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Autore: Aky ivanov    09/06/2019    3 recensioni
Jack Connery alias Nightmare disteso sul freddo e polveroso pavimento immerso in una pozza di sangue, con accanto suo figlio in lacrime, sarebbe stata una scena che tutti i presenti quella notte avrebbero difficilmente dimenticato.
Saguru anche senza prove concrete era convinto che dietro l' identità di Kaitō Kid si celasse Kaito Kuroba, ed era stata proprio quella certezza, alla luce degli ultimi eventi, ad aver insinuato in lui una paura ben più grande di quanto in realtà volesse ammettere.
«Kenta aveva detto, a me e Kaito qualche ora prima del tragico incidente, di voler diventare come suo padre, ho ringraziato il cielo che Kaito non fosse con noi stanotte»
Alle parole di Aoko aveva perso un battito, Kaito c'era eccome in quel dannato magazzino. Aveva visto il guanto candido stretto nella mano dell'ispettore, un tentativo fallito di salvargli la vita. Probabilmente non si sarebbe lasciato sopraffare dalla paura se il suo banco fosse stato occupato, ma lui non era venuto a scuola quel giorno.
[La storia è ambientata il giorno dopo il caso Nightmare]
Genere: Commedia, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aoko Nakamori, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Saguru Hakuba
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Infondo siamo amici

 

 

Premetto di essermi dilungata troppo, avevo pensato di dividere il capitolo ma non riuscivo a trovare un punto in cui tagliarlo e spero che l’eccessiva lunghezza non vi scoraggi dalla lettura.

Il capitolo inizia al termine degli eventi del caso “Nightmare” (Volume 4 capitoli 7-8 del manga, Episodio 12 degli special, Magic Kaito episodio 20), essendo il manga costruito come una commedia, Gosho non si è soffermato molto sulle possibili ripercussioni psicologiche dopo la morte di Jack Connery e per questo esistono le fanfiction! (Tengo a precisare che ho preso ispirazione da una fanfiction inglese "Footprints in the Moonlight di Kakashikrazy256", poi modificata e evoluta a mio gusto personale)

Buona lettura, vi attendo nelle note infondo alla pagina <3


 

Aveva bisogno di un caffè, decisamente.

Saguru non aveva smesso neanche per un istante di pensare a quella calda bevanda da quando la giornata era iniziata, o non era mai finita la precedente, dipendeva dai punti di vista. Era giunto persino ad immaginarne l’odore forte e aromatico, il torpore emanato dalla tazza di ceramica e il sapore sulle papille gustative.

In altre circostanze avrebbe rimproverato sé stesso, ne aveva già bevuti otto in meno di dodici ore e sicuramente Baya non ne sarebbe stata contenta, poteva già sentire i suoi rimproveri riecheggiare nel grande salone della casa. Questa però era una situazione diversa, non era riuscito a far tacere la vocina malefica nella testa che dalla notte precedente continuava a ripetergli di aver sbagliato su tutti i fronti, di essere stato fin troppo egocentrico e sicuro delle sue capacità finendo per arrivare tardi. Si accorse della lezione terminata solo quando la matita con cui era intento a giocare scivolò a terra rotolando fino alla sedia di Nakamori, l’unica persona rimasta all’interno dell’aula oltre lui. Neanche durante i casi, in cui aveva seguito Scotland Yard in lungo e largo per interi giorni si era sentito così stanco e spossato da non rendersi conto del luogo in cui si trovava e del tempo che scorreva, e lui era uno pseudo maniaco degli orologi.

Lentamente andò a raccogliere il prezioso antistress e la sua curiosità venne subito attirata dal foglietto azzurro, graziosamente decorato dall’orsetto disegnato nella parte alta, ricoperto ormai per metà dalla grafia elegante della ragazza.

«Stai scrivendo una lettera?» Saguru era consapevole di sembrare un impiccione con quelle domande improvvise, ma la sua indole da detective sembrava vedere misteri ovunque. La penna della compagna si fermò a mezz’aria colta alla sprovvista, non prima di aver erroneamente lasciato un solco bruno sulla parte immacolata. «Oh no! Questo era l’ultimo foglio che avevo comprato»

«Aoko-chan scusami, non era mia intenzione» goffamente aveva tentato di riparare il danno provando a cancellare, almeno un minimo, il tratto superfluo senza però alcun risultato soddisfacente.

«Non ti preoccupare» con una rinnovata compostezza la ragazza scosse la testa rivolgendogli un sorriso furbo e tirò fuori dall’astuccio una serie di pennini colorati, una quantità tale da far invidia a una cartoleria. Ad opera ultimata alzò il foglio nella sua direzione «Magia!» la striscia nera trasformata ora nel ramo stilizzato di un albero era attorniata da piccole foglioline e fiorellini rossi. Non dimostrava le abilità eccelse di un'artista ma nel complesso quel contrasto di colori infondeva allegria.

«Kuroba ti ha corrotto con le sue abilità magiche?»

Il tono scherzoso fece calare un'ombra sul volto della ragazza, seguendo la direzione del suo sguardo Saguru concentrò a sua volta l'attenzione vero il banco rimasto vuoto l'intera giornata.

«Non credo di poter raggiungere i suoi livelli, è in grado persino di sparire nel nulla senza lasciare traccia facendo preoccupare Aoko» Hakuba si morse la lingua, l'osservazione pungente di associare l'identità del liceale a quella Kid premeva per uscire dalla sua bocca «Ho anche bussato a casa sua stamattina, non ha risposto nessuno. Probabilmente è andato a trovare sua madre e si è dimenticato di avvertirmi, come al solito»

Le ultime parole furono poco più di un sussurro appena percettibile, il detective si chiese come la figlia dell’ispettore non nutrisse sospetti sull’identità dell’amico, ultimamente ogni singola azione urlava il nome della vita furtiva notturna. Ne era certo dopotutto, Kaito e Kid erano la stessa persona, aveva solo bisogno di trovare prove concrete per incastrarlo.

«Comunque Aoko, a chi stai scrivendo una lettera?»

«Kenta»

Trattenne involontariamente il respiro sentendo quel nome, il tempo sembrò essersi fermato, solo la mano in tasca stretta attorno all’orologio ticchettante indicava il contrario. Il pianto disperato di quel bambino tornò prepotente alle orecchie di entrambi riportando alla mente l’episodio accaduto poche ore prime.

Saguru aveva dovuto letteralmente pregare la ragazza affinché, giunti alla centrale di polizia, lasciasse la presa sul corpicino tremante, ma Aoko si era categoricamente rifiutata rendendo l’abbraccio ancor più soffocante unendosi al pianto. A quel punto aveva capito fosse del tutto inutile insistere, e il suo cipiglio professionale si era incrinato dinanzi alla situazione medica del ragazzino, avrebbe dovuto subire un intervento senza il supporto dei suoi genitori in un paese sconosciuto. Nemmeno per un istante aveva smesso di ringraziare mentalmente l’ispettore Nakamori per averlo portato via dalla stanza con la scusa di compilare i rapporti, un altro secondo e si sarebbe unito ai due rannicchiati sul piccolo divanetto di pelle.

Quando intorno alle quattro del mattino i singhiozzi si erano acquietati ed era uscito dall’ufficio, il duo si era ormai addormentato sfinito per le troppe lacrime versate. Inizialmente non aveva capito l’urgenza dell’ispettore di svegliare sua figlia per accompagnarla a casa, ma una volta in piedi tutto gli era sembrato fin troppo chiaro. Aoko aveva avvolto la coperta sulla figura dormiente di Kenta, messo accanto un peluche preso dallo zaino, ordinato ad un ufficiale di non muoversi per nessun motivo da quella stanza e avvisato suo padre che avrebbe portato la colazione prima di andare a scuola. Capiva la scelta di Nakamori, pochi minuti e Aoko si sarebbe affezionata troppo per lasciarlo ripartire.

