Figli
dell’epoca nuova
1.
Brienne non era
mai stata una persona pigra, le sue mattine di solito iniziavano presto
con una
corsa intorno all’isolato, ogni giorno della settimana e
anche durante i
weekend. Quella domenica però aveva ignorato la sveglia e si
era concessa molte
ore in più sotto le calde coperte in cui ora si stava
lentamente arrotolando,
continuando a muovercisi dentro. Si svegliò ben dopo
mezzogiorno, decidendo che
ormai l’ora di pranzo era saltata e avrebbe aspettato di
mangiare qualcosa
durante il pomeriggio.
La sera prima
aveva lavorato fino a tardi, in costante contatto telefonico con
Catelyn Stark,
che, da quando il marito era morto appena un anno prima, aveva preso in
mano la
direzione dell’azienda familiare donando anima e corpo al
lavoro. In qualità di
sua assistente, Brienne non poteva fare altro che rispettare i folli
orari
della donna e ammirarla per la tenacia che dimostrava ogni giorno.
L’ammirazione però non le avrebbe restituito le
ore di sonno perdute e borbottò
mentre faticava ad alzarsi, strisciando i piedi fino alla piccola
cucina
attigua alla camera da letto, desiderando solo un caffè
così forte e amaro da
svegliarla da quel torpore che altrimenti l’avrebbe
accompagnata per tutto il
resto della giornata. Aveva ancora la tazza in mano quando
udì un tonfo e delle
voci.
Aggrottò
le
sopracciglia, confusa dal rumore. L’appartamento
dall’altro lato del
pianerottolo era vuoto da settimane e gli inquilini dei piani di sotto
non
erano mai così rumorosi. Non ebbe il tempo di decidere se
andare a controllare
o meno perché il campanello suonò e lei
andò ad aprire, indossando ancora la
tuta che usava per dormire e tenendo in mano la sua tazza di
caffè.
«Buongiorno,
ci
dispiace molto disturbarti.»
Brienne
abbassò la
testa, fino a inquadrare l’uomo davanti a lei che la stava
salutando con un
sorriso cordiale.
«Mio
fratello si
sta trasferendo nell’appartamento qui davanti ma ha
dimenticato il cellulare a
casa mia e non possiamo contattare il proprietario, deve ancora darci
le chiavi
e noi abbiamo già iniziato a spostare tutti gli
scatoloni.» Fece un gesto
all’indietro con la mano, mostrando il pianerottolo occupato
da varie scatole. «Non
è che per caso potresti avvertirlo tu? O darci il suo
numero?»
«Oh…
sì, certo che
posso chiamare il proprietario» si offrì Brienne.
L’uomo
le sorrise
e allungò il braccio verso di lei.
«Non
mi sono
nemmeno presentato, mi chiamo Tyrion.»
Brienne si
dovette
abbassare leggermente per riuscire a stringergli la mano,
sentì le guance iniziare
a scaldarsi mentre Tyrion ridacchiava.
«Sei
un po’ troppo
alta per me, è una fortuna che non sia io a dovermi
trasferire qui o avrei
iniziato ad avere dei seri complessi di
inferiorità.»
Questo non fece
altro che imbarazzare di più Brienne ma lo invitò
comunque ad entrare e
accomodarsi sul divano, mentre andava a prendere il cellulare per
chiamare il
locatore. Passò vicino al basso tavolino del salotto,
afferrando un pacchetto
di patatine mangiato per metà e un bicchiere
d’acqua; i tristi ricordi della
sua cena. Mentre era in camera a cercare il telefono sentì
che Tyrion aveva
iniziato a parlare con qualcuno e immaginò che fosse
arrivato anche il suo
futuro vicino.
Varys non
l’aveva
avvertita di questo cambiamento ma forse non era nemmeno tenuto a
farlo, le
sembrava di ricordare però che quando era stata lei a
trasferirsi tutto il
condominio sapesse già del suo arrivo. Spiegò in
fretta la situazione all’uomo e
tornò verso il salotto, la tazza e il cellulare abbandonati
sul comodino della
camera.
