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Autore: Small Wolf    13/06/2019    2 recensioni
II secolo, Impero Romano d'occidente. Naruto da figlio di un re diviene un semplice schiavo di Roma. Fra combattimenti, amori proibiti, battaglie e sangue inizia la fine della stabilità dell'impero...
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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NOTA DELL’AUTRICE:
Salve a tutti! Sono Small Wolf e non frequento EFP da un bel po', forse troppo per una che è appassionata di scrittura… questa fanfiction (“Sulle Sponde del Tevere”) l’ho scritta ormai svariati anni fa e ho deciso proprio oggi di riprenderla e migliorarla sia a livello contenutistico che sintattico. Non sono sicura che vi piacerà, ma certamente qui potreste trovare qualcosa di un po' diverso dal solito, qualcosa che incroci in maniera interessante la storia dell’antica Roma con i personaggi creati dal maesto Kishimoto. Spero che il primo capitolo vi incuriosisca! Se vorrete, mi farebbe piacere ricevere delle recensioni (anche pesanti, andate sereni che le critiche costruttive fanno solo bene!). Grazie in anticipo a tutti! Anche a chi avrà solo voglia di leggerla J
P.S gli aggiornamenti saranno il più possibili regolari e rapidi ;) a presto e buona lettura!
 
Ordini urlati, rumore di passi frenetici e rumore di catene sono il segnale che stanno facendo attraccare la nave. Naruto solleva la testa verso il soffitto, sospirando. Si chiede dove siano arrivati e se questa volta sia giunto il momento di uscire dalla stiva. Hanno remato per giorni contro il mare in tempesta ed i venti forti, lui e gli altri schiavi, seduti su panche di legno strette e lunghe. Hanno remato, sollevando i loro pesanti bracciali di ferro, cercando di trovare un ritmo e forse anche un senso in quei movimenti faticosi e ripetitivi. La realtà è che non c’è alcun senso, ma solo una legge, scritta nella mente dei popoli fin da quando l’uomo esiste: la legge della guerra. La legge di Marte che punisce i perdenti con pene terrene a causa della loro debolezza e li rende schiavi dei migliori.
Qualcuno spalanca la botola della stiva, urlando cose in una lingua a lui semi sconosciuta. “Veloci” e “fuori” sono le uniche parole che riesce a distinguere chiaramente. Gli uomini attorno a lui si alzano, mugugnando indolenziti e stremati dal viaggio massacrante, reso peggiore dalla mancanza di pasti consistenti e dal poco sonno. Tuttavia nessuno di loro può tirarsi indietro davanti alla scala a pioli che viene calata nella semi oscurità della stiva e probabilmente nessuno spenderebbe ancora una singola ora nel caldo soffocante di quel posto, anche se la meta che si riserva loro appare tutt’altro che rassicurante.
“Forza, forza, forza!! Muovetevi!” strilla la voce di prima mentre il suo proprietario, un grasso schiavista con un frustino chiodato in mano, mena fendenti sulle spalle dei malcapitati, anche se non in modo violento come probabilmente vorrebbe. Loro sono merce ora e la merce non va rovinata.
“Ah!” si lamenta Kiba, un giovane dell’età di Naruto, quando riceve una frustata sul collo. Si sono conosciuti quando, durante la seconda tappa del viaggio, il villaggio di Kiba è stato catturato ed un mucchio di prigionieri sono stati riversati nella stiva ancora semi vuota. Non hanno parlato molto, lui e Naruto, ma remare insieme e dividere una singola porzione di cibo, li ha aiutati a trovare una sorta di sostegno l’uno nell’altro.
Adesso il sangue di Kiba scorre lungo le sue scapole e sulle braccia e lui avanza ancor più debolmente di prima lungo l’asse che dalla nave porta al molo il quale si apre su una spiaggia affollata da mercanti, gazebi e soldati a cavallo.
Naruto allunga le mani giunte verso la schiena dell’amico e gli preme le nocche sulla pelle, per fargli sentire di essere lì, proprio dietro di lui. Kiba gli fa un piccolo accenno con la testa e Naruto riesce a sorridere leggermente.
“Le sponde del Tevere” sente borbottare da qualcuno dietro. Naruto comprende di essere davvero giunto alla destinazione finale: Roma. Le mura della città non si fanno attendere e li accolgono minacciosamente possenti dentro di sé, attraverso pesanti portoni di legno sorvegliate dai soldati. Loro, quella disomogenea fila di uomini dalla pelle, la statura e le età diverse, vengono fatti sfilare in una tetra marcia attraverso gli stretti vicoli periferici della città, fatti di fango, catapecchie di legno ed odorose d’urina, verso il centro della capitale, in quello che deve essere uno dei Fori principali.