Il detective londinese tornò alla realtà quando la ragazza riprese a parlare «Stasera sua zia verrà a prenderlo, non sono riuscita a stargli vicino come desideravo, per questo ho pensato di scrivergli una lettera, così quando si sentirà solo potrà leggerla e sapere che Aoko anche se lontana pensa a lui. Ho intenzione di dargliela insieme al suo gelato preferito, una promessa è una promessa e almeno la mia parola desidero mantenerla».

Saguru sospirò, trovava il pensiero della ragazza molto dolce ma estremamente illogico «Aoko-chan, con tutto il rispetto, non credo questo risolleverà quel bambino. Non fraintendermi, non sto cercando di farti desistere dal tuo intento, voglio solo farti capire che potresti rimanere delusa dall’esito. Probabilmente adesso starà odiando tutti noi per non aver impedito a quel criminale di portar via il suo papà» dovette impedire nuovamente alla sua bocca di pronunciare osservazioni scomode, non aveva detto a nessuno di aver intuito la vera identità di Nightmare, non dopo aver sentito che l'assicurazione dell'ispettore sarebbe riuscita a pagare la delicata operazione del bambino. Stentava a crederci ma aveva messo da parte il suo senso di giustizia per una causa più grande, no in realtà era solo un bugiardo che continuava a mentire, aveva omesso la verità offrendo quella bugia come tacita scusa per alleviare la sua frustrazione «Un gelato e delle parole dolci purtroppo non credo funzioneranno»

«Con Kaito hanno funzionato» un mormorio appena percepibile ma veemente bastò a bloccare le rimostranze del suo ascoltatore, diventato improvvisamente attento. Poteva sembrare ingenua il più delle volte, ma desiderava soltanto vedere felici le persone a cui si affezionava, a costo di passare in secondo piano o per l’ideatrice di stupide idee.

«Sai, anche il papà di Kaito è venuto a mancare otto anni fa, era la figura più importante per lui. Toichi Kuroba lo avrai sicuramente sentito come nome, un mago famosissimo non solo qui in Giappone. Kaito ripeteva di voler diventare proprio come lui. Probabilmente è stato questo a farmi crollare stanotte, Kenta aveva detto proprio, a me e Kaito qualche ora prima del tragico incidente, di voler diventare come suo padre, ho ringraziato il cielo che Kaito non fosse con noi stanotte» Aoko si voltò verso la finestra, le foglie trascinate via dal vento ondeggiavano in quel movimento ipnotico, improvvisamente aveva bisogno d'aria «Quando Toichi perì Kaito si spense, non rispondeva più nemmeno a sua madre. Rimaneva chiuso tutto il giorno nella sua stanza stringendo i vestiti di scena del padre, più volte andai a trovarlo finendo in un'occasione per scappare via in lacrime. Mi disse che lo infastidivo con le mie insistenze, ero convinta mi odiasse.»

Hakuba ascoltava il racconto veramente interessato, non conosceva le vicende familiari di Kuroba né il rapporto così duraturo fra i due compagni di classe, si era unito al pensiero comune di chi li additava come fidanzatini senza conoscerne i reali motivi. «Giunsi a detestare il suo silenzio. Papà continuava a ripetermi di aspettare, Kaito aveva solo bisogno di tempo per metabolizzare la cosa ma io non volevo ascoltarlo, mia madre mi aveva sempre ripetuto di non lasciare mai sola una persona che soffre. Se lui non voleva ascoltarmi allora gli avrei scritto, e così feci. Dopo aver comprato il gelato al doppio cioccolato, il suo preferito, andai da lui e senza dire nulla poggiai il foglietto sulle sue gambe» la voce assunse un colorito più morbido, persa nei suoi pensieri non si era accorta di aver serrato la presa attorno alla camicetta della divisa. Le sembrava di essere tornata con tutti i sensi a quel giorno, poteva vedere gli occhi chiari del bambino fissi su quel pezzetto bianco, la manina stretta attorno al suo polso per essersi solo permessa di scostare la giacca sotto la quale si era rifugiato. Divincolatasi dalla presa aveva oltrepassato le sue resistenze, intrufolatasi a sua volta in quel nascondiglio segreto lo aveva abbracciato.

Saguru rimase in silenzio ad osservare la ragazza persa nei propri ricordi, doveva voler davvero molto a quella testa calda se al solo pensare a lui gli occhi acquisivano una luce nuova. «Nonostante lui cercasse di allontanarmi in tutti i modi l'ho abbracciato, pregandolo di leggere e capire ciò che avevo scritto. Probabilmente ora mi darai della scoccia ma mi sono addormenta in quella posizione, al mio risveglio ero appoggiata al muro con la giacca del suo rifugio improvvisato, ripiegata sulle mie spalle come coperta. Lui invece era difronte a me con il cucchiaino a mezz'aria e la vaschetta di gelato quasi vuota» finì il suo racconto con una risatina allentando la tensione iniziale, lo sguardo colpevole e la bocca impiastricciata di cioccolata ancora vividi nei suoi ricordi. Quell'idiota non aveva mai capito quanto l'avesse fatta sentire bene il sorriso accennato mentre le offriva l'altro cucchiaino.

Lo squillo del telefono la riportò alla realtà «Pronto? Oh papà grazie, non mi ero accorta fosse così tardi, sì arrivo subito!» chiuse la chiamata raccogliendo alla rinfusa tutte le sue cose "Hakuba-kun scusami, devo sbrigarmi altrimenti non farò in tempo a lasciare il mio regalo a Kenta».

Il ragazzo scosse la testa divertito, gettando i libri in quel modo confuso non sarebbe mai riuscita a chiudere la cartella «Posso chiederti una cosa se non sono troppo invadente?» Aoko annui rinunciando a chiudere la borsa ma piegando accuratamente la lettera fra le mani «A Kenta hai scritto le stesse parole dette a Kaito?» la ragazza si fermò a pochi passi dalla porta dandogli le spalle «No, lui lo conoscevo bene, non avevo bisogno di prendere alla larga la questione. A Kaito scrissi semplicemente "non sarai mai solo". Sentirsi amati non fa mai male, questo è il mio pensiero» prima che potesse risponderle era già andata via.

Saguru sospirò poggiandosi al banco, era tremendamente stanco e nonostante l'invitante pensiero della caffetteria a poca distanza da scuola, non riusciva a muoversi. La tentazione di chiamare Baya fu estremamente forte ed ebbe il sopravvento, già pregustava la doccia rilassante e il comodo letto una volta giunto a casa. Iniziò a comporre il numero ma una frase di Nakamori tornò a farsi largo nella sua mente, quelle parole a cui prima non aveva dato apparente peso, il suo cervello le aveva invece recepite e assumevano un altro significato.

«Kenta aveva detto, a me e Kaito qualche ora prima del tragico incidente, di voler diventare come suo padre, ho ringraziato il cielo che Kaito non fosse con noi stanotte» Aoko si sbagliava, lui c'era eccome. Aveva visto quel guanto bianco stretto nella mano del poliziotto disteso in quel freddo e polveroso deposito. Kuroba poteva negare tutte le volte, autoconvincersi delle sue parole, ma la verità era una e la sapevano entrambi.

Maledisse sé stesso, impegnato a modificare la ricostruzione dei fatti per la polizia e a combattere la propria battaglia personale con il concetto di giustizia, non aveva utilizzato correttamente il suo ingegno guardandosi attorno. Il banco vuoto, l'assenza ingiustificata, ora tornava tutto. Kuroba dopo ogni colpo veniva a scuola, era una sorta di alibi per mostrare la sua estraneità a fatti, per dimostrare a lui di essere un semplice liceale. Per aver saltato una parte tanto fondamentale nella sua copertura doveva essere successo qualcosa.

Scostò da sé il banco in un impeto di rabbia passandosi una mano fra i capelli con fare isterico, bere tutto quel caffè era stata una scelta sbagliatissima, stava esagerando con la fantasia, non c'era bisogno di pensare al ladro rinchiuso in casa sopraffatto dal senso di colpa, poteva semplicemente non aver sentito la sveglia continuando a dormire.

