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Autore: Anya_tara    10/07/2019    1 recensioni
Essere genitori non è semplice, Saga ne è perfettamente consapevole.
Ma come al suo solito rischia di esagerare ...
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Gemini Kanon, Gemini Saga, Sagittarius Aiolos, Virgo Shaka
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Era cominciato tutto con un’influenza.
E no, non quella di qualche astro postosi di traverso ad un determinato tema natale, in qualche Casa poco
adeguata ad accoglierne gl’influssi. Con un’influenza, quella vera, da febbre alta e naso che gocciola, mal di gola e dolori alle ossa.
Febe si era ammalata. Nulla di grave, per l’amor degli Dei: solo una banalissima infreddatura, probabilmente presa sudando mentre era intenta ad inseguire Dhanush in lungo e in largo per il Santuario. Uno sbalzo di temperatura ed ecco, era caduta vittima del malanno che l’aveva bloccata a letto.
Aiolos si era impensierito, come era facile aspettarsi. Si era fatto dare da Mu dei preparati adatti alla bisogna, aggiungendoci di suo il classico brodo di pollo e gl’impacchi di acqua e aceto ereditati dalla farmacopea popolare. Gli stessi che aveva usato con suo fratello quand’era bambino, e anche con gli altri piccoli ospiti del Santuario dell’epoca.
Ma quello che era praticamente andato fuori di testa era stato Saga. In segreto, per non offendere il Custode della Prima Casa, era sceso al villaggio a provvedere dei medicinali veri: paracetamolo, in dosi industriali, neanche dovesse curarci un plotone di soldati. Sciroppo per la tosse da riempirci una cisterna, e poi fermenti lattici, ricostituenti, un farmaco per incrementare le difese immunitarie e poco ci sarebbe mancato che contattasse Milady per farsi spedire via corriere un po’ d’ichor.
<< Saga, non ti pare di stare esagerando? >>, aveva commentato Sagitter, vedendolo tornare con una sacca della spesa sotto cui aveva nascosto il battaglione di farmacia.
<< Io? Perché, speri che un po’ di acqua e aceto faccia abbassare la febbre? Con quello ci puoi condire l’insalata >>.
<< E’ solo un’influenza >>.
<< Un’influenza curata male può portare a complicanze di ogni genere. Non ci pensi? E se degenerasse, Athena non voglia, in polmonite? Cavolo, non farmele nemmeno dire certe cose, che mi sembra di portare male >>.
<< Saga, Febe sta benissimo. E’ sana, forte, e il suo organismo è tranquillamente in grado di reagire da solo. Non hai pensato che tutte quelle cose potrebbero farle più male che bene? Non hai neppure consultato un medico >>.
<< Hai ragione. Pensi che ad Atene ci sia un bravo pediatra? Non mi fido del dottore di Rodorio. Probabilmente ha curato più pecore che esseri umani, in vita sua >>.
<< Smettila, Saga. Ti stai agitando per niente. Vedi com’è tranquilla? Ha solo un po’ di febbre, nulla di che. Sta’ tranquillo, pure tu. E vieni a tavola, ch’è ora di pranzo >>.
Per quel momento Saga si era calmato. Ma meno di un’ora dopo aveva di nuovo messo fuori il discorso. << E se la febbre fosse la spia di qualcos’altro? Potrebbe essere morbillo, o gli orecchioni … >>.
<< E dove potrebbe averli contratti? Non c’è nessuno ammalato, qui >>.
Saga aveva scosso la testa. << Dovremmo farla visitare, Los. Ma preferirei evitare di farla uscire da casa … dici che Shin avrà qualcosa in contrario, a far venire qui il medico? >>.
<< Ah, Santa Athena >>.
<< Vado a misurarle la febbre >>.
<< Sta dormendo, Saga. Lasciala riposare >>.
<< Ma non dovrebbe mangiare? Non ha più preso niente, dopo la colazione. E poi così potrà prendere il paracetamolo, a stomaco pieno >>.
<< Mangerà quando si sveglia. Guarirà più in fretta se riposa. Diamine, sembra quasi che non abbia mai visto un bambino con la febbre. Eppure hai curato tante volte tuo fratello >>.
<< Se era una battuta, Los, te la potevi risparmiare >>, aveva sentenziato facendosi torvo.
<< La stai prendendo troppo seriamente, Saga. Così ti ammalerai tu >>.
<< Io non so come fai a startene così tranquillo >>.
<< Perché Mu l’ha già vista, ha detto ch’è solo una banale influenza. Non ti fidi di lui? Eppure ha capito subito che quella di Shura era meningite, quando spesso neppure negli ospedali civili riescono a diagnosticarla abbastanza alla svelta da intervenire >>.
<< Non dico che non mi fido di Mu. Ma forse lui non è proprio adatto a curare un bambino >>.
Los gli aveva scoccato un’occhiata eloquente. << Ha cresciuto Kiki. Da solo >>.
<< Vabbé, ma loro sono Lemuriani. E’ un’altra cosa >>.
<< Bah. Fa’ come vuoi >>, aveva detto alla fine Aiolos, rassegnato. Aveva capito che più cercava di farlo ragionare, peggio era.
Se ne sarebbe reso conto da solo, appena la bimba sarebbe stata meglio.
La sera, però, dopo averle misurato la febbre per la sesta volta in tre ore, Saga aveva fatto salire Mu d’urgenza, e quel poveretto si era scapicollato fino alla Nona per vedere cosa stava succedendo.
<< Ecco, vedi? Si è alzata di nuovo. Due ore fa aveva trentasette e sette, adesso di nuovo trentotto e due >>.
<< Saga, è normale. La sera la febbre tende a salire >>.
<< Sì, ma le ho dato il paracetamolo quattro ore fa e … >>. Saga si era bloccato, realizzando d aver messo il piede in fallo.
Ma Mu non sembrava essersela presa. Anzi, aveva sorriso. << E ora l’effetto sta passando. Ma non è nulla, sta’ sereno. Come ti senti, Febe? >>, aveva chiesto alla bimba, rincantucciata nel lettino sotto un ammasso di coperte che nemmeno dovesse partire insieme a Camus per la Siberia.
<< Bene. Solo mi fa un po’ male qui. E qui >>, aveva detto la bimba, indicando la gola e le gambe.
<< E’ normale. Hai mal di pancia? >>.
<< No. Però la testa ogni tanto mi batte. Come se ci fosse un tamburo dentro >>.
<< Visto? >>, era sbottato Saga, allarmato.
<< Saga, è la febbre. Benedetta Athena, rilassati. O dovrò dare qualcosa anche a te >>, aveva detto Mu, voltandosi a guardare Aiolos, ch’era rimasto davanti alla porta e scuoteva la testa. << Senti, se proprio non ti senti tranquillo, puoi sempre andare in ospedale e farla visitare da un vero medico. Però poi ricordati di ripulirgli il cervello, altrimenti ti attirerai una caterva di assistenti sociali, addosso >>.
Saga gli aveva scoccato un’occhiataccia. << Hai altri consigli da darmi? >>.
<< Sì. Toglile qualche coperta, o la farai soffocare, povera piccola. Meno roba ha addosso, e meglio è >>. Aries aveva salutato gentilmente, congedandosi.
<< Grazie, Mu >>, aveva detto Aiolos, guidandolo fuori. << Scusalo. Ma sta uscendo di senno, da quando stamattina si è svegliata con la febbre >>.
<< Anche questo, è normale >>. Mu aveva stirato un sorrisino malizioso. << Meno male che è già grandicella. Se si fosse ritrovato con un neonato che piange in continuazione e non può dirgli da sé come si sente … >>.
<< Penso avrebbe iniziato a parlare anzitempo, per mandarlo a quel paese >>.
<< Torno domani. Per ogni cosa, sono a disposizione >>.
<< Grazie ancora, Mu >>.
Tornato dentro, Los era rimasto di sasso, vedendo Saga spingere la poltrona verso il corridoio. << Ma che stai facendo? >>.
<< Non si vede? Sposto la poltrona. Non avrai intenzione di lasciarla dormire da sola, vero? >>.
<< No, però non sarebbe più sensato portare il lettino in camera nostra? O farla dormire direttamente con noi? >>.
<< Ma ti ha dato di volta il cervello? Come ragioni, Aiolos? >>.
<< Perché, scusa? >>.
<< Come, perché? Cosa c’è di male? >>.
<< Odio dare ragione a mio fratello. Ma quando ti ci metti sei davvero tonto. Vorresti … che ci vedesse dormire insieme? >>, aveva chiesto in tono scandalizzato.
<< Saga, lo sa che vivi qui. Dico, sono settimane che si sveglia e ti trova qui, mica è cieca eh! >>.
<< Sì, ma un conto è che si svegli e mi trovi qui, in cucina, o nella sua cameretta, e un conto è che mi veda … a letto … insieme con suo padre. Non è cosa che vada bene, Aiolos, assolutamente >>.
Los l’aveva guardato sconvolto.  << Lo sa che non siamo solo amici, Saga >>.
 
<< Ho capito! Ma da lì al vederci a letto assieme ci passa un oceano. E io non ho nessuna intenzione di … traumatizzare una bimba di soli sei anni >>.
<< Sette, quasi >>.
<< Vabbé, è uguale. E prima che mi accusi di chissà cosa, non c’entra il fatto che siamo entrambi uomini. Sarebbe comunque lo stesso >>.
<< Ma lo sai che ci sono bambini che alla sua età dormono nel lettone dei genitori, vero Saga? Cioè, dico, magari noi non abbiamo avuto di questi lussi, ma ci sono, eccome >>.
<< Be’, problemi di quei genitori. A me non garba che ci veda dividere il letto. E che magari … si faccia strane idee >>.
<< Ma che idee può mai farsi una bimba a quell’età!? Saga, per l’amor del cielo! >>.