«Varys
ha detto
che sarà qui tra non più di mezz’ora,
nel frattempo posso offrirvi qualcos-» si
bloccò mentre tornava verso Tyrion, seduto ancora
comodamente sul divano, le
gambe a penzoloni e lo sguardo che studiava curioso la stanza intorno a
lui.
Accanto al
divano
ora c’era un uomo, più vecchio di lei di almeno
una decina d’anni ma ancora il
più bel ragazzo che avesse mai visto, se si escludevano i
modelli che posavano
sulle riviste che comprava Margaery.
«Brienne,
questo è
Jaime, mio fratello. Jaime, non avresti potuto trovare vicina di casa
più
disponibile.»
Tyrion
sogghignò,
divertito da qualche suo pensiero. Jaime si voltò verso di
lei, studiandola, e
a Brienne venne istintivo cercare di chinarsi un po’, in un
fallimentare
tentativo di ridurre la sua altezza come quando a dodici anni cercava
di non
far notare l’enorme disparità tra lei e tutti i
suoi compagni di classe.
D’un
tratto fu
dolorosamente consapevole dei suoi capelli disordinati che le
sfioravano a
malapena le spalle, del numero esagerato di lentiggini che le
macchiavano il
viso, dello sguardo stanco che doveva avere dopo la notte passata e di
tutti
gli altri difetti che nel corso degli anni si erano aggiunti alla sua
lista già
ben fornita. Jaime invece sembrava perfetto, i capelli dorati
spettinati con
grazia, come per un effetto sbarazzino ricercato, gli occhi svegli, il
sorriso
furbo e la leggera barba che gli copriva la mascella. Teneva in mano
uno
scatolone che sembrava essere piuttosto pesante e Brienne poteva vedere
i
muscoli tesi delle sue braccia.
Deglutì
e si diede
della stupida; non era il primo ragazzo carino che vedeva e non aveva
più
quattordici anni, non poteva restare imbambolata di fronte a un bel
faccino.
Jaime sembrò consapevole del suo effetto e il suo sorriso si
allargò mentre la
squadrava.
«Non
avrei nemmeno
potuto trovarne una più alta, credo» rispose al
fratello e Brienne arrossì di
nuovo. «O con più lentiggini»
continuò.
Tyrion
alzò gli
occhi al cielo. «Beh, come ti stavo dicendo, Brienne
è stata molto gentile e ha
chiamato Varys per noi.»
«Dovrò
tornare a
casa tua a prendere il mio cellulare» gli ricordò
Jaime, ignorandola e
spostando di nuovo l’attenzione sul fratello.
Brienne si
rilassò
un po’ e cercò qualcosa da dire, non volendo
risultare poco ospitale.
«Volete
del
caffè?» chiese, ricordando la caraffa pronta che
aveva in cucina, il suo frigo
e la dispensa al momento non potevano contare su molto altro.
Tyrion
guardò il
suo orologio da polso prima di rifiutare la sua offerta, sostenendo di
essere
già in ritardo per un appuntamento. «Ed
è colpa tua ovviamente, mi hai fatto
perdere un sacco di tempo,» disse al fratello,
«cerca di non essere troppo
fastidioso con la gentilissima Brienne, noi ci vediamo stasera, te lo
porto io
il cellulare.»
Si
girò poi verso
di lei, sorridendole. «È stato un piacere
conoscerti, spero ci rivedremo
presto. Ti chiedo solo di dargli qualche settimana prima di decidere di
trasferirti in un altro palazzo.»
Brienne rise,
prendendo le parole dell’uomo come uno scherzo e lo
salutò prima di guardarlo
uscire dalla casa, chiudendosi la porta alle spalle. Jaime
posò a terra lo
scatolone che stava ancora reggendo tra le mani, poi tornò a
osservare lei.
«Credo
che
accetterò il caffè.»
Brienne
annuì e si
girò per entrare in cucina, lo sentii spostarsi e
capì che la stava seguendo.
