Anime & Manga > The Seven Deadly Sins / Nanatsu No Taizai
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Autore: steffirah    25/06/2019    2 recensioni
Pair: Kindia
Possibili *spoiler*
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King e Diane stanno giocando a chiapparello, quando lei riesce a trovarlo e, come promesso, è in debito di una richiesta. Ciononostante non sa cosa chiedergli e, nell'attesa, ci si coccola dei sapori e dei profumi della foresta.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diane, King
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hana no kaori, hana no amasa





 
«King! Ti ho trovato!»
«Diane!»
Ci aveva messo un po' a capire dove si fosse nascosto dopo averlo perso di vista, ma poi i suoi occhi avevano notato un poco distante scintillio azzurro, in mezzo a tutto quel lussureggiante verde. Era corsa in quella direzione, facendosi largo tra diverse fronde, che sembravano quasi una rete per quanto erano fitte, e saltando su radici e rami intrecciati era riuscita a salire in quella piccola zona sopraelevata, affacciante su un irregolare specchio d'acqua, trovandoselo sospeso in aria di spalle.
Gli sorrise a trentadue denti quando si voltò sorpreso, sogghignando vittoriosa. Si mise tutta dritta, aspettandosi delle lodi, esultando visibilmente mentre lui la fissava basito, chiedendosi come aveva fatto a non accorgersi del suo arrivo.
Nonostante lo sbigottimento non tardò ad accontentarla e lei, non appena l'eccitazione scemò ed ebbe ricevuto i complimenti che sperava, gli mostrò entusiasta ciò che aveva raccolto nella sua gonna.
«Guarda, mentre ti inseguivo ho scovato queste bacche. Non ne ho mai viste prima di un magenta tanto cangiante e dall'aspetto tanto invitante, così non ho resistito e le ho assaggiate. Sono buonissime!»
Lui ridacchiò, notando che a quanto pareva non era l'unico ad essersi distratto dal gioco. D'altronde, nella Fairy King Forest era piuttosto inevitabile.
Detto ciò, Diane si sedette in fretta su un ramo, prima che quei piccoli frutti le cascassero o le macchiassero il vestito. Sarebbe stato un peccato, dopo che King l'aveva realizzato apposta per lei, sfruttando le foglie di un albero chiazzato dai colori dell'autunno.
Si mise comoda, aggiustandosi l'ampia gonna come meglio poteva, e gli fece segno di affiancarla dando dei colpetti sul legno accanto a sé, provando ad essere il più delicata possibile.
King volò nella sua direzione, non facendoselo ripetere due volte. Si finse dispiaciuto d'aver perso mentre le si accomodava accanto, poggiando la schiena al possente tronco, al che lei sogghignò, mangiucchiando quelle bacche con gusto.
Il re delle fate gliene rubò qualcuna, pronunciando prima di mangiarle: «Ora che mi hai preso devo fare quello che desideri, quindi dimmi pure.»
«Mmh, ci devo pensare su.»
Diane scalciò all'aria, facendo gonfiare apposta la gonna contro quel flebile venticello, mentre si guardava intorno distrattamente. Continuò a mangiare pensierosa, attendendo un'illuminazione. Avrebbe voluto chiedergli così tante cose, e allo stesso tempo nessuna, perché lui riusciva già a darle tutto ciò di cui aveva bisogno. Avrebbe potuto chiedergli di acconciarle i capelli coi fiori, ma già era stato fatto, di cucire un abito con petali e foglie, e anche di quello già gliene aveva fatto dono innumerevoli volte. Si osservò l'anello che portava al dito, grata nel riconoscere che, da quando si erano sposati, davvero non le aveva fatto mancare nulla. E quindi, che tipo di richiesta avrebbe potuto fargli? Dato che di solito era sempre lui a vincere, non riusciva proprio a decidersi.
King le concesse il suo tempo, facendo scivolare intanto lo sguardo sul suo regno. Approfittò di quel placido momento per raccontarle che in passato, con Elaine ed Helbram, ne facevano una scorpacciata, sia di quella specie di ossicocco che di quei fiori.
«Quali fiori?» domandò allora lei, ridestandosi dal suo rimuginare, fissandolo confusa.