Sbottonò i primi bottoni della giacca in cerca d’ossigeno, perché si stava preoccupando così tanto? Neanche si sopportavano, ogni occasione era buona per punzecchiarsi e lui si struggeva l’anima per un mago dal sorriso falso perennemente stampato in faccia. Beh, forse alcune volte era autentico ma considerando la faccia da schiaffi che era in grado di assumere durante i suoi furti non poteva far a men di pensare che fingesse anche nella sua vita di tutti i giorni.

Infondo a lui non doveva importare.

Con piccoli passi si avvicinò alla finestra scostando leggermente il vetro, il riflesso di quel ragazzo dai capelli ramati disordinati e dagli occhi bruni cerchiati da occhiaie non sembrava nemmeno il suo. L’albero difronte l’aula lasciò svolazzare la folta chioma con alcune stelle filanti impigliate fra i rami. Le striscioline colorate raggiunsero il davanzale marmoreo e Saguru ricordò distrattamente appartenessero allo spettacolino messo su da Kaito il giorno precedente, qualche ora prima della rapina. Imprecò fra i denti, era tornato nuovamente con i pensieri a quel ladro da quattro soldi, quella paura immotivata lo stava logorando, detestava non avere i tasselli ognuno al proprio posto. Poteva essere la rabbia opprimente a condurlo in quella direzione, non era arrivato in tempo per assistere al furto a causa del piccolo inganno a cui aveva abboccato e ora cercava una linea di pensiero alternativa dopo la notte insonne. Se fosse arrivato prima avrebbe scoperto tutta la verità e impedito inutili spargimenti di sangue, un pensiero utopistico, forse anche egocentrico ma estremamente realizzabile.

Chiuse gli occhi cercando di placare le improvvise fitte alla testa, in effetti mancava solo la sua emicrania all’appello per chiudere in bellezza la giornata. Seppur sofferente la sua mente arguta continuava a funzionare ed era giunto il momento di ascoltarla… lui per una serie di sfortunati eventi non si era trovato sul luogo del crimine, Kid al contrario c’era stato fin dal primo momento, aveva visto Connery scivolare lentamente dalla sua presa. Aveva assistito impotente al corpo dell’uomo precipitare nel vuoto e toccare il suolo con un tonfo sordo. A poca distanza da lui ma impossibilitato a salvarlo. Si permise di immaginare lui al posto del ladro, quel cambio di angolazione non gli piacque per niente, anzi un brivido freddo gli percorse la schiena pensando alla chiazza di sangue attorno al capo del poliziotto e a gli occhi sbarrati verso la sua posizione sopraelevata. Non osava immaginare come si sentisse ora l’illusionista, durante i suoi furti le persone dovevano divertirsi godendosi lo spettacolo, la polizia doveva impazzire cercando di catturarlo ma nessuno doveva farsi male, tanto meno morire.

Si passò stancamente le mani sul viso, prima di essere un ricercato internazionale, Kid era Kaito, il ragazzino con la passione per la magia che usava la classe come palcoscenico personale per incantare il suo pubblico, ammirare i sorrisi estasiati dei compagni era la sua più grande soddisfazione.

Tuttavia, lo considerava capriccioso, infantile e irresponsabile, non aveva la minima idea dell’enorme spesa pubblica a cui dovevano far fronte per la sua cattura. Odiava il tono innocente con cui lo canzonava dopo ogni furto andato a buon fine il giorno prima, lo avrebbe preso volentieri a pugni se non avesse avuto la sua educazione a trattenerlo.

Poteva stilare una lista di epiteti nei suoi confronti aggiungendo anche termini di origine ignota ma non lo considerava una cattiva persona, l’ispettore Nakamori doveva avergli fatto il lavaggio del cervello ripetendogli sempre la stessa frase «Hakuba-kun se intendi aiutarci nella sua cattura ricorda che anche se si tratta di un ladro, lui è diverso, non farebbe del male a nessuno. Niente gesti avventai nei suoi confronti, di poliziotti dal grilletto facile ne ho abbastanza».

Picchiettò l’indice e il medio sulla fronte ripensando anche al racconto di Aoko, e senza perdere altro tempo raccolse la sua roba uscendo a passo di marcia dall'aula.

 

 

Immobile in mezzo alla strada Saguru osservò la piccola villetta a due piani per l'ennesima volta, non era stato difficile avere l'indirizzo dalla segreteria della scuola, nonostante le numerose rimostranze della segretaria.

Si aspettava una casa più sinistra e misteriosa come base segreta di un ladro, era rimasto quasi deluso di tanta normalità. Nonostante l’ostacolo più grande di trovarne l’ubicazione fosse stato aggirato, i suoi piedi non volevano saperne di collaborare e andare avanti.

Nascosta dietro le vistose tende lilla dell’abitazione accanto, un’anziana signora continuava a lanciargli occhiate sospette al di là della finestra, sbuffò concedendosi uno dei suoi migliori sorrisi di circostanza chiedendo con disinvoltura se quella davanti a lui fosse casa Kuroba. La donna dopo aver annuito, probabilmente delusa dal suo tentativo fallito di ricavare un pettegolezzo interessante era sparita oltre la coltre di stoffa.

Intensificò la presa sulla borsa e il sacchetto di plastica prima di dirigersi finalmente verso la porta, oltrepassò il cancello stranamente aperto e bussò al campanello. Attese qualche minuto ma non ebbe risposta, riprovò una seconda, poi una terza ed altre cinque volte senza alcun risultato.

«Kuroba lo so che sei lì dentro, apri la porta. Dopo il tuo furto ha piovuto e qui davanti ci sono solo impronte dirette verso l’interno, quindi a meno che tu non sia uscito con il deltaplano in pieno in giorno, cosa alquanto improbabile…no aspetta, ne saresti capace incosciente come sei ma il mio sesto senso dice che sei qui dentro» aveva mantenuto un tono più basso per evitare orecchie curiose ma neanche il diretto interessato sembrava averlo sentito.

Incrociò le braccia sbattendo più volte il piede mentre fissava con astio la porta, non aveva la minima intenzione di andarsene a mani vuote e se pensava di poterlo allontanare semplicemente ignorandolo, lo stava sottovalutando. Sperava fosse così, in realtà temeva di essere nuovamente in ritardo, quell’incontenibile paura di aver fatto un altro errore di calcolo e aver lasciato trascorrere troppo tempo lo stava facendo sudare freddo. Lentamente il detective costeggiò la facciata controllando attraverso le finestre del pian terreno l’interno dell’abitazione, un singolo accenno di movimento gli sarebbe bastato ma non accadde nulla. Giunto sul retro il suo sguardo fu subito catturato dalla finestra spalancata al secondo piano, poteva capitare di dimenticare gli infissi aperti uscendo, non c’era nulla di strano a parte una gran sbadataggine, ma quante possibilità includevano un ladro meticoloso lasciare incustodita la propria casa in quel modo? Pochissime, e se si trattava di Kid la percentuale diventava nulla.

«Kuroba?» si sentiva un’idiota, continuava a chiamarlo non ottenendo risposta mentre il cuore gli martellava nel petto.

Un’idea malsana balenò nella mente di Hakuba osservando le casse abbandonate in un angolo del giardino, se le avesse posizionate in prossimità della finestra avrebbe ridotto la distanza di cinquanta centimetri, lui era alto un metro e ottanta quindi saltando sarebbe riuscito ad arrivare facilmente alla fitta rete metallica grigliata fissata in prossimità del sottotetto, appiglio che casualmente passava proprio accanto al balcone dalle imposte aperte.

Scosse la testa a quell’assurdo piano, stava impazzendo per davvero? Voleva violare una proprietà privata per assicurarsi che Kaito stesse bene solo perché il suo intuito avvertiva qualcosa di tremendamente sbagliato? Sì, ed era proprio tale consapevolezza a preoccuparlo.