<< Non lo so. Ma non ho nessuna intenzione di scoprirlo. Mi dai una mano, adesso? >>.  
Così era trascorsa una settimana, più o meno. Cioè, in realtà la febbre a Febe era scesa di parecchio già dopo due giorni, e passata dopo quattro; ma Saga non aveva voluto sentire ragioni. Aveva continuato a dormire con lei, cedendo il posto ad Aiolos solo quando questi lo costringeva a andare a sdraiarsi e farsi un paio d’ore di sonno come gli dei comandano.
Inutile dire che allo scoccare della seconda ora era di nuovo in piedi.
Ma adesso finalmente le cose sembravano tornate alla normalità. Quella “normale” quotidiana. Mu aveva visto la bimba nel pomeriggio, dato il suo – ennesimo- benestare e Saga aveva gettato la spugna, nel vero senso della parola, permettendole di fare il bagno dopo giorni di tamponature con acqua calda. Aveva variato la spesa prendendo delle costolette d’agnello al posto dell’ormai solito pollo, e preparato la cena mentre Los rimetteva al suo posto “ il trono”, come acidamente aveva ribattezzato la poltrona, ironizzando sul fatto che forse era la nostalgia dello scranno del Sommo Sacerdote ad aver fatto affezionare tanto Saga a quel complemento d’arredo.
Saga non gli aveva rivolto la parola per un giorno intero. E Aiolos era stato costretto a notare una volta di più che i Gemelli erano pessimi, in fatto di suscettibilità, prima di chiedergli scusa. Alla faccia della Vergine, detentrice del primato.
Finito di cenare, però, inevitabilmente lo sguardo del Consigliere si era fermato sulla poltrona. E nel vederlo storcere le labbra, Aiolos aveva alzato lo sguardo al soffitto, mentre gli portava i piatti da lavare raccolti sul tavolo.
Ora ricominciava. Tre, due, uno, via. << Febe, non è che vuoi che riportiamo la poltrona in camera tua, per caso? >>. 
La piccola Febe si era seduta sul tappeto, intenta a leggere un libro. Rialzò il visetto dal libro che stava leggendo, scoccando loro un’occhiata seriosa. << No. Perché? Io ormai sto bene >>, sentenziò, battendo tra loro i piedini calzati in due buffe pantofole azzurre. Il rosa non rientrava tra i suoi colori preferiti: lo trovava troppo stucchevole. In effetti, quando metteva giù il piglio da adulta consapevole, somigliava più a Kanon che a Saga.
<< Tesoro, lo so che stai bene, e ne sono felicissimo, però … insomma … voglio dire … dopo tanti giorni trascorsi con uno di noi accanto, magari adesso potresti sentirti un pochino sola  >>.
<< Solo i bambini piccoli vogliono dormire sempre con i genitori. E poi ho condiviso già abbastanza a lungo la mia camera con altre persone, prima. Non offenderti, zio … ma mi piace avere i miei spazi >>, disse, portando alle labbra la cannuccia del succo di frutta.
<< Sì, certo, ma … >>, provò ancora Saga.  
Al che Febe aveva sbuffato, spazientita. << Papà, glielo spieghi tu a zio Saga che i grandi hanno bisogno di privacy? >>, sbottò chiudendo di scatto il libro.
<< Che … che cosa?! >>, aveva chiesto Los, sconcertato.
<< Non sai cos’è? >>.
<< Ma … ma certo che lo so >>, balbettò lui, allibito da quel tono sarcastico.
Decisamente, somigliava davvero parecchio a Kanon. Soprattutto adesso che aveva quel sorrisetto sul visino da bambola di porcellana. Si vedeva ch’era tutta fiera di aver imparato una parola nuova e non vedeva l’ora di usarla. << Ecco, appunto. Gli adulti hanno bisogno di privacy, ogni tanto, per baciarsi e tutte quelle cose lì >>, rimarcò, mettendosi in piedi. << E se state sempre con me, come fate a prendervela? >>.  
Aiolos guardò Saga, ch’era rimasto impietrito a bocca aperta e non riusciva a spiccicare verbo. << Scusa tesoro, ma come fai a sapere … queste cose? >>, chiese Sagitter, biascicando.
La bambina alzò le spalle tenere, scuotendo la testolina dai capelli raccolti in una coda bassa. Sembrava piuttosto piccata di dover spiegare lei queste “ovvietà” a due adulti fatti e finiti. << Me l’ha detto zio Kanon, è ovvio, no?  >>. In punta di piedini, uscì dalla camera con il portamento altero e aggraziato di una ballerina. O di una principessa.
Per contro lui e il compagno sembravano due statue di marmo. Uno di fronte all’altro, uno che reggeva il piatto sulla vasca del lavello e l’altro che teneva lo strofinaccio spiegato tra le mani.
Parevano due pupazzi del presepe. Se nel presepe ci fossero stati personaggi dall’espressione scioccata, naturalmente.
<< Io lo ammazzo >>. Il sopracciglio di Saga iniziò a tremare paurosamente. D’un tratto aveva ritrovato favella e motilità.<< Aspetta che vada lì. Shaka dovrà staccarlo dal tappeto con la carta vetrata, perché lo disintegro sul serio, stavolta. Lo polverizzo, giuro >>, disse posando con malagrazia il piatto sullo scolapiatti.
<< Be’, in tal caso forse a Shaka servirebbe più l’aspirabriciole, allora >>.
<< Taci. Cioè, scusa, agapì. Ma il solo pensiero che abbia messo le pulci nell’orecchio ad una bambina così piccola, così innocente, dei … >>. Arrotolò una manica della camicia come se invece di apprestarsi a rigovernare la cucina avesse davanti il colpevole e fosse sul punto di tirargli un bel cazzotto in faccia; quando serrò il pugno le vene in rilievo sembravano dover sfuggire da sotto la pelle chiara, appena dorata.
Aiolos scoppiò a ridere suo malgrado. Non era il caso di farne una tempesta in un bicchiere d’acqua, non era nulla di così grave. In fondo Febe era molto sveglia per la sua età, lo aveva già dimostrato più volte; e quello di Kanon era stato un sano tentativo di mettere ordine nella mente della bambina, di sicuro. Tant’è che non era arrabbiato, soltanto un po’ sconvolto.
Saga invece sembrava pronto a spedire un Galaxian Explosion all’incauto gemello. Così Sagitter si sentì in dovere di provare a farlo ragionare, nonostante dubitasse di riuscirci presto.
Non soltanto il suo stato di salute, ma qualsiasi cosa riguardasse Febe lo mandava fuori di testa, a dir poco. E Aiolos non poteva fare a meno di non trovarlo … tenerissimo. Amava quella bambina come se fosse davvero figlia sua, carne della sua carne.
Anche se a volte trascendeva i limiti del buon senso.  
 << Sei proprio una mamma chioccia … >>, osservò, sorridendo.
<< No. solo una persona di ragionevole intenzionata a proteggere l’innocenza di una bimba di nemmeno sette anni >>, replicò Saga, aggrottando la fronte. << Ora vado lì, e mi sente >>.
<< Dai, lascia stare. E’ meglio così, no? Ci siamo risparmiati un bel po’ di grattacapi. In realtà ci ha fatto un favore >>.
<< Certo, come no >>. Saga sbuffò, proprio come aveva fatto Febe poco prima, incrociando le braccia. << Continua pure a difenderlo, il tuo cognatino preferito >>.
Per nulla punto, Aiolos stirò un angolo delle labbra. << Che, sei geloso, per caso? >>.
<< Ci mancherebbe altro! >>.
<< E a me invece sembra proprio di sì … dai, vieni qui >>. Aiolos gli scostò una lunga ciocca di capelli dal volto, infilandogliela dietro l’orecchio prima di avvicinarsi alle sue labbra. << Sarà anche mia figlia, ma non deve per forza restare tonta fino a trent’anni e passa come il padre, non pensi? >>. Si tese a catturargli la bocca; ma durò poco, pochissimo.
<< Tranquilli, non guardo! Sono solo venuta a prendere il mio libro! Vi lascio subito la vostra privacy! >>, trillò Febe dalla soglia, piombando nella cucina con una mano sul faccino. Afferrò il libro lasciato sul divano e corse fuori dalla stanza, di volata.
<< Aiolos? >>, mormorò Saga, quasi ringhiando.
<< Sì, agapì? >>.
<< Dammi un buon motivo. Un solo ottimo motivo perché non scenda alla Terza e smonti pezzo per pezzo quell’idiota di mio fratello >>.
<< Te lo do subito. Detesti arrivare secondo >>.
<< Perché vuoi picchiarlo anche tu? >>.
<< No, perché visto l’orario sono sicuro che ci stia già pensando Virgo >>.
<< Aiolos! >>. Saga lo fissò esterrefatto, scuotendo poi la testa quando Los aveva preso a ridacchiare.
<< Inutile, io mi arrendo. Sono circondato dai pazzi, in questo posto >>.
<< Meglio, così dovrai mantenerti sano per forza, almeno tu. Quanto meno fuori dal letto … >>. Lo attirò a sé, passandogli una mano dietro la nuca.
Saga però si staccò immediatamente. << Ma, agapì, vorrei finire di mettere in ordine qui, prima. E poi Febe aspetta la sua fiaba. Non posso deluderla >>.
Los si sforzò di non sospirare. Sapeva benissimo che non erano i piatti da lavare a preoccupare il Consigliere, perlomeno non quanto la fiaba della piccola. La sua vera inquietudine era scatenata dal fatto che temeva la bambina potesse inavvertitamente assistere di nuovo a qualche effusione un po’ più calorosa.
Specialmente adesso. << Come a dire. Vent’anni, e non è cambiato niente. Trovi sempre nuove ragioni per farmela sospirare, la tua presenza >>.
<< Ma poi venivo sempre lo stesso, o no? Quindi non puoi proprio lamentarti >>.
<< Facciamo così. Tu vai da Febe, qui ci penso io. E poi … ci troviamo in camera >>.