Lo schiavista grasso, aiutato da alcuni sottoposti li sprona a raggiungere un palco situato a lato della piazza, fra la folla e i tanti banchetti di merce presenti. Ai piedi del palco un gruppo di uomini riccamente vestiti ed ornati da gioielli colorati, li squadra, parlottando fra loro, indicando l’uno o l’altro dei suoi compagni di viaggio.
Naruto si sente denudato da quegli occhi, si sente una bestia da macello. Era così che suo padre analizzava gli animali quando doveva decidere di acquistarne uno e se ne faceva spiegare le caratteristiche dai proprietari. Il pensiero di suo padre gli fa mordere il labbro e alzare la testa al cielo azzurro chiazzato da soffici nubi bianche, alla ricerca di un aiuto che non sarebbe arrivato. Probabilmente a quest’ora suo padre lo crede morto e nella disperazione è costretto a gestire un popolo sconfitto e le tensioni della successione. A quest’ora Namikaze Minato, re del suo grande paese, sta piangendo in silenzio la sua dolce moglie, chiedendole scusa per non essere riuscito a scendere in battaglia con loro figlio e per avercelo mandato forse ancora troppo presto. “Sedici anni sono troppo pochi per una vera battaglia” gli aveva detto pochi mesi prima dopo che, finito l’allenamento col maestro d’armi Yamato, lui gli era corso incontro affermando di sentirsi imbattibile e pronto alla guerra. Allora aveva pensato che suo padre fosse davvero troppo premuroso rispetto altri sovrani, contenti di mandare i figli a morire per la difesa delle loro ricchezze e del loro buon nome. Aveva davvero creduto che duellare non dovesse essere poi così diverso che fare la guerra. Non aveva idea di cosa significasse essere in mezzo ad un campo di battaglia, circondato da urla di terrore e dolore, odore di sangue e fuoco.
“Salite!” ordina lo schiavista, carezzando il frustino come fosse un fidato animale domestico.
Sono divisi in file di cinque per volta. Kiba apre la loro. Naruto lo vede instabile sulle gambe, deve essere distrutto. Prenderebbe il suo posto come capofila per dargli il coraggio di avanzare a testa alta, nonostante i commenti, gli sguardi e la paura per quell’ambiente minaccioso e sconosciuto, per quei soldati con le spade e le lance che potrebbero essere sguainate con un breve ordine e trapassare la loro carne nuda da parte a parte.
Finalmente vede Kiba salire i primi gradini del palco, trascinandosi dietro tutti gli altri. Un passo, poi un altro. Un altro ancora. Una marcia verso l’ignoto.
Finalmente sono schierati davanti ai padroni. Naruto gonfia il petto, guarda dritto davanti a sé, all’altezza delle architetture di pietra e marmo che delimitano la piazza. Stringe i pugni legati e tiene le gambe larghe. Ha una paura tremenda, non sa cosa potrebbe accadere, ma non vuole farsi vedere debole. Non vuole apparire piccolo, spaventato e stanco. Vuole mostrare di essere forte e di lottare per la sua vita. E’ tutto ciò che gli resta: qui, in questa piazza, miglia lontano dal popolo che un giorno avrebbe potuto governare e dall’enorme palazzo affacciato sul mare, tutti i possedimenti, le feste sontuose e la gente con cui ha convissuto gli sembrano quasi qualcosa appartenuta ad un sogno da cui una brusca realtà lo ha fatto dolorosamente rinvenire.
Poi ad un tratto, nel mezzo di una contrattazione fra lo schiavista e un ricco romano per la vendita di un grosso schiavo dalla pelle nera, Naruto si sente strattonare verso il basso visto che è legato a Kiba che si accascia a terra.
“Kiba! Kiba, alzati” esclama preoccupato mentre lo schiavista si avvicina furioso.
“Schiavo! Schiavo, in piedi, Schiavo!!” Gli urla. I padroni iniziano a borbottare di disappunto e stupore ed il grassone pare notarlo, irritandosi ancora di più. “Forza, incapace, tirati su!”
Naruto vede Kiba aprire gli occhi scuri e guardarsi confusamente intorno, senza riuscire quasi a muoversi. Un insano pallore si è dipinto sul suo viso stremato e solo adesso Naruto nota quanto egli sia gracile.
“Mi hai sentito?!” lo schiavista solleva il frustino al cielo e lo fa sbattere con forza sulle costole di Kiba che ha appena la forza di lamentarsi. “Alzati! Alzati, ho detto!!” continua a sbraitare, dopo aver spostato Naruto con uno strattone per poi colpire il ragazzo inerme ancora ed ancora, senza pietà.
