ma alla fine aveva deciso di assecondarla. L’espressione di Lorna non lasciava presagire nulla di buono per lei, eppure non sembrava essere spaventata come altri, nella sua situazione, si sarebbero probabilmente sentiti.

“Credevo fossi solo sotto shock per ciò che era accaduto, per quello non parlavi. Ti avrei capita. Invece era perché temevi che noi mutanti, noi mostri, potessimo scoprire che hai accettato la Cura. Hai considerato il tuo dono un difetto, una malattia. Credi che correremo dei rischi per aiutarti? Ti sbagli. Tu non sei come noi, come me, non più. Chi è qua ha rischiato la sua vita per proteggere ciò che è!”

La mutante aveva spostato lo sguardo dalla sua interlocutrice e aveva osservato per qualche istante l’ambiente intorno a lei, ma non aveva aperto bocca. Questo aveva irritato non poco la leader dei Ribelli; non solo aveva rinnegato la sua natura, ma si rifiutava persino di prendere posizione riguardo la sua scelta.

“Ora basta.”
Polaris aveva richiamato a sé un coltello e l’aveva conficcato nel legno della panca di fianco alla ragazza che si era finalmente degnata di concentrare la sua attenzione su di lei.
“Devi andartene. Quella è l’unica cosa che avrai da noi per difenderti perché purtroppo se si nasce mostro non basta un’iniezione a cambiarlo. Per gli umani non cambia. Hai tempo fino a domani mattina.”

Non aveva lasciato alla mora il tempo di ribattere, non che questa ne avesse intenzione, e si era allontanata rapidamente. Caitlin aveva provato a fermarla, ma la giovane l’aveva scansata e se ne era andata per scaricare la tensione. Se voleva evitare di creare guai era meglio per lei starle alla larga.

Intanto la bruna, rimasta dove Lorna l'aveva lasciata, aveva estratto la lama lasciando un segno evidente nel legno e aveva iniziato a rigirarla tra le mani mentre un sorriso soddisfatto andava a delinearsi sulle sue labbra.


※ §



Erano le due di notte. Polaris si trovava seduta su uno dei gradoni della scalinata all'ingresso del rifugio. Una delle gemelle Frost, chi fosse delle tre non era riuscita a dirlo, l'aveva spinta grazie ai suoi poteri a uscire dalla camera in cui si trovava con Marcos e a raggiungerla all'esterno.
Le sue parole l'avevano profondamente turbata e la bionda, essendo in grado di leggere i suoi pensieri, se ne era di certo accorta.

Ciò che le aveva detto era ancora vivo nella sua mente e non le dava pace.

Il tempo sta per finire, mi devi dire se la cosa si farà. In fondo ti piace l'idea di collaborare... Sono telepate, l'hai dimenticato?

Aveva ribattuto di essere conoscenza dell'Hellfire Club, l'organizzazione terroristica di cui lei e le sue sorelle facevano parte. Credeva che così l'avrebbe messa in difficoltà, ma era stato l'esatto opposto. Ciò che le aveva risposto l'aveva colpita come un pugno nello stomaco.

Davvero non sai niente su tuo... su tuo padre?

Mio padre era un pilota morto in un incidente aereo.

La bionda le aveva rivolto un sorriso incredulo, quasi prendendosi gioco del suo inutile tentativo di farla tacere.

No, il tuo vero padre. Non il poveretto che ha sposato tua madre. Sicuramente avrai sentito...

La conversazione stava prendendo una piega che lei avrebbe volentieri evitato. L'idea di tornare nella sua stanza l'aveva sfiorata parecchie volte da quando si era trovata faccia a faccia con la sua interlocutrice, ma ogni volta qualcosa l'aveva obbligata a rimanere e ascoltare. Curiosità? O forse follia?

Non voglio parlarne!

Dovresti, tuo padre era un membro dell'Hellfire Club. Più che un membro era un re. Sei della famiglia reale.

Solo perché ha messo incinta mia madre? Non ha niente a che vedere con me!


Dopo la scoperta su chi fosse suo padre, il suo vero padre, il sentimento che prendeva il sopravvento ogni volta che pensava a lui era sempre e solo uno: odio. Scoprire la sua identità non l'aveva aiutata a scoprire chi fosse realmente, le sue origine, piuttosto era stata la goccia che aveva fatto crollare definitivamente le certezze che sua madre e l'uomo che aveva sempre chiamato papà avevano costruito per lei. Ciò che era accaduto era solo a causa di quell'uomo che non aveva mai avuto il coraggio di farsi avanti nella sua vita.

I suoi pensieri erano stati improvvisamente interrotti dalla telepate che ancora aveva di fronte. Evidentemente aveva altri assi nella manica e voleva giocarseli al meglio delle sue possibilità.

Cosa mi dici del tuo bambino?

Colpita.

Ti sta cambiando, lo sai che è così. Vuoi proteggere tuo figlio? Unisciti a noi.

Molta gente vi odia.