<< Ottimo piano, Sagitter >>.
<< Aspetta. Solo un secondo >>. Aiolos si allungò a sfregare la punta del naso contro quella di lui, prima di inspirare profondamente dalla curva della sua gola. Quell’odore intenso e delicato assieme, di sale, di vento, che sembrava portarsi dentro l’eco del mare, dei suoi abissi più scuri.
Non aveva mai dubitato che Saga custodisse in sé qualcosa di divino. Ora ne era convinto ogni giorno di più. << Vai. O si addormenterà >>, gli sussurrò, staccandosi a malincuore da lui.
<< Sì >>.
 
Imboccato il corridoio, Saga fece scrocchiare le dita delle mani, che gli prudevano da matti.
Aveva fatto di tutto. Tutto il possibile e immaginabile.
Certo, Febe sapeva che lui e suo padre non erano soltanto amici: era stata una delle prime cose che gli aveva detto, quando l’aveva portata in giro per Atene. Lì per lì si era trovato sguarnito, e aveva relegato a Los il compito di chiarirle quale genere di rapporto ci fosse tra loro due.
Tanto più che in quel momento stava soffiando vento contrario, tra lui e il suo amato.
Poi le cose si erano sistemate, e invece di porre mano a quella questione, Saga aveva stabilito un tacito accordo tra sé e il suo compagno: niente effusioni davanti a lei. In presenza di Febe, niente baci, abbracci o coccole. Niente allusioni poco consone o vezzeggiativi affettuosi.
Aiolos si era adeguato di buon grado, anche se spesso Saga doveva riprenderlo perché allungava un braccio per trarlo a sé o posava la testa sulla sua spalla. Tutte le affettuosità tra compagni di vita venivano riservate alla notte, quando Febe dormiva serena nel suo lettuccio e loro due potevano chiudere la porta a chiave; semmai la bimba avesse necessità del bagno, avrebbe dovuto bussare e Saga avrebbe avuto l’agio di infilarsi qualcosa addosso e buttare il cuscino sulla poltrona, come se dormisse lì sopra.  
Non era mai accaduto, finora.
Ma adesso … dopo il malanno della bimba sarebbe stato difficile riabituarsi a tenere quella porta chiusa.
Il guaio in realtà era cominciato un po’ di tempo prima che Febe si ammalasse. Malgrado la bambina crescesse sana e felice, al sicuro lì con loro, Saga non aveva potuto fare a meno di mettersi a spulciare un po’ di trattati di psicologia infantile, nelle pause del suo lavoro lì al Tredicesimo Tempio.
Quello che aveva letto lo aveva sconvolto. Le astruse conclusioni di Freud lo avevano proprio inorridito, altroché.
Desiderio sessuale … in un bambino? Verso i propri genitori? Cazzo, quel tizio era proprio malato. Avrebbero dovuto rinchiudere lui in qualche manicomio.
E quello che all’inizio era un comunissimo, ragionevole pudore per Saga era divenuto una specie di ossessione. Non voleva fornire alcun genere di quegli spunti alla bambina; quando poi gli era finito sottomano il saggio sul complesso di Elettra, lì era andato proprio in panico.
Elettra. La figlia di Agamennone, che addolorata e furiosa per l’uccisione del padre, aveva indotto il fratello Oreste a vendicarlo uccidendo la madre, colpevole del suo assassinio.
Lui la sentiva più vicina che mai quella brutta storia, quel sangue scorreva anche nelle sue vene. E seppure la maledizione era stata spezzata, non poteva cambiare quello che era scritto nel suo D.N.A.
Aveva il terrore al solo pensiero che Febe si sentisse tagliata fuori, nel vederli scambiarsi tenerezze. O peggio che iniziasse a covare un qual certo inconscio risentimento, nei suoi confronti. In fondo adesso il suo rapporto con il padre si era fatto più profondo, poteva cominciare a virare la propria possessività verso colui che chiamava “papà”, e prendere a vedere Saga come un estraneo, che le rubava parte dell’affetto che viceversa sarebbe stato tutto per lei.
Quelle riflessioni gli provocavano un mare di angoscia. Aveva anche una vaga cognizione di causa nel macerarvisi: ci era già passato, da adolescente. Il legame con Aiolos era sempre stato perturbato da elementi di questo genere: Kanon, Shura, tutti loro avevano reciprocamente provato invidia, gelosia, nel vedere rafforzarsi questa o quell’amicizia.
E adesso quello … stronzo di suo fratello andava a ficcare il coltello nella piaga, rigirandolo con cura. Se non l’avesse saputo cambiato avrebbe giurato che gliel’aveva fatto apposta, per mettere di nuovo i bastoni tra le ruote tra lui e il suo compagno.
Ma Kanon non aveva più di simili intenzioni. Solo non aveva idea di come trattare un bambino, di cosa era giusto che sapesse e cosa invece sarebbe stato bene che aspettasse ancora un po’. Un bel po’.
Trovò Febe intenta a parlare con il suo Teddy, il peluche che lui stesso le aveva regalato, spiegandogli la differenza tra un pianeta e un satellite con parole chiare e semplici, anche se estremamente corrette.
In effetti, era un’ottima insegnante.
L’orgoglio di Saga però si smorzò quasi subito.
Troppo, troppo precoce. Com’era stato lui, e gli altri come lui, tra quelle mura.
Forse anche per questo non riusciva a soffocare l’impulso di volerla tenere quanto più a lungo possibile avvolta nel morbido bozzolo protettivo dell’infanzia. Ci sarebbe stato tanto tempo per vederla crescere, imparare … aveva già visto e sentito più di quanto una bimba della sua età dovesse, era stata sola troppe notti, e lui aveva paura, sì, una fottuta paura che si sentisse messa da parte soltanto perché i suoi genitori erano presi dalle loro smanie, invece di occuparsi di lei come avrebbero dovuto.
Ci volle un attimo perché realizzasse che Febe aveva smesso di parlare, e lo osservava con curiosità.
Sorrise, appena incrociò il suo luminoso sguardo azzurro. << Perdonami. Ho interrotto la tua affascinante lezione. Posso entrare, o violo la tua privacy? >>.
Febe sorrise anche lei, battendo la manina sul letto.
<< Grazie >>. Saga si fece avanti, accomodandosi a lato della bimba. << E’ tutto apposto? Come ti senti? >>, domandò, posando la mano sulla piccola fronte pallida.
<< Non devi preoccuparti per me, zio Saga. Te l’ho detto, ora sto bene, la febbre è passata >>.
<< Lo so. Ma volevo essere sicuro … che ti sentissi a tuo agio, a tornare a dormire da sola. Non c’è nulla di male, se vuoi che rimanga qualcuno di noi con te, sai? >>.
Febe tacque per qualche secondo, meditabonda. << Ti posso chiedere una cosa, zio? >>.
<< Certo, Febe. Tutto quello che vuoi >>.
<< Ma tu e papà … siete … conviventi, vero? >>.
Saga arrossì suo malgrado. << Eh, ecco, insomma … cioè … voglio dire … >>.
<< Tranquillo. Zio Kanon mi ha spiegato che anche lui e zio Shaka sono … conviventi. Cioè, insomma, un po’ come essere sposati. Come marito e moglie, anche se sono maschi tutti e due >>.
Nel sentirle dire con tanta naturalezza quelle cose, Saga inspirò con forza, serrando i pugni.
Ora sarebbe stato moralmente obbligato a uccidere il suo gemello. Senza scherzi. << Sei arrabbiato con zio Kanon, adesso? >>, indagò Febe, scrutandolo attentamente.
Il Consigliere si sforzò di mettere su un’espressione pacata. << Io? Oh, no, no >>.
Ma non era facile abbindolare quella bambina. << Non devi esserlo, zio Saga. Io voglio … molto bene a zio Kanon, a zio Shaka, e anche a zio Lia e zio Shura. Voglio bene a tutti i miei zii … e sono molto contenta che siate la mia famiglia, e che sia tu il convivente di papà. Perché ecco, io una mamma ce l’ho già, anche se adesso è in cielo. E averne un’altra … non so se sarei riuscita a pensare a lei come mamma. Mi sarebbe sembrato di fare una cosa brutta, se mi comprendi >>.
<< Ma certo. E’ una cosa … normale, tesoro >>.
<< Con te invece è una cosa diversa. Perché il mio papà è vivo, qui con me, quindi non mi sento in colpa se voglio tanto bene anche a te, te ne ho voluto subito, appena ti ho conosciuto. Però a te, zio Saga, io voglio un po’ più bene che agli zii. E volevo chiederti … visto che sei il convivente di papà … >>. Congiunse le manine, fissandosi le piccole dita che cincischiavano. << Posso chiamare … anche te, così? >>.
Saga trattenne il fiato, mentre il cuore gli si scioglieva in una pozza. << Io … oddei, Febe … >>.
<< Non fa niente se non vuoi >>.
<< Oh no, piccolina, certo … puoi chiamarmi … papà >>. La abbracciò, e il calore infantile di quel corpicino s’irradiò dentro di lui, avvolgendogli l’anima di un’ulteriore coperta, soffice e protettiva.
Le rimboccò le coperte, le raccontò la fiaba, e appena Morfeo ebbe sfiorato gli occhi della piccola soffiò sulla candela, si assicurò che la finestra fosse ben chiusa e posò un bacio sulla fronte corrugata di Febe. Anche nel sonno sembrava concentrata su qualche suo pensiero.
Rassicurato almeno in parte, Saga sorrise. Quella sua testolina in moto perenne era un dono prezioso, che avrebbe custodito a scapito della sua stessa esistenza.
Uscì in punta di piedi, ma appena giunto sulla soglia della camera sua e di Los tornò indietro a controllare tutto da capo. Sempre sorridendo fece per uscire di nuovo ma trasalì trovando Los piantato nel rettangolo della porta, la spalla appoggiata contro il muro. << Mamma chioccia … >>, notò ridacchiando.