Lui mangiò l'ultima bacca rimasta, prima di sollevarsi e volare via senza preavviso, al di là di una chioma gigantesca. Quando riapparve, dopo pochi secondi, aveva tra le mani quello che sembrava un grappolo d'uva, ma al posto dei familiari acini verdi o neri c'erano tanti fiorellini bianchi.
Tornò al suo fianco e le si inginocchiò innanzi, porgendole una di quelle infiorescenze.
«Prego, assaggia.»
Diane sollevò un sopracciglio, sapendo bene che King usasse nutrirsi di fiori, e che talvolta ne era anche piuttosto ghiotto. Lui stesso le aveva rivelato, in seguito, che alcuni potessero essere commestibili anche per le altre razze. Che questo che le stava offrendo fosse uno di quelli?
Lo accettò, se lo portò accanto al naso per sniffarlo, e sorrise deliziata: aveva una buona fragranza, molto delicata. Anche se mai avrebbe potuto competere col buon profumo di King, tanto dolce e soave, ricco e mielato e contemporaneamente leggero e speziato, con quel sentore di legno e albicocca. Dondolò contenta, approfittando della sua vicinanza per annusarlo senza farsi notare. Eccolo lì, quel familiare odore floreale e insieme fruttato, che la accompagnava quotidianamente, dal mattino alla sera, per giorni, mesi, anni interi. Nulla avrebbe mai potuto essere comparabile.
Provò comunque a mordere un petalo, ma lui la interruppe, consigliandole di mangiarlo intero. Seguì le sue indicazioni e lo assaggiò, illuminandosi immediatamente.
«È così dolce e fresco!» esclamò meravigliata, realizzando di non aver mai assaporato qualcosa di così buono.
«Ti piace?»
«Tantissimo!»
King ne sorrise risollevato, spiegando: «Ne sono lieto. È il mio "dolce" preferito.»
«Potrebbe diventare anche il mio» rise, allungando una mano per riceverne ancora. Avrebbe potuto riempirsene la pancia e non sentirsi mai sazia.
Lui gliene porse un gruppetto, gustandosene altri a sua volta. Si voltò nuovamente a guardare verso la foresta, gongolando interiormente. Doveva ancora scoprire nuove cose di quel luogo, ma aver ritrovato quella pianta di robinia proprio quel giorno era stata un'enorme fortuna. O forse, un segno del destino.
Sorrise tra sé, lanciando un'occhiata a Diane, trovandola impegnatissima ad interrogarsi sottovoce se la dolcezza derivava dal nettare o meno, studiandosi quei pallidi e minuscoli calici da tutte le angolazioni. Con quell'aria concentrata e quella fronte corrugata, era così adorabile.
Senza preavviso King prese un fiore, utilizzando la magia per far sì che il nettare vi si addensasse ad un'estremità.
«Prova» consigliò, sperando che non la deludesse.
Lei lo assaggiò immediatamente, e tutto il suo viso si accese.
«È delizioso!»
Lo guardò entusiasta dinanzi a quella nuova scoperta e lui, a sua volta, ne sorrise alleggerito. Non importava quanti decenni o secoli passavano, Diane restava un'ingenua e genuina bambina, desiderosa di imparare costantemente cose nuove. E lui amava tantissimo quell'aspetto curioso e spontaneo di lei.
«Hai pensato a cosa chiedermi?» le ricordò, al che lei scosse la testa, ricominciando a borbottare parole incomprensibili tra sé.
Pensandoci bene, era la prima volta in cui lei riusciva ad "acchiapparlo" quando giocavano. Ed era quasi un paradosso, visto che era nella sua forma ridotta - non che così si riducesse la sua resistenza fisica, anzi. Chissà che genere di richiesta gli avrebbe fatto...?
«Kiiing.»
Udendo quel tono lagnoso si riscosse dai suoi pensieri, trovandola imbronciata. A quella visione il suo cuore quasi si sciolse.
Come in segno di conforto le carezzò i capelli, prestando attenzione per non spettinarglieli più del dovuto dalla treccia fatta da Gerheade.
«Cosa c'è?»
«Non so cosa voglio.»