Qui non è la popolarità che conta. È una guerra. Devi chiedere a te stessa che cos'è più importante...


E affondata.

La sua interlocutrice non aveva aggiunto altro, si era limitata a voltarle le spalle e andarsene. Sapeva benissimo di aver fatto centro e restare sarebbe stata solamente un’inutile perdita di tempo.

Polaris era quindi rimasta lì, incapace di dare ordine a suoi pensieri. Lei e Thunderbird erano stati scelti dagli X-Men e per questo motivo molti dotati riponevano in loro speranza e fiducia. Non avrebbe dovuto avere alcun dubbio su quale fosse la scelta migliore. John non avrebbe avuto la minima esitazione nel far capire alla bionda che la sua era pura follia.
Invece lei...
Possibile che il Professore e gli altri avessero intrapreso la strada sbagliata?

Dall'edificio alle sue spalle non proveniva alcun rumore. Quel silenzio surreale aveva iniziato da alcuni giorni, parecchi a dire la verità, a farle compagnia durante le notti insonni. Sentiva che qualcosa stava cambiando. L'arrivo delle gemelle Frost, la morte di Sonya e i suoi poteri mutati durante la gravidanza non avevano fatto altro che rafforzare quel presentimento.

Doveva mantenere il controllo. Era già capitato che le sue emozioni prendessero il sopravvento... il quindici luglio di quattro anni prima ne era la prova lampante. Eppure per sua fortuna, o per qualche scherzo del destino, le era stata concessa una seconda possibilità.

Poi un urlo, rapido e straziante, aveva squarciato l'aria. Si era immediatamente diretta verso la sua origine. Forse quella non sarebbe stata la sua vita, ma in quel momento aveva l'obbligo di proteggere coloro che l'avevano accolta.

Aveva raggiunto la recinzione e trovato la sentinella di turno a terra che annaspava in cerca d'aria con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati. Le vene alla base del collo spaventosamente pronunciate e la pelle di un colore pallido, malsano. Alcuni secondi dopo aveva perso i sensi.

La giovane mutante aveva subito poggiato due dita sul suo polso. Il cuore batteva ancora.

Stava per chiamare aiuto per poter trasportare la sentinella in infermeria, quando la testa aveva iniziato a girarle. Aveva cercato un appiglio e quando con una mano aveva sentito la rete metallica della recinzione non aveva esitato ad afferrarla.

Dopo un paio di minuti, quando sembrava sentirsi meglio, aveva aperto gli occhi e l'aria nei polmoni le era mancata.

Intorno a lei il silenzio si era brutalmente tramutato in caos.
Tutto era cambiato.

Si trovava al centro di una strada. Di fronte a lei uomini vestiti con abiti scuri e una croce bianca sul petto, che aveva subito riconosciuto essere Purificatori, urlavano e lanciavano fumogeni. Decine di mutanti si trovavano alle sue spalle.

Corpi di entrambe le fazioni giacevano sull'asfalto.

Era paralizzata. Assisteva alla scena, ma era come se non fosse realmente lì. Spettatrice inerme di quello che probabilmente era stato uno dei peggiori errori della sua vita.

Poi un boato.

Ogni senso annullato dal fumo nero e da un fischio acuto che non cessava.

Quando la nebbia scura si era diradata aveva subito notato che il cavalcavia poco più avanti era crollato mietendo altre vittime.

Le sue mani si erano ricoperte di sangue che aveva iniziato a colare a terra. Ogni suono, che fino a poco prima le rimbombava in testa, ora le arrivava ovattato.

Aveva sentito un lontananza delle sirene. Urla di quelli che probabilmente erano poliziotti e il rumore di decine di persone fuga. Le invece era rimasta lì. Immobile.

Per una frazione di secondi aveva sentito un dolore lancinante, probabilmente le avevano sparato. Si era voltata dopo aver sentito grida concitate alle sue spalle.

Aveva alzato le mani in segno di resa, magari così non l'avrebbero uccisa. Il sangue caldo e viscoso aveva iniziato a scorrerle lungo le braccia, fino ai gomiti e poi nuovamente a terra.

Aveva impiegato qualche istante per mettere a fuoco ciò che stava accadendo. Di fronte a lei John, Sonya e Sage. C'era anche Marcos.

Aveva mosso qualche passo verso di lui. L'avrebbe aiutata a capire cosa stava accadendo, l'avrebbe salvata come sempre, ne era certa.

"Marcos!"

Il ragazzo l'aveva osservata. Il suo sguardo era spento, vacuo, come se non la stesse vedendo.

"Perché l'hai fatto?"

Polaris aveva iniziato a tremare. Il respiro accelerato.

"Marcos... cosa stai dicendo?"

Il colombiano aveva leggermente piegato la testa di lato e le aveva sorriso. Non era però il sorriso che di solito le rivolgeva. Era... diverso.

"Lorna non capisci? È tutta colpa tua. Tutto quel sangue versato. I protestanti del quindici luglio, Sonya..."