«È
una casa piuttosto
piccola» commentò, guardando la nuova stanza e
allungando il collo nel
corridoio che portava alla camera da letto e al bagno.
Brienne si
accigliò.
«Credo
che come
spazi sia identica alla tua… non hai visto la casa prima di
affittarla?»
Jaime scosse le
spalle. «In realtà no, ho trovato
l’annuncio e ho chiamato per fare un’offerta.
Mi serviva una casa e la posizione sembrava buona.»
Brienne gli
passò
la tazza e lui la afferrò, senza ringraziare.
«Zucchero?»
chiese
comunque lei, cercando di essere cortese.
«No.»
Tornò
a camminare
per la casa, aprendo la porta della sua camera. Brienne gli corse
incontro,
spingendolo di lato e richiudendo la porta, usando il suo corpo come
barriera
tra lui e la sua stanza.
«Che
stai
facendo?»
Jaime le
sorrise. «Qualcosa
da nascondere, donzella?»
Brienne
arrossì e
sentì l’irritazione iniziare a solleticarle la
pelle. Quel ragazzo sembrava
tanto bello quanto sfacciato. «Mi chiamo Brienne nel caso te
lo fossi già
scordato, e non ho niente da nascondere, solo non è educato
curiosare in casa
delle altre persone.»
«Non
mi sono
dimenticato come ti chiami, donzella,»
ghignò, «sicura che non ci sia qualcuno
lì dentro? Sembri distrutta, deve
essere stata una notte impegnativa.»
La ragazza
arrossì
ancora di più e Jaime sorrise, un luccichio negli occhi.
«Qualche
ragazzo
che hai portato a casa dal bar?»
Si
allontanò un
po’ per riuscire a guardarla meglio, facendo correre lo
sguardo dai suoi piedi,
e Brienne si vergognò profondamente dei suoi calzini con le
paperelle, su fino
al viso, il corpo di lei che sembrava ritirarsi dentro la tuta grigia
che
indossava sotto lo sguardo intenso di Jaime.
«O
forse una
ragazza?» azzardò.
Brienne strinse
gli occhi, non sarebbe stata toccata dalla domanda se non avesse saputo
con
sicurezza che proveniva da una serie di stereotipi sul suo aspetto e il
suo
modo di vestire. Una ragazza così alta, con le spalle larghe
e la sua struttura
fisica che non sembrava comprendere seno o curve morbide; troppi uomini
l’avevano già guardata con curiosità,
dando per scontato che giocasse per
l’altra squadra e non essendone minimamente dispiaciuti.
Spinse Jaime,
facendolo indietreggiare un po’ e si tirò
più dritta, notando di essere più
alta di lui, anche se forse solo di un centimetro. La scoperta la fece
comunque
sentire soddisfatta.
«Non
mi piacciono
le ragazze, e nemmeno i cavalli se è questa la prossima
battuta che stai per
fare. Sei arrivato in ritardo, le ho già sentite
tutte» gli comunicò, invitandolo
a gesti a tornare verso il salotto. Lui sorrise divertito prima di
alzare le
mani e obbedirle, mentre alla porta qualcuno iniziò a
bussare.
Brienne lo
superò
per andare ad aprire e trovò Varys ad aspettarli, il suo
solito sorriso
serafico sulle labbra. «Vedo che state già
iniziando a fare amicizia tra
vicini» disse.
Brienne
lanciò
un’occhiata a Jaime, convinta che nessuno dei due avesse
fatto una grande
impressione sull’altro. Varys tirò fuori le chiavi
di casa e le passò a Jaime,
che afferrò la scatola lasciata in precedenza accanto al
divano e uscì dal suo
appartamento.
«Beh,
grazie
dell’ospitalità, donzella. Immagino ci rivedremo
presto.»
«È
Brienne» ringhiò
lei.
Stava per
chiudere
la porta quando Varys passò a Jaime dei bigliettini
plastificati, probabilmente
le nuove tessere da sostituire sui campanelli e sulla cassetta della
posta.
