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Autore: cartacciabianca    26/07/2009    5 recensioni
[...] ...Erano in due: possenti cavalli di stazza anomala, superiore a quella adulta normale. Il muso allungato, sul quale spiccavano occhi accesi di un rosso posseduto, spuntava un corno affusolato. La criniera che portavano lunga sventolava al vento dell’ira della tempesta, mentre la pioggia che cadeva dal cielo coperto di nubi grigio scuro s’abbatteva sul loro lucido manto nero. Gli zoccoli penetravano la terra abbattendosi con violenza sull’erba del prato, che al loro passaggio rinsecchiva misticamente perdendo il suo vigore, tramutando in sterpaglia ed erbacce; mentre qualsiasi cosa la loro coda che terminava con una testa di serpente toccasse, moriva. Ed io, confuso e atterrito, guardai Altaïr che impugnava la sua spada con entrambe le mani e schivava abilmente ogni loro sorta d’attacco. Attorno al campo di combattimento, dove la vendetta dei due Liocorni abbandonati da Noé stava avendo luogo, si erano ammassati i corpi di altri assassini che come noi avevano tentato quella notte di reprimerla... [...] ***Attenzione: I fatti si svolgono prima delle vicende narrate nel gioco. Detto ciò, spero sia di vostro gradimento ^^' Aspetto i vostri commenti, Elik. ***
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La vendetta dei Liocorni

Era notte fonda. Le stelle si specchiavano nelle acque della fontana nel centro del giardino, sul bordo della quale sedevo con addosso le mie vesti e il cappuccio abbassato. Il prato verde ondulava alla brezza leggera, il cantare delle cicale accompagnava quella fresca serata di prima estate.
Finalmente, dopo l’estenuante allenamento di quella mattina, potevo dedicare del tempo a me stesso e alla pace che amavo cercare a quell’ora nel giardino della fortezza, quando il silenzio della sera e il fruscio del vento mi carezzavano la pelle nonostante indossassi dei vestiti e mi lasciavano sulle labbra un sorriso felice; felice di aver trascorso gli anni più belli della mia vita in un posto tanto magico.
Già… magico.
C’erano tanti di quei misteri attorno a quelle pietre, che rimetterci la testa avrebbe solo creato maggior scompiglio nella mia mente, ed io, invece, ero seduto sul bordo di quella fontana, in quella notte, per poter finalmente socchiudere gli occhi e ammirare ciò che di magico c’era e sempre ci sarebbe stato.
Guardai l’acqua sfavillare dalla fontana e ammirai la mia immagine specchiarsi accanto a quella della luna piena e le sue stelle. Mi persi nel nero del cielo, e così smarrii la cognizione del tempo…
-Malik!- sentii d’un tratto, ma inizialmente ignorai del tutto quella voce e tornai alla mia quiete, sperando che non tornasse.
-Malik! Presto!- gridò ancora distante. –Malik, aiutami!- una nebbia di altri suoni (quello del vento, delle cicale, dell’acqua) lo coprivano, così mi fu difficile riconoscerne il timbro, ma quando ancora udii: -Malik! Svegliati, dannazione!- seppi che era Altaïr, e distinsi chiaramente la fatica che egli impiegava nel chiamarmi. Ma di nuovo, ripeté più spaventato: -Malik!!!- e a quel punto fu troppo.
Spezzai la magia all’improvviso, sollevandomi in piedi e riaprendo gli occhi. Vidi ciò che non avrei mai voluto vedere, ciò che non mi aspettavo di vedere, e in fine compresi che quel senso di pace che mi aveva fatto prigioniero, non era stato altro che l’incantesimo fatto da un mostro.
Erano in due: possenti cavalli di stazza anomala, superiore a quella adulta normale. Il muso allungato, sul quale spiccavano occhi accesi di un rosso posseduto, spuntava un corno affusolato. La criniera che portavano lunga sventolava al vento dell’ira della tempesta, mentre la pioggia che cadeva dal cielo coperto di nubi grigio scuro s’abbatteva sul loro lucido manto nero. Gli zoccoli penetravano la terra abbattendosi con violenza sull’erba del prato, che al loro passaggio rinsecchiva misticamente perdendo il suo vigore, tramutando in sterpaglia ed erbacce; mentre qualsiasi cosa la loro coda che terminava con una testa di serpente toccasse, moriva. Ed io, confuso e atterrito, guardai Altaïr che impugnava la sua spada con entrambe le mani e schivava abilmente ogni loro sorta d’attacco. Attorno al campo di combattimento, dove la vendetta dei due Liocorni abbandonati da Noé stava avendo luogo, si erano ammassati i corpi di altri assassini che come noi avevano tentato quella notte di reprimerla.
