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Autore: Acqua e Alloro    20/06/2019    6 recensioni
Cosa succederebbe se invece di essere condannato a morte, Aziraphale fosse bandito dal Paradiso e gettato giù all'Inferno?
Può un angelo così buono sopravvivere nell'oscurità dei dannati? E Crowley riuscirà a proteggerlo?
Genere: Horror, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Not a demon

 

«Ci hai deluso, Aziraphale.»

Gabriele non sembrava particolarmente toccato dalla cosa, d’altronde Aziraphale non gli era mai piaciuto. Ma non mentiva quando diceva che le azioni dell’angelo erano state un duro colpo per la sua fazione. È vero, il rapporto tra Gabriele e Aziraphale era sempre stato piuttosto conflittuale, ma questo non li aveva mai portati a dubitare della lealtà dell’altro verso l’Altissimo. Erano angeli; avevano scelto la loro fazione millenni prima quando Lucifero era stato bandito dal Paradiso. Lì, sulla soglia del regno dei cieli, avevano scelto di restare, di servire la causa di Dio. Tutti gli altri erano caduti.

Gabriele aveva sempre trovato Aziraphale un po’ strano. Innanzitutto, non somigliava per niente agli altri angeli. Non era un combattente, probabilmente non aveva mai ucciso nessuno nei suoi  seimila anni di servizio. Era sempre un po’ nervoso, e balbettava. Ma da quando era sceso sulla Terra e si era mischiato agli umani, anche il fievole e precario rapporto che avevano costruito nel tempo si era sbriciolato. Tra le rovine che erano rimaste c’era solo la consapevolezza di appartenere allo stesso schieramento, di essere angeli. Quella consapevolezza, però, era stata disillusa alla fine.

«Sventare l’Apocalisse! Tra tutti i crimini di cui ti saresti potuto macchiare, non avrei mai detto che tradire il Paradiso sarebbe stato il tuo errore.» Era sincero, fino ad allora Gabriele non aveva mai sospettato che Aziraphale li stesse tradendo. Neanche una volta.

«Beh» balbettò Aziraphale, ancora legato alla sedia. «N-Non lo definirei un errore. Direi più un …»

«Giusto. Gli errori sono accidentali, il tuo invece era un piano ben preciso. Tu hai scelto di tradirci. Hai voltato le spalle al tuo Destino.» Fece una pausa, quella faccenda cominciava ad irritarlo. «Vedi, Aziraphale, l’Armageddon era il nostro Destino. Se non c’è una guerra, il Paradiso non può vincerla, capisci?» Si era avvicinato di molto mentre parlava, e oramai era chino su di lui. Per un attimo, la sua rabbia vacillò. Davanti a quelle iridi pallide, così pure, cominciò a chiedersi se non fosse colpa sua se Aziraphale ora si trovava in quella situazione. Dopotutto, Gabriele non lo aveva mai scoraggiato dal suo proposito di vegliare sull’Anticristo affinché diventasse un bambino equilibrato, retto. Lo aveva invece encomiato per i suoi sforzi, davanti a tutti, per undici anni. Gli aveva dato la sua approvazione, quando invece avrebbe dovuto dissuaderlo e magari premere perché tornasse in Paradiso, per prepararsi alla guerra. Ma non l’aveva fatto, e ora Aziraphale avrebbe pagato per le sue azioni sconsiderate.

Aziraphale, d’altra parte, sentiva di non poter rimanere in silenzio. Non quel giorno. Sapeva di aver fatto la cosa giusta; nel corso dei secoli aveva sempre avuto dei dubbi sulla sua condotta, ma quello che aveva fatto in quegli ultimi undici anni … quello non poteva essere sbagliato.

