Anime & Manga > Bungou Stray Dogs
Ricorda la storia  |      
Autore: Ellie_x3    08/06/2019    4 recensioni
Quello che Akutagawa non sapeva era che il problema non esisteva.
…'Più', Chuuya. Il problema non esiste più.
Il problema se n’è andato un po’ di anni fa, giusto? É il problema di qualcun altro, ora.


[PostCanon Soukoku]
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

If a Purple Hyacinth Could Break a Wall



“Nakahara-san? Cosa stai facendo?"
Lanciando uno sguardo annoiato sotto di sé, Chuuya si chiese come, esattamente, un exectuive potesse fare una domanda tanto idiota. Ma— già, non erano rimaste molte persone disposte a lasciarlo in pace, e ancor meno pronte a chiudere la bocca prima di disturbarlo. Higuchi aveva la mascella a terra e il naso all’insù come se avesse visto un fantasma; Akutagawa, in silenzio, lo fissava con le mani affondante nelle tasche.
“Hm?”
“Nakahara-san?"
“Non è ovvio?,” sbottò, portandosi la sigaretta alle labbra, “Siete idioti? Sembra che non abbiate mai visto qualcuno camminare per pensare.”
“Ma—”
“Mi schiarisce le idee. Che cazzo avete da fissare?”
Non aveva previsto che quell’ultima parola suonasse come una minaccia, o un insulto, e che Higuchi incassasse la testa fra le spalle come se si aspettasse una pioggia di qualcosa, qualsiasi cosa, a colpirli.
Akutagawa alzò il mento, impercettibilmente, come se potesse esprimere la stranezza della situazione senza sprecare una sola parola e, sebbene solitamente Chuuya non disdegnasse l’eloquente silenzio del ragazzo, quando ne incontrò gli occhi grigi si sentì improvvisamente appesantito, fuori posto, come se una forza senza nome lo invitasse a scendere e comportarsi come tutte le persone normali.
Non era una bella sensazione, se si stava camminando sul soffitto.
“C’è qualche problema, Nakahara-san?”
“Quando mai non abbiamo un problema, Akutagawa.” replicò Chuuya, sbuffando una nuvola di fumo. Il tabacco aveva il profumo amaro che gli sarebbe rimasto sui vestiti per giorni, e finse di non notare che Higuchi aveva silenziosamente attraversato la stanza per aprire una finestra. 
Oltre i vetri, il cielo di Yokohama si era tinto di una calda luce aranciata, il sole era una palla di fuoco morente dietro i grattacieli e, per la prima volta, si chiese da quanto era chiuso negli uffici della Port Mafia— circa tre caffè e un pacchetto e mezzo di sigarette, sì, ma quanto?
“Che ore sono?”
“Cos’è successo?”
A Chuuya non piaceva la pretesa di risposte di Akutagawa, né sperava di poterla evadere.
Il ragazzino, con quella sua attitudine a muoversi per uccidere, lo sapeva. Sapeva che c’era un solo idiota in grado di ordire eventualmente una trama abbastanza elaborata da costringerlo a camminare nervosamente su e giù per una stanza chiusa, una sigaretta dopo l’altra, un piano scartato dopo l’altro, e sapeva che, prima o poi, Chuuya si sarebbe stancato e sarebbe uscito per andare ad insultare Dazai di persona.
Akutagawa sapeva anche che Chuuya non aveva alcuna voglia di spiegare la situazione, qualunque essa fosse, eppure l’aveva chiesto lo stesso.
Quello di cui non era a conosceza, tuttavia, era che il problema non esisteva.

…"Più", Chuuya. Il problema non esiste più.
Il problema se n’è andato un po’ di anni fa, giusto? É il problema di qualcun altro, ora.