<< No. Papà chioccia, adesso. Ho … avuto l’investitura >>.
<< Ah ah >>. Aiolos si avvicinò e lo cinse tra le braccia prima che Saga potesse opporsi. << Congratulazioni, allora. Dobbiamo festeggiare … >>, gli sussurrò piano, accarezzandogli la schiena.
<< Ehm ehm! >>. All’echeggiare del colpo di tosse forzato si staccarono subito, come due ragazzini pescati in flagrante. << Ma insomma! State invadendo la mia privacy! >>, esclamò Febe da sotto le coperte.
<< Hai ragione, tesoro. Scusaci >>, pigolò Saga flebilmente.  
<< Andate in camera vostra, forza! >>.
<< Agli ordini >>. Mogi mogi, i due uscirono in corridoio, chiudendo la porta.
Saga si mordicchiò il labbro. E pensare che gli era bastato allentare la guardia un secondo … ed ecco servito il disastro.
Addio a tutte le sue precauzioni. << Che piccola prepotente >>, fece Aiolos, avanzando verso la camera da letto. << Ti somiglia, sai? >>.
<< Ma che dici! Io non sono mai stato prepotente. Per lo meno, non finché non ho perduto il senno >>.
<< Oh, no, certo che no. “ Aiolos, la smetti di entrare in bagno quando ci sono io?”. “ Aiolos, la pianti di piombarmi in casa senza bussare, prima? “ . “ Aiolos, se ti azzardi un’altra volta ad entrare quando non sono vestito, ti spedisco nell’Altra Dimensione” . E la mia preferita: “ Aiolos, esci!” . Come se non fossi un ragazzo anch’io … >>.
<< Che c’entra. Quella era … una questione di decoro >>, ammise Saga, sperando di non avvampare fino alla punta dei capelli.
Aiolos inarcò un sopracciglio. Poi, sulla porta della camera da letto, si bloccò di scatto. << Aspetta! Ora capisco tutto … erano queste le vere scuse! Ah, signor Consigliere, mi meraviglio di voi … >>. Si voltò e lo afferrò per i polsi, mettendolo schiena al muro. << Dimmi la verità, avevi paura che ti beccassi sul fatto, sbaglio? >>, gli sussurrò mellifluo.
Saga alzò lo sguardo, imbarazzato al massimo grado. << Dei, Los … ti sembrano domande da fare? >>.
<< Perché? Sto violando la tua privacy, per caso? >>.
<< Sì, in effetti >>.
<< Non sarebbe male poterlo fare più approfonditamente, se è possibile … >>. Gli mordicchiò il lobo dell’orecchio, facendolo rabbrividire. << Da quanto non lo fai? >>.
<< Los! Ma che domande che fai … non lo sai? Vivo qui con te >>.
<< Sì, ma magari durante la mia assenza … hai sentito la mia mancanza e ti sei lasciato indurre in tentazione >>.
<< Ma non essere idiota >>.
<< E dai, rispondimi >>.
<< Da una vita fa. Contento? Adesso la smetti, per piacere? >>.
<< Veramente c’è qualcos’altro che vorrei fare, per piacere … >>. Tirandolo per un braccio lo condusse sul letto, spingendovelo sopra e posandogli le mani sulle ginocchia, per allargargliele.
<< La porta! >>, ebbe la presenza di spirito di gridare Saga. << Non a chiave, casomai Febe abbia bisogno di noi >>.
Aiolos chinò il capo, sconfitto, mentre faceva ciò che Saga gli aveva “suggerito”. << No, lui non è prepotente, nossignore >>, mugugnò.
Saga inarcò entrambe le sopracciglia. << Mi spieghi cosa ti prende? Non è da te essere tanto … sfacciato >>.
<< Bah, chissà. Magari ho avuto anch’io un colloquio con “zio Kanon”… >>. Saga sgranò gli occhi, afferrando d’impulso il cuscino per tirarglielo addosso. << Sto scherzando! Veramente sarebbe Shaka quello più adatto a darmi di certe dritte, se dobbiamo essere precisi >>.
<< Povero Shaka. Come si è ridotto >>. Saga si drizzò a sedere, e sfilò le scarpe. << A proposito di Virgo, mi sa che dovrò chiedergli di privarmi di nuovo del senso dell’udito. O finiranno col cadermi le orecchie, se davvero hai deciso di imboccare questa strada >>.
<< E certo. Visto che ormai quello della vista è al sicuro … >>, sentenziò Aiolos, lanciandogli un’occhiata languida. Saga scosse la testa. << Che c’è? Non ti piacciono questi giochi? O è il fatto che non sia tu a farli che t’indispettisce tanto? >>.
<< Ah, Santa Athena >>. Saga aggrottò la fronte. << Comincio a pentirmi sempre di più di aver tanto pregato che tu e mio fratello andaste d’accordo. La sua influenza è nociva per chiunque gli stia intorno, ancora adesso >>, borbottò.
<< Ehhh … il karma, Saga. Il karma >>. Aiolos entrò nel bagno, continuando a ghignare a sue spese.
<< Ma quale karma >>. Slacciò la camicia, aprendo anche la cerniera dei calzoni. Inutile dire ch’era già duro, come il marmo. Fin dal momento in cui Los lo aveva inchiodato al muro.
Non gli spiaceva per niente quel lato del suo uomo, anzi. Lo eccitava la sensualità di Aiolos; e quella sua insistenza lo faceva sorridere con una vaga nostalgia dei tempi in cui esercitava la sua tenacia per convincerlo a seguirlo.
Senza contare che … sì, quei giochini non erano niente male. Il peccato d’orecchio era insito nel patrimonio astrale dei Gemelli, era risaputo; amavano tentare ed essere tentati, in quel modo. Non per nulla, il Chakra legato al loro segno era quello della gola, della voce.
Però adesso non riusciva proprio a controllare l’ansia che gli serrava il petto, al pensiero che la bambina ora sapeva che necessitavano di quella “privacy”, per “baciarsi e tutte quelle cose sdolcinate lì”.
Se ci si soffermava gli veniva di nuovo voglia di strangolare Kanon.
No. non ce la faceva proprio a lasciar correre come niente fosse.
Doveva porre rimedio.
Per forza.
 
 
Uscito dal bagno, Aiolos sperava di potersi finalmente concedere un po’ di coccole insieme al suo uomo.
Magari era riuscito a dargli gli input giusti, con tutti quegli accenni “spinti”, quanto meno per i loro standard.
Ma il suo pio desiderio venne distrutto appena vide il letto vuoto, la porta aperta e una fioca luce provenire dal corridoio.
Sospirò, slegando il telo dai fianchi e infilando i calzoni della tuta che usava in casa. E anche la maglia, altrimenti si sarebbe beccato un’altra ramanzina dal suo agapì.
Ora che si era ficcata in testa quella nuova fisima … sarebbe stata più dura del previsto, riuscire a convincerlo a fare l’amore.
Capì di avere ragione appena scorse la figura di Saga accomodata nella poltrona che aveva ripreso il suo posto, dopo tanto peregrinare.
E certo. La bimba lo aveva rimproverato, così non si azzardava a spostarla di nuovo nella cameretta. Però in compenso se ne stava lì, a farsi venire il mal di schiena, accontentandosi della compagnia di un libro e di un bicchiere di mavrodaphné, forse per tenere a bada altre voglie, come ad esempio quella dei suoi baci; gliel’aveva detto Saga stesso che la sua bocca aveva lo stesso sapore dolce e liquoroso del vino da lui preferito, quello che gli ricordava casa, a Patrasso.
Los serrò i pugni, pronto a combattere ancora. Non era nel suo D.N.A. arrendersi. Non lo aveva mai fatto, col cavolo che avrebbe cominciato adesso.
In fondo tutte le coppie del mondo con figli facevano sesso, o no? Anche loro due l’avevano fatto, quasi ogni notte, prima che Febe si ammalasse. Non è che smettevano perché temevano che i ragazzini entrati nell’età della ragione potessero sospettare che i loro genitori facessero “ certe cose”, invece di dormire e basta.
Si avvicinò a passi felpati, posandogli le mani sugli occhi. << Davvero vuoi di nuovo dormire qui sopra, stanotte? Non preferiresti … sdraiarti comodo a letto, insieme a me? >>, sussurrò.
<< Piuttosto preferirei dormire sui chiodi, ma senza di te, se possibile >>.
Aiolos sussultò. << Kanon?! >>.
<< No, sono uno dei nani di Biancaneve, Picchialo >>, fece quello, voltandosi. << Allora sei davvero imbecille, Aiolos.  Cioè, ora davvero non hai scusanti. Dopo vent’anni sei ancora capace di confondermi con mio fratello? Devo preoccuparmi di non finire nelle tue vicinanze quand’è buio. Non sia mai debba spezzarti qualche osso, cosa per cui Saga non mi perdonerebbe mai >>.
<< Ma che spiritoso. Dov’è Saga? >>.
<< Indovina? E’ andato a farsi un giro, per prendere un po’ d’aria fresca >>. Kanon si alzò, andando a prendere la bottiglia da sopra il mobile, e un bicchiere pulito. << Dice che per colpa mia adesso gli è venuta la fissa di non poter più far sesso in casa. E solo perché ho detto a Febe quello che voi due salami non vi siete presi la briga di spiegarle, come sarebbe stato giusto fare >>.
Los si addolcì. << Non avercela con tuo fratello. Lo sai, è … molto protettivo, nei confronti di Febe >>.