Dreamer aveva fatto un passo verso di lei.

"È colpa tua."
Una macchia scura aveva iniziato ad allargarsi al centro del suo petto.
"È colpa tua."

"No!"

L'urlo di Polaris non sembrava aver prodotto alcuna reazione negli altri mutanti che non si erano nemmeno voltati a guardare la sua migliore amica crollare a terra. Non si era più mossa.

"Marcos ti prego dimmi cosa sta accadendo..."

Aveva iniziato a piangere e nemmeno se ne era accorta.

"Hai scelto di ucciderci tutti, perché è questo che sei: un'assassina. È nel tuo DNA. Moriremo tutti a causa tua."

Prima che la giovane Dane potesse fare qualcosa c'era stato un secondo boato.

Poi buio.

"Marcos!"

Silenzio.


L'odore di polvere e sangue che fino a poco prima le riempiva le narici sembrava svanito.

Aveva il respiro affannato e la fronte madida di sudore. Si era immediatamente guardata le braccia: niente sangue.

Accanto a lei non c'erano corpi, solo il comodino di metallo che aveva distrutto qualche giorno prima con i suoi poteri.

Aveva ricordi nebulosi di ciò che era accaduto. Ricordava di aver parlato con una delle gemelle Frost, di questo ne era certa, ma il resto? Sapeva che i telepati potessero creare confusione nei soggetti che venivano sottoposti ai loro poteri eppure tutto le era sembrato così vero...
A causa della gravidanza le era già capitato qualcosa di simile. Sogni sempre più reali e sempre più spaventosi. L'ultima volta aveva visto i suoi compagni imprigionati e il suo bambino con loro. Non aveva potuto salvarli. È una parte di quell'incubo era diventata realtà. Sonya...

Dopo poco alcuni minuti trascorsi a cercare di capire cosa fosse accaduto si era resa conto che Marcos non stava dormendo al suo fianco; per un attimo aveva rivisto il suo sguardo spento. Poco dopo si era accorta che sopra il cuscino del colombiano si trovava un bigliettino. La calligrafia ordinata era senza alcun dubbio quella del fidanzato.

È arrivato un carico con alcune provviste. Sono andato a sistemarle.
M.
PS. Ti Vi amo

Le parole che Eclipse le aveva rivolto durante l'incubo le erano ritornate in mente con prepotenza. Aveva scosso la testa per provare, inutilmente, a non pensarci.

Si era quindi alzata e avvicinata alla finestra. Dopo aver scostato le tende lasciando filtrare uno spiraglio di luce aveva notato, sulla zona di controllo creata per vedere l'intera area circostante, la sentinella che aveva visto annaspare alla disperata ricerca d'aria passeggiare tranquilla.

Era stato un incubo non c’era altra spiegazione.

Aveva recuperato una felpa, probabilmente di Eclipse data la misura, che si trovava abbandonata su ciò che rimaneva del cassettone di metallo e infine aveva lasciato la stanza.

Senza farsi vedere dalle guardie di turno era riuscita a raggiungere la recinzione che separava la base dal mondo esterno. Senza troppi problemi aveva superato anche quell'ultimo ostacolo. La sua meta non era lontana.

I fiori erano ancora là.

Era rimasta alcuni minuti i piedi a guardare quel memoriale improvvisato per la sua migliore amica. Senza dire niente, senza fare niente.

Cercava solo pace e quello era l'unico posto che sembrava concedergliene almeno un assaggio.

"È colpa mia, perdonami. Se fossi andata io al tuo posto saresti ancora viva.”

Si era seduta a terra con le gambe incrociate e aveva iniziato a giocherellare con dei sassolini lì vicino. E pensava.

Pensava a come si erano conosciute. Aveva saputo di una mutante che lavorava in un centro per aiutare le donne vittime di violenza, ma che era stata scoperta e quindi costretta a fuggire. Lei e John l’avevano trovata prima che lo facessero i Sentinel Services.

Era assurdo come Polaris, dopo averla salvata, si sentisse responsabile anche della sua morte. Se avesse impedito ai gemelli Strucker, a Clarice e a Sonya di andare, cercando invece una soluzione alternativa, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.

Aveva lanciato un sassolino lontano da lei.

Stava mentendo a sé stessa. Non esisteva alcuna soluzione alternativa, non in quel caso. Un leader, come lei stessa era considerata da molti all’interno della rete dei Ribelli, avrebbe fatto la stessa scelta in modo da contenere al minimo le perdite, eppure non riusciva a darsi pace.

Ricordava il suo volto quando le aveva detto di essere incinta e per alcuni minuti le era sembrato di essere una ragazza normale con la sua migliore amica e non una mutante nel bel mezzo di una guerra.

Aveva sentito un rumore alle sue spalle. I Sentinel Services? L’idea di arrendersi e porre fine a tutto ciò che stava accadendo l’aveva sfiorata. Poi però qualcosa era scattato in lei. Istinto di sopravvivenza? Rabbia e odio per chi aveva ucciso Sonya?