Il mio amico guardò un istante verso di me, e mi vide sveglio, conscio, che ammiravo la scena senza parole; ma la sua distrazione fu il caro prezzo della serata.
Una delle due bestie si levò sugli zoccoli posteriori e, non appena abbatté violentemente quelli anteriori al suolo, una crepa abnorme si formò nella terra e andò a seghettare il prato, sino a giungere sotto i piedi di Altaïr, che dovette scansarsi sull’ultimo per non precipitare nel baratro che si era formato.
-Altaïr!- gridai io quella volta, e la seconda cavalla si girò sbuffando fumo dalle narici. I suoi grossi occhi rossi, densi del fuoco dell’inferno, saettarono di eccitazione alla mia vista.
-Malik…- mormorò debolmente Altaïr, trascinandosi in piedi con difficoltà.
Non riuscivo a muovermi, l’ipnosi che Lusaida, la Liocorna dai mistici poteri, mi aveva fatto, mi teneva prigioniero ora nel mio corpo senza che potessi agitare un solo muscolo.
La pioggia aveva fracicato le vesti ad entrambi noi, e questo rallentò i movimenti di Altaïr quando dovette schivare un nuovo attacco di Sagrento, il fedele compagno di Lusaida.
Vidi il mio amico sollevarsi a fatica da terra, e il tempo che ci impiegò fu troppo, perché il Liocorno ebbe modo di colpirlo con una zampata che lo scaraventò addosso ad una delle colonne del porticato.
-ALTAIR!- gridai io, che altro non potevo fare.
Ammirai il dolore comparire sul suo volto quando alcuni frammenti della colonna gli caddero addosso, precipitando al suolo per il colpo. E con altrettanto stupore lo vidi sparire sotto un cumulo di detriti.
Ah, ah, ah, ah, ah! Risero Lusaida e Sagrento all’unisono, mescolando le loro voci così diverse in un’unica soltanto, che divenne gruttuale e inquietante. Stupidi umani, stupidi umani! Avremo la nostra vendetta! Avremo la nostra vendetta! Dissero, e la cavalla che mi teneva prigioniera allentò per un attimo il vigore della sua magia, così che il mio corpo si accasciò a terra privo delle forze per restare in piedi.
Mi ressi su di un braccio soltanto e guardai verso la montagna di detriti che aveva sotterrato il mio migliore amico, e come un sibilo il suo nome mi uscì ancor più pieno di terrore, tristezza, amarezza e in fine, furia.
I due Liocorni ridevano dinnanzi la mia sofferenza e quella di chi altri, come me e Altaïr, aveva tentato di arrestare la loro Vendetta Divina. Erano diventati inarrestabili, tenerli assieme significava la nostra rovina, ma il mio Maestro ci aveva informato che dividerli avrebbe delineato la loro. Avevamo tentato di allontanarli l’uno dall’altro, ma ecco il risultato: una ventina di nostri fratelli abbrustoliti dagli incantesimi di Lusaida e una decina spezzati dalla potenza di Sagrento.
Ed io mi chiedevo: Dio, perché? Perché Noé non fece la sua parte e li portò in salvo come tutti gli animali? Perché far loro un tale torto che oggi si riversava sui nostri corpi come la loro vendetta? Perché?
Ma Dio, ovviamente, non mi rispose.
Le due bestie di Satana che erano sopraggiunte nella nostra fortezza e seminavano liberalmente in caos, eravamo state noi ad attirarle, aizzarle contro i nostri stessi fuochi di pace. Un’altra loro tipica caratteristica era il mimetismo: di fatti, essi, erano tramutati in neri stalloni del deserto e s’erano lasciati catturare da noi assassini che quella mattina andavamo a reclutare dei nuovi cavalli per la nostra scuderia; ma poi, durante il primo pomeriggio, questi avevano spezzato le funi che li tenevano in stalla ed erano accorsi alla nostra casa, facendo strage della nostra gente, decimando il popolo di Masyaf per primo e gli assassini per ultimi.