«La caffeina mi fa male» borbottò sistemando il sacchetto di plastica nello zaino per gettarlo poi sulle spalle mentre circospetto iniziava a spostare i cassoni lignei, cosa ci fosse all’interno non aveva intenzione di scoprirlo, erano estremamente pesanti.

Asciugò le goccioline di sudore sulla fronte con la manica della giacca respirando affannosamente, avvertiva tutta la stanchezza accumulata farsi improvvisamente più pesante. Era ancora in tempo per lasciar perdere quella follia ma il bisogno impellente di vedere con i suoi occhi la situazione, e constatare che Kaito fosse sempre il solito rompiscatole stravinceva la sua battaglia interna.

Afferrò l’estremità lignea issandosi sulla cassa e sperando di non essere visto, soprattutto non dalla signora anziana precedente, in quel caso una denuncia non gliel’avrebbe tolta nessuno. Si guardò intorno un paio di volte prima di aggrapparsi al sottile metallo coperto dai rampicanti, il profumo dei fiori inondò le sue narici portandolo alla nausea.

«Giuro che se stai dormendo ti uccido nel sonno» strinse i denti inveendo sommessamente, sforzandosi di mantenere l’equilibrio e di salire il prima possibile. Decisamente fare l’acrobata non rientrava nelle attività in cui eccelleva, come facesse Kaito a non sfracellarsi al suolo rimaneva il più grande mistero. Lui in sole due falcate aveva rischiato di cadere altrettante volte e si era pure provocato un taglio sulla mano.

Giunto all’altezza desiderata fu colto dal panico al rumore della tapparella che la vicina stava alzando, senza calcolare la distanza balzò sulla ringhiera ed ebbe un mezzo infarto quando l’aderenza venne meno. Cadde vergognosamente sul lastricato del balcone portandosi dietro il vaso di rose e rannicchiandosi il più possibile contro la muratura della balconata pregò di non essere stato scoperto. Il cuore sembrava volesse uscirgli fuori dal petto in quell’attesa straziante.

Emise un sospiro di sollievo quando sentì la porta accanto chiudersi, la mano sul petto nel tentativo di calmarsi e la bocca improvvisamente secca, aveva assolutamente bisogno di acqua. Scrollò dai vestiti la terra del vaso distrutto appuntandone mentalmente l’acquisto per il compagno di classe e con cautela si alzò constatando fortunatamente di esserne uscito illeso. La sua tranquillità però si infranse quando notò all’interno della stanza Kaito seduto ai piedi del letto con le gambe strette al petto e la testa poggiata su di esse, immobile nella sua posizione nonostante tutto il casino creato.

Il sole ormai quasi sparito all’orizzonte aveva gettato la stanza nella penombra, incerto sul da farsi Hakuba era rimasto sulla soglia ad osservare con apprensione la figura rannicchiata.

«Kuroba? Mi senti?» nessuna risposta. Mandò al diavolo al diavolo la sua compostezza mollando a terra lo zaino avvicinandosi al ragazzo deciso a scuoterlo, ma la sua mano aveva appena sfiorato la spalla quando venne bloccata da una presa ferra sul polso.

«Non mi toccare!» Saguru sussultò a quell’urlo inferocito, le dita di Kaito artigliavano la sua pelle bloccandogli la circolazione, entrare di soppiatto probabilmente non era stato molto saggio. Gli occhi color del mare solitamente avvolti di malizia avevano perso la loro solita luce, erano puntati verso di lui ma non sembravano vederlo realmente. Il detective si accigliò accovacciandosi lì accanto, studiava il volto di Kaito cercando una risposta per quell’insolito scatto d’ira anche se un vago sospetto già aveva preso forma.

«Kuro-» la frase morì in gola stroncata dalla smorfia di dolore a causa del polso su cui la stretta si era intensificata, non stava andando affatto bene la sua ispezione e doveva trovare una soluzione alla svelta, prima che quel ringhio sommesso sì trasformasse in una nuova sfuriata.

Kaito non riusciva a mettere a fuoco la figura a poca distanza da lui, aveva solo tanto freddo, ogni qual volta si addormentava qualcuno veniva a tormentarlo trasformando i suoi sogni in orribili incubi. Il più delle volte si trattava di ombre mostruose protese nella sua direzione, lo circondavano con quei sorrisi sarcastici stritolandolo fino a fargli mancare l’aria senza lasciargli possibili via di fuga. All’orecchio sussurravano il nome del poliziotto con cui aveva parlato pochi minuti prima, o forse si trattava di ore, non aveva più la cognizione del tempo. Quando pensava fosse giunta la sua fine l’urlo di Kenta gli rimbombava nella testa e si ritrovava immerso nel buio, con gli abiti ricoperti di sangue e la figura urlante del bambino seduta davanti a lui. Pian piano dietro si materializzavano lo sguardo di disgusto di Aoko unito a quello di rimprovero dell’ispettore, la voce glaciale di Hakuba gli ricordava di aver appena ucciso un uomo e avrebbe pagato tale viltà marcendo in galera mentre sua madre gli voltava le spalle con sguardo di fuoco allontanandosi verso suo padre in lontananza.

Kaito strizzò gli occhi, si trovava in un incubo? Nella realtà? C’era una qualche distinzione fra quelle due dimensioni? Infondo rimaneva un mostro in entrambe «Mi hai profondamente deluso».

Saguru tossicchiò un paio di volte afflosciandosi sul fianco massaggiando l’epidermide all’altezza dello stomaco, la ginocchiata del ragazzo era arrivata totalmente inaspettata. All’improvviso era scattato dimenandosi come un pazzo, le mani tremanti strette attorno ai capelli mentre scuoteva la testa continuando a sbiascicare frasi incomprensibili. Il suo timore più grande aveva preso forma, in cuor suo aveva sperato di trovarlo con la solita espressione menefreghista pronto a gettarlo fuori dal balcone a calci, lui era l’invincibile ladro fantasma, il mago dispettoso con il sogghigno strafottente, quella figura inafferrabile che lui voleva assolutamente catturare…non voleva scoprire il limite umano che stava mandando in frantumi tutte le sue certezze.

«Lo giuro, non volevo ucciderlo!» il detective inarcò un sopracciglio, Kuroba gli stava dando le spalle respirando in modo sempre più instabile trascinandosi con fatica lontano dal letto, il suo cuore perse un battito quando capì di non essere lui il destinatario di quelle frasi spezzate. Il ragazzo aveva allungato una mano verso la parete su cui era posizionato un quadro a grandezza naturale di un uomo vestito in modo elegante con in mano un cilindro da mago, non era difficile capire si trattasse del padre.

Si morse le labbra frustrato alzandosi di scatto frapponendosi in quel dialogo muto, un brivido gli attraversò la schiena quando entrò in contatto con quegli occhi vitrei, il volto pallido illuminato dai primi raggi della luna, pensò che un fantasma avrebbe avuto un aspetto migliore.

Kaito improvvisamente calmo fermo nella sua posizione, seduto sulle ginocchia non battendo ciglio inclinava il capo con lentezza esasperante prima da un lato poi dall’altro «Poker face», scandiva le parole premurandosi di sottolineare ogni sillaba prima di delineare le labbra in un sorriso sinistro. La flebile risatina isterica fece accapponare la pelle al detective, credeva di essere in un film horror ambientato in un ospedale psichiatrico nell’esatto momento in cui la calma apparente veniva distrutta da un evento poco lieto… la testa di una persona poteva raggiungere l’inclinazione che aveva assunto quella del mago vero?

Trattenne il respiro, il lieve fruscio mosse l’aria scompigliandogli i capelli e i folli occhi azzurri improvvisamente furono troppo vicini, arretrò istintivamente di un passo ma le mani sottili si strinsero attorno alla sua giacca strattonandolo nella direzione opposta «Levati di torno!».

Facendo perno sulle gambe Saguru si mantenne stabile evitando di essere scaraventato lontano, afferrò a sua volta le mani del ragazzo bloccandole in una morsa evitando per un soffio il calcio del compagno di classe nuovamente fuori controllo.

