Occhi
da
cacciatore
«Sicuro
di volerlo
fare, Thomas?» mi chiede Ryoga, sistemandosi il fucile a
tracolla.
Mi stringo nel
cappotto e rabbrividisco. La notte, oggi, è gelida, molto
più del solito. Per
un attimo ho l'impressione che sia gennaio inoltrato, invece di maggio.
«Mi prendi per
cretino» sbotto. «Non sono un moccioso, cazzarola,
e voglio assicurarmi di non
essere rimbecillito tutto insieme.»
Ryoga grugnisce
qualcosa tra i denti, che non comprendo. Essermelo portato dietro in
quel
fottuto buco bagnato in mezzo agli alberi non è stata una
grande idea, in
fondo. Quando è di malumore diventa difficile da gestire e
io ho sempre avuto
poca pazienza.
«D'accordo, allora
dove dobbiamo andare adesso?»
«Non me lo
ricordo» gli dico.
«Ma che cazzo! Dai,
non dirmi che non ti ricordi dove cazzo è la
tomba?» sbotta. Gli scocco una
lunga occhiata e scoppio a ridere, beccandomi pure una gomitata nelle
costole.
«Si può sapere che cazzo hai da ridere? Si tratta
di tuo padre, idiota!»
«Scusa… E' che in
effetti… Cazzo, me lo sono davvero dimenticato»
gli rispondo, tra una risata e
l'altra. Ed è vero, non ricordo assolutamente dove cazzo si
trovi. Quel
cimitero è enorme e la mia attenzione, il giorno prima, era
parecchio scarsa.
So che non dovrei ridere, però, in fondo si tratta di mio
padre e la situazione
è già tragica di suo, ma non riesco a farne a
meno. Non voglio piangere e, meno
che mai, voglio farlo davanti al mio amico. La morte di
papà, avvenuta neanche
una settimana prima, mi ha scosso molto più di quanto sarei
mai disposto ad
ammettere. Non gli ero affezionato come i miei fratelli, ma la sua
assenza si
fa sentire spesso, soprattutto nel cuore della notte. E' come un cappio
che si
stringe sempre di più intorno al mio collo. Certe volte ho
proprio
l'impressione di soffocare.
«A volte ho
l'impressione che tu sia impazzito» mormora Ryoga,
superandomi con un paio di
falcate. La canna del fucila brilla alla poca luce della lucerna
«Questa storia
ti ha dato al cervello, fidati di me. Dovresti farti vedere da un
medico.»
«Per farmi
misurare il cranio? Se lo facessero scoprirebbero che sono un mezzo
matto.»
«Togli pure il mezzo.»
Ryoga si sistema il fucile sulla spalla e si stringe nel cappotto zuppo
di
umidità. «Senti, non ho molta voglia di stare
fuori con questo tempo di merda,
quindi sbrigati a ricordarti dov'è questa maledetta tomba.
Prima l'apriamo,
prima torniamo al calduccio.»
«Mi pare
dall'altra parte del cimitero» gli rispondo, dopo qualche
minuto di riflessione.
Un velo di lacrime mi si impigliano nelle lunghe ciglia e mi affretto
ad
asciugarle con il dorso della mano. Non voglio piangere, l'ho
già fatto chiuso
nella mia stanza i giorni precedenti e l'ho fatto anche al funerale.
Adesso devo
solo scoprire se ciò che ho visto due giorni prima sia
avvenuto davvero o no.
Se papà sia davvero tornato in vita.
Mi incammino tra
le tombe coperte di edera, facendo luce con la lucerna. E' una notte di
plenilunio e il vento ruggisce tra le fronde degli alberi, scuotendole.
Le
ombre sono fitte e neanche la fiamma tenue e guizzante della candela
riesce a
disperderle del tutto. Più di una volta inciampo in qualche
radice o nella
lapide spezzata di una vecchia tomba appartenuta a chissà
chi.
«Sei sicuro fosse
lui?» mi chiede Ryoga, ad un certo punto, rompendo il
silenzio che era sceso su
di noi. «Magari ti sei sbagliato e l'hai confuso per qualcuno
che invece è vivo.»
«Era lui, ti dico,
con gli stessi abiti che aveva il giorno in cui l'abbiamo sotterrato,
ma erano
sporchi di terra ed erba. Ed era pallidissimo in faccia, con delle
enormi
occhiaie.»
«E ti ha solo
guardato?» La sua voce risuona scettica nel ruggito del vento.
«Già. E ha
sorriso.»
Rabbrividisco. Il
solo ricordo del volto di papà mi accappona la pelle. C'era
qualcosa di folle
in quel sorriso, qualcosa di animalesco. Cazzo, se è davvero
diventato un
non-morto dovrei cercare un esorcista per ricacciarlo sottoterra.
Dubito che il
fucile di Ryoga possa bastare, anche se usa proiettili d'argento; in
fondo
nessuno di noi due si è mai trovato a dover uccidere un
non-morto. Di solito ci
chiamano solo per qualche piccolo demone, o qualche mostro strano che
mangia i bambini,
come le fate. Questa è la prima volta che ci troviamo a
gestire qualcosa di
simile e non sono per nulla sicuro di riuscirci. Sarebbe potuto andare
storta
qualsiasi cosa. Cos'è che dice la Bibbia? Merda, non me lo
ricordo! Perché non ho
prestato più attenzione alle lezioni del diacono, quando ero
un ragazzino? Perché
dovevo sgattaiolare fuori di casa per dare la caccia alle lumache
invece di
rimanere in quella fottuta stanza ad ascoltare quel vecchio panzone? Se
l'avessi
fatto, adesso saprei cosa fare. Forse. Adesso che ci penso sono stato
stupido a
non aver chiesto a mio fratello di venire con noi. Christopher avrebbe
saputo
cosa fare, sa sempre tutto anche se non è lui il cacciatore
di famiglia. Lui è
solo colui che gestisce la baracca e si occupa di trovarci il lavoro,
siamo io
e Ryoga a portarli a termine. E a discutere con i clienti quando non
sono
soddisfatti del nostro operato. Come se ammazzare mostri senza
distruggere
campi o baracche fosse così semplice! Merda, adesso che ci
penso non ho mai
sopportato quel suo modo di fare a saputello. Bè, adesso che
ci penso non
coinvolgerlo non è stata una così pessima idea.
