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Autore: kianeko    02/06/2019    5 recensioni
Dal testo: "Kojiro era sempre stato il capitano delle squadre in cui aveva giocato da ragazzo e una volta lo era stato anche della nazionale, anche se non era andata proprio benissimo. Per alcuni dei suoi ex compagni di squadra, rimaneva ancora il capitano. Il destino l’aveva fatto crescere prima del dovuto e si era sempre sentito il capitano di qualcosa anche senza indossare quella fascia: il calcio, il lavoro, e soprattutto, la famiglia."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kojiro era arrivato in anticipo al suo appuntamento e adesso se ne stava sdraiato, con le braccia incrociate sotto la testa, sull’erba di quel campo da calcio a osservare le stelle: non c’era posto migliore per godersi quella sensazione di calma. Erano stati entrambi molto impegnati e non si vedevano da diversi mesi: si erano sentiti spesso però. Avvertiva la sua mancanza e non poteva fare a meno di pensare al tempo che passava e di tutto quello che, per seguire la sua carriera, si stava perdendo. Era in Giappone già da qualche giorno, eppure non erano riusciti mai a incrociarsi, neanche per sbaglio. Da quando aveva ricevuto la nomina di capitano della nazionale, non aveva avuto più un attimo libero nemmeno per una tazza di tè o una cola, e lo capiva bene cosa voleva dire: chi meglio di lui poteva capire cosa significasse quel ruolo?
Kojiro era sempre stato il capitano delle squadre in cui aveva giocato da ragazzo e una volta lo era stato anche della nazionale, anche se non era andata proprio benissimo. Per alcuni dei suoi ex compagni di squadra, rimaneva ancora il capitano. Il destino l’aveva fatto crescere prima del dovuto e si era sempre sentito il capitano di qualcosa anche senza indossare quella fascia: il calcio, il lavoro, e soprattutto, la famiglia. Il tempo per lui era trascorso impietoso e alla fine si era ritrovato uomo quando avrebbe voluto essere solo un ragazzo e godersi le piccole gioie che l’avevano portato a essere quello che era. Era questo il motivo per cui ora se ne stava lì ad aspettare impaziente il suo arrivo: era il suo fiore all’occhiello, il suo orgoglio, ciò che lo faceva vantare, più di chiunque altro, di essere sempre stato un buon leader.
Kojiro era stato entusiasta quando, nell’ultima telefonata, gli aveva detto «Sarò il capitano della nazionale!», con la voce piena di felicità e di orgoglio come non l’aveva mai sentita. C’erano stati tanti, tantissimi sacrifici, ma con il tempo tutto era stato ripagato e con gli interessi. Aveva atteso con più smania del solito, questo suo ritorno in patria, voleva congratularsi di persona e dire tutto quello non aveva mai osato pronunciare: c’erano cose in lui, che per quanto importanti fossero, non gli uscivano dalle labbra, complice la timidezza e quel soprannome che si portava sulle spalle da sempre. Ora eccolo lì, ad aspettare sotto le stelle, che arrivasse e potergli dimostrare tutto quello che non gli era mai sfuggito neanche per errore. Si era sentito davvero in colpa ad aver dato poca importanza a quella convocazione in nazionale, ma sapeva che quello era l’unico modo per dare una spinta: non voleva che fosse un motivo per adagiarsi sugli allori.
Kojiro era ancora immerso nei suoi pensieri quando percepì del movimento e, senza un saluto o una parola, si sdraiò accanto a lui e poggiò la testa sul suo petto. Era un contatto che gli era mancato da impazzire, stare così fermi in silenzio era sempre stato speciale per lui. Non lo avrebbe mai ammesso, pur di evitare stupide gelosie o invidie, ma il loro rapporto era sempre stato unico e diverso: sin dalla prima volta che si erano incontrati, aveva percepito un legame particolare. Quanto tempo era passato? Eppure nulla era mutato, perché, nonostante tutto, loro non potevano cambiare: c’erano state liti e scontri duri a volte, ma loro erano legati da un filo indistruttibile. Essere lì insieme, a guardare le stelle, lo rendeva felice come un ragazzino al primo appuntamento: poteva sentire chiaramente il suo respiro e si stava beando di quel momento solo per loro.
«Io…» iniziò titubante attirando la sua attenzione «… io ho tanta paura».
Kojiro abbassò lo sguardo a esaminare la testa che, appoggiata sul suo petto, scrutava il cielo. Erano secoli che non stavano così, solo loro due in totale solitudine. «E di cosa?»
«Non so se sarò un bravo capitano e quella di domani sarà una partita davvero importante».
Sorrise, tornando a guardare la volta celeste. Cosa poteva chiedere di meglio se non quel momento perfetto per dire tutto? «Sarai il miglior capitano di sempre.» disse lui con una punta d’orgoglio «Io stesso ti vorrei come tale».
«Dici sul serio?» domandò voltandosi per guardarlo in volto.
«Ti ho mai mentito?» rispose fissando quegli occhi neri in cui si rispecchiava «Se ti fa sentire meglio domani verrò allo stadio per vederti giocare».
«Faresti davvero questo per me?»
«Farei qualunque cosa, lo sai». Tornarono in silenzio a guardare le stelle, con una maggiore consapevolezza e una sensazione di serenità e pace. Non riusciva a smettere di sorridere e sentiva la felicità pervaderlo come solo in poche altre occasioni era successo con tanta intensità.
«Non vedo l’ora di vederti sul campo, di vedere la tua determinazione e la tua bravura sbaragliare tutti».
«Non so se sarò mai alla tua altezza».
«Non potrai mai essere alla mia altezza, perché potrai soltanto essere più di tutto quello che sono stato io, la stella più luminosa di sempre».
Kojiro avvertì chiaramente tirare su col naso: stava piangendo. Faceva sempre così quando riceveva un complimento, un vizio immutato in tanti anni: lacrime di gioia sincera. Aveva raggiunto il suo vero scopo nella vita, l’unico per la quale aveva davvero lottato con le unghie e con i denti: rendere felici le persone che amava. In quella notte, sotto il cielo più stellato di sempre almeno per lui, si sentiva l’uomo più felice e orgoglioso del mondo: aveva insegnato e fatto amare il calcio a una delle persone più importanti della sua intera esistenza.
«Comunque vada, qualunque cosa accada nella partita di domani, divertiti come il primo giorno che abbiamo tirato calci al pallone insieme. Prenditi la tua rivincita verso chi non ci credeva, chi diceva che non ce l’avresti fatta. Fai vedere cosa significare essere un Hyuga.» disse mentre sentiva i singhiozzi ripartire «Papà da lassù ti guarda, e in mezzo a quelle stelle, farà il tifo per la sua piccola Naoko, il capitano migliore di sempre».






Una cosa piccola piccola nata nell'attesa del'inizio di questo mondiale femminile.
   
 
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