Chi restava a combattere ancora se non io, mi chiesi. Nessuno, fu la risposta che mi diedi.
Ooh… sei solo, assassino? Sei l’ultimo della tua gente?! Esultarono quei due. Questo vuol dire che dovremo spostarci altrove, ammazzare altri della tua specie, assassino… si dissero tra loro.
Mi sollevai dolorante su un ginocchio, poggiando un palmo sulla terra di marmo che Sagrento aveva fatto a brandelli con uno dei suoi terremoti. –Sì, sono l’ultimo! Bastardi!- ruggii non appena avvertii le forze tornare a circolare nel mio debole corpo.
Afferrai la mia spada, gettata di fianco alla fontana distrutta che avevo alle spalle e la brandii con furia, serrando i denti e stringendo entrambi i pugni attorno all’elsa.
I due cavalli si scambiarono una breve occhiata complice. Ma che coraggio, da lodare… risero.
Stavo per caricargli addosso, puntando contro Lusaida per prima che sapevo avrebbe tentato di incatenarmi nella mia mente di nuovo, ma improvvisamente udii un sibilo, e l’asticella di una freccia comparve dal nulla conficcata nel collo di Sagrento, il quale, sollevandosi su due zampe per lo stupore, emise un grido di dolore acuto sopra ogni dire.
Dovetti tapparmi le orecchie, rannicchiandomi a terra che sentivo i timpani sanguinarmi a quel suono.
Sagrento gridò ancora, e allungo, fin quando la sua gola non si consumò abbastanza e i suoi zoccoli piombarono di nuovo a terra, creando una grossa crepa serpentina che venne verso di me.
Mi spostai con un balzo, lasciando che la mia spada precipitasse nel baratro che vi si era formato.
Lusaida si guardò attorno sperduta, balzando da un punto all’altro del giardino, saltando qualche ostacolo e qualche pietra venuta giù dalla roccia della fortezza, e godei davvero nel vederla così spaventata, nel tentativo di evitare una pioggia di silenziose e piccole frecce che si conficcarono la maggior parte delle volte nel prato essiccato dove passavano i suoi zoccoli.
Che stregoneria è questa?!?! Ruggì Sagrento con la freccia ancora in corpo, e lentamente si accasciò a terra rannicchiando le zampe. Lusaida…
Sagrento!!! Lusaida tornò da lui e con un solo balzo gli fu affianco. Quella fu la sua rovina.
Una freccia la colpì sulla guancia, un’altra sul fianco, e ancora un’altra andò a lesionarle molte altre parti del lucido manto nero, fin quando, stravolta, anch’ella piombò al suolo senza forze.
Guardai le loro teste appoggiarsi l’una contro l’altra, e i loro occhi spegnersi del fuoco dell’inferno, tramutando nel nero del cielo senza stelle.
Mi presi del tempo per tornare a respirare, per guardarmi attorno e capire, comprendere che finalmente era finita. Una secolare battaglia si era appena conclusa, ed io mi alzai piano da terra con lentezza.
-A chi devo la mia vita?!- sbottai quasi ridendo.
-Nessuno si azzarda a toccare mio fratello!- gridò allegramente una voce che riconobbi subito, nonostante il grido di Sagrento mi rimbombasse ancora nelle orecchie.
-K…Kadar?- domandai flebile girandomi da parte a parte, e poi lo vidi, dall’alto di un terrazzo che affacciava sul giardino, vi era il mio docile fratellino, che in mano non aveva altro che un arco e due frecce tenute in una faretra adagiata di fianco a lui.
La tempesta si era placata, e il cielo si liberava lentamente delle sue croste grigie.
-Kadar!- esultai avvicinandomi al terrazzo e guardandolo dall’alto. –Ah!- risi sbigottito. –Com’è possibile?! Come, dimmelo!-.
Il ragazzo mi mostrò una boccetta che aveva nella mano e sembrava contenere dell’acqua.
Sorrise e mi disse: -Acqua Santa, un regalo del Maestro!-.
Il sorriso gioioso che avevo in volto tramutò svelto in una smorfia, e solo allora mi ricordai.
Corsi verso il cumulo di macerie che schiacciavano il mio amico e chiamai Kadar affinché cercasse aiuto, ma egli mi rispose che gli altri assassini erano fuggiti assieme allo stesso Al Mualim, che avevo portato in salvo l’altra gente di Masyaf nelle grotte del lago.