“Nulla,” rispose, alla fine.
“Nakahara-san…”
“Non è successo nulla,” avrebbe voluto non vedere il cratere che si era aperto nel pavimento con un boato sordo, schiacciato dalla gravità. Avrebbe anche voluto credere di avere una presa un po’ più ferma sulla propria rabbia, ma a quanto pareva doveva lavorarci ancora — e quel giorno era difficile. “É un anniversario fastidioso.”
“Hm?”
Higuchi piegò il capo per vederlo meglio, tendendosi abbastanza da sembrare minuscola. Tutti sembravano più piccoli, da quell’altezza; forse aveva un trauma, considerò Chuuya, chinando il capo per nascondere il rossore di fronte ad un’idea tanto idiota. Forse doveva ricominciare a bere latte.
“Che anniversario?”
“Capisco,” mormorò Akutagawa, annuendo impercettibilmente, “É di nuovo quella sera."
"Dovremmo essere fuori a festeggiare,"
"Forse," ora la sua voce tremava, rabbia e fastidio e un senso d'abbandono malamente nascosto dagli anni, e Chuuya si pentì di aver ricordato ad Akutagawa il significato di quella sera. "Ora ricordo... sì, davvero una questione fastidiosa.”
“Non vi sto seguendo,” ammise Higuchi, con uno sbuffo.
Pur non guardandola, Chuuya immaginò che stesse fissando Akutagawa con quel suo sguardo nocciola carico di domande, di cose che non poteva sapere, e che Akutagawa le avrebbe risposto con il silenzio e una patina impietosa negli occhi. Era una brava partner, Higuchi, ma non abbastanza, e Akutagawa non l’avrebbe mai lasciata avvicinare perchè non era facile aprirsi, non era semplice mettere la propria esistenza nella vita di qualcun altro, lanciarsi nel vuoto e sapere di poter essere preso.
Non era facile, ed era una decisione sbagliata a prescindere.

Guarda dove sei finito tu. 
Su un soffitto, come un idiota, con una sigaretta che sta finendo.  

“É l’anniversario di quando ho sprecato una bottiglia di Pétrus del 1889,” replicò, prendendo una lunga boccata di fumo.
“Tutto qui?”
“Eh? Higuchi-san, hai idea di quanto costi una bottiglia?”
Quella bottiglia se l’era meritata, ed era l’anniversario della prima e ultima occasione in cui aveva bevuto un vino così costoso. Era anche l’ultima sera in cui aveva visto la propria macchina intatta. E il proprio partner.
Ma non che gli importasse qualcosa.

 

- - -


“Mi hai già preso da bere? Sono commosso, kuso Dazai.”
Come aveva previsto, Dazai non alzò nemmeno lo sguardo quando Chuuya scese le scale di legno del Lupin, lasciandosi abbracciare dalla luce soffusa e dall’odore zuccherino degli alcolici e pungente del tabacco. Gli sembrò di vederlo sobbalzare, forse, ma con tutta la caffeina che aveva in corpo Chuuya non si sarebbe azzardato a giurare che non se lo fosse immaginato.
“Non è per te, Chuuya.”
“Come se la cosa potesse fermarmi,” replicò, con un ampio sogghigno ad incurvargli le labbra.
Giurò però di vedere quelle di Dazai piegarsi all’ingiù, i suoi occhi stringersi impercettibilmente, quando l’altro prese posto sullo sgabello vuoto alla destra dell’altro.
“A bere da solo senza asilo nido a seguito? Neanche il tigrotto? Che c’è, idiota, ti hanno finalmente buttato fuori a calci come lo spreco di bende che sei?”
“A differenza tua, la mia vita non è fatta di gente si vuole liberare di me il prima possibile.”
“Sì, certo.”
Dazai doveva essersi accorto dell’idiozia che aveva appena detto — no, la verità era che la gente voleva bene a Dazai. Ne voleva davvero.— perchè ridacchiò, soddisfatto di sé stesso.
Invece di rispondere, aveva fatto scorrere un terzo bicchiere di whiskey fra loro. Il vetro spesso, rilucente alla luce delle lampade, era scivolato sul bancone laccato senza un suono se non il tintinnare del ghiaccio.
“Tieni.”
“Hm?”
“Avevo comunque previsto la tua fastidiosa interruzione, O-chi-bi, un bravo cane dovrebbe sempre seguire il padrone. Ma—” ignorò l’insulto ululato dall'altro, con un sorriso che all’altro fece solo venir voglia di colpirlo più forte, “Ma l’altro bicchiere è di qualcun altro.”
“Oda?” domandò Chuuya, lanciando uno sguardo al bicchiere accanto al proprio gomito: una palla di ghiaccio immersa nell’oro di tre dita di Whiskey, che brillava di riflessi ambrati sotto le luci soffuse del locale, ed un minuscolo mazzo di fiori.
Quell’idiota aveva rispettato l’anniversario della morte di Oda Sakunosuke con precisione religiosa. Era anche l’anniversario della morte di qualcos’altro, ma Dazai non si era mai degnato di scrivergli un messaggio.

