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Autore: Hebi_Grin    25/05/2019    0 recensioni
[Shinsuke!PoV] [Spoiler episodio 305] [Flashbacks]
Shinsuke ricorda vari momenti vissuti coi suoi compagni e Shouyou.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kotaro Katsura, Sakamoto Tatsuma, Takasugi Shinsuke, Yoshida Shouyou
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NdA: L’idea fondamentale era quella di giocare un po’ coi suoni e far come se Shinsuke riavvolgesse e facesse partire il nastro della propria mente in modo quasi casuale, facendo così susseguire ricordi felici e tristi di lui, i suoi compagni, Shouyou.

Per quanto riguarda il tempo presente, è ambientata appena prima di Benizakura.

Spoiler della Shogun Assassination Arc! Sul serio, se non siete almeno all’episodio 305, fate retro front immediatamente!


Buona lettura!
 

Bleeding Dreams Into Nightmares

 

Il forte getto dell'acqua calda riempiva la vasca e per stanza da bagno si diffondeva il vapore che, in una nebbia sempre più fitta, si mescolava al fumo espirato dall'uomo.

Shinsuke ne guardava distrattamente i riccioli di fumo ancora una volta confondersi e scomparire nella nebbia che riempiva il bagno e tirò un'altra boccata.

Il flebile rumore della combustione mentre aspirava, il liberatorio soffio con cui esalava, l'acqua che scendeva implacabile erano gli unici suoni che potessero sentirsi, e gli unici di cui aveva bisogno in quel momento.

Bansai avrebbe potuto sentire un altro suono, quello proveniente dalla sua anima, eppure non se ne sarebbe deliziato: al solito tripudio di strumenti che veloci e improvvisi inaspettatamente si sovrapponevano stratificandosi e prendevano a ritmi alterni il sopravvento – i cori, le chitarre elettriche, il basso, la batteria, il sassofono –, si univa in sottofondo il suono spezzato, stridente, fastidioso e difforme di un disco in vinile graffiato.

E sempre lui, se non l’avesse mandato a provare mercanteggiare con gli Harusame gli avrebbe fatto notare essere lo stesso rumore che faceva ogni volta che si recava a Edo consapevole di dover avere a che fare coi suoi vecchi compagni.

Posò la kiseru al bordo della vasca in un gesto automatico, prima di scavalcare il bordo vasca e immergere il corpo nell'acqua bollente fino al busto; la testa ciondolante all'indietro, gli occhi chiusi. La pelle divenne rossastra, quasi soffrendo per l’alta temperatura.


*


I legami

«Gintoki, Takasugi, va bene la temperatura dell’acqua ora?» domandò Katsura affacciandosi all’ofuro della Shouka Sonjuku dopo aver rinvigorito il fuoco per riscaldare la vasca.

«Zura, è uno scherzo? È troppo calda! Che c’è, hai deciso che vuoi farci diventare rossi come gamberi per renderci ridicoli, eh? È così che vuoi diventare un generale?». Gintoki aveva quasi urlato, dopo aver immerso un dito nella vasca.

Kotarou sospirò profondamente.

«Non è Zura, è Katsura. E poco fa la trovavi ancora troppo tiepida».

«A me questa temperatura va bene». Constatò Shinsuke, già entrato nella vasca.

«Perché sei già un gambero, Ebisugi!»

«Smettila di dire cose senza senso!» urlò Takasugi lanciandogli l’asciugamano bagnato addosso. Gintoki gli lanciò la saponetta.

«Piantatela di fare gli idioti, voi due!».


*


Il Leader della Kihetai non sapeva se dirsi più innervosito dal crescente ritardo dei due cespugli incolti o se dal modo in cui Zura dimostrava la sua palese preoccupazione nella tenda dei Quattro Generali, al riparo dagli occhi dei soldati che lo credevano perennemente composto e freddo quanto la neve che cadeva ora all’esterno.  

«Zura, siediti. Camminare avanti e indietro non li farà tornare prima».

«Sarebbero dovuti essere qui un’ora fa, Takasugi! Un’ora!».

«Tranquillo, arriveranno presto».

«Come puoi dirlo con certezza? Potrebbero essere caduti in un’imboscata! Dovrei organizzare subito delle squadre di ricerc--».

«Eccoci» disse Gintoki entrando nella tenda seguito da Tatsuma.

I due ragazzi erano infreddoliti dalla rigida temperatura all’esterno, e una sferzata di vento gelido accompagnò il loro ingresso.