“E questo è solo l’inizio! Ti insegno io a farmi fare figuracce davanti ai clienti, maledetto schiavo!” l'uomo  continua a gridare altre cose incomprensibili mentre colpisce il moro a terra, che con fatica cerca di strusciarsi lontano dai colpi della frusta.
Naruto ha il cuore che gli batte furiosamente nel petto ed il respiro affannato. Attorno a sé vede solo sguardi indifferenti alla sofferenza del suo compagno oppure appena colpiti da un malsano interesse per quello spettacolo di sangue. Non ha sostegno, nessuno degli altri schiavi appare particolarmente sconcertato. Ed intanto in quella zona della piazza il vociare è diminuito mentre le urla di Kiba iniziano ad essere sempre più forti ed il suo sangue schizza fin sugli abiti dello schiavista.
Poi, dopo secondi che appaiono interminabili, la sua voce esce squillante.
“Basta, smettila!!” urla esasperato. L’uomo non gli dà retta continuando indisturbato a lacerare le scapole del ragazzo steso a terra. Naruto non ha più tempo né pazienza di pensare ed il suo corpo reagisce d'istinto e con prontezza si para, cascando a cavalcioni, davanti all'amico. Riceve lui l’ennesima frustata destinata a Kiba. La piazza si è completamente ammutolita. I prigionieri sono increduli di fronte alla scena e perfino il loro padrone si è bloccato dallo stupore, stupore sostituito subito dalla rabbia per l'inopportuna interruzione. Solo lui sente tanti rumori forti, rumori che provengono dal battito frenetico e veloce del suo cuore nelle orecchie. Il rumore della paura. Il rumore del dolore lancinante, ingiustificato. Kiba è steso sotto di lui e lo guarda con occhi sbarrati e lucidi di lacrime. Naruto si sforza di mostrargli un’espressione rassicurante. Quella pausa dura ben poco perché ecco la frusta tagliare l'aria con un fischio sordo e la pelle aprirsi di botto provocandogli un fortissimo bruciore fra le scapole esplode tutto insieme come un incendio, diramandosi fino alla nuca come mille dita affilate. Questa volta  Naruto non può impedire a una lacrima di scorrergli sul viso.
La frusta gli scivola placidamente lungo il fianco e con lo sguardo appannato dal male, Naruto scorge un uomo fra la folla avvicinarsi rapidamente allo schiavista. Kiba si muove sotto di lui tentando di alzarsi ma il dolore lo fa gemere e Naruto, troppo occupato a metterlo seduto e a riprendersi dal dolore, non fa caso ai due uomini che adesso parlano fitto fitto, nè tentomeno al mormorio e al disinteressamento generale tornato ad impadronirsi di quasi tutta la folla. In realtà è mentre si massaggia dolorosamente una spalla che lo sguardo di Naruto si incrocia con quello di una fanciulla sotto al palco. Ha lunghi capelli corvini e grandi occhi chiari, che gli ricordano tanto sua madre. Lo stanno guardando sbarrati, le labbra schiuse in parole mancate. Anche lui è stupito per tutta quell’attenzione e automaticamente solleva un po' un angolo della bocca. Allora la misteriosa ragazza pare riscuotersi e abbassando lo sguardo, si nasconde dietro ad un uomo dagli occhi molto simili a quelli di lei ma molto più freddi.
Intanto Kiba si è ripreso e mormora ringraziamenti e scuse in maniera sconnessa.
“Calmati, è finita” gli dice Naruto, prima che una pacca sul braccio da parte dell’uomo ricco gli fa capire di seguirlo. Probabilmente adesso è proprietà del giovane uomo dai capelli e la barba scuri ed il sacchettino di monete nella mano dello schiavista dall’espressione maligna e soddisfatta, può solo che confermarlo. Naruto si alza tremante e lancia uno sguardo preccupato ad un Kiba spaesato e ferito.
L’uomo, massiccio col volto duro bruciato dal sole ordina che gli siano sciolti polsi e caviglie dalle corde dello schiavista per poi fargli legare nuovamente le mani con le proprie manette. Poi avanza a passo rapido giù per le scale, costringendolo a seguirlo di corsa.
“E il mio amico?” mormora a testa bassa cercando di mostrare dignità davanti a quell'uomo che ha salvato entrambi dai colpi della frusta.
“Non mi serve, è debole. Tu invece sei forte e ti lamenti poco. Cammina ora.” si sente rispondere freddamente.
Naruto si volta dispiaciuto verso il suo compagno di cui riesce appena ad intravedere l’espressione spaventata, nonostante si sia rimesso in piedi. Vorrebbe urlargli di resistere e che si incontreranno di nuovo a Roma o in un’altra vita, ma ormai è troppo distante e poi si sa che gli schiavi non devono parlare.
 
 
  
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