«Jaime
Lannister,
corretto?» chiese infatti, e Jaime annuì, aprendo
la porta e lanciando senza
troppe cerimonie lo scatolone all’interno della sua nuova
casa prima di
prendere i foglietti.
Si
girò un’ultima
volta nella sua direzione, sorridendo nel trovarla ancora a guardarlo.
Brienne
arrossì lievemente e chiuse la porta facendola sbattere.
Lannister,
pensò,
chiedendosi come fosse arrivato il rampollo di una delle famiglie
più ricche di
Westeros ad essere il suo dirimpettaio.
Brienne si fece
una doccia veloce e passò il pomeriggio chiusa in casa,
cercando di mettere
ordine a settimane di lavoro che l’avevano tenuta lontana
dalle faccende
domestiche. Ogni tanto si fermava per cercare di captare qualche suono
proveniente dall’appartamento di fronte, ma sembrava che
Jaime si fosse messo
tranquillo dopo aver trascinato rumorosamente tutti i suoi scatoloni
nell’appartamento.
Finì
di lavare il
pavimento e si raggomitolò sul divano aspettando che si
asciugasse, aprì un
gioco sul cellulare ma cambiò subito idea, decidendo invece
di chiamare
Margaery. La ragazza le rispose al secondo squillo.
«Sono
offesa con
te.»
Brienne
alzò gli
occhi al cielo ma sorrise.
«Dai
Marge, avevo
del lavoro importante da fare.»
Abbassò
gli occhi
e si ritrovò a fissare i calzini con le paperelle che
indossava quella mattina,
ora abbandonati su un bracciolo del divano. Arrossì ancora e
pensò che Jaime doveva
averla trovata ridicola, non che lui le avesse fatto una buona
impressione
comunque.
Sentì
Margaery
sospirare all’altro capo del telefono.
«Di
sabato sera,
Brie? Non sai quanto ci siamo divertiti, siamo tornati in quel bar che
ti piace
tanto, quello con tutte le spade appese alle pareti, e le candele.
Anche Loras
impazzisce per quel posto.»
«La
prossima
settimana vengo con voi, promesso.» Si torturò le
mani qualche secondo prima di
chiederle: «Senti, tu per caso sai qualcosa dei
Lannister?»
Anche senza
poterla vedere, Brienne riuscì a giurare che Margaery si
fosse illuminata,
preparandosi a qualche pettegolezzo.
«Non
più di quanto
ne sappia tutta la città, credo. Che succede? Concorrenza a
Catelyn Stark?»
«No,
no
assolutamente… Jaime Lannister è venuto ad
abitare nell’appartamento di fronte
al mio.»
Sentì
un verso
soffocato di sorpresa. «Jaime Lannister è il tuo
vicino di casa? Il figlio del
magnate Tywin Lanniser? Quello bello come il sole?»
Brienne rise.
«Non
esagerare adesso.»
«Oh
per favore, abbiamo
entrambe gli occhi, quel ragazzo è meraviglioso…
o sono solo i programmi di
fotoritocco?» chiese preoccupata.
«No,»
dovette
ammettere Brienne, «no, non è il fotoritocco,
sembra proprio uscito da una
copertina.»
«Beh,
ci hai
parlato? È simpatico? Pensi di provarci?»
A Brienne
andò di
traverso un po’ di saliva. «Ma che stai dicendo?
Perché dovrei provarci con
Jaime Lannister?»
«Perché
mi hai
appena confermato che è meraviglioso anche in tre
dimensioni.» Brienne scosse
la testa alla risposta.
«Se
non lo
ricordassi, io non sono esattamente una modella… e comunque
è stato abbastanza
antipatico.»
«Oh
no, non dirmi
che è uno di quei trentenni con l’animo
dell’arrogante bambino viziato.»
Brienne rise, pensando che la descrizione fosse perfetta.
«Sembri
esperta»
la prese in giro.
Margaery
ridacchiò. «Nonna non fa altro che presentarmi
gente del genere, ormai ci sono
abituata, se hai bisogno di consigli, chiedi pure.»