La battaglia con i Liocorni era durata tanto, così tanto che donne e bambini avevano avuto il tempo necessario per rifugiarsi lontano dalla città, accompagnati da alcuni assassini e lo stesso Maestro che, prima di darsela a gambe, aveva lasciato a mio fratello l’unica arma che potesse distruggere le due Bestie di Satana.
Kadar accorse solo in mio aiuto, gettando a terra l’arco e l’ampolla Santa. Sollevammo quante più pietre ci fu possibile, e in breve vidi una parte del corpo di Altaïr riaffiorare alla luce dei bracieri del sole, che con calma stava uscendo da sotto le sue coperte di nuvole.
Comparve prima il suo viso, e poi gli liberammo il petto dal peso dei massi. Lo chiamai per nome tante di quelle volte che quasi glielo consumai, e Kadar al mio fianco si era arreso molto prima di me.
-Non può essere morto, non lui…- mormorai con gli occhi sgranati che desideravano non vedere. –Non può essere…- inghiottii il groppo che avevo in gola e guardai il cielo, abbassando le palpebre. –Perché…- sussurrai ad un Dio nel quale non credevo ma che oggi mi aveva risparmiato la vita.
-Malik…- sentii chiamarmi d’un tratto.
-Kadar, non ora!- ruggii io voltandomi furente verso di lui, che balzò per lo spavento.
-Io non ho detto nulla!- si apprestò a dire.
-Ma…- e mi girai, e lo vidi, e ringraziai il Dio nel quale non credevo che potevo ancora sentire la sua voce.
-Malik!- digrignò Altaïr dimenandosi e scrollandosi dalle spalle alcune pietre più piccole. –Diamine, levami quel sasso dai testicoli!-.
Kadar scoppiò a ridere all’istante.
-Ah, giusto…- senza un minimo di affanno cominciai a liberare dalla morsa mortale dei detriti anche le sue gambe e, quando fu totalmente libero di muoversi, lo aiutai ad alzarsi.
Tutti e tre ci voltammo ad ammirare i corpi dei Liocorni nel centro del giardino, mentre un raggio di sole si posava sui nostri visi rovinati dal duello e coperti di polvere.
Kadar aggrottò la fronte e si mise a braccia conserte. –Cosa ne facciamo?- domandò indicando le due bestie con un cenno del capo.
Vidi Altaïr sorridere beffardo. –Secondo voi che differenza c’è tra la carne del Liocorno e quella del cavallo?-.
Mi strinsi nelle spalle. –Mah… magari il Liocorno è più tenero- dissi.
Kadar ci guardò entrambi senza parole a bocca aperta. –Vorreste mangiarveli?!?- fece stupito.
Io e Altaïr ci scambiammo un’occhiata complice.
-Ovvio che no, era per dire…- sibilai a sguardo basso.
-Che idea sciocca- aggiunse il mio amico massaggiandosi il collo.
-Veramente…- assentì Kadar. –Io un po’ fame ce l’avrei, eh, eh…- rise.






Che scelro assurdo! ^-^
Dal drammatico al comico il passo è stato breve, anche se di comico c’è davvero poco. La grande fatica di questa one-shot è stata solamente quella di trasferire su nvu anche le parti scritte in corsivo, ma vabbé, dettagli vari…

^^’ ok, gente, spero di aver dato il mio contribuito verso quella maledetta lista dei personaggi! Non vi chiedo neppure di recensire, dato che una tale schifezza nata dalla mia mente contorta, mi è saltata in testa canticchiando la canzoncina di Noé che fa… Ci son due coccodrilli ed un orangutango. Due piccoli serpenti, un’aquila reale; un gatto, un topo, un elefante! Non manca più nessuno! Solo non si vedono i due Liocorni… XD
Ehehe… ehe.. eh... no. Piccola precisazione: Kadar ha unto le punte delle frecce con l'acqua santa datogli da Al Mualim prima che il vecchio se la filasse con gli altri cittadini di Masyaf, ed ecco spiegato perché i Liocorni sembrano tanto vulnerabili. Il piccolo eroe salva il mondo! *Emoticon eccomi*. Eh... sì, i nomi li ho inventati io. Lusaida e Sagrento... Belli, credo che li riutilizzerò anche in futuro nelle mie long-fic.
XD XD Ma insomma, saluto per bene e alla prossima! Ciao! :D
   
 
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