Ed ora avrebbe risposto come se la cosa non avesse nulla a che fare con Chuuya, come se non fosse stato altro che un passante nel rumore bianco—

“Naturalmente.”

Eccolo.

“E quindi sei venuto a piangerti addosso? Mi fai schifo.”
“Se ho dato l’impressione di volerti trattenere, Chuuya, mi spiace; è esattamente il contrario.”
Era incredibile come Dazai potesse bere ed apparire calmo, un lago senza increspatura alcuna, quando sotto la superficie Chuuya poteva quasi sentire il calore della sua rabbia: l’aveva interrotto, l’aveva fatto apposta, e si era seduto sullo sgabello sbagliato.
Se c’era Chuuya al suo posto, ‘Odasaku’ non sarebbe mai tornato.
“Ti manca così tanto, hm? Potrei piangere. Mi sorprende che tu non l’abbia ancora raggiunto, onestamente.”
“Sorprende anche me. Forse perchè non ho ancora trovato una bella donna che mi accompagni nel suicidio, ed è incredibile la mancanza di fantasia se non si vuole soffrire…” 
Senza nulla da aggiungere — nulla che non prevedesse l’uso della violenza, e sembrava ridicolmente presto per arrivare alla rissa nonostante il tono allegro di Dazai gli accapponasse la pelle per il disgusto — Chuuya scosse la testa.
“L’altro tuo amico, il quattr’occhi?”
“Non verrá,” replicò Dazai, con leggerezza, prendendo un sorso di whiskey. “Non viene mai qui; mi domando perchè.”
“Non tutti ti vogliono accompagnare nella tua disturbata passeggiata fra i ricordi, non mi dire. Mi stupirei, se tu non fossi un deficiente.”
“Tu, invece. Che diavolo ci fai tu qui?” 
Non era che non sapesse cosa dire, che non avesse sulla punta della lingua mille ritorsioni più o meno sarcastiche, ma Chuuya esitó lo stesso; esitó perché sapeva che Dazai voleva morire ma non gli piaceva soffrire. Quella notte Lupin era una tagliola, un nido di sofferenza e rimpianti, ma Dazai vi era entrato consapevole e ogni anno rimaneva artigliato alla sua personale macchina di dolore.
Esitó perché, per la prima volta in anni, si era degnato di chiedergli qualcosa prima di dedurlo.
“Io? Che domanda idiota, kuso Dazai. Sono qui per bere.”
Con un humpf leggero, Dazai reclinó il capo verso di lui. Ciocche scure gli cadevano sul viso — ed aveva gli occhi arrossati o era l’alcool, aveva un sorriso piegato all’ingiù o era il whiskey? — ma non si disturbava mai a sistemarle.
“Buffo tempismo, O’Chibi.” 
“Ero da queste parti.”
“Hm. Se non ti conoscessi come il palmo delle mie mani, sospetterei che non sia stato un caso.”
Assottigliando gli occhi, Chuuya lo guardó per un istante, un senso di oppressione nel petto.
Ripensò a Higuchi, e al gelo con cui Akutagawa non aveva risposto alla sua domanda; ripensò all’ovvietà che aveva sentito mille volte, che Dazai lo conosceva e lui conosceva Dazai. Ripensò che erano tutte cazzate, sbattendo il pugno sul tavolo.