«Non puoi impedirmi di parlare con lui! Io devo chiarire la situaz-» Kaito sentì l’ossigeno non affluire più nei polmoni, l’ombra continuava a parlargli ma lui avvertiva solo un fischio acuto perforargli i timpani, tutto era ovattato come quando da bambino in piscina si divertiva a nascondersi sott’acqua per apparire alle spalle di sua madre.

Saguru poteva avvertire gli ingranaggi del suo cervello lavorare alla ricerca di una soluzione, Kaito non aveva terminato la frase iniziando a tremare vistosamente e se non lo avesse sorretto sarebbe crollato a terra. La scelta più logica era chiamare un’ambulanza ma il telefono era nello zaino e lui non voleva lasciare la visuale del quadro libera. Osservava il petto dell'amico alzarsi e abbassarsi sempre più velocemente, poteva sentirne il respiro sul collo per quanto erano vicini. Le mani cianotiche strette fra le sue iniziarono a tremare vistosamente come il resto del corpo, diventando sempre più fredde e sudate.

«A-aria» un campanello d'allarme suonò nella sua testa, Kaito non stava respirando, la bocca semi aperta annaspava alla ricerca di ossigeno. Lasciò la presa sollevandogli delicatamente il mento «Non agitarti, inspira ed espira con calma» come faceva a calmare una persona se il primo ad essere in apprensione era lui. Non aveva dimestichezza con gli attacchi di panico, il massimo che poteva fare era cercare di tranquillizzarlo e fargli riprendere una respirazione normale.

Kaito avvertì il tocco leggero sul viso e un fil di voce raggiungerlo in quella bolla ovattata, il sapore acido dei succhi gastrici bruciava la gola aumentando la nausea. Il modo circostanze girava a velocità elevate ma qualcuno continuava ad insistere suggerendogli un modo per tornare a respirare, non riconosceva quella voce gentile eppure gli stava dando la massima fiducia assecondando le sue istruzioni.

Saguru scostò i capelli bruni appiccicaticci dalla fronte del ragazzo, continuava ad essere scosso da capo a piedi da una serie di sussulti ma il respiro fortunatamente stava tornando stabile. Diavolo, quel ragazzo lo aveva spaventato a morte, continuava a tenergli il viso sollevato per constatare effettivamente le sue condizioni e lentamente vide le palpebre schiudersi e due occhi celesti fissarlo con intensità.

Nella mentre di Kaito però tutto si fece confuso, la figura del ragazzo dai capelli chiari appena intravista venne sostituita subito da una fin troppo familiare. La sua copia lo guardava con derisione, il dito alzato verso di lui in tono accusatorio mentre continuava a ripetergli di essere stato una nullità, di aver disonorato la memoria del primo Kid macchiandosi di omicidio. Proprio per quell’atto deplorevole presto sarebbe stato arrestato dalla polizia, trascinato in commissariato senza avere più l'opportunità di vendicare suo padre. «Sei diventato proprio come Snake» il sorriso affilato e la voce derisoria offuscarono definitivamente ogni altro pensiero.

Hakuba batté le ciglia un paio di volte prima di cogliere appieno le mosse del mago. Lo aveva allontanato con l'espressione di una belva inferocita e il pugno era sopraggiunto improvviso sulla sua guancia destra, con una violenza tale da scaraventarlo per terra. Non aveva avuto neanche il tempo di realizzare quanto accaduto che Kaito gli si era gettato addosso mozzandogli il respiro, il braccio di nuovo alzato in procinto di colpirlo di nuovo.

Bloccata la mano serrata a pochi centimetri dal naso aveva scostato la testa appena in tempo per non essere centrato dall’altra. Con un colpo d’anca lo spinse di lato ribaltando le posizioni senza purtroppo riuscire a bloccarlo, per essere così mingherlino aveva una forza non indifferente e l'agilità di certo non gli mancava, considerando come saltava i tetti degli edifici probabilmente si allenava appositamente allo scopo.

Rotolarono a terra un paio di volte, il gomito sinistro di Saguru urtò il parquet, la testa di Kaito si scontrò con il pavimento, le loro gambe rovesciarono un piccolo mobiletto sparpagliando a terra il contenuto dei cassetti. Le biglie colorate rimbalzarono rotolando sul pavimento consentendo finalmente al biondino di fare breccia nelle difese del mago, il ginocchio poggiato su quelle palline aveva perso aderenza permettendogli di inchiodarlo alla spalliera ai piedi del letto, dove tutto era cominciato.

Saguru poteva avvertire il sapore ferroso del sangue in bocca mentre annaspava per riprendere fiato, sicuramente non si sarebbe permesso più alcuna distrazione, non poteva permettere a quel pazzo di liberarsi nuovamente della sua presa.

«Kuroba si può sapere cosa diavolo ti prende?! Dannazione rispondimi in modo sensato!» era stanco di usare le buone maniere, non aveva ottenuto niente trattandolo con i guanti e anche se non era il comportamento più corretto da seguire in tali circostanze aveva deciso di cambiare approccio. Kaito avvertì il dolore propagarsi sulla guancia quando il pugno dello sconosciuto lo colpì in pieno, strizzò gli occhi intravedendo una capigliatura chiara a poca distanza, perché non riusciva a metterlo a fuoco?

«Kaito!» al suono del suo nome il ragazzo si voltò strusciando la guancia lesa sulla spalla con uno sguardo più sano rispetto ai precedenti. Un moto di panico lo invase quando riconobbe il proprietario di quegli occhi castani così vicini ai suoi, un piccolo spostamento e i loro nasi si sarebbero toccati.

«Hakuba… cosa ci fai qui?» Saguru si concesse un sospiro, finalmente era tornato a un minimo di lucidità riconoscendolo «Questo al momento non ha importanza» strinse le dita attorno alle braccia del ragazzo osservandolo con serietà prima di chiedere in modo più pacato «A cosa stai pensando? Alla rapina di stanotte?».

Il silenzio calò per qualche secondo e il detective iniziò a dubitare di essere stato ascoltato finché le labbra del ragazzo non si mossero tremolanti per serrarsi nuovamente.

«Kaito puoi fidarti, non sono qui per giudicarti, voglio solo aiutarti» era la seconda volta che il londinese lo chiamava per nome senza ricorrere ad inutili onorifici, non sembrava mentire sulle sue vere intenzioni ma lui aveva bisogno di aiuto? Per tutta la notte lo aveva chiesto ai muri della sua stanza senza avere risposta, non aveva voluto far preoccupare sua madre chiamandola e non avendo nessun altro con cui parlare si era chiuso nel suo mondo.

«S-sì…» rispose infine puntando lo sguardo sul bottone dorato mancante della divisa del detective.

«Mi sapresti dire cosa è successo prima dell’arrivo di Nakamori?» Kaito deglutì avvertendo un macigno sullo stomaco, poggiò la testa contro la ruvida superfice lignea tornando con la memoria a quegli attimi infernali.

«Eravamo sulla balaustra, dopo aver lanciato i gioielli verso Nightmare ho iniziato a parlargli, volevo fargli cambiare idea sui suoi furti… giuro che non volevo ucciderlo!» graffiò il parquet sentendo l'aria defluire nuovamente e la bile risalire su per esofago.

«Lo so Kaito…Ascoltami bene, tu non lo hai ucciso, hai tentato di salvarlo. Mi hai capito?» pensava sul serio quello che stava dicendo e doveva capirlo anche Kuroba, in qualunque dimensione si stesse alienando la sua mente. Il mago scosse la testa tormentandosi il labbro «Non è vero».

In risposta Saguru accentuò la presa continuando a mantenerlo fermo, lo scrollò delicatamente per le spalle attirando la sua attenzione, se qualche giorno prima gli avessero detto che si sarebbe trovato lì a consolarlo gli avrebbe riso in faccia.

