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Autore: OnlyHope    05/07/2019    12 recensioni
Il ritorno è come un punto di partenza, preludio di un nuovo inizio, un cerchio che si chiude. Perché le ali possono portare a volare lontano, ma sono fatte anche per tornare indietro... a casa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Homecoming

 

 

 

 

 

“Comunque a me questo colore continua a non piacere…”
Mi allontano dal muro e con sguardo critico, osservo le pennellate, senza badare alla tinta che cola dal rullo, andando a imbrattare il cellofan steso sul pavimento.
“Tu che ne pensi?”

Mi volto, ma non ricevo nessun aiuto da Tsubasa, che si limita ad alzare le spalle mentre continua a parlare al telefono con uno dei nostri figli.
Il tono di voce decisamente alto mi suggerisce che si tratti di Hayate.
Non deve aver preso molto bene l’esito de El Clásico(1) e ora si starà sicuramente lamentando di suo fratello con il padre.
Quindi? Non mi resta che intervenire…
Poso così il rullo sul pavimento e con passo marziale, raggiungo mio marito, invitandolo poi a passarmi il cellulare.
Tsubasa sorride divertito mentre annuisce.
“Ti passo la mamma, vuole parlarti!” e senza prestare attenzione alle proteste di nostro figlio, che riesco a sentire fin da qui, mi porge lo smartphone.
“Hayate!”

Mamma…
“Hai prenotato i biglietti, vero?”
Sì...
“Per te e tuo fratello, ovviamente…”
Hayate rimane in silenzio qualche secondo di troppo, facendomi alzare un sopracciglio nell’attesa.
Non potrei prendere un volo diverso dal suo?
“Ma non se ne parla! E ti avviso: non voglio sentire un’altra parola sull’argomento, siamo intesi?”
Ripassami papà! Guarda che Daibu è stato proprio…”
“Tuo padre ha da fare con la creazione della squadra e nel tempo libero, deve aiutare me con la casa nuova! Quindi inghiotti il boccone amaro della sconfitta, congratulati con tuo fratello invece di litigare e, cosa più importante, vedete di arrivare in tempo per la cerimonia, ok?”
Agli ordini, mamma…”
“Ti voglio bene.”
Anch’io…”
Ostentando un’aria soddisfatta, ripasso il cellulare a Tsubasa.
“Altri due numeri 28 ma in due squadre rivali… come siamo arrivati a tutto questo?”
Mio marito sorride ancora, alzando di nuovo le spalle.
“Sono competitivi e nessuno vuole vivere nell’ombra dell’altro. Così ora sono entrambi l’unico Ozora del proprio team!”
“Daibu comunque deve smetterla di fare sempre lo spaccone, dopo chiamalo e digliene quattro. Anzi! Fallo sentire in colpa, è sempre stato più efficace con lui!”
Tsubasa si mette sull’attenti, portando una mano alla fronte.
Un sospiro mi sgonfia il petto, mentre poso le mani sui fianchi.
“Mi chiedo se abbiamo fatto bene a lasciarli da soli in Spagna… Hanno quasi vent’anni ma a volte sembrano ancora due bambini!”
“È casa loro, sono cresciuti a Barcellona e sono appena entrati nella Liga... Oltretutto noi ci stavamo sposando, alla loro età!”
Annuisco, mordendomi appena le labbra.
“In effetti sarebbe stato piuttosto ipocrita da parte nostra, portarceli dietro accampando la scusa che sono ancora giovani…”
“Decisamente ipocrita, Sanae!”
Un alto sospiro, prima di dire la verità.
“Ora però capisco cosa hanno provato i nostri genitori, lo capisco sul serio…”
Tsubasa mi abbraccia forte, baciandomi più volte sulla guancia.
“Lo so che ti mancano tanto…” sussurra poi al mio orecchio e i miei occhi si appannano leggermente.
Quando mi allontano dal suo torace, Tsubasa sorride dolcemente, intenerito dai miei tentativi di nascondere le lacrime.
“Ora vuoi aiutarmi, per piacere?” lo supplico, cambiando argomento, mentre prendo le sue mani tra le mie.
Con una smorfia, tira le labbra e incassa il collo nelle spalle.
“E se ti dicessi che tra un po’ ho un impegno alla sede della società?”
Non trattengo uno sbuffo sonoro, forse un po’ infantile.
“Io ti avevo detto di non imbarcarti nell’impresa di dipingere la sala da pranzo! Un paio di operai avrebbero già finito a quest’ora e tu saresti potuta venire con me adesso!”
“Conosco a memoria la storia della neonata Nankatsu F.C.. Dalla sua creazione nella tua testa…” e con l’indice picchio piano sulla sua fronte.