Ti conosco come me stesso, meglio di me stesso.
Ti conosco come se fossi l'unica persona che rimane in questo mondo
, gli aveva detto anni prima, ma evidentemente non era stato abbastanza.

“Il palmo delle tue mani è coperto da quelle bende di merda, idiota,” replicò, con più cattiveria di quanta intendesse lasciarne trasparire, “ti sei dimenticato come sono fatte da un bel po’, non dire cazzate che non pensi.”
Per la prima volta, il volto di Dazai si contrasse in una smorfia appena accennata; un istante di puro fastidio, un sentimento talmente potente da far breccia nella maschera. Chuuya sogghignò. Dopotutto Oda, vivo o morto che fosse, riusciva sempre a distruggere la maschera che così zelantemente Dazai indossava ogni giorno e non si sarebbe aspettato nulla di meno nell’anniversario della sua dipartita.
 
Congratulazioni, Oda QualeCazzoEraIlTuoNome. 

“Beh? Il morto ti ha mangiato la lingua, stupido mackerel?”
L’altro scosse la testa. 
“Ti insulterei, ma non ne vale neanche la pena,” replicò, con un tono leggero.
Un'altra maschera, una pila di bugie alta come una montagna che era sufficiente per far stringere i pugni di Chuuya finché le nocche non diventavano bianche sotto i guanti, chiedendosi chi, esattamente, fosse la persona al suo fianco.
“Perché non sono il tuo amichetto morto?” 
Dazai non rispose.
“Nee, kuso Dazai?” insistette, piegandosi sul bancone. Aveva l’odore di fumo, di alcool e di chiuso che Chuuya aveva sempre immaginato. “Sei arrabbiato perchè ho rovinato la tua veglia funebre? Bene.”
“Arrabbiarsi è una perdita di tempo, soprattutto con te.”
“Cazzate. Sei furioso, ed è un motivo idiota e infantile esattamente come te: era un posto vuoto, non sarebbe arrivato nessuno in ogni caso.”
Il Dazai che aveva conosciuto l’avrebbe spinto giù dallo sgabello del bar.
Il Dazai che aveva conosciuto l’avrebbe insultato e sarebbe andato bene anche quello, perché il Dazai che aveva conosciuto avrebbe fatto un sacco di cose che quella persona che aveva ritrovato dopo anni dal loro ultimo litigio non faceva più.
Era come non aver condiviso nulla, Chuuya ripercorreva tracce e i contorni a grandi linee di qualcosa che era stato familiare ma che era svanito nel fumo, e non era divertente. 
Il nuovo Dazai aveva preso un sorso di whiskey come se l'altro non avesse parlato affatto, chiuso in pensieri che non lasciavano spazio per un ex partner.
“No, non sarebbe arrivato nessuno,” mormorò, “hai ragione, perfettamente ragione.”
“Ti aspetti davvero di vedere Oda?”
“Mai dire mai,” replicò Dazai, senza alzare lo sguardo.