Kaito riportò lo sguardo annebbiato sul suo interlocutore dalla voce così dolce e pacata, sembrava davvero fiducioso delle su parole, lui al contrario si sentiva estremamente vuoto «Non ci sono riuscito, lui è caduto, l’ho visto sbarrare gli occhi mentre precipitava nel vuoto… non ha voluto lasciare la presa sulle gemme, voleva aiutare suo figlio, quello a cui io ho rovinato la vita», si interruppe imprecando sottovoce, non solo aveva la voce incrinata ma stava spiattellando la vera identità dell’uomo senza ritegno.

«Lo hai appena detto tu stesso, non ha voluto lasciare la presa sui gioielli. Non darti colpe che non hai riducendoti in questo stato, hai avuto dei riflessi eccezionali Kaito, sia per tentare di salvarlo sia per allontanare via la maschera nascondendo per sempre la sua vera identità al mondo. Hai rubato a quel bambino l’incubo della verità, non è una cosa di poco conto» titubante lasciò la presa, aveva avvertito sotto i polpastrelli il tremore nelle braccia del liceale che appena fu libero di muoversi si portò le mani sul viso nascondendo le iridi cerule pericolosamente lucide. Una musichetta stridula risuonò nell’aria, sorpreso si guardò intorno individuandone la fonte sullo schermo del pc acceso in un angolo della stanza. Gettò un’occhiata alla schiena curva di Kaito impegnato a ricostruire la sua maschera d’impassibilità, con scarsi risultati aggiunse mentalmente, le macchioline d’acqua sulla stoffa dei pantaloni aumentavano e sembrava non essersi accorto della melodia.

Lasciandogli la sua privacy si diresse verso il monitor, nell’angolo di notifica in basso vide il contatore segnare cinquanta videochiamate perse della madre più quella tutt’ora in attesa di risposta. Non erano affari suoi, ma dato lo stato in cui aveva ritrovato Kuroba dubitava fortemente avesse pensato di aggiornare sua madre dopo la rapina. Aveva sentito dire da Aoko che la signora era spesso in viaggio all’estero e lui non voleva lasciarla in preda all’ansia dall’altra parte del mondo, le avrebbe rifilato velocemente una scusa senza scendere nei dettagli.

Cliccò sul tasto verde e per poco non saltò all’indietro quando la donna vicinissima allo schermo iniziò ad urlare «KAITO! Ti sembra questo il modo di far preoccupare la mamma?! Avevi promesso di contattarmi dopo ogni… aspetta, tu non sei Kaito» Saguru stirò la bocca in un sorriso imbarazzato davanti agli occhi indagatori della donna «Mi scusi se ho risposto al posto di suo figlio signora, ma Kaito è in bagno e mi sembrava scortese lasciarla in attesa. Sono un suo compagno di classe, oggi dovevamo studiare insieme per un compito e l’ho costretto a non distrarsi quindi è colpa mia se non le ha dato attenzioni. Qui va tutto bene, le auguro una buona giornata, o serata, ovunque lei sia, è stato un piacere conoscerla, arrivederci!»

Chikage fissò lo schermo improvvisamente nero chiedendosi cosa ci facesse realmente quel ragazzo a casa sua, lo aveva riconosciuto subito, si trattava del detective di cui Kaito le aveva parlato in più di un’occasione. Poggiò la testa sulla mano osservando la distesa d’acqua salmastra oltre la balconata del bistrot, i capelli dorati arruffati, la divisa sgualcita, la guancia arrossata e il naso con un rivolo di sangue secco non rispecchiavano l’aspetto serioso ed elegante descrittogli da Kaito. Sbuffò infastidita, suo figlio era Identico a Toichi sia nelle abilità che nel farla preoccupare.

Saguru si era sentito in soggezione, anziché spegnere semplicemente la chiamata aveva staccato la spina dell’apparecchio per evitare ulteriori conversazioni sconvenienti, la sua priorità era un’altra e fortunatamente non si era mossa dalla sua posizione. Vide Kaito raccogliere uno dei foglietti sparsi sul pavimento, insieme a tante altre cianfrusaglie cadute dopo la loro colluttazione, incuriosito si abbassò alla sua altezza sporgendosi per sbirciarne il contenuto. Un pezzo di carta logoro, stropicciato con la scritta traballante ormai sbiadita ma perfettamente leggibile recante poche semplici parole “non sarai mai solo”. Involontariamente sorrise, a discapito della sua razionalità che considerava quasi impossibile fra tutte gli oggetti caduti, individuare proprio quello.

Kaito sentì i suoi muscoli rilassarsi, il tremendo mal di testa non andava via ma in compenso era riuscito a mettere a fuoco l’ambiente circostante finendo attirato come una calamita da quel piccolo tesoro. Aoko a distanza di anni aveva avuto di nuovo ragione, solo che al suo posto si era trovata la persona più inaspettata possibile.

Il respiro caldo sulla pelle gli fece alzare di scatto la testa, le loro fronti quasi si sfiorarono e sbarrò gli occhi quando capì quanto fosse minima la distanza fra loro.

«Hakuba» il detective accovacciato sollevò un sopracciglio osservandolo con sufficienza non muovendosi di un millimetro, le ciocche ramate scomposte gli solleticarono il viso facendo ritornare la sua mente alla piacevole sensazione data da quelle parole di conforto e sostegno insite di dolcezza nei suoi confronti. Non era rimasto solo e a farglielo capire era venuta l'ultima persona che si aspettava.

Sorrise ironico indossando la solita espressione sfacciata ripetendosi mentalmente il mantra di suo padre, mantenere la sua faccia da poker dopo ciò che era successo sembrava un'ardua impresa. Aveva parlato al detective fidandosi per davvero, non si era nascosto dietro il "se fossi stato Kid" come al solito, da perfetto idiota aveva mandato all'aria la copertura insieme alla facciata impassibile, il suo errore più grande.

«Hai vinto, sei contento ora?» la frase uscì più velenosa del previsto, ma Kaito nonostante la gratitudine nei suoi confronti proprio non riusciva a digerire una sconfitta. Saguru lo guardò interdetto, non era per niente contento della piega che avevano preso gli eventi e il suo spaesamento fece aumentare quel sorrisetto provocatorio facendogli perdere la pazienza.

«Se ti stai riferendo alla nostra chiacchierata precedente, sapevo già fossi Kid e non avendo registrato le tue parole non mi meraviglierei se ora continuassi a negare all’infinito, anche dopo averlo praticamente confessato» schioccò la lingua assottigliando gli occhi ancora più vicino all’altro «E per la cronaca, sono deluso. Mi aspettavo un degno show prima di questa scoperta, avrei provato tanto piacere nel constatare la veridicità dei miei sospetti togliendoti la maschera davanti al tuo pubblico»

«Tantei-kun, non dirmi di non essertene accorto» le iridi azzurre maliziose nascoste dalla frangia maldestramente celavano una certa preoccupazione, senza riflettere rapidamente aveva estratto la pistola spara carte puntandola sotto la gola del detective londinese. Talmente vicini da poter avvertire il suo corpo irrigidirsi al contatto con il metallo gelido, non lo stava minacciando sul serio, sapevano entrambi non avrebbe mai sparato, era soltanto l’ultimo appiglio di protezione alla sua immagine. Dopo qualche attimo Kaito sospirò aprendo le dita e lasciando scivolare via l’arma accasciandosi con tutto il peso alla spalliera del letto. Non aveva senso quella farsa, incrociò le braccia in attesa, tanto sarebbe stata questione di pochi minuti prima che quell’impiccione rimettesse insieme i pezzi.

Hakuba storse le labbra in una smorfia, l’espressione di superiorità del ladro era un affronto alla sua intelligenza, chi si credeva di essere per poter ancora atteggiarsi soprattutto andando in giro con quel costume ridicolo? Un momento…  lo squadrò da testa a piedi capendo finalmente le sue parole. I pantaloni candidi sporchi di terra, la giacca e il mantello di seta del medesimo colore insieme alla camicia blu lui li stava ancora indossando. La cravatta rossa allentata attorno al collo completava il classico abbigliamento notturno, mancavano solo il cappello e il monocolo che Kaito gli stava indicando sul letto alle spalle roteando gli occhi con sufficienza. Preoccupato per le sue condizioni non aveva notato fosse vestito come Kid, aveva bellamente ignorato la prova schiacciante della sua colpevolezza sbattutagli sotto il naso.