A stento trattenne una risata, non aspettandosi di averla messa tanto in difficoltà.
«Va bene qualunque cosa, se sei tu a chiedermela.»
«Mmh, è che normalmente siamo pari o vinci sempre tu, e in quei casi le tue richieste sono sempre gentili, andando costantemente a mio favore. Non so come potrei ricambiare…»
Mordicchiò impacciata uno dei petali, mentre lui continuava ad accarezzarla, sospirando. Non sapeva neppure lui stesso che suggerimento darle. Però quello che aveva detto era vero: se lei gli avesse chiesto di volteggiare in tondo in aria fino a che non gli avesse detto "basta", lo avrebbe fatto senza lamentarsi. Avrebbe persino improvvisato un balletto ridicolo, se la avrebbe fatta ridere. Ma effettivamente, non gli conveniva di certo proporle opzioni simili.
Chinò lo sguardo sul suo grembo, riflettendo a sua volta, notando così che restavano pochi fiori. Con la mano libera sfruttò la magia per estrarne tutto il miele e darvi una forma più solida, creando piccole gocce che catturavano la luce del giorno e la rifrangevano tutt'attorno a loro, scintillando simili a tante lucciole d'estate.
«Diane, visto che non ti decidi facciamo che ti cedo tutto il miele, va bene?» propose, lasciando a se stesso i fiorellini vuoti.
Lei fece scorrere lo sguardo dai fiori al miele che le volteggiava dinanzi agli occhi alla sua mano destra e viceversa, prima di rischiararsi tutta, come se avesse appena avuto un lampo di genio.
«Ma certo!» esclamò battendo le mani e alzando la voce, quasi facendolo sobbalzare. «King, ci sono!»
Rimase a fissarla in attesa, mettendosi per bene di fronte a lei, aspettando un verdetto, con quelle goccioline ambrate che ancora fluttuavano tra di loro, rilucendo ai raggi perpendicolari del sole.
Diane schiuse le labbra in procinto di pronunciare qualcosa, poi parve ripensarci e chinò lo sguardo. King si accorse che le sue gote erano diventate improvvisamente più purpuree e che, al solito, si stava nascondendo il viso coi capelli. Curioso indagò nella sua mente, ma l'unica cosa che ne evinse fu un caotico: "Come glielo dico? È forse troppo audace? No, di solito faccio anche di peggio! Però non riesco a dirglielo! È imbarazzante! Ma è quello che vorrei, aaah!"
«Puoi pensarlo, se non riesci a dirmelo?» gli sfuggì, meritandosi immediatamente un'occhiata allibita e una potente spinta.
«King, insomma!! Non leggermi nella mente!»
«Scusami, mi stavo preoccupando.»
«Dammi tempo.»
Gli mostrò il palmo a mo' di vigile, prendendo un profondo respiro nel tentativo di calmarsi. Quando parve sentirsi un po' meglio - seppure continuasse ad essere sconvolta da un incessante batticuore - appoggiò quella stessa mano sul suo braccio. Giocherellò con un'estremità della sua manica, scivolando esitante sulla sua mano. Ne sfiorò il dorso tremante, ma si fece coraggio e la sollevò di poco, affinché la punta delle sue dita catturasse il miele fluttuante.
King piegò la testa su un lato, spaesato, finché lei, dopo non averne lasciato traccia, vi avvicinò il suo viso, guardandolo da sotto le ciglia in un misto di imbarazzo e implorazione.
«Vorrei che questo che resta me lo facessi mangiare tu.»
Per un attimo si irrigidì a questa inaspettata richiesta, finché non valutò, come lei poco prima, che avevano già fatto così tante cose e che questa, probabilmente, rientrava tra le più innocenti; pertanto, non aveva ragione di sentirsi teso o agitato. D'altro canto, quante volte l'aveva pulita lui stesso quando si sporcava col cibo, mangiandone ciò che restava direttamente dalle proprie dita? Non sarebbe stato certamente diverso, era semplicemente al contrario.
Per cui, cercando di mantenersi calmo, assentì, allungandosi a sua volta verso di lei. Spostò le dita fermandosi ad un centimetro dalle sue labbra e lei le schiuse, leccandone le punte. Un brivido lo attraversò lungo tutta la spina dorsale, persino le sue ali fremettero, e il suo cuore ebbe un sussulto. Non era esattamente quello che si era ripromesso.