Per un qualche motivo, Chuuya sentì lo stomaco stringersi in una morsa. 
Il nuovo Dazai viveva con l’Agenzia, e non sarebbe mai tornato la persona che aveva conosciuto. 
Se quello spreco di bende aveva il diritto di piangere il suo amico, Chuuya aveva il diritto di ricordargli che non era l’unico a dover piangere qualcosa; maledizione, avrebbe voluto sbattergli in faccia Akutagawa, con i suoi traumi e la sua violenza e i discorsi che, in un modo o nell’altro, tornavano su Dazai. Era sempre lui, come un proiettile incastrato nel suo corpo; Chuuya era andato all’estero pur di non sentirlo, per non sentire quel nome, eppure anni dopo lo tormentava ancora.
“Allora sei davvero un idiota senza speranza, stupido mackerel.”
“Chuuya, lo sai che non siamo più partner, giusto?”
Per un secondo, Chuuya si immobilizzò.
Quella punizione era crudele perfino per Dazai. Non poteva essere un caso che avesse scelto quella sera, fra tutte, perchè ogni coltellata dell’ex prodigio della Port Mafia era raffinata e carica di veleno: Chuuya odiava il ringraziamento che gli saliva in gola ogni volta che Dazai lo degnava della sua amicizia, perchè quella coltellata era sempre in agguato nel momento migliore.
Quella era la notte perfetta.
“Ovviamente. Mi dimenticherei la cosa migliore che mi sia mai capitata, secondo te, stupido? É per quello che sono venuto a bere,” replicò, la voce che tremava leggermente, “per festeggiare il giorno in cui mi sono liberato del tuo peso morto.”
Ingollò l'intero bicchiere in un sorso solo per dimostrare il concetto, nonostante il proprio corpo gli urlasse che non era una buona idea, ma quando mai qualsiasi cosa che comprendesse Dazai era stata una 'buona idea'? E quando mai l'aveva fermato?
Quell’idiota non si era mai scusato per averlo lasciato indietro, né per aver spezzato una delle tante corde che univano la loro squadra. Ora, tutto quello che Chuuya avrebbe affidato a Dazai senza battere ciglio era la propria vita: c’era stato un tempo in cui gli aveva offerto qualcosa di più importante, ma Dazai era uscito dal suo campo visivo senza una parola per non fare più ritorno.
“Dì, Chuuya—”
Per un momento, Chuuya sentì ogni singolo organo del proprio corpo crollargli alle caviglie. Sembrava così serio, prima di aprirsi in un sorriso: un sorriso incredibilmente triste e luminoso ed era strano vederlo così, come se avesse finalmente trovato qualcosa per cui vivere. 
“Hm?”
Ovviamente, non doveva voler vivere poi così tanto.
“…Ma arrivi a terra con quello sgabello?”