Aveva chiuso un attimo gli occhi percependo la presenza di metallo non molto distante da poter usare come arma. L’aveva richiamato a sé. Stava per alzarsi e combattere quando aveva sentito una mano poggiarsi sulla sua spalla. Si era quindi rilassata pensando fosse Sage.

Quando però la figura si era seduta a gambe incrociate accanto a lei, rientrando così nel suo campo visivo, era scattata in piedi in posizione d’attacco. Dal canto suo la ragazza era concentrata su altro.

“Cosa ci fai qua? Ti ho detto chiaramente che devi andartene. Non te lo ripeterò una seconda volta!”

Il tono di Polaris era deciso, non ammetteva repliche, eppure sembrava che la sua interlocutrice non l’avesse nemmeno ascoltata.

“Gli umani ci odiano.”

La mutante dai capelli verdi aveva esitato un attimo presa alla sprovvista dalle sue parole, ma non poteva bastare come scusante per quello che aveva fatto.

“Per questo hai accettato la Cura? Per essere come loro ed essere risparmiata?”

“No, non per loro. Per gli altri mutanti...”

“Che vuoi dire?”

La giovane aveva spostato lo sguardo sulle sue mani, fino a quel momento coperte da un paio di guanti bianchi. Lentamente ne aveva sfilato uno e l’aveva lasciato cadere a terra. Era poi rimasta alcuni secondi in silenzio, sovrappensiero.

“Tu credi che chi presenta il gene X debba essere orgoglioso di ciò che è, di ciò che lo rende speciale. Altrimenti non mi avresti attaccata in quel modo.”
Non l’aveva detto in tono accusatorio, era solo una constatazione, ma aveva comunque fatto innervosire Lorna che però non aveva commentato.
“Ti capisco, anche io sarei felice di poter postare gli oggetti con il pensiero, leggere la mente o controllare il metallo... ho sentito dire che c’è persino chi è in grado di volare. Purtroppo però, a volte, capita di essere odiati non solo dagli umani.”

Aveva abbassato lo sguardo e quel gesto aveva in qualche modo incuriosito la sua interlocutrice, la mora si era quindi seduta a terra di fronte a lei.

“Alcuni poteri sono più maledizioni che doni e questo può portare alcuni problemi. Cos’avrei dovuto fare secondo te? Rinunciare a ciò che sono ed essere accettata almeno dagli umani oppure no?”

Solo il giorno prima avrebbe difeso a spada tratta la propria natura, essendo disposta al compromesso uccidi o vieni uccisa. Polaris era in difficoltà. Non era stata in grado di rispondere perché la ragazza l’aveva anticipata.

“In ogni caso non esiste alcuna Cura. Gli umani non possono controllare qualcosa che non conoscono. Quel siero che si ostinano a considerare una soluzione in realtà è solo un’illusione. Mostro ero e mostro sono rimasta.”

La leader dei Ribelli aveva richiamato a sé una lama e l’aveva scagliata non forza contro il tronco di un albero poco distante facendola conficcare completamente nel legno. Il suo respiro era accelerato e gli occhi erano rivolti a quello che era il memoriale di Sonya. La sua interlocutrice aveva osservato la scena tranquilla e quando Lorna le aveva parlato nuovamente un sorriso aveva fatto capolino per un attimo sulle sue labbra. Aveva raggiunto il suo obiettivo.

“No, non posso permetterlo! Non più! I Sentinel Services, i Purificatori... non sono disposta a vivere nella paura, ora basta. Sonya si è sacrificata per proteggerci.”

La mora era intervenuta, probabilmente quella sarebbe stata la mossa che avrebbe deciso la partita.

“Eclipse, Thunderbird e altri stanno cercando di mantenere la pace...”

Polaris si era voltata verso di lei.

Scacco matto.

“La pace? Clarice è dovuta fuggire da una prigione, a Marcos hanno sparato senza problemi, io sono stata catturata e hanno provato a usare il mio bambino come ricatto! Non possiamo stare qui con le mani in mano ad aspettare che gli umani decidano cosa farne di noi! Anche mio...”

“Allontanati da Lorna!”
L’attenzione della giovane Dane era stata attirata dalla voce di Diaz. Si era immediatamente accorta della presenza di Sage, John e di una delle gemelle Frost.

“Cosa sta succedendo?”

Il colombiano si era avvicinato alla fidanzata frapponendosi fra lei e la ragazza. Usando i suoi poteri aveva minacciato quest’ultima che, per nulla preoccupata, si era alzata.

“C’è qualche problema?”

“Qualche problema? Perché non ce lo dici tu? Perché nei registri dei mutanti non c’è traccia di te, per esempio?”

La mutante aveva sorriso e, prima di rispondere, aveva sfilato anche il secondo guanto abbandonandolo allo stesso destino del primo.