Tuttavia era inevitabile sentirsi così, in balìa di ogni suo gesto. I suoi pensieri cominciarono a deviare, perdendo parzialmente di vista la realtà, soprattutto dal momento in cui lei chiuse le palpebre e permise alle sue dita di scivolare nella sua bocca, facendosi sfuggire un piccolo gemito, assumendo un'espressione di puro piacere.
Si disse che non doveva smarrirsi in strani pensieri. Stava solo mangiando, non era nulla di particolarmente erotico. Per questo, non doveva attardarsi nella sua immaginazione, e per farlo aveva bisogno di distrarsi e concentrarsi su altro, che non fosse la percezione della sua lingua o della sua saliva sulla sua pelle.
L'unica distrazione che gli venne in mente fu di leggere il suo stato d'animo, in parte per capire se anche a lei succedeva, se anche lei si sentiva sconquassata quanto lui da ogni singola azione, o se forse era soltanto lui ad essere un depravato. E allora ebbe la sua grande sorpresa: nella testa di Diane c'era il vuoto assoluto, una tabula rasa. Non pensava a niente e si domandò come fosse possibile. Sembrava semplicemente totalmente immersa in quel momento, in parte anche trasognante, come fosse rinchiusa in una bollicina pullulante di gioia, fragranze e sapori.
Non era certo di come dovesse interpretare tutto ciò, ma considerando la sua espressione in estasi doveva valutarla come una reazione positiva, no?
Prese un profondo respiro, ammonendosi che doveva restare presente, con la mente e col corpo, e si ripeté come un mantra che le uniche azioni che avrebbe svolto, sempre su richiesta di Diane, sarebbero state intrise di dolcezza e delicatezza. Non la avrebbe obbligata a fare nulla, non la avrebbe baciata anche se in quel momento le sue labbra erano più desiderabili che mai, non la avrebbe interrotta, non la avrebbe spinta su quel morbido e accogliente letto di muschio ed edera, non avrebbe -
«King» mormorò, interrompendo il flusso di quei suoi ingarbugliati pensieri. Gli baciò appena la punta delle dita, nonostante fossero ancora un po' appiccicose, e socchiuse gli occhi, prendendo un respiro tra gli ansiti, quasi le mancasse aria.
King allungò l'altra mano per sollevarle il viso, un po' apprensivo, ma non arrivò neppure a toccarla che ecco che ci pensò da sola ad incontrare i suoi occhi, mostrandogli le sue iridi lucide, che su quel viso arrossato risplendevano come due preziose gemme d'ametista.
«Harlequin…» mugugnò, facendosi di poco in avanti come fosse in trance, posando le labbra sulle sue.
Lui sgranò gli occhi, colto alla sprovvista, ma stavolta subito si arrese. Non appena lei gli si strinse maggiormente attorno la avvolse tra le sue braccia, ricambiando, quasi sentendosi svenire dalla felicità. E tale sensazione si accentuò quando la sua lingua percorse tutto il sentiero delle sue labbra, riuscendo a farvisi largo.
Quasi come ringraziamento, gli restituì quei due suoi amati sapori, quelle due sue amate dolcezze, e quando le parve di avergliene ridato tutto si allontanò di poco, col pretesto di riprendere fiato. Si accorse che anche lui stesso sembrava a corto d'ossigeno, che le sue labbra erano umide e più rosee del normale, che il suo sguardo pareva come incantato.
I loro corpi erano ancora allacciati, per cui ne approfittò facendo scivolare le dita tra i suoi capelli, raggiungendo il suo viso. Gli sfiorò delicatamente una guancia e lui le baciò il palmo, bloccandole la mano per ripetere le azioni che lei stessa aveva svolto poco prima. Con la differenza che, ora, avrebbe potuto gustarsi al cento per cento tutto il suo rinfrescante, distintivo sapore.
Percependola rabbrividire tra le sue braccia le rivolse un'occhiata, pur continuando a leccarla, spostandosi sul suo polso. Diane quasi si sentì mancare la Terra sotto il corpo, ritrovandosi ad incontrare quello sguardo tanto estraneo quanto ormai familiare, sentendosi bruciare da quelle sue iridi ambrate.
