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Autore: JillQ    14/05/2019    0 recensioni
KUZUPEKO| Spoiler Sdr2 e Dr3
''- Signore -, lo chiamò lei. Prima di dire altro, cercò di ricordare con precisione le parole che Hajime le aveva suggerito e poi, nel modo più impacciato con cui potesse farlo, annunciò con tono di voce troppo alto: - Facciamo qualcosa insieme!
E mentre Peko era tesa come una corda di violino, Fuyuhiko si voltò ancora verso di lei con un’espressione divertita e confusa allo stesso tempo.
- Cosa? -, chiese lui trattenendo una risata.''
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non appena Peko arrivò in spiaggia, un colpo di vento le scompigliò le trecce argentee. Si portò una mano davanti gli occhi per coprirli dalla sabbia e avanzò verso la riva. Non sapeva bene perché fosse lì: era notte fonda e l’aria era gelida. Avrebbe dovuto dormire già da un po’, ma non ce la faceva più a rigirarsi nel letto senza riuscire a chiudere occhio. 

In un certo senso, aveva abbandonato l’hotel spinta dal desiderio di avere un momento in solitudine per staccarsi dalla realtà, anche se da qualche giorno non riusciva più a riconoscere quale essa fosse. Ma come biasimarla? Un attimo prima era morta e quello successivo si era risvegliata improvvisamente dentro una cella, scoprendo che tutto quello che aveva vissuto nell’isola di Jabberwock era un’illusione. Certo, era felice che la sua ora fatale non fosse realmente arrivata, ma la situazione era così assurda che le era servito un po’ di tempo per metabolizzare tutto e ancora si sentiva frastornata solo a pensarci.
Arrivata alla giusta distanza dal mare, posò la lanterna ad olio, trovata nel market giusto quel pomeriggio, sulla sabbia e si sedette di fianco ad essa. Era un oggetto parecchio antiquato, ma per quella volta si sarebbe accontentata.

Strinse le gambe al petto e guardò il panorama di fronte a sé: il mare, quella notte, era particolarmente calmo, perfetto per salpare e tornare a casa. Quel pensiero la fece sospirare, ricordandole di non avere più un posto da poter definire tale. Infatti, se da una parte prendersi la colpa del disastro causato dalla Future Foundation era stata una scelta saggia, specie viste le loro azioni passate, dall’altra portava delle conseguenze severe; una fra queste era il non avere un luogo dove andare e quindi essere costretti a restare su quell’isola, almeno finché Naegi non avesse trovato loro un’abitazione migliore. 

Mentre gli altri non sembravano troppo dispiaciuti all’idea di restare in quel paradiso tropicale ancora per un po’, a Peko faceva molto strano: sebbene non fosse stata lì per molto tempo, associava quel luogo a Monokuma e a tutto quello che era successo; dunque difficilmente riusciva a rilassarsi. Solo a quel punto si rese conto che recarsi in piena notte nella spiaggia della seconda isola non era servito a superare la sua paura di mettere piede lì, ma anzi l’aveva peggiorata. 

La ragazza affondò la testa fra le ginocchia. Uccidere Mahiru era forse la cosa più stupida che avesse mai fatto; non perché non avesse mai ucciso prima di lei, bensì perché adesso le toccava guardarla in faccia ogni giorno, realizzando che quel sacrificio dettato da un nobile gesto era risultato totalmente inutile. 

Persa nei propri pensieri, Peko non si accorse della presenza di un’altra persona finché questa, dopo aver preso posto vicino alla ragazza, non le parlò: - Cosa ci fai qui?

Peko sussultò e si voltò immediatamente. - Signore… -, disse lei sorpresa non appena realizzò che si trattava di Fuyuhiko, - Non riuscivo a dormire, e tu?

- Non ho molto sonno stasera -, rispose Fuyuhiko spegnendo la torcia e adagiandola vicino a sé, - così sono uscito per fare un giro e ti ho vista qui. Preferisci che vada via?