“Quando mi trovavo là per la Cura il centro è stato attaccato da alcuni ostili. Credo che in quel momento la priorità fosse non morire, piuttosto che creare un mio profilo. L’edificio è stato dato alle fiamme dopo lo scontro, immagino che l’intero database conservato in quei server sia andato perso. Puoi controllare.”

Il latino aveva scambiato un’occhiata con Sage che aveva subito verificato che stesse dicendo il vero. Poi aveva annuito.

“Non sappiamo comunque nulla di te, quindi dovremmo chiederti un paio di cose. Esme?”

Gli occhi della diretta interessata erano diventati di un blu intenso e la mora si era concentrata su di lei. Ancora prima che parlasse era stata anticipata da John.

“Telepate. Ci dirà se menti. Spero non sia un problema.”

La ragazza aveva lasciato cadere la provocazione e si era limitata a scuotere il capo.

“Molto bene. Chi sei veramente? Da quando sei qua non ci hai detto nulla di te.”

“Mi chiamo Anne Marie. Ho scoperto di essere da poco una mutante e prima di fuggire abitavo nella Contea di Caldecott nel Mississippi. La solita vita di una ragazza come tante prima della scoperta del gene X... immagino sia anche per questo che non avete trovato nulla.”

Thunderbird si era voltato verso Esme. La bionda intuendo la richiesta aveva semplicemente annuito.

“D’accordo stai dicendo la verità. Altra domanda, come sei finita in quel magazzino?”

La giovane aveva sorriso e aveva continuato a sostenere il suo sguardo.

“Tu cosa dici? Non possiedo una super forza, se sono in pericolo fuggo, e questo è ciò che ho fatto dopo l’attacco al centro.”

“I tuoi poteri.”

“Come?”

“Quali sono i tuoi poteri?”

Aveva taciuto.

“D’accordo. Esme?”

La mutante aveva atteso qualche secondo.

“Sensi sviluppati. Vista e udito soprattutto, ma non ai tuoi livelli John.”

“Tutto qua?”

Ottenuto un cenno di conferma come risposta, Thunderbird si era avvicinato a Marie.

“Sensi sviluppati? Perché accettare la Cura?”

La ragazza aveva distolto per un attimo sguardo.

“Stavo impazzendo. Sentivo ogni suono, ogni voce e non riuscivo a controllarlo.”

La giovane si era immediatamente accorta di espressione confusa rivoltale da Polaris, ma aveva deciso saggiamente di ignorarla.

“Sta dicendo la verità. La sua mente è molto confusa. Percepisco il panico di quando la sua mutazione si è manifestata. Non costituisce un pericolo per voi, posso assicurarvelo. Possiamo passare a problemi maggiori, come i Sentinel Services?”

La bionda aveva già preso la via del ritorno quando la voce di Sage aveva attirato la sua attenzione.

“Non così in fretta ho ancora una domanda da farle e quindi mi servono ancora i tuoi poteri. Marie, hai mai sentito parlare di John Allerdyce?”

“Chi?”

“John Allerdyce. È un mutante che si fa chiamare Pyro, controlla il fuoco.”

Marie aveva lasciato trascorrere qualche istante durante i quali sul suo volto si era dipinta un’espressione pensierosa, sostituito poi da un sorriso rivolto alla sua interlocutrice.

“No, non ho idea di chi sia. Dovrei saperlo?”

La mutante dalla mente computerizzata aveva mostrato il suo cellulare alla mora. Sullo schermo vi era un fermo immagine di un filmato delle telecamere che riportava la data di qualche giorno prima.

“Ecco, lui è Pyro. E immagino sia anche la causa dell’incendio al centro.”
Aveva indicato un ragazzo.
“E questa sei tu. A me sembra che stiate parlando e che vi conosciate.”

La sua interlocutrice aveva posato pollice e indice sullo schermo e aveva poi allargato l’immagine su data e ora.

“È il giorno dell’attacco. Ve l’ho già detto: c’era caos e stavo fuggendo. Lui mi ha solo aiutata. Ero in panico, stordita dal siero della Cura e non sapevo cosa fare. Mi ha detto che poco lontano c’era un magazzino abbandonato in cui potevo nascondermi.”
Aveva fatto una breve pausa.
“Ho riposto a tutte le vostre domande con una telepate al mio fianco, cos’altro devo fare per avere la vostra fiducia?”

Marcos che fino a quel momento aveva assistito alla conversazione aveva rotto il suo silenzio.

“D’accordo puoi andare.”

“No, non puoi.”

Tutti i mutanti si erano voltati verso Sage che era invece concentrata solo su Marie.

“Non ti ha aiutata a fuggire per empatia. Ho sentito parlare di Pyro ed è un membro della Confraternita. Non aiuterebbe un mutante che ha accettato la Cura. Quindi...”

“Quindi lui ti conosceva.”

Le parole di Eclipse avevano fatto scattare Thunderbird. Si era fiondato sulla mora e l’aveva bloccata contro il tronco di un albero per impedirle di tentare la fuga. Grazie alla statura molto più imponente rispetto a quella della ragazza non aveva faticato a tenerla ferma.