 

- - -
 

C’erano molte cose che Chuuya non ricordava di quella sera; sapeva che la mattina dopo si era risvegliato nel proprio letto, i vestiti piegati meticolosamente sulla cassettiera. Dazai doveva averlo trascinato a casa, considerato l’orrendo biglietto che lo informava che la sua moto era stata recuperata da Gin (cuore, enfasi sul fatto che la ragazza non avesse la patente e che tutti nella Port Mafia fossero ‘degli irresponsabili’, altro cuore; da che pulpito, poi) e che sbavava quando dormiva.
Chuuya non si ricordava varie cose, di quella sera.
Dazai sì.
Dazai si ricordava perfettamente il momento in cui l’ex compagno aveva appoggiato il capo sul bancone del bar e il cappello era scivolato via con un leggero fruscio, libero dalla presa della gravità che solitamente lo manteneva al proprio posto. Ricordava il respiro pesante di Chuuya, preludio di un leggero russare.
“Vieni,” gli aveva detto, alzandosi a propria volta “non puoi dormire piegato come il cretino che sei.”
La risposta che aveva ottenuto era un intellegibile mix di insulti e mugugni.
Non c’era nulla che avrebbe mai potuto far scordare a Dazai come avesse dovuto allacciarsi le braccia di Chuuya al collo, costringendolo ad alzarsi; il ragazzo aveva iniziato ad inciampare sulle proprie gambe, un passo trascinato dopo l’altro, e di fronte all’evidenza Dazai aveva sospirato.
“Ti sto per prendere in braccio, O’Chibi.”
Non ti azzardare, bastardo.
Glielo avrebbe detto se fosse stato più sveglio e meno ubriaco, e Dazai avrebbe ringraziato gli dei per la sua bassezza, ma non era solo quello: Chuuya sembrava esausto, abbastanza da lasciarsi sollevare e stringergli obbedientemente le gambe contro i fianchi. Non pesava nulla, e anche se fosse l’abilità dell’altro non avrebbe potuto rendergli le cose più semplici, ma il suo respiro sul collo e come gli aveva premuto la fronte contro la spalla erano sufficienti a rendere difficile ogni singolo passo.
Dazai ricordava anche che Chuuya aveva iniziato a parlare dopo qualche minuto che erano usciti dal locale, e lui aveva sperato contro ogni buon senso che non si svegliasse per non doverlo lasciare andare.
Idiota.
“Oh? Sei sveglio?”
“Sei un idiota, kuso Dazai.”
L’idea di lasciare la presa e lasciar cadere l’ex partner sull’asfalto bagnato dipinse un sorriso sul volto dell'uomo. Sarebbe stata una vendetta decente, finalmente, e stava già per allentare la presa, ma il borbottio dell’altro lo costrinse ad ascoltare.
“Potrei distruggere questo locale— se potessi distruggerlo, quello spostato di Dazai tornerebbe indietro. Se tornasse indietro, potrei dirglielo.”
Ah, si faceva interessante. 
“Dirmi cosa?” lo incalzò lui, con un ghigno crudele sul volto.
Dopotutto, Chuuya era rimasto il ragazzino di un tempo, e tutte le informazioni che avrebbe ottenuto dal suo brontolare ubriaco sarebbero potute tornare utili in futuro: già si immaginava la scintilla di rabbia nei suoi occhi azzurri, ma Chuuya non aveva detto più nulla di intellegibile.
L’aveva insultato nel sonno, e gli aveva stretto la presa attorno al collo con una forza tale da far sospettare che non fosse poi davvero ubriaco e che stesse cercando di strangolarlo.

Di quella sera, Dazai ricordava la sensazione di umido sulla sua spalla, ma si era rifiutato di darvi un significato.
Ricordava il silenzio, l’aria pregna di salsedine e il riflesso delle luci di Yokohama nelle pozzanghere lungo la strada. Ricordava che trasportare Chuuya fino a casa gli aveva fatto dolere le braccia, ma era un bel cambiamento rispetto al solito senso di oppressione al petto che lo assaliva in quella ricorrenza, quando anno dopo anno gli veniva sbattuto in faccia il proprio fallimento nel salvare un amico.
Era sicuro che si sarebbe dimenticato presto del modo in cui le dita di Chuuya erano artigliate al suo impermeabile abbastanza a fondo da fargli sentire la pressione delle sue unghie nonostante i guanti, e come gli aveva serrato le gambe alla vita al punto da fargli male, le caviglie incrociate che premevano contro la sua schiena come se Dazai lo potesse abbandonare in un angolo della strada al pari di un randagio, un libro già letto, un vecchio giornale.
Ricordava di essersi silenziosamente scusato con Oda per l’interruzione, ripromettendosi che avrebbe visitato la sua tomba anche il giorno dopo, ma sapeva che avrebbe compreso.
Dopotutto, l’aveva sentito parlare di Chuuya così tante volte.





Nota

Holla ❤️

Il giacinto viola significa, nel linguaggio dei fiori, "rammarico," "sofferenza" e "mi dispiace". Also, non avendo mai visto la versione italiana, ho mantenuto kuso Dazai, ovvero l'insulto che Chuuya usa nel doppiaggio originale <3 
Ho inserito l'avviso OOC per sicurezza, spero non sia troppo un disastro 🤦🏼‍♀️ 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bungou Stray Dogs / Vai alla pagina dell'autore: Ellie_x3