Se fosse arrivata qualsiasi altra persona, Peko si sarebbe sentita invasa e infastidita e, con ogni probabilità, sarebbe tornata all’hotel. Tuttavia non fece niente di tutto ciò, visto che la compagnia del ragazzo era l’unica che non le dispiacesse.
Scosse dunque la testa e tornò a fissare il mare. 

Rimasero in silenzio per qualche minuto, finché il ragazzo non parlò di nuovo: - In realtà non sono venuto qui solo per un po’ di compagnia.

- E per cosa? 

- Volevo parlarti.

Anche Peko voleva parlargli; dopotutto Fuyuhiko era un’altra questione in sospeso che si portava dall’esperienza virtuale. Ripensava spesso a quello che lui le aveva detto poco prima della sua esecuzione e al fatto che, dopo essersi ritrovati nel mondo reale, il discorso non era più stato ripreso, mantenendo così il loro solito rapporto servo-padrone. A detta della ragazza, era una situazione che andava risolta, anche se non sapeva né come e né quando.

Fuyuhiko prese ancora una volta la parola per primo: - Non ti ho ancora ringraziata per quello che hai fatto per me durante il tuo processo. Ti sei sacrificata per qualcosa che avevo architettato io, permettendomi di andare avanti. Senza di te non è stato lo stesso ma… grazie. Solo questo.

- Non devi ringraziarmi -, ribatté lei senza esitazione, - ho fatto solo il mio dovere.

- Ancora con questa storia? Pensavo di essere stato chiaro… -, scosse la testa e sospirò, - non hai nessun dovere, adesso. Non sono un bambino da proteggere.

- Non ho mai detto questo -, dichiarò lei cercando di giustificarsi, - Ma il motivo per cui sono stata adottata dal clan Kuzuryu è per proteggerti, nient’altro. 

- Dimenticati del clan, neanche so se esiste più. Per una volta concentrati su te stessa. Ormai è tutto finito, no? E per l’ultima volta, smettila di chiamarmi ‘’Signore’’.

A quel punto Peko non seppe neanche cosa rispondere. L’aveva sempre chiamato in quel modo fin dall’infanzia e il solo pensare di chiamarlo per nome la metteva a disagio, anche se lui glielo aveva chiesto più e più volte. Purtroppo era qualcosa di più forte di lei, un’abitudine che non era certa di riuscire a perdere facilmente.

- Non capisco perché continui a comportarti così -, continuò lui lasciando trasparire una punta di rabbia, - Cazzo, siamo cresciuti insieme e te l’ho pure detto in faccia: io non ho mai voluto un oggetto, non ti ho mai considerata tale e mai lo farò. L’unica cosa che voglio sei tu.

Proprio come la prima volta, Peko sentì le guance andarle a fuoco e un nodo stringerle lo stomaco. La confessione del ragazzo non la lasciava di certo indifferente, e anzi avrebbe voluto urlare che anche per lei era così. Stare al suo fianco, difenderlo, era tutto ciò che la rendeva felice e non solo perché era il suo compito. Avrebbe voluto dirgli che separarsi da lui era stata la cosa più difficile della sua vita: la consapevolezza che non l’avrebbe mai più rivisto aveva divorato Peko durante quegli ultimi attimi insieme, prima che Monokuma la trascinasse via. Tuttavia, allora Peko non era riuscita ad esprimere niente di tutto ciò e anche nel presente la reazione non era migliorata: la ragazza optò per il silenzio, sentendosi allo stesso tempo terribilmente stupida.

- Peko -, la chiamò lui interrompendo i pensieri della ragazza, - per favore, guardami.