«G-Guerra? La guerra porta solo morte e disperazione. La Terra non è perfetta –in effetti ha un sacco di difetti– ma non merita di essere distrutta. Per non parlare di quanti angeli, e d-demoni, avrebbero perso la vita se l’Armageddon avesse avuto inizio. E se ora l’Armageddon è stato sventato, è chiaro che non faceva parte del Piano Inef-»

«Non parlarmi del Piano Ineffabile!» sbottò l’Arcangelo Gabriele. «Hai dimenticato chi sono io!?»

Aziraphale boccheggiò in cerca delle parole più adatte, ma gli occhi viola dell’arcangelo lo fissavano intensamente. Gli sembrò di scorgervi dentro una minaccia, e d’istinto serrò la bocca.

Gabriele allora si allontanò da lui e cominciò a camminare per la bianca stanza. Gli altri arcangeli, Michele, Uriel e Sandalphon, lo fissavano con aspettativa. Attendevano la condanna, è chiaro. Dei tre, solo Michele aveva la decenza di mascherare le proprie emozioni. Uriel e Sandalphon, al contrario, sembravano compiaciuti, trepidanti nell’attesa di vederlo morto. Perché era chiaramente quella, la sorte che spettava al giovane angelo.

Aziraphale non era pronto per morire. Non voleva morire. Aveva ancora tante cose da fare sulla Terra: non aveva finito la sua collezione di prime edizioni, ad esempio, e non aveva un erede per la sua libreria. Non aveva mai mangiato messicano. E aveva appena imparato a giocare a Charades. Non provava alcun pentimento per quello che aveva fatto, infondo aveva salvato il mondo, ma seduto su quella sedia scomoda, coi polsi stretti ai braccioli, davanti a quattro pessimi angeli che lo disprezzavano e meditavano la sua fine, Aziraphale aveva paura.

E poi c’era Crowley. Si aspettava di sentire la sua voce da un momento all’altro. Magari avrebbe potuto sciogliere la tensione con qualche battuta di spirito, per poi liberarlo dalle catene. Ma quello era il Paradiso, non una logora cella di Parigi. Crowley non sarebbe mai arrivato lassù. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe finito col rimpiangere gli anni del Terrore? A quel tempo almeno aveva il suo migliore amico accanto.

Finalmente, Gabriele si fermò sul posto. Con un profondo respiro buttò fuori tutta la tensione che aveva accumulato, e tornò a voltarsi verso il prigioniero.

«Dov’eravamo rimasti? Ah sì! Tradimento. Abbiamo ragionato molto su di te, raggio di sole. Ho dovuto scomodare persino i piani alti, non so se mi spiego. È stato difficile, quello che hai fatto … beh non è un tradimento come gli altri. Se al posto tuo ci fosse stato un altro angelo, sarebbe bruciato tra le fiamme infernali.» Il suo sorriso non barcollò nemmeno per un istante, quasi pietrificato sulle sue labbra. «Ma tu sei diverso.»

Il cuore di Aziraphale sobbalzò a quelle parole. Gli stava dicendo che sarebbe sopravvissuto? Che non doveva dire addio a tutto ciò a cui si era appassionato e a cui aveva dedicato impegno e fatica? Il dubbio si insinuò come un serpente dentro di lui, e l’angelo si ritrovò combattuto tra la speranza –luce ingenua e imperitura– e il profondo timore di venir disilluso. La forza con cui si aggrappò a quella speranza gli aprì gli occhi su quanto volesse continuare a vivere.

Ti prego.

Le sue labbra tremolarono un poco, in modo quasi impercettibile, ma era certo che Gabriele se ne fosse accorto. Gli occhi viola dell’arcangelo gli rivolsero una rapida occhiata. Era forse compassione, quella che Aziraphale aveva davanti? Qualunque cosa fosse, non durò molto. Gabriele tornò al suo discorso come se nulla fosse. Era un vero angelo: senza umanità.

«Ovviamente il tuo rapporto con il demone Crowley non è passato inosservato. Accompagnarsi a un angelo caduto …» fece un verso di scherno. «Dovresti scegliere meglio le tue compagnie.»