<< Ma io mica lo metto in discussione. Però se davvero è tanto protettivo come dice, dovrebbe evitare di far casino, quando siete a letto. O sarà Febe a precipitarsi in camera vostra, convinta che “zio Saga” stia facendo un brutto sogno e voglia svegliarlo, perché papà non riesce a calmarlo … >>. Allo sguardo esterrefatto di Sagitter, Kanon alzò le spalle. << Che c’è? E’ stata la prima cosa che mi è venuta in mente quando mi ha confidato che spesso si preoccupa per lui, svegliandosi di soprassalto e sentendolo invocare il tuo nome nel bel mezzo della notte. O preferivi che mi mettessi a parlare di api, fiori e cavoli? Anche se credo che se ci avessi provato mi avrebbe riso in faccia. Una come lei non la freghi facilmente >>.
Aiolos si passò le mani sulla faccia. E pensare che Saga credeva non sapesse neppure che dormivano insieme … era lui il vero ingenuo, non Sagitter o Febe. << Oddei. Non glielo dire, per favore >>.
<< Ma scherzi? Non ci tengo a tornare a Capo Sounion. Ora meno che mai, poi >>, sbottò Kanon, passandogli il bicchiere dopo averlo riempito per metà.
Aiolos sorrise, prendendolo e urtandolo contro quello di Gemini. << Giusto per restare in tema di esili … non è che corro il rischio di ritrovarmi in qualche Samsara se Virgo non ti ha a sua disposizione, vero? >>.
<< Macché. A essere brutalmente onesto, non mi spiacerà farmi tre o quattro ore filate di sonno >>.
<< Sì, certo. Continua pure a negarlo, che non sai stare senza Shaka >>.
<< E chi ha parlato di Shaka? Io intendevo quella coniglia della malora. Adesso si è presa il vizio di scappare dal giardino e nascondersi in camera a spiarci, anche se siamo giù alla Terza ci trova lo stesso. Se per puro caso stiro un braccio per stringerlo balza sul letto e si para lei nel mezzo >>.
<< Gelosetta >>, commentò Sagitter.
<< Sì, ma di me, adesso. Ho il brutto presentimento che padmì derogherà alla sua dieta vegetariana e mi servirà uno stufato di coniglio, un giorno di questi. Immagina che per poter stare insieme da soli siamo costretti a chiuderci a chiave in camera, sennò è facile che scoppia il finimondo. Ma non è detto che non impari anche a passare sotto le porte >>.
<< Chiuderla in gabbia no, eh? >>.
Kanon gli scoccò un’occhiata di traverso. << Se sapessi anche tu com’è stare dietro le sbarre, non te la sentiresti di tenerci un essere vivente che ha l’unica colpa di essere geloso della persona a cui tiene >>.
Sagitter annuì. Era ancora strano, per lui, sentire di certi discorsi sulle labbra di Gemini minore. << Be’, se non altro cominci a farti un’idea di come siano i rapporti intimi quando si è in tre. Una missione … davvero impossibile >>.
Gemini fece una smorfia scocciata. << Datti una mossa, ronzino. O la prossima volta in cui potrai stare da solo con mio fratello sarà alla vigilia della rinascita della divinità rompipalle di turno >>.
<< Athena non voglia >>. Vuotò il bicchiere, posandolo sul tavolo. << Con licenza, allora >>.
<< Ehi, Aiolos >>.
<< Sì? >>.
<< La piccola adora Dhanush. E lei apprezza molto Febe come compagna di giochi. Dicevo così, per dire >>, fece Kanon, riempiendo di nuovo il proprio bicchiere.
<< Grazie, Kanon. Me ne ricorderò, semmai … oh. Ho capito. Sono io che ti devo un favore >>.
<< Bravo. Stai diventando sveglio >>. Alzò la bottiglia, ancora colma per metà, e infilò il turacciolo con un colpo secco. << Tieni. Portatela dietro, non si sa mai >>.
<< Grazie ancora, adelphòs >>.
Kanon levò la mano adesso vuota, in cenno di saluto. << Ci vediamo >>.
 
 
Saga si sedette, arrotolando i calzoni fino alle ginocchia e immergendo le gambe nella pozza scura con un verso di leggera sofferenza. 
Vent’anni … e non era cambiato nulla, a parte il suo corpo. Era cresciuto, si era irrobustito, coperto di segni e cicatrici.
Ma i suoi piedi erano ancora delicati come quando era bambino. Se li era feriti camminando scalzo sui sassi e adesso a contatto con l’acqua salata i piccoli tagli bruciavano.
Avrebbe potuto correre alla velocità della luce, visto che non si era degnato di infilare le scarpe; ma quel sentiero era per lui sacro, e andava percorso un passo per volta, anche soffrendo, perché tutto fosse esattamente uguale a un tempo.
Appena il suo gemello aveva varcato la soglia della Nona, arruffato e con addosso un pigiama – pigiama? Kanon? Mah! – non aveva potuto evitare di affrontato a muso duro, nel vestibolo.
E lui invece di arrabbiarsi, di provare a giustificarsi, o almeno di scusarsi gli era scoppiato a ridere in faccia, quel bruto seduttore di Vergini e corruttore d’innocenti.
<< Sei sempre il solito bacchettone. Tanto casino per nulla >>.
<< Nulla? Spiegare che “ i grandi hanno bisogno di privacy” ad una ragazzina di sei anni ti sembra nulla? >>.
<< Perché, non è forse vero? Visto che in sua presenza dobbiamo tutti comportarci come tante belle statuine, e tu ti ostini a battere Aquarius nella sua allergia ad esternare le emozioni, almeno che ogni tanto ti conceda un attimo di tregua per il tuo uomo è doveroso. Non ti pare? >>.
<< Ce lo concedevamo comunque, senza la tua preziosa intromissione, grazie tante. Adesso sono tormentato dall’idea che s’immagini chissà cosa, quando siamo chiusi in camera >>.
<< Oddei, che pizza! >>.
<< Piantala, Kanon! >>.
<< No, tu piantala, Saga. Ti stai comportando da mentecatto >>.
<< Certo, il matto qui sono io. Ma hai almeno la vaga idea di cosa significhi? >>.
Kanon aveva alzato gli occhi al cielo. << Senti, anche i nostri facevano sesso, dopo che noi siamo nati. Non vorrai credere che si siano mantenuti casti fino al giorno della morte di papà >>.
<< Dio Santo, lascia almeno in pace i morti >>.
<< E tu smetti di tormentare i vivi. Febe non diventerà una criminale soltanto perché vi chiudete a chiave in camera da letto >>.
<< Be’, fatto resta che adesso non ci riesco più >>.
<< E fatto resta che così Aiolos ti pianterà, uno di questi giorni. Non ti basta averlo fatto penare tanto all’epoca? E ancora adesso? Sarà pure Santo Sagitter, ma ogni pazienza ha un limite. Pensi che Febe ne sarebbe più contenta, di vedervi di nuovo in crisi nera? Questa situazione non può andare, Saga. Reprimere anche un innocente carezza, cosa pensi che le farà credere? Che le manifestazioni d’affetto sono vietate. E crescerà con la tendenza a reprimere i suoi sentimenti, esattamente come hai iniziato a fare tu alla sua età. O peggio ancora, potrebbe cominciare a pensare che sia sbagliato amare una persona del suo stesso sesso e sia per questo che bisogna chiudersi in camera per non farsi vedere dagli altri, non scordatelo. Ti pare che sia giusto, questo? >>.
Saga aveva taciuto. << Vado a fare un giro >>.
<< Va’ pure, se può servirti. Ma ricorda che quando torni, sarai di nuovo punto e capo >>.
Si era congedato dal gemello senza salutarlo, uscendo dalla Nona di volata.
Kanon aveva la rara capacità di mettergli il mondo a soqquadro, capovolgendogli la prospettiva.  
Chiuse gli occhi, inspirando a fondo. Salsedine, sabbia bagnata e fiori di campo. Quel miscuglio era inconfondibile.
Fuori, una luna immensa, piena, al culmine illuminava il mare nero e profondo di un azzurro vellutato. Qualche raggio penetrava all’interno tingendo di un vago bagliore le cupole scavate nella roccia.
Non dovette attendere a lungo, perché il suo amato lo raggiungesse. Non servivano parole, messaggi, perché Aiolos comprendesse dov’era diretto.
<< Per una volta, sei tu ad aspettare me, qui >>, disse, avanzando lungo lo stretto corridoio che collegava l’entrata della grotta con la camera interna più vicina. A quelle retrostanti si poteva accedere solo nuotando.   
<< Veramente tu non mi hai mai atteso qui, ma lassù >>, lo corresse Saga, tirando su le gambe.  
<< Hai ragione >>. Aiolos sorrise, avvicinandosi a lui. Si sedette al suo fianco, fissando quello spettacolo incantevole per un solo istante prima di tornare a guardare Saga.
<< Il mare negli occhi … >>, mormorò.
Il Consigliere abbassò leggermente lo sguardo. Fu così che si accorse che Aiolos non era a mani vuote. << Cos’hai lì? >>.
Sollevò il braccio, scuotendo la bottiglia prima di stapparla e porgergliela. << Il tuo gemello mi ha consigliato di portarmela dietro. Sai, casomai dovessi sedurti >>.
Saga alzò il sopracciglio, posandola per terra. << E conti di sedurmi con una bottiglia mezza vuota? >>.
<< Dai, Saga. Devi riprendere l’abitudine di dividere le cose con tuo fratello. Quanto meno, alcune cose >>.
<< Non ricominciare >>, lo redarguì scherzosamente il Consigliere.
<< Perché sei venuto qui? Avevi così tanta voglia di vendicarti di Kanon, da farti venire quest’idea pur di tirarlo fuori dal letto a quest’ora? >>.
<< Può darsi. O può darsi che … avessi soltanto bisogno … di un po’ di privacy >>. Saga si alzò in piedi, portando le dita ai bottoni della camicia. Li slacciò con lentezza, uno per uno, poi passo ai calzoni, restando in boxer e lunghi capelli sciolti sulle spalle.
Si godette con soddisfazione lasciva l’espressione bramosa di Aiolos. E il lampo infuocato che passò nelle  iridi turchesi quando abbassò la mano sull’inguine gli sferzò le reni come una scarica elettrica.