“Compreso tutto ciò che c’è stato nel mezzo, fino all’annuncio del debutto in J League!”
Tsubasa incassa, ridendo.
“Ho sempre voluto una figlia femmina!”
Mi stringo di nuovo a lui, cingendo le sue spalle con le braccia.
“E io sono elettrizzata per questo tuo nuovo sogno e fiera di come lo stai portando avanti con successo!”
“L’ho sempre detto che prima o poi sarei tornato alle origini, no?”
“Siamo a Nankatsu e questa è la nostra casa, a cui tengo tantissimo proprio perché è qui.”
Tsubasa poggia la fronte contro la mia.
“E ora siamo soli, senza figli…” aggiungo, mentre sento la sua stretta farsi più decisa sui miei fianchi.
“In pratica siamo tornati due diciottenni!”
Annuisco, prima di sfiorare le sue labbra con un bacio.
“Come due fidanzatini…”
“Esattamente…”
Un bacio.
Un altro ancora, finché le labbra non diventano un’unica morsa e il tempo non sembra essere mai passato, da quando ci siamo sfiorati con il primo.
“Ora che ci penso… potrei anche arrivare un po’ in ritardo!”
Tsubasa prende la mia mano, facendomi strada al piano di sopra.
“Oh per il muro non avevi tempo ma per questo sì?” gli chiedo, fingendomi oltraggiata, quando varchiamo la soglia della nostra camera.
Mio marito ride, lanciandomi di peso sul letto e stendendosi poi sopra di me.
“Sono gli ormoni! È l’adolescenza!” e mi bacia, facendomi sentire esattamente dove dovrei essere, solo perché lui è con me.  

 

 

 

 