«Un angelo e un demone non si erano mai visti. Un abominio.» denunciò Uriel.

«E una presa in giro per entrambe le fazioni.» disse Sandalphon. Parlava raramente, ma quando lo faceva, Aziraphale aveva voglia di riempirgli la bocca di sabbia.

«Comunque sia,» riprese Gabriele senza badare ai loro commenti, «Nonostante la natura del rapporto che sembri condividere con il demone Crowley, siamo dell’idea che tutta la faccenda dell’Armageddon sia dovuta unicamente alla tua natura.»

Aziraphale avrebbe voluto dire che non c’era niente tra lui e Crowley. Il loro non era quel tipo di rapporto. Ma per qualche motivo non disse niente e rimase in silenzio. A breve Gabriele avrebbe decretato la sua condanna e se questa non era la morte, Aziraphale non aveva la benché minima idea di cosa sarebbe successo.

«L’hai detto tu stesso: per te è più importante salvaguardare l’umanità, mantenere le fazioni del Bene e del Male così come sono ora … Faresti di tutto pur di evitare la guerra, anche mettere a repentaglio la tua stessa vita. Lodevole, senza dubbio …», non c’era nessuna traccia di ammirazione nella sua voce, «ma non va bene. Aziraphale, caro, noi angeli abbiamo un Destino da portare avanti. Non possiamo lasciarci andare a debolezze, paure. E se non puoi asservirti alla causa o adempiere ai tuoi compiti di angelo, è chiaro che questo», e indicò l’ampia stanza immacolata intorno a sé, «non è il posto per te.»

Aziraphale si ritrovò a battere le palpebre, perplesso. Gabriele aveva smesso di parlare, era finita, e ora lo guardava con compassione dall’alto del suo ruolo di giustiziere. Niente condanna a morte, quindi. Sospirò in preda a un sollievo quasi spasmodico. Sarebbe tornato alla sua libreria, dopotutto. E avrebbe rivisto Crowley. Oh, non vedeva l’ora di rivederlo! Chissà se avrebbe avuto le parole per raccontargli quell’esperienza. Magari avrebbe omesso le accuse che gli arcangeli avevano avanzato sulla loro relazione sentimentale.

Prima che potesse ringraziare tutti per quell’enorme dimostrazione di misericordia, però, le ultime parole di Gabriele lo colpirono in pieno con la violenza di un treno merci. Avrebbe preferito essere investito da una vecchia auto d’epoca, magari una Bentley nera. Avrebbe dato di tutto in quel momento per sentire gli acuti di Freddy Mercury, invece si dovette accontentare del silenzio e degli sguardi minacciosi di Sandalphon.

«Cosa … Cosa intendi con “questo non è il posto per me”?» chiese. Il sorriso che aveva in faccia si era fatto spastico, incerto. Non sapeva se tenerlo su o mutarlo in un’espressione di orrore. «I-Io sono un angelo. Il Paradiso è … è la mia casa. I-In q-quale altro posto dovrei andare?»

Mentre formulava la domanda una parte di lui arrivò da sola alla risposta, ma Aziraphale la soppresse.
Fissò Gabriele con sgomento, ma l’arcangelo sembrava distante e non gli rispose. Il sorriso gli si spense sul volto con la stessa velocità con cui era apparso. Un attimo dopo i suoi polsi erano liberi; Uriel si era avvicinata senza che lui la vedesse e aveva sciolto le corde.

Gabriele gli fece cenno di avvicinarsi.

Per la prima volta da quando era entrato là dentro, Aziraphale desiderò davvero fuggire. Perché qualunque cosa Gabriele gli avesse fatto, non sarebbe stato nulla di buono o giusto o retto. Sentì nuovamente gli artigli della paura graffiargli la nuca e scendere giù per tutta la schiena a disegnare solchi sulla sua pelle.

Lentamente, si alzò e raggiunse l’arcangelo col cuore che gli scoppiava nel petto. Le gambe gli tremavano e ogni passo sembrava una lotta eterna contro la gravità.