<< Visto che eri tanto … curioso, riguardo questa faccenda … credo sia il caso … di fartela esplorare più da vicino … >>. Premette il palmo con più intenzione, lasciando che le forme del membro desto tendessero il sottile strato di stoffa che lo separava dallo sguardo di Sagitter.
Che deglutì, stappando la bottiglia e portandola alle labbra, per un rapido sorso.
Saga ridacchiò. << Ma non l’avevi portata per me? >>.
Aiolos gliela porse senza fiatare. E Saga la prese, bevendo a sua volta e lasciando che alcuni rivoli d’oro scuro colassero giù per la curva della gola, sul petto, sull’addome.
Il compagno si tese immediatamente verso di essi, pronto a raccoglierli. Ma Saga lo fermò. << No. Visto che ti è piaciuto tanto … impicciarti degli affari miei, adesso sono affari tuoi, Sagitter >>. Gli mise l’indice della mano libera sulle labbra spingendolo giù, a cuccia.
Poi tornò ad afferrarsi in mezzo alle cosce, scorrendo con lentezza su tutta la lunghezza del possente sesso eretto. << Quante volte … ho immaginato … che fossero le tue mani, a toccarmi così >>, sussurrò, il respiro che iniziava a farsi spezzato, affannoso.
Anche quello di Aiolos era affrettato, quelle mani a cui aveva accennato saldamente ancorate al suolo, artigliavano i piccoli ciottoli e la sabbia con tanta forza che Saga ne sentiva gli scricchiolii.
Gli occhi di Aiolos non lo lasciavano un istante. Aveva smesso anche di battere le palpebre, tutta la sua attenzione era calamitata dal movimento ripetitivo del braccio, delle dita che andavano su e giù, sempre più veloci.
Quella di Saga venne invece catturata dal gonfiore sempre più evidente tra le gambe del suo amante.
Era eccitatissimo. Si passava in continuazione la punta della lingua sulle labbra, il petto fasciato dalla maglia leggera malgrado il freddo si sollevava frenetico.
Si abbassò con cautela sul compagno, mettendosi in ginocchio. I sassolini affilati gli entravano nella pelle ma all’inferno, non riusciva a staccarsi da quel gioco. Stava esercitando potere su Aiolos, ma in un modo sano, consapevole ed estremamente … appagante.
Lo aveva a portata di bocca. L’eco del mavrodaphné gli giungeva ad ogni respiro di Los, intenso e stordente; e si rese conto che nonostante si stesse masturbando, non era tanto interessato al proprio piacere quanto a quello di lui.
Accidenti. Era fantastico. Certo, non c’era paragone con quando era Aiolos a toccarlo, ma quel suo sguardo velato, smarrito che ora lo fissava in volto era un antipasto delizioso.
Non gli pareva più che fosse un male come aveva ritenuto un tempo. Era soltanto un innocuo preliminare, uno stuzzicante preludio all’amplesso vero e proprio.
E una sorta di rituale riparatore, per tutte le volte in cui lo aveva fatto da solo, infliggendoselo come un castigo invece di vederci solo un naturalissimo sfogo.
Il fiato di Aiolos era sulla sua gola, le spalle tremavano tanto da fargli temere si sarebbero slogate, sotto quella trazione.
Abbassò un attimo gli occhi, per vedere ancora quel sesso turgido smaniare sotto la tela; e meravigliosa sorpresa, scoprì che anche lui si stava dando da fare. Non in modo evidente come il suo, ma aveva la mano tra le gambe e si stava palpando, quasi per ammansire la smania che gli si leggeva chiara in volto.
<< Sdraiati, Los >>, sussurro in un fiotto caldo di voce.
Aiolos obbedì subito, e Saga si sistemò a cavallo dei suoi fianchi, senza però scendere a toccarli. Infilò la mano sotto l’elastico, estraendo il pene e abbassando la morbida stoffa per fermarla sotto i testicoli.
Sagitter sgroppò, gemendo. << Continua, Aiolos. Non fermarti >>.
Anche questo invito fu accolto con entusiasmo. Sagitter tirò su la maglia, e slacciò i calzoni abbassandoli sulle cosce, liberando anche il proprio sesso e cominciando ad accarezzarlo senza più ostacoli.
Con l’altra mano Saga recuperò la bottiglia, versando un po’ di vino sul petto di Aiolos; nel vederlo spandersi sulla pelle del suo uomo non riuscì a non pensare a quanto fosse bene che il suo amato mavrodaphné non fosse color rosso rubino ma di un caldo, liquido oro ambrato.
Si chinò a lambirlo, passando la lingua, le labbra socchiuse sullo stomaco di Los. Che non badò nemmeno a protestare perché Saga stava oltrepassando il limite imposto a lui.
Era allo stremo. Lo aveva portato ad un tale livello di eccitazione, che non aveva più consapevolezza di nulla.
E di riflesso colpì anche lui, tanto da condurlo sull’orlo dell’orgasmo. Trovò appena la forza di sussurrare a denti stretti: << Guarda, Los >>.
Le iridi di Sagitter si puntarono sul suo glande, stretto nel pugno. Un attimo dopo, riversò il suo seme addosso al compagno.   
Ansimante, Saga reclinò il capo all’indietro. Pochi istanti dopo, sentì Aiolos mugolare e tornò a guardarlo. I suoi gesti erano secchi, bruschi quasi; i suoi gemiti echeggiavano tra quelle volte di roccia, rimbalzando l’uno contro l’altro senza soluzione di continuità.
Era bellissimo. Quel corpo stretto nei gorghi della passione, teso come la corda dell’arco sacro che gli era toccato in sorte, il fiero strale pronto a scoccare. L’impulso di chinarsi a prenderlo in bocca era fortissimo; ma riuscì a reprimerlo, fino alla fine.
Il piacere di Los schizzò fuori con veemenza, inondandogli il torso e mescolandosi alle ultime gocce di vino sfuggite alla lingua di Saga.
Socchiuse piano le palpebre, un sorriso morbido e sazio gli coronava le labbra. Afferrò una ciocca di capelli del compagno e lo trasse a sé, per un rapido bacio.
Saga si adagiò addosso a lui. << Era … questo che … volevi chiedermi, quella notte? >>, gli domandò, posandogli la mano sul petto.
<< Be’, penso di sì. Insomma … credo fossimo … ancora troppo giovani … per spingerci oltre >>, mormorò Aiolos, accarezzandogli la schiena.
Saga sospirò, iniziando a far scorrere la punta di un dito lungo il meridiano che correva dalla gola al basso ventre dell’amante, tracciando lievi solchi nell’ambrosia che il compagno aveva emesso. << Ora sai com’è. Che ne pensi? >>.
<< E’ piacevole. Ma non c’è paragone con quando mi tocchi tu, kataphygiò >>. Gli scostò i capelli dal viso, raddrizzandosi a sedere assieme al compagno. << Sei molto più bravo >>.
<< Ho parecchia esperienza >>, osservò Saga con un accenno malizioso. << Come si dice, impara l’arte … >>.
<< E insegnala agli altri. Ahi! >>.
<< Così impari. Ti sembra carino, rinfacciarmelo? >>.
<< Ma io mica volevo rinfacciarti nulla. E’ la verità. Non devi vergognartene, Saga. Sei divenuto quello che sei … grazie a tutto quello che hai passato. Nel bene e nel male. A me non crea problemi che tu abbia … messo da parte un po’ della tua arte. Così adesso puoi insegnarla a me >>.
<< Non mi serve insegnarti niente. A me stai benissimo così come sei. Lo sei sempre stato, lo sarai sempre … e lo resterai, per sempre >>.
<< Il tuo unico, vero amore? >>.
<< Anche. Ma soprattutto … tonto >>.  
Aiolos sorrise furbo. E d’un tratto Saga si ritrovò in acqua, spinto da lui.
<< Sagitter, sei un … traditore! >>, sbottò d’impulso, riemergendo. Ma subito si morse la lingua, facendosi amareggiato.
L’altro nel frattempo si era spogliato, tenendo addosso solo i boxer; e lo seguì, colmando la distanza tra loro con due bracciate. << Senza dubbio. Ma ci sono cose per cui non potrei mai tradirti, Saga >>. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò, con passione, infilandogli le dita dietro la nuca e serrandolo a sé. << Anche se … >>.
<< Se? >>.
<< Sono sicuro di essere ancora il più veloce, a raggiungere l’altro capo della cala >>. Lo lasciò andare di colpo, dandosi lo slancio per raggiungere l’entrata della grotta.
<< Ma così non vale! Aiolos! >>. Saga si diede da fare per recuperare, ma Los lo staccava già di diverse lunghezze. Toccò per primo la riva, mettendosi a correre; e si fermò soltanto quando lanciandosi un’occhiata dietro vide Saga in ginocchio su un piede, intento a massaggiarsi una coscia.
<< Ehi. Tutto bene? >>.
<< Sì. Forse ho solo rimediato uno strappo >>.
<< Fa’ vedere >>. Tornò sui suoi passi, e appena gli fu davanti Saga balzò in piedi e ricominciò a correre, lasciandolo indietro.
<< Non vale! Hai imbrogliato! >>, gli gridò dietro Los, inseguendolo.
<< Anche tu! >>. A Saga mancavano ormai una manciata di metri, quando Aiolos lo braccò, saltandogli addosso e ponendo fine alla gara. Rotolò mettendolo schiena a terra, e si guardarono negli occhi, ansimanti. << Comunque ho vinto io, sono stato il primo a raggiungere la spiaggia. Quindi ora mi spetta un premio >>.
<< Scherzi? Hai barato >>.
<< Da che pulpito >>.
<< Ehi. Io ho solo cercato di ristabilire l’equilibrio. Hai cominciato tu >>.
<< Non è colpa mia se sei lento >>.