“Rispondi alla domanda.”

Il tono pacato usato del moro contrastava con la sua espressione decisamente più minacciosa.

“Cosa dovrei dirvi? Che siccome ho parlato per caso con uno di quei mutanti sono una di loro?”
Aveva puntato gli occhi in quelli di John e aveva riso.
“Piuttosto, da quel che so i membri della Confraternita sono suddivisi secondo una specie di gerarchia e nessuno sa chi ne faccia parte. Quindi come fa lei a sapere di questo Pyro?”

“Lei non è un tuo problema! Ora te lo chiedo per l’ultima volta: perché ti ha lasciato andare?”

La mora non aveva risposto. Si era limitata a far scoccare la lingua e solo dopo aveva parlato.

“Molla la presa.”

John aveva sbuffato leggermente divertito.

“Non sei nella posizione per fare richieste.”
Il tono era basso, poco più di un sussurro.
“O parli o ti costringerò a farlo.”

Nel frattempo l’attenzione di Lorna era stata attirata dalla giovane Frost che, apparentemente per nulla sorpresa o preoccupata per ciò che stava accadendo, era rimasta in disparte al suo posto senza proferire parola. Un dubbio si era fatto prepotentemente strada nella mente di Polaris.

"Sei una telepate, devi sapere cosa pensano le persone, è il tuo potere. Eppure non ci hai detto che conosceva un membro della Confraternita, perché?”

“Perché ha detto la verità.”

Sage era intervenuta nella conversazione.

“Conosco Pyro e per quanto possa essere un esibizionista non andrebbe mai allo scoperto per aiutare dei mutanti che hanno accettato la Cura. La Confraternita non lo permetterebbe, a meno che...”

Si era scambiata un rapido sguardo con Lorna.

“A meno che non si tratti di un loro compagno.”

Gli occhi della bionda erano diventati per un attimo di un blu intenso, ma la lama -fino a quel momento rimasta nel legno dell’albero- richiamata dalla sua interlocutrice che si era fermata a pochi centimetri dalla sua gola, l'aveva fatta desistere.

"Usa i tuoi giochini psichici su di me e giuro che ti ammazzo senza troppi problemi! Fosse l'ultima cosa che faccio!"

La diretta interessata aveva alzato le mani in segno di resa.

"D'accordo come vuoi. Visto? Non c’è bisogno di scaldarsi tanto..."

"Dimmi perché ci hai mentito! Subito!"

"Lo stress non fa bene al bambino, dovresti saperlo."

Il coltello si era avvicinato ancora di più.

"Ti avverto per l’ultima volta... Perché l'hai fatto?"

Esme non aveva ribattuto. Si era limitata a voltarsi verso Marie, che ancora era bloccata dalla presa di Thunderbird, e un sorriso si era delineato sulle sue labbra.
Senza abbassare mai la guardia, Polaris si era concentrata su ciò che stava accadendo.

“Perché la stai proteggendo?”

Nessuna della due mutanti ora sotto tiro aveva risposto.
Thunderbird aveva afferrato la mora per il collo e aveva iniziato a stringere per farla parlare. La sua calma e la sua razionalità ormai sembravano essere svanite.

“Parla!”

Mentre continuava a stringerla nella sua morsa, una ciocca dei capelli della ragazza aveva iniziato a diventare bianca.

“Lasciami andare."

Non stava implorando.

"Liberami."

Era un ordine.

Quando la ciocca chiara, ormai decisamente visibile, aveva spiccato tra i capelli scuri, la ragazza si era voltata per un istante verso Sage.

“Ciao Tessa.”

Quest’ultima aveva sbarrato gli occhi. Solo una parola si era formata dalle sue labbra.

“Rogue...”
Troppo tardi.
“John!”

Prima che i tre mutanti potessero intervenire, la ragazza aveva poggiato le mani sulle braccia del moro. Quest’ultimo aveva iniziato a tremare e la sua pelle era diventata sempre più pallida.

"Ti avevo avvisato."

Si era facilmente liberata dalla sua presa e con un pugno allo stomaco gli aveva fatto sputare sangue prima di vederlo crollare a terra.
Gli si era avvicinata e, senza nemmeno guardarlo, l’aveva superato lasciandolo alle sue spalle.

Ecplise, usando i suoi poteri, aveva subito creato un raggio diretto verso la ragazza. Quest’ultima si era istintivamente portata il braccio davanti al volto per proteggersi. Aveva sorriso quando si era accorta che l’attacco del latino le aveva lasciato un semplice un taglio sull’avambraccio.
Il colombiano stava per attaccare nuovamente quando Esme si era messa tra loro e Marie. La telepate stavolta aveva preso il controllo delle loro menti.

“Fermi.”

Lorna e Marcos, lo sguardo vacuo e nessun segno di protesta, avevano ubbidito.