Shinsuke, seduto a gambe incrociate, aveva rivolto loro un’occhiata e poi a Kotarou.

«Te l’avevo detto che sarebbero tornati presto, Zura».

Katsura aveva tirato un sospiro di sollievo vedendoli entrare, ma riacquisì velocemente l’atteggiamento formale e distaccato di cui si vestiva da generale.

«Non è Zura, è Katsura. Alla buon’ora! Asciugatevi, immediatamente. Non possiamo permetterci che vi ammaliate. Com’è la situazione?».

«Gli Amanto si stanno radunando nella valle oltre la collina alle nostre spalle. Duemila unità, all’incirca» disse Gintoki indossando una casacca asciutta.

«E a est stanno rinforzando le fila con unità miste come quelle che abbiamo visto ieri a ovest» aggiunse Sakamoto mentre strofinava un telo contro i capelli.

«Manovra a tanaglia» constatò Takasugi.

«Mirano ad accerchiarci, eh…?» mormorò pensieroso Katsura fissando la cartina sul tavolo davanti a sé.

«Allora, che vuoi fare, Zura?» chiese Sakamoto.

Kotarou non lo corresse; gli occhi fissi sulla cartina.

«Ci ritiriamo verso Kyoto» affermò dopo un lungo silenzio, mentre gli altri tre lo guardavano mordicchiarsi il labbro inferiore.

«Kyoto, eh? Ho sentito che lì il Bakufu ha meno presa sulla popolazione. Dovremmo riuscire a riorganizzarci» riconobbe Takasugi.

«Già li sento: “Andiamo indietro come i gamberi? Facciamo i codardi come conigli?”» disse Gintoki, la mano destra a grattarsi la nuca.

«Kyoto è famosa per i templi e i bordelli; saranno ben felici di fare i conigli!» esclamò Sakamoto, e la sua risata raggiante li contagiò in fretta.


*


Le aspirazioni

Shinsuke aveva le mani ormai insensibili per il freddo, ma appallottolò la quindicesima palla di neve, su cui sistemò due bacche come occhi e due foglie per fargli le orecchie.

Non era la prima volta che Zura aveva idee a dir poco bizzarre, ma questa entrava a pieno titolo tra le più bislacche.

Shinsuke avrebbe giurato e spergiurato di starsi prestando al gioco solo perché Gintoki aveva seguito Zura in quella idiozia e insinuato che Shinsuke avesse le mani troppo piccole per farne più di lui.

«Oh, avete fatto dei conigli di neve?».

I tre bambini si voltarono verso la figura sorridente di Shouyou che si sedeva nell’engawa.

«Vi ho mai parlato dello Tsuki no Usagi?».

«No, Shouyou-sensei!» aveva risposto Zura con fin troppo entusiasmo. Immediatamente aveva abbandonato i conigli e si era seduto di fronte al maestro.

Secchione.

«Proprio ora, Shouyou? Sto battendo questo scemo a chi ne fa di più!» esclamò Gintoki, indicando Shinsuke col pollice.

«Ohi! Ne hai fatti quanti ne ho fatti io, idiota!».

«Mmh… Direi che per ora è un pareggio. Che ne dite?».

Il tono e il sorriso di Shouyou lasciavano decisamente poco spazio all’immaginazione: potevano sentire la storia ora e continuare la loro piccola sfida dopo, oppure utilizzare i conigli di neve per placare il dolore dei bernoccoli che avrebbero avuto in testa se avessero continuato a dimostrare la loro vasta conoscenza dei sinonimi di ‘deficiente’.

Entrambi scelsero la prima opzione.

«Dunque, un giorno un povero viandante giunse in un bosco, affamato ed esausto. Fermatosi a riposare incontrò una scimmia, una lontra, uno sciacallo e un coniglio, e chiese loro aiuto perché lo aiutassero a trovare del cibo. La scimmia immediatamente sparì tra i boschi e tornò con della frutta trovata sugli alberi; la lontra si tuffò nelle fresche acque e gli donò dei succulenti pesci; mentre lo sciacallo trafugò da una casa vicina del cibo».

«E il coniglio?» chiese Gintoki, la voce appena alterata per il dito che aveva infilato nel naso.

«Il coniglio non riuscì a procurare nulla, e si lanciò tra le fiamme per poter fare anche lui dono del cibo al viandante».