Facendosi forza, Peko si sforzò di abbandonare il mare e di guardare Fuyuhiko in faccia. Nonostante la fioca luce emanata dalla lanterna, la ragazza riusciva a distinguere ogni elemento del viso del ragazzo, fin troppo infantile per la sua età ma anche incredibilmente armonioso.
Non era raro che Peko si perdesse ad ammirare il ragazzo, tanto che ne conosceva ogni lineamento a memoria. Sì, Peko era certa di sapere con precisione dove si collocasse ogni lentiggine e di saper tracciare perfettamente il contorno delle labbra di Fuyuhiko che tante volte aveva bramato. E mentre esaminava ogni dettaglio con attenzione, finì per concentrarsi sull’unico tratto che stonava con tutto il resto: la cicatrice. Non ricordava come Fuyuhiko se la fosse procurata nel mondo reale, ma sapeva che nella simulazione era stata lei e, tutt’ora, non riusciva a perdonarselo.

Percependo lo sguardo della ragazza su quel punto, Fuyuhiko si portò una mano sull’occhio destro e imbarazzato distolse lo sguardo da lei. Di fronte a una reazione simile, Peko non poté far altro che sentirsi profondamente a disagio; non era sua intenzione rovinare quel momento concentrandosi proprio lì, era stato solo un gesto innocente. Dopotutto, nonostante quel brutto segno che gli marchiava la parte destra del viso, per Peko il suo signore sarebbe stato sempre perfetto. Ma come poteva spiegarglielo senza sembrare ridicola?

Non aveva dimenticato della propria intenzione di dichiararsi a lui non appena fossero andati via dall’isola, segreto confidato ad Hajime durante la simulazione: quel giorno aveva raccolto tutto il coraggio che aveva e, nascosta da occhi indiscreti, gli aveva chiesto dei consigli romantici proprio in quella stessa spiaggia. Sotto una certa luce, sembrava un segno che fosse giunto il momento per mettere in pratica il suggerimento dell’amico; magari Peko avrebbe aggiustato l’atmosfera involontariamente rovinata.

- Signore -, lo chiamò lei. Prima di dire altro, cercò di ricordare con precisione le parole che Hajime le aveva suggerito e poi, nel modo più impacciato con cui potesse farlo, annunciò con tono di voce troppo alto: - Facciamo qualcosa insieme!

E mentre Peko era tesa come una corda di violino, Fuyuhiko si voltò ancora verso di lei con un’espressione divertita e confusa allo stesso tempo.
- Cosa? -, chiese lui trattenendo una risata. 

- Hinata ha detto che… io volevo… -. Completamente rossa per la vergogna, Peko si coprì il viso con entrambe le mani. Doveva sembrare proprio una bambina imbranata visto che, anziché dire qualcosa di sensato o, semplicemente, rispondere a Fuyuhiko, le era uscito qualcosa di stupido e fuori luogo. Ma ormai non poteva tirarsi indietro.
Mantenendo il viso coperto, Peko continuò la frase, cercando di scandire al meglio le parole: - Volevo chiederti un appuntamento.

Passò qualche attimo di silenzio, secondi che a Peko sembrarono anni. Si maledì per aver detto una cosa così stupida. Era già pronta a scattare in piedi e correre via, quando la risata del ragazzo la invase. In altre circostanze Peko sarebbe stata felice di averlo fatto ridere, ma, visto che sperava in tutt’altra reazione, si fece prendere dalla rabbia, un’emozione che difficilmente provava verso di lui.
Scoprì il viso e tornò a guardarlo in faccia. 

- Cosa c’è di divertente?

A quel punto, la risata di Fuyuhiko cessò. - Sei buffa.

- Buffa? -. Fra le tante cose che le avevano detto, mai nessuno l’aveva definita ‘’buffa’’ e perfino a lei sembrava un aggettivo che difficilmente le si adattava. - Ti ho detto che mi piaci e la tua unica risposta è questa? 

Si portò una mano alle labbra non appena si rese conto di cosa si era appena lasciata sfuggire. Nelle sue fantasie più remote, la dichiarazione doveva essere profonda, intima e studiata, non di certo qualche parola scappata in un momento di rabbia. In fondo non era da lei essere così impulsiva e non pensare bene a cosa dire, eppure era bastata quell’ultima deludente risposta per impedirle di mettere un freno alla lingua. Ma ancora una volta, Peko non poté rimangiarsi quello che aveva detto. Un’altra occasione sprecata.