La mora si era passata l’indice sulla ferita per pulirsi del sangue che aveva macchiato la pelle chiara. Si era poi avvicinata al colombiano che, immobile, si trovava ora indifeso.

“Mossa sbagliata.”
Aveva avvicinato la mano al viso del ragazzo seguendo con un dito il profilo della sua mandibola.
“Potere interessante comunque, mi sarà utile.”

“Non ti avvicinare!”

Si era voltata sorpresa verso Sage per poi rivolgersi ad Esme.

“La sua mente?”

“Non riesco a...”

“Voglio vedere.”

Sapendo cosa implicasse quella richiesta la bionda era sul punto di ribattere ma, conoscendo di cosa fosse capace la ragazza, le aveva porto la mano scegliendo così il male minore. Quest’ultima l’aveva afferrata per un istante, durante il quale i poteri della telepate -che aveva serrato i denti cercando di resistere- erano cessati, prima di riprendere il controllo dei mutanti quando Marie aveva mollato la presa.

Rogue, sfruttando le capacità appena acquisite, aveva provato a sondare la mente di Sage. Era bastato un attimo per farle capire cosa intendesse la telepate. Aveva serrato la mascella provando a concentrarsi per riuscire nel suo intento. Aveva sentito il sangue bagnarle le labbra. Aveva resistito ancora un paio di secondi prima di essere costretta a fermarsi.

Aveva il fiato corto e lo sforzo che usare i poteri di Esme aveva richiesto era ben visibile dal naso che le sanguinava.

“Un virus in un computer, ecco come percepisce la tua mente i poteri dei telepati. Una sequenza di zero e uno impenetrabile. Sapevo bene delle tue capacità Tessa, ma questo... ora capisco perché il Professore abbia scelto proprio te.”

“Non parlare di lui...”

“Mi dispiace per la sua morte sono sincera, ero presente al discorso di Ororo. È stato come un padre per me, ma ormai gli X-Men non esistono più.”
Si era nuovamente concentrata su Eclipse.
“È un vero peccato vedere tanto potenziale sprecato, ma per fortuna grazie ai miei poteri questi doni potranno davvero servire a uno scopo.”

“Non ti azzardare!”

“Andiamo Sage, sai bene le possibilità di riuscita nel caso ti mettessi in mezzo. Zero.”

“Ti sbagli!”

Grazie alla prontezza di riflessi si era spostata in tempo riuscendo a schivare un attacco alle sue spalle. Polaris, liberatasi da Esme, era scattata in avanti pronta a colpire nuovamente. La bionda aveva lasciato il colombiano concentrando il suo potere solo su di lei.

Lorna era caduta in ginocchio.
Le urla strazianti erano solo il risultato di chissà quale allucinazione. Si era portata le mani alla testa continuando a urlare, pregando che tutto finisse.

Sage e Diaz stavano per contrattaccare, ma l’intervento di Marie li aveva preceduti.

“Esme fermati!”

La ragazza non l’aveva minimamente ascoltata, troppo concentrata sulla sua vittima. Un sorriso che aveva un che di sadico aveva fatto capolino sul suo viso.

La mora aveva agito d’istinto. Con passo svelto si era posizionata di fronte a lei. Le aveva poggiato una mano sul braccio stringendo la presa facendola così iniziare a boccheggiare.

“Ho detto basta!”
La bionda aveva provato a divincolarsi, ma non poteva nulla. Rogue era pronta ad uccidere.
“Ero stata chiara al riguardo. Non credo che lui ne sarebbe contento. O sbaglio?”

Esme aveva sbarrato gli occhi.
Terrore. Puro e semplice terrore.
Marie l’aveva finalmente lasciata e lei non aveva osato aprire bocca. Era rimasta a terra per qualche secondo a riprendere fiato prima di rialzarsi e mettersi in disparte.

La vincitrice di quel breve scontro si era poi voltata verso Polaris. Questa, le mani tremanti, il fiato accelerato e la fronte madida di sudore, aveva lo sguardo fisso al suolo.

Le si era avvicinata e si era piegata sulle ginocchia in modo da essere alla sua altezza.

“Non sono qui per farti del male e mi assicurerò che in nessun modo te ne venga fatto. Hai la mia parola.”

Rendendosi conto della vicinanza con la mora, la sua interlocutrice si era velocemente alzata e allontanata da lei.

“Cosa sei?”

Aveva sputato quelle parole con una tale rabbia che la mutante, tenuta ora sotto tiro da Eclipse, si era inizialmente limitata a far scoccare la lingua prima di rialzarsi con calma.

Sage non poteva credere a ciò che era accaduto. Dopo lo sgomento creato dalla scoperta di chi avesse di fronte aveva preso la parola. Gli altri non sapevano ancora chi fosse.

“Marie D’ancanto conosciuta come Rogue. Era ai vertici della Confraternita. Vedendo la reazione di Esme immagino sia passata all’Hellfire Club. Prima di tutto però è stata una delle allieve Charles...”

“Xavier?”