«Povero coniglietto...» singhiozzò Katsura, sulla cui testa Shouyou posò la mano in una delicata e consolatoria carezza.

«Ma il viandante era una divinità, dunque omaggiò il coniglio imprimendo la sua effige sulla luna. Sapete, la si può vedere nelle notti di luna piena… Riuscite a immaginare quale sia il significato della storia?»

I bambini scossero la testa.

«Lo spirito di sacrificio, miei piccoli samurai».

 
*

I desideri

La leggera brezza estiva accarezzava delicatamente i quattro giovani samurai, stesi sul manto erboso e con gli occhi fissi al cielo.

In alto, la luna piena li guardava come una madre amorevole.

«… E quella invece è la costellazione dell’Ariete» spiegò Sakamoto, il dito puntato verso un gruppo di stelle a tracciarne i contorni.

Gintoki sbadigliò. «Non dovevamo vedere le stelle cadenti? Da quando è diventata una lezione di astronomia, ah?».

«Eheh, Kintoki, però ancora non se ne vedono! Sapete, ragazzi… Vorrei proprio chiedere di vivere tra loro» disse sognante. «E voi? Che cosa chiedereste alle stelle?».

«La nonna mi diceva che se si rivela il desiderio che si chiede alle stelle cadenti è più difficile che si avveri» disse Katsura, ma con l’angolo dell’occhio sinistro Shinsuke vide la sua mano accarezzare delicatamente il proprio petto, dove era solito tenere il libro verde della loro infanzia alla Shouka Sonjuku.

«Sapete benissimo quale sia il mio».

«E tu, Kintoki?».

Gintoki tenne lo sguardo fisso sulla luna piena, forse cercando quel coniglio di cui Shouyou sensei aveva parlato loro, e non rispose.


*


La luce del sole era forte, e Shinsuke socchiuse gli occhi per abituare la vista dopo essersi risvegliato.

La voce e le parole di quell’uomo, tanto forte quanto curioso, stavano incantando il suo cuore.

«… E diventare la tua idea di samurai».

L’intero discorso dell’uomo si scolpiva nella sua mente mentre parlava. Capì che doveva rifletterci su, ma poteva essere un indizio per trovare il tassello che sentiva mancargli, e che l’Accademia non poteva dargli.

Il giorno dopo il corpo sarebbe stato ancora dolorante, ma di nuovo, con la shinai stretta tra le piccole dita, avrebbe sfidato lo strano allievo di questo ancora più strano uomo.


*


L’odio

Il suo corpo si mosse da solo, improvvisamente insensibile al dolore che pervadeva ogni fibra del suo corpo. La sua era voce rauca dalla stessa furia che l’aveva mosso, e urlava il nome di Gintoki quando ancora la testa di Shouyou si trovava a mezz’aria.

I suoi occhi, fissi sulla figura di un candido bianco funereo macchiato di sangue erto davanti a lui registrarono solo per un attimo il suo sorriso, prima che uno di essi si oscurasse per sempre e le sue labbra si serrarono. Il suo urlo divenne muto, ma la sua anima continuava a gridare assordante, e solo lui poteva sentirla.


*


I ricordi in cui aveva indugiato lo riportarono alla realtà in cui l’occhio sinistro pulsava, come a voler infrangere l’immagine del sorriso di Gintoki. Come quando da bambini giocavano a infrangere l’immagine dell’altro riflessa nel fiume.

Portò una mano bagnata e ve la posò sopra a placarlo e fissare l’immagine a memoria della sua determinazione nel momento in cui una lacrima di sangue colava sul suo viso.








 
 

Note finali:

Il riferimento alla musica dell’anima di Shinsuke deriva fondamentalmente dalla mia idea che il suo tema, Yami yo no Mushi wa Hikari ni Tsudou, sia “il suono della sua anima”, quello che sente Bansai.

 

La genesi di questa fic è stata abbastanza travagliata. Era tra i miei work in progress da ottobre ed è stata rivoluzionata parecchio in questi quasi otto mesi. Spero che non mi sia sfuggito nulla, ma se dovessero esserci errori o sviste, fatemelo sapere senza problemi!

È anche il mio primo tentativo di gestire il PoV di Shinsuke, e sebbene non ci sia chissà quale introspezione, spero di averlo centrato.

Non è esattamente una fic di cui sia particolarmente soddisfatta, ma non importa. Mi piace condividere col resto del Fandom!

 

Commenti, critiche costruttive incluse, sono sempre ben accetti.


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