- Potrei dire la stessa cosa -, rispose lui. In seguito sospirò e scosse la testa. -Perché non riesco mai a farti capire quello che voglio dire?

Con ancora troppa enfasi nella voce, Peko asserì: - Io ho capito cosa vuoi dire.

- Ah si? -, la canzonò bonariamente lui, - Quindi sai che ti amo?

In quel preciso istante il cuore di Peko si bloccò, per poi riprendere a battere più veloce che mai. Quelle uniche cinque parole iniziarono a rimbalzare fra le pareti della sua mente, mentre una una sensazione di calore le invase il petto. Non sapeva cosa dire, non le veniva in mente niente, di nuovo. Davanti a lei c’era solo Fuyuhiko e la consapevolezza che lui l’amasse. 

Al contrario di Peko, Fuyuhiko aveva appena iniziato a dar sfogo ai propri pensieri; così, approfittando del silenzio della ragazza, continuò: - Non so da quanto, ma so che l’ho capito quando stavi per andare via. Avrei voluto urlarlo quando Monokuma ti ha portata via; avrei dovuto confessarlo mentre mi facevi da scudo per l’ultima volta. In realtà mi sarei dovuto fare avanti quando Hinata ti ha risvegliata ma, anche lì, non ho avuto il coraggio. Quindi te lo dico qui… -, stringendo entrambe le mani di Peko fra le sue e guardandola negli occhi, Fuyuhiko ripeté ancora: - Io ti amo, Peko Pekoyama, e adesso che sei davvero qui non voglio passare mai più un giorno senza di te.

- Fuyuhiko…

- Mi hai chiamato per nome… -, constatò lui più a se stesso che a lei, - è la prima volta che lo fai. 

Il calore nel petto di Peko si era ormai espanso in tutto il suo corpo e, senza che lei se ne accorgesse, un sorriso sincero si fece strada sul suo viso. In presenza di Fuyuhiko sorridere non sembrava poi così difficile. 

Nonostante tutta la felicità che Peko provava in quel momento, non riusciva ancora a trovare la giusta risposta. Così decise di agire ancora d’istinto e fece l’unica cosa che le pareva adatta e, allo stesso tempo, desiderata: si sporse verso il ragazzo e lo baciò.

Fu un bacio timido e veloce, quasi fossero ancora due bambini. Peko non era esperta di questioni romantiche: Fuyuhiko era stato il suo primo e unico amore e, per tutta la vita, si era limitata ad essere la sua ombra pur di stargli vicina. Tutte quelle esperienze erano nuove per lei.

Fuyuhiko, dal canto suo, non obiettò e la lasciò fare. Quando Peko si allontanò, lui le mise una mano dietro la testa e l’attirò ancora a sé, iniziando un secondo bacio molto diverso dal primo: più lungo e più passionale. 

Cullata dalle emozioni, Peko chiuse gli occhi e mise una mano sulla spalla di Fuyuhiko, abbandonandosi totalmente a lui. Assaporò ogni attimo, cercando di memorizzare la sensazione che le davano le labbra di Fuyuhiko unite alle sue. E questo perché una minuscola parte di sé temeva potesse trattarsi di un altro sogno. 

Il bacio terminò troppo presto ed entrambi rimasero a fissarsi, ansimanti e arrossati. Le espressioni soddisfatte dei ragazzi non lasciavano trasparire ulteriori dubbi: grazie a quell’ultimo bacio, non restavano più risposte in sospeso. Tutto risultò più chiaro per entrambi.

- E comunque, sì -, disse Fuyuhiko senza smettere di guardarla, - facciamo qualcosa insieme.

Peko non sapeva se con quel ‘’facciamo qualcosa insieme’’ lui intendesse la stessa cosa che aveva proposto lei, ma le andava benissimo lo stesso. Ancora in trance per quello che era successo, si alzò in piedi e si lasciò guidare da Fuyuhiko verso la stanza di quest’ultimo, da cui entrambi uscirono solo la mattina successiva.

   
 
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