<< Lento? Mi hai fregato. Ti sei approfittato del mio momento di debolezza >>.
<< Mai abbassare la guardia, Consigliere. Me l’hai insegnato tu >>. Los si chinò, lambendogli la bocca. << Visto? Volente o nolente, un sacco di cose me le hai insegnate lo stesso >>.
<< E di questo sacco di cose … dici che ce n’è almeno una, che torni a mio vantaggio? >>.
<< Non saprei. Dimmelo tu >>. Aiolos abbassò la testa sfiorandolo in mezzo al petto, poi sull’ombelico prima di planare tra le sue gambe.
Saga rabbrividì. Ma invece di chiudere gli occhi, fissò il cielo sopra di loro, quell’immensa distesa punteggiata di stelle. Erano ancora tutte al loro posto, forse qualcuna non esisteva più, eppure la sua luce riusciva ancora a giungere fino a lui e Aiolos, rafforzando l’impressione che davvero non fosse cambiato nulla.
A parte che in meglio.
 
<< Shhh >>. Entrarono in punta di piedi, come quando erano ragazzini e rientravano dalle loro scappate, attenti a non farsi beccare. Solo Shura ne era a conoscenza, o quanto meno così credevano, dacché anche il Sommo ne era a parte, ma non aveva mai agito in modo da impedir loro di incontrarsi.
Kanon dormiva sulla poltrona. Le candele erano ormai consumate, il libro aperto sulle ginocchia.
Saga provò un improvviso afflusso di tenerezza per il suo gemello. Tirò indietro i capelli ancora umidi, pieni di sabbia. << Ehi >>, lo chiamò, avvicinandosi mentre Los andava in camera.
<< Mhmm … >>.
<< Kanon, svegliati. Siamo tornati >>.
Gemini socchiuse un occhio. Fece una smorfia, cambiando di posizione nella poltrona.
<< Kalimera, mesa >>.
<< Che ore sono? >>.
<< Le due e mezzo, più o meno >>.
Kanon prese un’espressione ammirata. << Però. Niente male >>. Si stirò aprendo anche l’altro occhio. << Niente male davvero >>, borbottò osservando con attenzione il gemello.
Che avvampò. << Vi siete divertiti, piccioncini? Ma che te lo domando a fare. Guarda in che stato sei. Sembra abbiate fatto la guerra, piuttosto che l’amore >>, insistette, continuando a punzecchiarlo. 
Saga scosse la mano. In effetti avevano fatto un po’ l’una e un po’ l’altro, inseguendosi lungo la spiaggia e rinverdendo i fasti di un tempo, quando Los gli riempiva la testa di sabbia. << Dai, smettila >>.
<< Ah no. Chi la fa l’aspetti, caro fratellino. La vendetta è un circolo vizioso, lo dovresti sapere >>. Si passò le mani sulla faccia. << Allora, adesso sei più tranquillo? >>.
<< Non lo so. Fuori è diverso … >>, ammise Saga, alzando le spalle.
<< Senti, non è una tragedia. Quella bambina … be’, è più matura e intelligente di quanto ci si aspetterebbe da una di quell’età. Non dico che dobbiate fare le cosacce davanti a lei, ci mancherebbe altro; ma non devi neppure farne una malattia, se vi vede baciarvi o prendervi per mano in sua presenza, o dormire assieme. Non c’è nulla di cui vergognarti, Saga >>.
<< Ma non è che mi vergogno >>.
<< Sì, invece. Hai sempre … provato pudore, nel mostrare le tue fragilità. Come se fossero una debolezza. Soprattutto davanti a qualcuno che ti senti in dovere di proteggere. Devi farla finita. Nessuno penserà che sei
meno grande e meno forte, se ogni tanto abbassi la guardia. Non ricominciare a nasconderti, okay? Tanto meno … con tua figlia >>.
<< Kanon … >>.
<< Sì, me l’ha detto Febe. Si è svegliata e mi ha chiesto cosa ci facessi qui. Se non altro è molto più acuta del ronzino, lei mi ha riconosciuto ancora prima di vedermi >>, commentò, chiudendo il libro e posandolo sul tavolo a fianco.
<< E … cosa le hai detto? >>.
<< Che eravate usciti. Le ho spiegato che oltre ad avere bisogno di privacy, i grandi hanno necessità di staccare un po’ la spina, di tanto in tanto. Altrimenti si scordano che prima di essere genitori, sono … una coppia. E prima che mi spedisci chissà dove, lasciati dire che si è autoinvitata a dormire da noi almeno una volta a settimana, così non dovrò lasciare da solo zio Shaka … che c’è? >>.
Saga scosse la testa. << Niente. E’ solo che … >>.
<< Solo che, niente. Ascolta, Saga, io non sono un genio nei rapporti di coppia, e la Dea sola sa se non è già dura augurarmi che Shaka sia davvero felice, accanto a me. E l’unico modo perché io possa quanto meno sperare di riuscirci è essere il più chiaro e onesto possibile, nei suoi confronti. A volte anch’io sento il bisogno di starmene un po’ per i fatti miei, cosa credi. E lo stesso vale per lui. Ma questo non cambia il fatto che ci amiamo. Non tieni meno ad una persona perché ogni tanto hai necessità di prenderti i tuoi spazi, okay? Nessuno pretende che tu sia Superman, per la miseria. Dovrai pur tirare il fiato, una volta la settimana o giù di lì. Essere genitore è complicato, noi siamo stati abituati ad essere interdipendenti dai nostri, e questo secondo me è stato un male, perché una volta rimasti da soli abbiamo dovuto imparare a gestire da noi i nostri casini, coi risultati che conosci. Per cui … respira, adelphòs. Respira >>.
Saga inspirò, e d’un tratto l’aria gli parve più leggera da tirare nei polmoni. << Che bello sentirti parlare da persona matura e ragionevole. Questa è opera di Virgo, vero? >>, commentò, e Kanon stirò un angolo della bocca.
<< Diciamo che mi affido alle sue dottrine per ricavarne benefici personali. Per ora funziona. Ma sotto sotto sono sempre io, non temere >>.
<< Vuoi dire che da un giorno all’altro corro il rischio di trovarti di nuovo dall’altra parte della barricata? >>.
<< Ah no, quello no. Non ce la farei a ricominciare un altro tour de force del genere. Stavolta finirei io, in qualche manicomio >>. Si tirò su, faccia a faccia col gemello.
<< Grazie, allora. Di esserci >>, disse Saga.
<< Mhmm. Fa ancora strano, sentirtelo dire. Ogni tanto ho ancora l’impressione che debba dirmi che sono la tua disgrazia >>.
<< Non succederà più. Mai >>.
<< Me lo auguro >>. Kanon posò la mano sul braccio del fratello. << Vado a casa. E mi raccomando, respira >>.
Saga annuì, e sorrise quando Aiolos venne a cercarlo in cucina.
<< Tuo fratello? >>, domandò.
<< E’ andato a casa. Dal suo uomo >>, disse, abbracciando Sagitter.
<< Mhmm mhmm. Ora non hai più voglia di picchiarlo, non è vero? >>.
<< Mah. Non per il momento >>.
Aiolos sorrise. << Pensi di riuscire a venire a dormire di nuovo nel nostro letto, adesso? >>.
<< Sì >>.
<< Anche se Febe dovesse svegliarci e vederci dormire insieme? >>.
<< Sì >>. Saga si tese risucchiandogli il labbro tra le proprie. << A questo proposito … penso dovremmo approfittarne. Prima che si svegli. Sempre se ti va, ovviamente >>.
Aiolos lo fissò con uno sguardo sornione. E con uno scatto, lo sollevò tra le braccia. << Che domande fai, Saga … >>.
 
 
Entrato in camera, il Cavaliere di Gemini trovò Shaka addormentato. Si avvicinò lentamente, chinandosi a posare un lieve bacio sulla fronte del suo padmì. << Kanon … >>.
<< Ciao >>.
<< Allora? Tutto bene? >>.
<< Sì. Penso. Fino alla prossima fissa >>.
Shaka stirò un dolcissimo sorriso. << E’ fatto così, non puoi farci niente. Non smetterà mai di preoccuparsi per qualcosa, per qualcuno. E’ un ansiogeno per natura >>.   
<< Dovrebbe praticare un po’ di yoga. Sarebbe un toccasana. Anche se non … quanto per il sottoscritto >>.
<< Quello non è yoga, tesoro. Anche se ci si contorce in strane posizioni comunque >>.
Kanon alzò gli occhi al soffitto. << Immancabile. L’ultima parola >>. Si sollevò dal morbido corpo del suo amato, sfilando la maglia. << Vado a fare la doccia. Ti trovo sveglio, quando torno? >>.
<< Secondo te? Ho dormito abbastanza. Adesso … ho giusto voglia di fare un po’ di yoga, sai >>.
<< Maniaco >>. Kanon gli lanciò addosso l’indumento, e Shaka rise.
Kanon entrò nel bagno, azionò l’acqua nella doccia. Sorrise tra sé, non aveva detto a Saga che aveva parlato piuttosto a lungo con la piccola, raccontandole cose che erano passate, dei loro genitori, della loro casa a Patrasso. Dei giochi e delle corse che facevano, da bambini.
E … che la bambina era rimasta a fissarlo incantata. Per un attimo Kanon si era pentito di quel flusso di ricordi; Febe era sola, e la Dea sapeva per quanto a lungo lo sarebbe rimasta, lì al Santuario.
<< Zio Kanon? >>.
<< Sì, Febe? >>.
<< Pensi che … ci sia speranza di avere un fratellino o una sorellina, per me? >>. Si era morsa un labbro. << Cioè, so che i miei papà non possono … darmene uno. Però … insomma … potrebbe sempre arrivare un altro orfano qui, vero? Anche se dovesse prenderlo qualcun altro, andrebbe bene. Mi piacerebbe tanto … avere qualcuno con cui giocare. Così loro non dovrebbero preoccuparsi tanto per me >>.