«Credo
che tutto
ciò di cui avrò bisogno sarà evitarlo,
ma non penso di aver fatto colpo quindi
non sarà difficile.»
Qualcuno
bussò
alla porta e Brienne ebbe il terribile presentimento di aver appena
detto le
sue ultime parole famose. Continuò a parlare con Margaery e
nel frattempo si
alzò, spingendo i calzini arrotolati dietro un cuscino e
andando di nuovo ad
aprire.
Jaime le sorrise
e
Brienne dovette trattenere uno sbuffo, il silenzio inoltre
attirò l’attenzione
dell’amica.
«Brie?
Ci sei
ancora?»
«Margaery
devo
chiudere, ho un contrattempo.»
Jaime si
stupì
dell’appellativo.
«Un
contrattempo?
Che succede?»
«Ospiti»
tagliò
corto Brienne, sperando che l’altra si facesse andare bene la
spiegazione.
«Oddio»,
rise
Margaery, «è lui vero? È Lannister, per
i sette Dei; senti non importa se è
antipatico, io ti suggerisco di fartelo e poi al
massimo…»
«Ci
sentiamo dopo
Marge!» Brienne chiuse la chiamata senza lasciarla replicare,
sistemando il
cellulare nella tasca dei jeans. «Ciao» disse poi
rivolta a Jaime.
«Ciao»,
la squadrò
di nuovo da capo a piedi, a questo punto immaginava fosse un vizio e lo
aggiunse alla lista di cose che non gli andavano a genio di lui. Avvezzo ai commenti non richiesti, arrogante
e con la mania di fissare la gente, una lista già
abbastanza lunga per
qualcuno che conosceva da nemmeno sei ore.
Lui continuava a
non parlare, guardando prima lei e poi il suo soggiorno, come se si
aspettasse
di essere invitato a entrare. «Hai bisogno di
qualcosa?»
«Sì,»
poi la fissò
di nuovo, «sono un contrattempo, quindi?»
Brienne
alzò gli
occhi al cielo e si spostò di qualche passo, lasciandolo
avanzare.
«Dovevo
dire
qualcosa alla mia amica, è piuttosto loquace e se gli avessi
detto che era il
mio nuovo vicino come minimo avrebbe insistito per presentarsi dal
telefono.»
Jaime
annuì, poco
convinto, aggirandosi per il salotto con le mani in tasca, fermandosi
ogni
tanto davanti a un soprammobile o una foto che attirava la sua
attenzione. «Margaery»
disse poi, voltandosi a guardarla.
Brienne
annuì,
confusa. «Sì, Margaery Tyrell.»
Jaime
fischiò. «Sei
amica dei Tyrell, non ti facevo tipo da
amicizie altolocate, donzella.»
Brienne
aggrottò
le sopracciglia, non capendo se la stesse insultando.
«Mi
chiamo
Brienne» corresse comunque, già stanca
dell’appellativo.
«Sì,
sì, me l’hai
già detto,» tornò a camminare in tondo
per la stanza, «Allora, Brienne,
non è che per caso hai del
cibo?»
Brienne
spalancò
gli occhi. «Come scusa?»
Jaime le sorrise
e
le si avvicinò. «Cibo,»
ripeté, guardandola come se fosse stupida, «sai,
quelle
cose che compri e poi mangi… tu mangi qualche volta,
sì? O sei un qualche tipo
di creatura soprannaturale che si nutre solo di sangue delle vergini in
notti
di luna piena?»
Brienne
arrossì e
lui rise, sembrando deliziato dalla sua capacità di
imbarazzarla.
«Non
esiste
nessuna creatura che si comporti come hai detto»,
replicò poi, cercando di
uscire da quella assurda discussione.
Jaime
scrollò le
spalle. «Vorrà dire che la inventeremo noi,
allora, cibo?»
«Perché
vuoi il
mio cibo, credo tu abbia abbastanza soldi per mangiare» gli
rispose in tono
nervoso, sgusciando comunque verso la cucina.