La mora si era lasciata andare a una breve risata sentendo la voce roca di Thunderbird.

“Oh ma guarda, il bell’addormentato si è svegliato. Che vi dicevo? Se avessi voluto sarebbe morto statene certi.”

L’ex Marine si era alzato.

“Perché una sua allieva sarebbe passata dalla parte del nemico?”

“Nemico? Non avete capito niente. Non avete idea di come stanno le cose; nemmeno io l’avevo capito la prima volta che l’ho incontrato. Sappiate però che non ho mai giurato fedeltà né alla Confraternita né tantomeno al Club Infernale. Sage, mi hai già incontrato anni fa...”
La mutante aveva annuito stando sempre ben attenta a non sottovalutare alcuna mossa di quella che, a ragione, considerava una seria minaccia.
“Solo una persona ha capito davvero chi fossi e cosa potessi essere. Alla scuola di Charles da molti ero considerata un mostro, non potevo toccare nessuno. Avevo un fidanzato e l’ho mandato in coma per tre settimane solo baciandolo... la fama si sparge, sapete? Ho accettato la Cura, ma non esiste cura per questo. Lui però ha deciso di aiutarmi, mi ha fatto migliorare. Ho imparato a controllare il mio potere.”

“Lui chi?”

“Non devi preoccuparti Lorna, a tempo debito saprai ogni cosa. Sappi solo che non sono un pericolo per te. Non lo sono mai stata. Da quando sono iniziati gli attacchi contro i mutanti mi è stato affidato il compito di accertarmi che fossi al sicuro. Se davvero avessi voluto farti del male la notte scorsa sarebbe stata l’occasione perfetta. Immagino che rivivere quella scena ti abbia reso vulnerabile...”

Polaris aveva fatto un passo avanti minacciosa.

“Come sai cos’è accaduto? Dimmelo!”

“Dovresti ringraziarmi, senza di noi saresti ancora in quell’istituto. Posso solo immaginare cosa tu abbia dovuto subire e ti chiedo scusa per non essere intervenuti prima, ma la situazione è stata piuttosto... complicata. Ora hai capito cosa abbiamo fatto per te?”

“Io non ti conosco! A farmi uscire è stato...”
La frase le era morta in gola. Aveva appena dischiuso le labbra e scosso la testa.
“No no no, tu stai mentendo! Non può essere vero!”

“So che può essere difficile per te dopo tutto questo tempo e immagino quanto sia stato doloroso vivere quell’incubo, ma era necessario affinché capissi chi sei davvero.”
La calma con cui Rogue stava parlando aveva fatto arrabbiare ancora di più la sua interlocutrice.
“Dovevo solo essere certa che fossi pronta ad accettare la tua eredità.”

“La mia eredità? Tu non sai di cosa stai parlando!”

“Se davvero non avessi voluto sentire ragioni e se davvero fossi convinta che questo sia tutto ciò che puoi fare per i tuoi compagni, i mutanti, mi avresti già uccisa. So di cosa sei capace e un coltello alla gola non è nulla. Ora devo andare, ma ci rivedremo molto presto. Te lo prometto. Wagner!”
Un mutante dalla pelle blu e dai capelli dello stesso colore era apparso alle sue spalle.
Il suo tono si era addolcito.
“Riportami a casa.”

“Ferma! Perché vuole me? Perché adesso?”

La sua voce si era incrinata. Non poteva star accadendo davvero, non ora che aveva raggiunto un equilibrio, seppur precario, nella sua vita.

Rogue le aveva sorriso.

“Perché sei sua figlia.”

Nightcrawler l’aveva abbracciata e insieme erano spariti lasciando dietro di loro solo un leggero pulviscolo bluastro che un attimo più tardi si era già dissolto.


※ §



“Sei tornata in fretta.”

“È stato più facile del previsto.”

L’uomo aveva poggiato una mano sul bracciolo della sedia e si era alzato. Si era voltato verso la finestra che si trovava alle sue spalle senza però mostrare davvero attenzione al paesaggio autunnale che da lì si poteva scorgere.

“Come sta?”

La ragazza aveva atteso un paio di secondi distratta da una carta da gioco posata sul tavolo.
Asso di cuori.
Aveva riso e scosso la testa prima di rispondere.

“Bene direi. Come volevi non le è stato torto nemmeno un capello.”

“Mi fa piacere. E l’altra questione?”

Marie aveva notato una nota di impazienza nel tono della sua voce.

“Possiamo chiamare Reeva e le Frost.”

Il suo interlocutore aveva semplicemente annuito e l’aveva congedata con un gesto della mano.
Senza aggiungere altro, Rogue si era diretta verso l’uscita a passi svelti lasciandolo solo.

L’uomo aveva chiuso gli occhi ed emesso un profondo sospiro.
Si era poi tolto l’elmo che indossava, l’aveva osservato e sorriso. Un sorriso malinconico.

“A presto mia piccola stella del Nord...”


~Miss All Sunday
   
 
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