«Harle… quin...» provò a richiamarlo, insicura su ciò che volesse realmente dirgli.
Lui le rivolse un sorriso gentile, avvicinandosi al suo viso, strofinando la punta del naso contro una sua gota.
«Cosa c'è, Diane?»
Soffiò il suo nome proprio a pochi centimetri dal suo orecchio, al che lei reagì stringendo le dita attorno alla sua camicia. Le sfuggì meramente qualche verso insensato, sentendosi privare di qualsiasi capacità espressiva e cognitiva.
«Diane, mia regina» sospirò, baciandola dietro l'orecchio, facendola sentire sempre più rimbambita e accaldata, rubandole gradualmente anche il cuore e il respiro. «Mio solo ed unico vero amore» mormorò pago, quasi non credendoci che lei era veramente lì, tra le sue braccia. Che dopo tanto bramare, lei era lì, a ricambiare i suoi stessi sentimenti. Ed era lì, come sua sposa.
«Non ti piace quello che faccio?» la interrogò retoricamente in tono debole e stucchevole, lasciandole dei bacetti lungo il collo, spostandole i capelli ormai scompigliati su un lato.
"Al contrario…" avrebbe voluto dirgli, ma di nuovo nessuna sillaba riuscì ad uscire dalla sua bocca che potesse avere un qualche senso compiuto.
«Vuoi che mi fermi?» insistette, spostandosi sulla sua clavicola, facendole sfuggire un miagolio, sia di piacere che di negazione.
A scanso di equivoci, Diane scosse anche la testa, stringendo la presa sulla sua schiena, quasi non volesse rischiare fuggisse.
Lui si distanziò di poco, incontrando nuovamente i suoi occhi, leggendovi una nuova richiesta: "Continua".
Stese le labbra, sciogliendole i capelli per farvi scorrere le dita in tutta la loro lunghezza. I fiori ad essi intrecciati svolazzarono e tinsero le loro figure di nuovi colori, cadendo tutt'attorno a loro mentre King poggiava la fronte contro quella di Diane, per dirle in un sussurro accorato: «Ti amo.»
Per un istante lei trattenne il respiro, e per la commozione le si inumidirono gli occhi; fece un segno di consapevolezza, ricambiando intrecciando le dita alla sua mano.
«Ti amo anche io.»
Chiusero gli occhi, affinché le loro labbra si ritrovassero, ascoltando e realizzando l'uno i taciti desideri dell'altro.
 
Perché il re e la regina della Foresta si sarebbero sempre dati ciò che l'altro più desiderava, per tutta la loro lunga vita.












Angolino autrice:
Salve a tutti! E' la prima volta che scrivo in questo fandom, e ammetto che non m'è ancora capitato di leggere nulla a riguardo, ma da una visione generale ho notato che c'è poco su King e ancor meno su Diane. Quindi, anche se inizialmente questa storiella doveva restare soltanto tra me e il mio ragazzo (cui l'ho regalata), ho pensato che non sarebbe stato male condividerla anche qui. Magari, può rendere felice qualcuno. 
Il titolo originario era in giapponese, ma nella presentazione della storia ho preferito "adattarlo" affinché possa essere comprensibile. Non fate caso alla trama perché sono proprio negata con queste cose. 
Se non è chiaro, si tratta di un ipotetico futuro in cui sono sposati e regnano su fate e giganti, nella foresta (potrei mettermi a piangere se ripenso a tutto l'arco trascorso lì, meglio non rievocarlo). Quindi, siamo avanti nel tempo! E ammetto che, ora che King è "maturato", non ho ancora inquadrato bene la sua personalità - sebbene penso che, dopotutto, non sia cambiato molto, è soltanto più sicuro di se stesso (cosa che mi ha dato una gioia immensa).
Benissimo, credo di essere stata abbastanza logorroica. Non mi sembra di aver dimenticato di dire nulla, ma se dovesse restare qualche dubbio ditemelo pure.
Un bacio a tutti, 
Steffirah
  
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