«Ooh,
qualcuno ha
origliato il mio nome prima, conosci la mia famiglia vero?»
ghignò seguendola e
accomodandosi al tavolo in cucina.
Fu il turno di
Brienne di alzare le spalle. «Non ho origliato niente, ero
lì e ho sentito. È
difficile non aver mai sentito parlare della tua famiglia.»
Jaime fece una
smorfia. «Eri lì e hai sentito, che poi
è ciò che succede quando si origlia; tranquilla
donzella, non è che fosse un segreto. Ho abbastanza soldi da
comprarmi da
mangiare, sì, ma al momento la mia cucina è
vuota, non va nemmeno il gas; ho
scordato il telefono da mio fratello come ben sai quindi niente
asporto, e sto
traslocando, sono sfinito, non costringermi ad uscire per procacciarmi
del
cibo.»
Gli
lanciò
un’occhiata quasi implorante e Brienne osservò
quando limpidi sembrassero i
suoi occhi verdi, non si sarebbe stupita di scoprire che girava con una
boccetta di collirio nella tasca dei pantaloni. Sbuffò,
sapendo che non sarebbe
riuscita a mandarlo di nuovo nel suo appartamento senza prima avergli
rifilato
qualcosa da mangiare, la convinzione venne poi rafforzata dal rumore
del suo
stomaco che brontolava. Si sentì però in dovere
di avvertirlo che le sue
abilità culinarie erano davvero pessime.
«E
questo perché
le vergini non vanno cotte prima di essere mangiate, crude, anzi vive,
hanno
più sapore.» Brienne non riuscì a
trattenere un sorriso e iniziò a scaldare una
padella in cui cuocere due hamburger.
Osservò
Jaime e
pensò a cosa avrebbe detto Margaery sapendo che, nemmeno
mezz’ora dopo la loro
telefonata, il suo bellissimo vicino di casa stava per cenare da lei.
Non
voleva pensare a tutte le prese in giro che avrebbe subito, ma era
sicura che
la sua amica non si sarebbe tirata indietro da qualche commento
malizioso sull’aspetto
di Jaime, magari su quanto fosse perfetto il suo profilo o quanto
sembrasse
attraente il suo pomo d’Adamo che si muoveva mentre parlava.
Lei aveva i
capelli ancora umidi e spettinati, occhiaie per cui sembrava non
dormire da un
mese e indossava un vecchio maglione sformato di suo padre e un paio di
jeans
slavati, abbassò lo sguardo e sorrise pensando ai calzini
con le paperelle
abbandonati dietro al cuscino del suo divano.
«Sei
molto più
carina quando sorridi» la informò Jaime,
sorprendendola e facendola avvampare,
«ti si illuminano gli occhi; hai dei bellissimi occhi
donzella.»
Brienne rimase
in
silenzio per qualche secondo, per niente abituata ai complimenti,
soprattutto a
quelli che sembravano sinceri, poi si voltò verso il piano
cottura con la testa
bassa e mormorando un flebile “grazie”.
Gli
hamburger sembravano già un po’ bruciacchiati ma
Brienne avrebbe potuto giurare
che la temperatura della piastra non raggiungesse il calore che lei
sentiva in
quel momento strisciarle sulle guance ed espandersi in tutto il corpo.
Note: Questa
doveva essere una oneshot, o al massimo una storia di due capitoli, ma
quando
inizi a scrivere di Jaime e Brienne e difficile smettere e credo ne
verrà fuori
una minilong da quattro o cinque capitoli. Non ho mai pubblicato prima
in
questo fandom, pur facendone parte da svariati anni, perché
ho sempre avuto
paura di rendere i personaggi esageratamente OOC; questa paura non è affatto passata
ma ero troppo
nervosa dopo la 8x05 e non sopportavo la terribile resa di Jaime a cui,
personalmente, credo abbiano distrutto l'arco narrativo,
così ho deciso di
buttarmi. Vi auguro una buona lettura e spero che la storia possa
interessarvi