«Nella tua vera forma.» disse Gabriele.

Aziraphale non batté ciglio. Non aveva più la forza per controbattere, si sentiva paralizzato. Prima di avanzare ulteriormente di un passo, il suo corpo mutò, fuori dal suo comando, e due grandi ali bianche presero il loro posto sulla schiena. Sentirle nuovamente come parte di sé fu rassicurante. Per un attimo, Aziraphale fu tentato di nascondersi sotto le piume, come se quel nido potesse proteggerlo da coloro che volevano fargli del male.

Arrivò davanti a Gabriele senza fiato, gli occhi ancora sgranati, sperduti. La stanza aveva cominciato a vorticare, o forse era solo il malessere che sentiva dentro di sé a giocargli brutti scherzi.

«Mi dispiace.» ammise Gabriele, stavolta sembrava sincero. «Cerca di cavartela, ok, raggio di sole?»

Aziraphale non ebbe il coraggio di rispondere. Non poteva davvero mandarlo Laggiù.

Prima di proclamare la sentenza Gabriele si rischiarò la voce, forse era la consapevolezza di star agendo nel Male a otturargli la gola.

«In nome di Nostro Signore, L’Altissimo, l’Onnipotente, Padre eterno, Nostro Dio, a seguito della tua condotta e delle colpe che gravano su di te e sul tuo spirito, io, l’Arcangelo Gabriele, condanno te, Aziraphale, Guardiano del Cancello d’Oriente, a cadere.»



No.

No, non voleva.

Non poteva cadere.

Lui era buono. Troppo buono. Aveva sventato l’Apocalisse per salvare l’umanità, aveva sfidato il Paradiso intero per farlo. E ora doveva cadere? Perché?!

Non sarebbe sopravvissuto.

Lo avrebbero fatto a pezzi. Laggiù lo detestavano. Non era come loro, lui non uccideva, non seminava terrore, e di certo non assicurava anime al Demonio.

Una singola lacrima scivolò giù per la guancia candida. Non si premurò nemmeno di lavarla via, la lasciò sfregiare il suo volto, cadere e infrangersi sul pavimento del Paradiso. Quel pavimento immacolato, ora macchiato dal suo dolore. Chissà se Gabriele aveva mai visto piangere un angelo prima di quel giorno, di certo non l’avrebbe dimenticato.

Prima che potesse dirgli qualcosa, pregarlo, scongiurarlo, chiedergli pietà, il pavimento sotto i suoi piedi crollò sotto il suo peso. Delle mani invisibili lo afferrarono per le caviglie e lo portarono in basso, giù verso l’Inferno. Aziraphale gridò. Spaventato, disperato. Tese la mano verso l’arcangelo, le dita tremavano e graffiavano l’aria nel tentativo di trovare un appiglio. Ma Gabriele non la prese.

E Aziraphale cadde.

 
Giù.

Ancora più giù.

Sempre più giù.
 
Finché fiamme e tenebre non lo divorarono.
 
E le sue ali bianche ...
crack
si spezzarono.


 



THE QUITE NICE AND FAIRLY ACCURATE GOOD NOTES BY WATER AND LAUREL

What's up? 
Abbiamo visto la serie tv due volte (la prima in italiano e la seconda in inglese) e abbiamo ordinato il libro su Amazon perché dovevamo averlo.
Inoltre, avevamo bisogno di sclerare su questi due e questa storia è arrivata al caso nostro. È una What if? come avete letto dall'introduzione e parlerà delle avventure del demone Crowley e dell'(ex)angelo Aziraphale quando questi cade dal Paradiso per aver sventato l'Apocalisse.

Bene, pronti? Tenete acceso il ventilatore, farà caldo, perché si scende all'Inferno, raggi di sole!


(il titolo è provvisorio, probabilmente lo cambieremo nel corso della storia)

 
   
 
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