“Allora? Sei nervosa per la cerimonia?”
Yukari è come sempre piena di brio e non si ferma un attimo, nemmeno dopo aver posto una domanda.
La osservo mentre rimprovera Ryo per aver acconsentito al loro figlio di fare non so che cosa ed è come fare un tuffo nel passato.
È rimasta identica al liceo, le manca solo la divisa.
“Sono sposata da tempo immemore, ho due figli praticamente adulti e ho vissuto in tre continenti… esiste davvero qualcosa in grado di mettermi ansia, secondo te?” le rispondo, quando torna a concentrarsi su di me.
Yukari mi degna di uno sguardo di sufficienza, alzando un angolo della bocca in una smorfia scettica.
Proprio come faceva ai tempi delle medie, quando voleva prendermi in giro, anche solo con un’occhiata, se tentavo di minimizzare i miei sentimenti per Tsubasa.
“Sì, va bene…” ammetto, arrossendo proprio come allora.
“Credo di esserlo un po’… emozionata.”
Yukari ride divertita.
“A me non la fai! È inutile che ci provi! E Tsubasa? Lui che dice?”
“Oh credo lo sia anche più di me. In fondo è tutta opera sua, è venuta a lui l’idea!”
Il mio sguardo si mette a cercarlo nel cortile, in una sorta di riflesso condizionato, fermandosi poi in contemplazione, quando lo scorgo intento a parlare con suo fratello.
Il paragone tra Tsubasa e Daichi è quasi d’obbligo, ogni volta che sono l’uno accanto all’altro e non è detto comunque che ci sia qualcosa da distinguere tra loro, dato che sono praticamente due gocce d’acqua.
Se ci fossero stati anche i gemelli ora, sarebbe stato un bel colpo d’occhio, sicuramente.
Un po’come ritrovarsi in un film di fantascienza… sui cloni.
Ma per quanto i fratelli Ozora, figli di Koudai, si somiglino esteriormente, non si può dire altrettanto per il loro carattere.
Daichi è sempre stato piuttosto esuberante fin da piccolo, ma non vivace come poteva esserlo Tsubasa.
Appartiene sicuramente a quella categoria di persone totalmente estranea ai concetti di timidezza o d’imbarazzo e anche con le ragazze, è sempre stato molto sveglio, da quello che è dato sapere dallo spettegolare di sua madre.
Daichi possiede da sempre una risata spavalda, proprio come quella che lo costringe a tenersi la pancia in questo momento.
Quando intercetta il mio sguardo, mi mostra lingua, sorridendo allegro, proprio come se avesse ancora dieci anni.
“Su tutti a tavola!” chioccia all’improvviso la voce squillante di mia suocera, non appena si affaccia alla porta finestra.
Perché anche Natsuko Ozora mantiene immutato il brio di un tempo, nonostante ci siano delle rughe profonde ora, a solcarle il viso.
Mi alzo e la raggiungo, rimproverandola poi per non aver voluto il mio aiuto in cucina.
“Oh ma eravate così carini in cortile!” e mi dà un buffetto su una guancia, come se avessi eternamente quindici anni.
“Guardandovi, sembrava di essere tornati ai tempi del campionato nazionale… ma con mio figlio che ti fissa senza arrossire però!”
Natsuko scoppia a ridere, lanciando un’occhiata a Tsubasa che a sua volta si rivolge a me, scrutandomi curioso, mentre ci sediamo a tavola.
Scuoto la testa senza trattenere un sorriso divertito.
Mia suocera era tremenda a suo tempo, lo è ora e lo sarà sempre.
È una delle certezze della mia vita!
I piatti di portata iniziano a rincorrersi da mano in mano, attraversando il tavolo in più riprese.
Le bacchette di metallo tintinnano contro la porcellana, le voci si accavallano in una piacevole melodia di sottofondo, in cui è spesso una risata a porre l'accento.
E il tempo scorre piacevole, nella confortante familiarità della casa dei miei suoceri, che ha sempre ospitato la mia famiglia, ogni volta che eravamo in Giappone per un po’.
Il padre di Tsubasa si mette a raccontare aneddoti sul mare, quando le pance di tutti sono ormai piene e il tono nostalgico della sua voce, mi fa provare un’infinita tenerezza.
Il mio di padre lo ascolta come sempre affascinato, mentre mia madre si alterna a Natsuko nello sparecchiare, confabulando continuamente con lei.
Al momento del sakè, Ryo inizia a intonare una vecchia canzone giapponese sorseggiando la bevanda fumante, che brucia anche nel mio di esofago, scaldandomi il viso all’altezza delle gote.
Daichi si unisce poco dopo a lui, scatenando l’ilarità generale, che diventa poi un battito di mani a tenere il tempo, quando i due si alzano e iniziano a mimare anche una danza tradizionale, con tanto di ventagli immaginari.
Ma se Ryo si muove con precisione e dovizia, concentratissimo, Daichi invece sembra più intento a scimmiottarlo, con un sorriso irreverente stampato in faccia e le guance arrossate dall’alcol.
Abbraccio la stanza con lo sguardo mentre sorrido ancora.
L’agire del tempo ha cambiato i volti delle persone, rendendo i tratti più maturi o scavando qualche ruga, ma non ha potuto nulla contro tutto questo.
Sono tornata, arrivando da molto lontano, ma è come se non me ne fossi mai andata.
La sensazione d’appartenza a un luogo e alle persone che lo popolano, è qualcosa di unico.
E d’un tratto, mi sembra di poter sentire dentro di me la risata allegra della piccola Anego.

 

 

 

 

L’acqua che zampilla dalle fontane poste all’ingresso del tempio, è fresca al tatto.
Faccio attenzione a non bagnare le maniche del mio kimono ricamato quando immergo le mani, per aspergermi durante il rito della purificazione.
Tsubasa mi imita ma sembra un po’ in difficoltà, così lo aiuto, trattenendo la stoffa nera del suo kimono da cerimonia, appena sopra ai suoi polsi.
I nostri genitori compiono lo stesso rituale quando lasciamo loro spazio, seguiti da Yukari, Ryo e Daichi e infine dai miei due figli, che sono davvero belli con indosso gli abiti tradizionali.
La nostra piccola processione s’incammina lenta verso il santuario, il canto degli uccelli tra gli alberi spogli ci scorta, insieme a timidi raggi di sole. 