«Tantei-kun ti piace il mio cosplay?» il giovane mago trattenne la risatina preferendo fermarsi al ghigno di sfida mentre il silenzio era ancora il padrone della stanza «Sai, pensavo fosse la prima cosa su cui avessi posato gli occhi» continuò iniziando a giocherellare con tre carte facendole comparire e scomparire nella mano prima che l’altro lo colpisse sulla fronte.

«Tu sei un completo idiota!» Saguru avrebbe voluto tirargli dietro la sedia, il tavolo, persino il letto anziché limitarsi a quel singolo schiaffetto e il broncio infantile messo su dal ladro mentre si massaggiava la parte lesa non migliorava la situazione. Lo stava prendendo in giro?

«A che gioco stai giocando Kuroba?» ringhiò fra i denti sentendo ribollire il sangue.

«Io non sto facendo nulla, sei tu troppo manesco»

Saguru si trattenne dall’urlare riprendendo un minimo di compostezza, quell’idiota era l’unico in grado di fargli perdere il controllo, dannazione non doveva essere lui quello in agitazione.

«Perché lo hai fatto? E non far finta di non capire la domanda»

Kaito inclinò la testa con aria innocente, il volto del detective a pochi centimetri dal suo lo stava mettendo in soggezione, si comportava come un cacciatore con la sua preda.

«Non lo so» ammise infine in un soffio grattandosi la guancia imbarazzato, gli era venuto spontaneo prendersi gioco di lui, come del resto faceva sempre durante le diverse rapine, non importava se il cappello e il monocolo mancavano all’appello.

Il pugno di Hakuba gli sfiorò il viso prima di infrangersi alle spalle, con la coda dell’occhio vide le nocche cianotiche artigliare la superficie legnosa nel tentativo di placare la rabbia, all’ultimo secondo la traiettoria era cambiata risparmiando la sua faccia.

«Come fai a non saperlo Kuroba? Dannazione non capisco se soffri di duplice personalità o sei semplicemente uno strafottente! Neanche mezz’ora fa eri preda di un attacco di panico, e chissà per quanto tempo prima del mio arrivo versavi in quello stato, ora invece fai lo spaccone come se niente fosse successo» davvero non lo capiva e questo lo mandava in bestia, avere il tassello mancante del puzzle a così poca distanza e non riuscire ad afferrarlo era frustrante. Il ladro si scompigliò i cappelli più che arruffati sospirando, sganciò il mantello dalla giacca piegandolo con cura, per quanto la sua presenza gli impedisse i movimenti, e sembrava del tutto intenzionato a far finta di non aver capito la domanda.

«Kuro-»

«Perché è più facile così» il mantello accuratamente ripiegato giaceva sulle gambe, non lo stava più guardando interessato maggiormente al pezzo di stoffa «Se mi fermassi a pensare alla mia crisi precedente finirei per ricaderci, non voglio farlo e perdere di nuovo il controllo. Dal momento in cui sono tornato a casa fino al tuo arrivo non mi sono mosso dalla posizione in cui mi hai trovato, capisco benissimo come si sente quel bambino adesso e sapere di non aver fatto abbastanza e che il fantasma di suo padre mi perseguiterà per il resto della mia vita, la considero già una punizione sufficiente. Preferisco almeno da sveglio far finta di nulla»

«Non potrai scappare per sempre» questo lo sapeva benissimo, probabilmente con il tempo avrebbe affrontato nuovamente le sue paure ma non era questo il momento, in più quella frase aveva un duplice significato. Non poteva perdersi sui fatti passati perché era già difficile mantenere la paura di finire dietro le sbarre, di non terminare la sua missione, sigillata a quello sguardo inquisitore. Saguru però si sbagliava, non sarebbe scappato per sempre da un’altra situazione. Circondò con le sue gambe quelle accovacciate del detective annullando la distanza, poteva quasi sentire i battiti del cuore al di sotto della divisa scura, alzò il viso per poco non scontrandosi con quello dell’altro, la differenza d’altezza anche se abbassati risaltava. I muscoli del collo tesi all’indietro implorarono pietà mentre nel poco spazio rimasto alzava le braccia incrociando i polsi all’altezza del petto accertandosi che fossero ben visibili.

«Lo so… Tantei-kun sono in arresto, vero?»

Il primo pensiero di Saguru fu una possibile trappola da cui tenersi lontano, ma il ghigno di sfida strideva con gli occhi arrossati carichi di malinconia malcelata dietro la malizia di quelle parole provocatorie. Le iridi azzurre scintillavano nel buio come i diamanti scelti solitamente come obbiettivi delle rapine provocandogli una fitta nel petto. Non stava provando a scappare, del resto si trovava in casa sua non aveva posti più sicuri in cui rifugiarsi, lo fissava indifeso come un bambino e per la prima volta il pensiero di mettergli le manette lo nauseò. Lui l’impeccabile detective sposato con la giustizia non voleva arrestare un criminale internazionale, si era fatto influenzare dagli eventi e ora provava compassione a rinchiuderlo dietro le sbarre.

 “Bugiardo” gli sussurrò la vocina nella sua testa, la verità era un’altra e non era sicuro di volerla accettare, aveva compreso di tenere in modo contorto al ladro già durante il caso “Chat Noir” quando lo aveva chiamato dalla Francia per dargli informazioni non richieste. Poteva essere ossessionato dal desiderio di vedere Kid in carcere ma allo stesso tempo non voleva vederci Kaito, o almeno non arrestandolo in questo modo. Non era mai stato molto bravo a mantenere le sue amicizie con il tonno saccente che si ritrovava, le persone si allontanavano. Forse era stato proprio trovare un avversario in grado di tenergli testa a far scattare, infondo a tutto, quel legame non ben definibile. Si stuzzicavano, si arrabbiavano l’un l’altro arrivando ad offendersi in tutti i modi possibili ma in alcuni momenti sembrano due normali… amici. Soltanto la settimana prima erano stati accoppiati per un progetto di chimica, aveva pensato di dover fare il doppio del lavoro per entrambi ma Kaito si era comportato come un normale compagno di studio, avevano persino riso e scherzato avvolti dai fumi del laboratorio, l’origine delle bombe fumogene durante i suoi colpi non era più un mistero. Quel ragazzo aveva un’intelligenza applicata nel modo sbagliato, da piccolo scienziato pazzo aveva iniziato a mescolare sostanze utilizzando i composti come base per i suoi trucchetti magici suscitando in lui un briciolo di ammirazione… come mago era veramente bravo. Era caduto nella sua trappola ammaliatrice, avrebbe voluto vedere uno di quegli spettacoli all’interno di un teatro, vederlo su quel palco con il suo vero nome e non dietro una maschera.

«Idiota» con ben poca delicatezza lo spinse lontano da sé schiacciandolo sul pavimento evitando accuratamente di bloccargli le braccia troppo vicine, non voleva ritrovarsi qualche trucco improvvisato, e arrestò i suoi movimenti sedendosi cavalcioni chino verso di lui.

«E io dovrei arrestati qui, ora, in un modo così stupido… Ma non ce l'hai un briciolo di orgoglio?»

Kaito si era aspettato tutto ma non questo, non riusciva a muovere un muscolo in quella posizione e sì aveva il suo orgoglio ma voleva solo velocizzare le cose, pensava che il detective non vedesse l’ora di chiudere le manette attorno ai suoi polsi. Un gemito gli sfuggì dalle labbra avvertendo le dita stritolargli le braccia, non lo aveva mai visto privo della sua compostezza e charme ma sembrava avere tutte le intenzioni di sfogare su di lui la sua frustrazione.