<< Be’, nel frattempo c’è sempre Dhanush >>, aveva sentenziato Kanon, sforzandosi di non pensare che aveva messo un’altra pulce nell’orecchio a quella povera creatura. << Puoi venire a giocare quando vuoi, con lei. E magari … rimanere anche a dormire >>.
<< E tu e zio Shaka? >>.
<< Zio Shaka farà il bravo. Non ti preoccupare >>. L’aveva riaccompagnata nella sua stanzetta, le aveva rimboccato le coperte ed era rimasto accanto a lei finché non si era riaddormentata. Quel visetto pallido e perfetto era l’immagine dell’innocenza, nel sonno.
Allora qualcosa si era smosso, dentro Kanon. Per una volta … aveva compreso il desiderio di paternità di suo fratello, pienamente.
Poi aveva scosso la testa. A differenza di Saga lui non era fatto per essere genitore, e ringraziava gli dei di avergli fatto trovare un compagno uomo, con cui non corresse quei rischi.
Però Shaka … sarebbe stato un ottimo padre, ne era sicuro. Giusto e severo, all’occorrenza; e in grado d’inculcare tutti i sani principi in cui era cresciuto. Ma anche comprensivo e affettuoso.
Per un istante se l’era figurato a stringere tra le belle braccia flessuose un bimbo tanto simile a lui, dai lunghi capelli dorati. E di nuovo, aveva scosso la testa.
Fantasie. Senza alcun seguito.
Per avere un figlio, avrebbero dovuto rivolgersi ad una donna. E seppure ne aveva usate tante, ai suoi tempi, adesso non avrebbe mai potuto chiedere ad una fanciulla di accollarsi quel peso. Ne’ tanto meno … compiere con lei l’atto necessario a concepire.
A Shaka non ci pensava proprio. L’avrebbe accecato e assordato, se solo gli avesse proposto qualcosa di simile.
Però, magari, poteva capitare qualche altro bambino sperduto, al Santuario. Come Febe.
Chissà. Il futuro era nelle mani dei Celesti. Ne era certo, adesso più che mai.
Uscì dal getto caldo, pronto a raggiungere Shaka. Ma sentì un trambusto sospetto provenire dalla camera accanto.
Ma che cavolo … In fretta e furia, infilò l’accappatoio, aprì la porta e trovò Shaka intento a tenere per le lunghe orecchie pelose Dhanush. Lì per lì rimase sconvolto.
<< Me la dai una mano? O devo torcerle il collo? >>, sbottò il suo compagno, in assetto da combattimento.
Su due piedi gli veniva quasi da ridere. Ma appena ebbe realizzato che Shaka era pronto a dar seguito alla minaccia, si avvicinò al letto e tese il braccio a sostituire Shaka.
<< Coniglio maledetto. Avrei dovuto lasciare che finisse a bollire in qualche pentola >>, mugugnò Virgo, passandosi la mano sulla gola. tre bei graffi sanguinavano copiosamente, rivoli cremisi colavano sulla pelle nuda del cavaliere della Vergine quanto mai irritato.
<< Non parli sul serio >>. Kanon strinse l’animale a sé, accarezzandolo sulla testolina soffice. Doveva averli visti prima che entrasse in bagno, ed era scattata non appena si era chiuso la porta alle spalle.
<< Vuoi scommettere? Si era infilata nell’armadio. Ma io non so, non sono nemmeno padrone di toccare il mio uomo, per colpa sua >>.
<< Perché adesso la teniamo quasi sempre rinchiusa nel giardino. Se la lasciassimo libera, questo non succederebbe. Devi capire ch’è normale che si sfoghi contro di te, adesso >>.
<< Se la tenessimo libera, dovremmo mettere un bel cartello alle entrate. “ Attenti al coniglio” >>.
<< Non dire scemenze >>. Kanon la posò sul letto, e scosse la testa nel vedere Shaka indietreggiare contro la testata.
<< Non ti farà niente >>.
<< Niente tranne ridurmi a brandelli >>.
Kanon si sdraiò accanto a lui. << Vieni, Dhanush >>.
La coniglia rimase per qualche istante immobile. Poi, vedendo che non la mandavano via, prese confidenza e si avvicinò a entrambi, mentre Shaka la fulminava con lo sguardo.
Ma lei sapeva di avere Kanon dalla sua. Del tutto a suo agio, si accoccolò tra i guanciali, rizzando il pelo candido ai tocchi di Gemini. Restò per qualche minuto così, finché non chiuse gli occhietti e si appisolò, serena.  
<< E adesso, occupiamoci di te >>, mormorò Kanon, rialzandosi e andando a prendere una pezzuola bagnata dal bagno.
<< Dì la verità, l’hai ipnotizzata >>, fece Shaka, succhiando l’aria tra i denti quando il compagno gli pulì i graffi sulla spalla, esaminandoli. Erano soltanto segni superficiali, che sarebbero svaniti in un giorno o due.
<< Macché dici. E’ una cosa normale. Il bambino prova gelosia nei confronti del genitore, quando comincia a comprendere le dinamiche della coppia. Il complesso di Edipo, o di Elettra, a seconda dei casi. Se è un maschio, prova animosità nei confronti del padre, che dorme con la madre; se una femmina, viceversa. Lei ha conosciuto te nella prima parte della sua esistenza, quindi si è legata di più a te. Ma da quando ha intuito come vanno le cose tra noi, ha iniziato a virare d’interesse, riversandolo verso colui che sente più forte, tra noi due >>.
<< Stai dicendo che saresti tu l’uomo, tra noi? >>.
Kanon inspirò con forza. << Non lo sto dicendo io, padmì. E’ il punto di vista di Dhanush >>.
<< Ma Dhanush è un coniglio, non un bambino, per la miseria >>.
<< Allora solo perché è un animale, significa che è scema? Ti sbagli di grosso. Ricorda che in quel coniglio potrebbe esserci lo spirito del Buddha >>.
Shaka lo fissò a bocca aperta per qualche secondo. Poi prese un’espressione saccente. << Devi piantarla di bazzicare Capricorn e i suoi libri. Stai uscendo dal seminato, mera pyaar >>.
Kanon lo ignorò sistematicamente, prendendo dei cerotti e il disinfettante dal bagno e occupandosi delle sue ferite. << Pensala pure come ti pare, Shaka. Ma io sono convinto che sia esattamente così >>.
<< E dire che un tempo non te ne fregava niente nemmeno degli esseri umani … adesso stai dietro anche ai ragionamenti degli animali >>.
<< Ma anche noi siamo animali, padmì. Razionali, evoluti, certo, ma pur sempre animali. Gli istinti primordiali sono sempre vivi dentro di noi, non scordartelo. Non per niente, la maggior parte dello zodiaco è composta da animali >>.
<< Noi non abbiamo di queste attenuanti. Sia io che te abbiamo un segno a figura umana >>.
<< Ma restiamo animali comunque >>. Kanon gl’infilò una mano dietro la nuca, attirandolo a sé. << Puoi negarlo quanto vuoi, ma gl’impulsi che ci governano saranno sempre … bassi, per citarti >>.
<< Ma io non sto negando proprio niente. Anzi >>. Shaka afferrò la mano libera di Kanon, abbassandosela tra le cosce. << Sono d’accordo con te. Sono decisamente … molto bassi >>.
Kanon tolse la mano. E Shaka lo guardò con espressione interrogativa. << Hai cambiato idea? >>.
<< Assolutamente no. Ma … andiamo di là. Ora che dorme, non voglio correre il rischio di svegliarla >>. Lo tirò su, conducendolo fuori dalla camera e chiudendo la porta. A chiave.
<< Andrà a finire che tieni più al coniglio che a me >>, sentenziò Shaka, insofferente.
<< Di sicuro con te mi viene più spesso voglia di torcerti il collo, per farti tacere. Se non altro, Dhanush è silenziosa >>.
<< Idiota >>.
Kanon rise, prendendogli la mano e attirandolo a sé. << A tuo rischio e pericolo, mio caro Virgo. Hai voluto la bicicletta, adesso pedala >>.
Shaka gli scoccò un’occhiata assassina. Ma si acquietò quasi immediatamente, appena Kanon cominciò a baciarlo, mettendolo schiena al muro. << Giusto per la cronaca, dov’è che dovremmo dormire noi due, adesso? >>.
Kanon lanciò un’occhiata al vestibolo della Terza, desolato visto l’orario indecente. << Be’, c’è sempre casa tua >>. Poi stirò le labbra. Aveva un’idea ricorrente in testa, e ispirato dalla trovata del gemello, sentì che poteva essere una buona occasione per tradurla in realtà. << Avresti  … qualcosa in contrario a farlo in giardino? Sotto gli alberi in fiore? >>.
<< Parliamo di dormire, o di qualcos’altro? >>.
Kanon lo baciò ancora. << La Terra è il tuo elemento, caro Virgo. Non dovrebbe essere così spiacevole per te, sentirla vicina >>.
Shaka gli lanciò un’occhiata sospettosa. << Da quanto ci stavi pensando? >>.
<< Da un po’. Ma non sapevo come l’avresti presa, se te l’avessi proposto >>.
Virgo ci pensò su per qualche istante. Poi fece un cenno col capo. << E va bene. Se proprio ci tieni … >>.
Notando l’arrendevolezza rassegnata di Shaka, Kanon pensò di aver davvero preteso troppo, da lui. << Se non te la senti non fa niente. Posso ben capirti. In fondo, in quel luogo … hai abbandonato questa vita >>.
Shaka ondeggiò con la testa, baciandolo lui, stavolta. << Penso sia ora di riequilibrare anche quel karma. E la tua giusta punizione sarà togliere i petali di fiori dai capelli >>.
Rassicurato, Kanon sorrise. << Poco male. Ne ho passate di peggio >>.
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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