L’emozione cresce dentro di me a ogni passo e quando mi volto a guardare Tsubasa, posso scorgere lo stesso nei suoi occhi.
Mi sorride e io ricambio.
Non avevamo bisogno di rinnovare alcunché per rinsaldare la nostra unione, ma essere tornati a Nankatsu rappresenta un nuovo inizio per noi.
Il nostro matrimonio anni fa segnò la fine dell’era della separazione, fungendo da punto di partenza per le nostra vita insieme nel mondo, ora sarà un rito antico della tradizione giapponese a decretare che siamo tornati a casa, alle nostre radici. 
Tsubasa ed io ci sediamo al centro della piccola costruzione che funge da santuario, mentre i testimoni si dispongono dietro di noi e così i parenti, rispettando rigorosamente l’ordine di anzianità.
Il sacerdote con la sua veste bianca, il cappello di taffettà e lo shaku(2) annuncia solenne il nostro matrimonio alle divinità, inchinandosi davanti all’altare su cui poggiano tre ciotole di diverse dimensioni, della frutta, sale e riso.
Mentre le preghiere e le benedizioni si susseguono, rivolgo lo sguardo ancora una volta a colui che è mio marito già da tempo.
Tsubasa mi guarda con un’espressione dolcissima mentre stende le labbra in leggero sorriso emozionato, così i miei occhi si velano inevitabilmente di lacrime.  
Una musica tradizionale riempie il silenzio con le sue note lunghe e cadenzate, quando il sacerdote ci porge a una ad una, le tre tazze di sakè.
A turno, beviamo entrambi un sorso da ognuna, rendendo in questo modo effettivo il nostro matrimonio.
La voce di Tsubasa è leggermente incrinata dall’emozione quando recita il giuramento di fedeltà e obbedienza, che condividerà poi con me per il resto della vita.
Devo sbattere di continuo le palpebre per non piangere, quando anche i nostri genitori bevono un po’ di sakè, per mettere il loro sigillo sulla nostra unione, appena avvenuta.
Ci spostiamo sempre in processione verso il tempio, per terminare i riti nuziali.
Tenendo in mano un ramo di sempreverde, Tsubasa ed io ci inchiniamo due volte, poi battiamo sempre due volte le mani prima di inchinarci ancora e offrire i rami alle divinità, come segno delle nostre sincere intenzioni.
Un ultimo gesto formale, prima di lasciarmi andare alla felicità, proprio come se fossi una sposa novella, ma non solo sulla carta.
Hayate abbraccia forte suo padre, Daibu fa lo stesso con me mentre esclama che sono una piagnucolona, salvo poi sussurrare al mio orecchio quanto sia bella in questo giorno speciale.
Un secondo dopo, siamo stretti tutti e quattro nello stesso abbraccio.
I nostri genitori sono commossi esattamente come la prima volta, ora che si congratulano con noi.
Yukari tira sul col naso mentre mi sfiora il viso con una carezza, prima di liberarmi il capo dallo tsunokakushi(3).
Ryo stringe la mano di Tsubasa, posando l’altra sul suo braccio.
Daichi si fa spazio tra me e mio marito, cingendo poi le spalle di entrambi.
Una foto di gruppo ferma per sempre il momento in uno scatto.
“Voi raggiungete pure gli altri al ricevimento, Sanae ed io dobbiamo andare un attimo in un posto.”
Mi volto sorpresa verso Tsubasa, ma lui non batte ciglio mentre il gruppo esiguo di partecipanti al rito, dà seguito al suo suggerimento, incamminandosi verso l’uscita del tempio.
“Che cos’è questa novità? Dove dobbiamo andare?”
Mio marito non è mai stato bravo a mentire, così si limita a prendermi per mano e a condurmi in un posto… davvero speciale per noi.
Il vento sferza più forte quando raggiungiamo il belvedere.
Tsubasa mi stringe nel suo caldo abbraccio mentre ci affacciamo al parapetto.
Rimaniamo fermi così, senza parlare, limitandoci a fissare il panorama della città che si estende ai nostri piedi.
Non occorrono parole dopo tanti anni trascorsi insieme, non ne servono quando un cerchio si chiude.
Il punto di partenza e quello di arrivo si fondono, diventando una cosa sola e tutto scorrerà in circolo d’ora in poi, adesso che il progetto è stato realizzato.
È un’altra fase, un nuovo inizio…
Ma con un’unica costante: l’amore che ci lega.
Diverso ma allo stesso tempo identico al primo giorno, un porto sicuro su cui poter fare sempre affidamento.
Un approdo certo come lo è Nankatsu, a cui è stato inevitabile fare ritorno.

 

 

 

 

Un ringraziamento, come sempre, a chi è arrivato a leggere fino a qua, un altro a chi mi ha spronata a scrivere questa one shot (you know who you are!).
Una dedica speciale a Sakura chan, prossima al suo di momento speciale…
Se tutto va come dovrebbe andare… e se vi va, ci risentiamo in autunno!
Buona estate!
OnlyHope

 

 

(1) El Clásico: è il nome con cui è comunemente indicata la sfida tra Barcellona e Real Madrid.

(2) Shaku: uno strumento in legno usato nelle cerimonie shintoiste.

(3) Tsunokakushi: "nascondiglio del corno", è un copricapo tradizionale indossato nei matrimoni shintoisti. Consiste in un pezzo di stoffa rettangolare, che copre il ciuffo nuziale alto chiamato Bunkin Takashimada.

   
 
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