Sorrise scuotendo la testa «Ehi se vuoi colpirmi perché non lo fai e basta? Si vede lontano un miglio che stai rimpiangendo di non aver fatto centro prima. Ti da fastidio pensare che il desiderio di soddisfare il tuo ego sia più forte di quello di giustizia tanto da lasciarmi andare?» il fruscio della stoffa e la mano serrata sollevata furono movimenti fin troppo veloci e chiuse gli occhi aspettando un colpo che non arrivò mai.

«Tu non hai capito niente» la mano di Saguru si era fermata a poca distanza dal naso e poi era ricaduta inerme sul suo petto «Non sono venuto qui con l’intenzione di arrestarti, e non sai quanto mi da fastidio ammetterlo, per quanto tu sia arrogante e presuntuoso non saresti in grado di far del male a nessuno, al massimo potresti farne a te stesso come è accaduto. La tua amica logorroica dicendo di essere contata che tu non fossi presente stanotte ha fatto scattare il mio senso del dovere e sono venuto a controllare»

Kaito lo squadrò non provando ad alzarsi, c’era dell’altro oltre quelle parole, non era stata un’azione dettata dalla sua etica venire a controllare, altrimenti con lui ci sarebbe stata anche Aoko. Ricordava perfettamente di non aver mai detto al detective dove abitasse, lui aveva fatto le sue ricerche ed era venuto da solo per un motivo che non riusciva ad afferrare.

«Perché anziché nasconderti dietro frasi fatte non dici la verità?»

«Perché è più facile così» touché, era stato fregato dalle sue stesse parole.

Saguru lasciò la presa scostandosi leggermente e tendendo una mano al mago per aiutarlo a mettersi seduto e inarcò un sopracciglio vedendolo fermarsi improvvisamente nel movimento per annusare l’aria. Arricciato il naso aveva iniziato a spostarsi verso di lui come i cani antidroga mettendolo a disagio, non credeva l’odore di tutto il caffè ingerito fosse così forte.

«Questo profumo floreale» Kaito si spostò ancora più vicino annusando la giacca «Si tratta di gelsomino e rose, li riconosco perché a mamma piacci-» improvvisamente si interruppe sgranando gli occhi e alternando lo sguardo dalla finestra al detective un paio di volte, lui la porta non l’aveva aperta e quel profumo poteva significare solo una cosa. Per la prima volta non si preoccupò di nascondere la sorpresa «Non dirmi che sei entrato dalla finestra».

Anche se Saguru avesse negato, il rossore comparso sul viso lo aveva tradito ancor prima di rendersene effettivamente conto, di scatto si era alzato dandogli le spalle, non voleva ammettere di essersi preoccupato a tal punto da aver fatto una sciocchezza.

Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalla risata cristallina, si voltò verso la figura accasciata sul pavimento in preda al più completo divertimento «Non ci credo!» le troppe risa lo avevano interrotto, con il polso asciugava le lacrime agli occhi mentre con l’altra mano si manteneva la pancia rotolando per terra «Hai violato una proprietà privata, proprio tu!».

Indispettito lo guardò in cagnesco, non c’era bisogno di sottolineare la sua efferatezza, soprattutto se a farlo era una persona recidiva in tale campo «È colpa tua, non hai aperto la porta e ho dovuto trovare un’alternativa». Kaito ondeggiò le mani in risposta non riuscendo a parlare, respirò affannosamente nel tentativo di placare quell’improvvisa ilarità nonostante gli strascichi delle risate continuassero a farlo sussultare. Vide il biondo a braccia conserte giocherellare nervosamente con la catenella dell’orologio guardando in un’altra direzione infastidito e finalmente afferrò quel pensiero mancante. Era andato a casa sua dopo aver parlato con Aoko, aveva pensato potesse essersi sentito male dopo l’accaduto, a differenza della ragazza lui sapeva che in quel magazzino era stato coinvolto in prima persona. Non era andato alla polizia dicendo di sapere dove potesse trovarsi Kid, anzi, si era recato personalmente ad accertarsi delle sue condizioni, andando contro i suoi stessi principi non ottenendo risposta al campanello. Non lo aveva arrestato perché infondo si era affezionato… quel pensiero lo fece sentire bene, oltre alla sua amica d’infanzia nessun altro si era preoccupato così tanto per lui al di fuori della famiglia.

Disteso sul parquet sorrise al soffitto buio della stanza «Grazie Saguru»

Le dita del biondo si aggrovigliarono intorno al cordoncino dorato, pensava di essersi immaginato i ringraziamenti del ragazzo tanto era intento ad ignorarlo. Colto il suo sguardo sorpreso con un risolino il mago del chiaro di luna si era seduto di scatto incrociando le gambe ridacchiando «Non farmelo ripetere» no, si accontentava di aver sentito quelle parole almeno per una volta.

Kaito lanciò un’occhiata al disastro in giro per la stanza sbuffando, non aveva la benché minima voglia di riordinare e il suo stomaco trovò il momento più silenzioso in cui brontolare. Sentì i passi del detective avvicinarsi e si trovò a fissarlo imbambolato. Le mani sui fianchi e l’espressione corrucciata gli ricordarono pericolosamente sua madre, e anche il tono era molto simile.

«Da quando non mangi? Tralasciando questa giornata hai mangiato qualcosa prima del furto?»

«No» sembrava di essere ad un interrogatorio.

«Hai dormito la notte prima della rapina?»

«Ehm…No» non sapeva nemmeno lui perché stava rispondendo alle sue domande, ma la successiva non arrivò mai, il detective in modalità materna sembrava essersi ricordato improvvisamente di qualcosa.

Saguru aveva completamente dimenticato il sacchetto di plastica, aperto lo zaino aveva sospirato di sollievo al contatto con la confezione ancora gelida «Oltre all’armamentario per le rapine hai dei cucchiaini come delle normali persone?»

Kaito sussultò sorpreso alla vista del gelato, lo fissò intensamente, tutto ciò era un déjà-vu.

«Questo gesto non è da te»

«Lo so, è più un gesto di Nakamori. Sa essere molto convincente quando vuole, e so di non essere la tua bella ma non farmelo riportare indietro, ho fatto svuotare il congelatore al proprietario del negozio, quello al doppio cioccolato sembrava essersi voluto nascondere sul fondo. Se mi presento a restituirlo tenterà di uccidermi»

Kaito non sapeva se maledire o ringraziare la lingua lunga della sua amica, andava raccontando i fatti suoi in giro senza averne il permesso, ma il pensiero di Aoko passò in secondo piano quando si accorse del ragazzo in movimento pericolosamente vicino alle biglie colorate.

Prima che potesse avvertirlo del pericolo Saguru era scivolato e nel tentativo di frenare la caduta si era appoggiato all’unica zona da evitare sulla parete, la sua figura era sparita inghiottita dal varco apertosi oltre il quadro che dopo l’ennesima giravolta si fermò tornando in posizione. Il suono del tonfo e la successiva scarica di imprecazioni giunsero ovattate al di là del muro, poteva lasciarlo lì dentro per il resto dei suoi giorni, ma la vaschetta di gelato era caduta con lui.

Si chiese cosa avesse fatto di male nella sua vita per ritrovarsi in situazioni sempre più incasinate.

«Ohi ohi, e chi glielo spiega adesso dove è finito?»

 

 

Qualcuno è arrivato alla fine di questa storia? <.<

Spero di sì, non vorrei provare rimpianti nell’averla scritta.

Apprezzo davvero tanto la complicità e l’atmosfera che si respira nei capitoli in cui ladro e detective si sfidano, e dato che Gosho sembra essersi dimenticato del bellissimo manga a cui ha dato vita, mi consolo scrivendo.

Ho davvero tante idee su possibili storie, alcune persino allegre, ma finisco per scrivere sempre quelle più malinconiche e mi sento una brutta persona a far soffrire Kaito >.<

Mi auguro abbiate apprezzato la storia e spero in un vostro parere positivo o negativo che sia, va bene anche piccino piccino! <3

Un enorme abbraccio a tutti!

Aky

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Gōshō Aoyama, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

   
 
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