Il suo modo di fare da
saputello è irritante e, comunque, è incapace a
difendersi; non ho tutta questa
voglia di rischiare la vita per salvare la sua. E poi si tratta di
papà; meno
sa, meglio è, non ho alcuna voglia di sentirmi dare dello
stupido da lui. Lo fa
quasi tutti i giorni, ogni volta che torno con qualche ferita
– a suo giudizio –
di troppo. Come se potessi farci qualcosa se cacciare esseri
soprannaturali è potenzialmente
rischioso! Non me le vado a cercare, ma spiegarlo a lui è
come spiegare a Ryoga
come conquistare una donna. Tempo buttato. Ah, giapponesi!
«Ehi! Datti una
svegliata!»
Qualcosa di duro mi
colpisce sulla nuca, strappandomi dai miei cupi pensieri. Mi volto di
scatto e lo
fulmino.
«Che cazzo fai?»
«Ti sveglio,
idiota» borbotta Ryoga, agitandomi davanti al naso la canna
del fucile. «Stavi
per cadere in quella buca.»
Mi indica qualcosa
davanti ai piedi. Abbasso lo sguardo e mi rendo conto che se non mi
avesse
fermato ci sarei caduto dentro. E' profonda un paio di metri,
sufficiente per
rompersi una gamba o un braccio. Forse è per qualche tomba
che deve essere
sepolta.
«Bè, grazie» grugnisco.
La aggiro e riprendo a camminare in direzione della parte del cimitero
dove
sorge l'enorme costruzione con la tomba di papà. Quando la
raggiungiamo inizia
a cadere una pioggia sottile e fitta, che ci impedisce di vedere oltre
a
qualche palmo dal naso.
«Eccoci qui»
mormora Ryoga, sollevando gli occhi sull'arco di ferro che sovrasta il
punto in
cui è stato sotterrato il feretro. Secondo Christopher, con
il passare del
tempo le piante che hanno piantato alla base sarebbero cresciute,
arrampicandovisi sopra e rendendolo un arco di foglie e fiori. A
vederlo adesso
è davvero gigantesco, non ricordo affatto che fosse
così qualche giorno prima.
Forse è la notte a darle un'aura più lugubre, o
forse il ricordo di papà che
gli sorride dal giardino della villa. Deglutisco e distolgo lo sguardo:
vederla
mi causa un groppo in gola. Come se la tristezza di quel giorno non se
ne sia
andata con le lacrime che ho versato, come se fosse diventata un pezzo
del mio
corpo, una parte di me.
«Sicuro di volerlo
fare?»
«Sì» gli rispondo,
porgendogli una delle due pale che ci siamo portati appresso.
«Devo farlo.
Voglio controllare che sia davvero lì dentro e che sia
davvero morto. Se non lo
faccio impazzirò.»
«Potremmo sempre
chiedere a un professionista.»
«Siamo noi i
professionisti, pezzo di scemo.»
«Certo, e quanti
non-morti hai ammazzato fino ad ora?»
Mi stringo nelle
spalle e gli regalo un ghigno. «Nessuno, ma solo
perché non ce l'hanno mai
chiesto. Non è colpa mia se vanno tutti dai preti! Noi siamo
bravi quanto loro,
no? Anzi, di più! E siamo anche più belli e
giovani, e volendo possiamo pure
farci pagare in alcolici o donne. Mi pare un buon incentivo.»
«Già, ma padre
Durbe ha comunque più successo.»
Sbuffo. «Ovvio,
quello non risponde a cazzo di cane alla gente, a differenza tua.
Dovresti
provare a essere un po' più gentile, sai? E magari
sorridere, di tanto in
tanto, e fingerti affabile anche con i coglioni che scambiano i conigli
per i
channeling. Gioverebbe ai nostri affari.»
«Oppure potresti
non provarci con tutte le vedove che ti capitano a tiro.»
«Sei veramente un
pessimo amico.»
«E tu un pessimo
socio in affari.» Ryoga sospira. «Mettiamoci al
lavoro, prima che arrivi il
guardiano o la polizia. Non voglio finire di nuovo in cella per colpa
tua e
della tua mente mezza matta.»
«Sei sempre il
solito simpatico» ghigno, sferrandogli una pacca sulla
spalla. «Dopo questa ti
porto al bordello, te lo prometto.»
«Non se ne parla,
o mia sorella mi ammazza.»
Mi porto una mano
alla fronte, con fare affettato. «Oh cielo, Ryoga»
dico, imitando il
tono di voce acuto di Rio, «ma perché hai
del rossetto sulla camicia? Dove
sei stato? Lo sai che in questa casa sono io a portare i pantaloni,
vero? E che
non puoi fare niente senza il mio permesso, neanche infilarlo nella
passera di
altre donne?»
«Hai poco da prendere
per il culo, tu» sbotta Ryoga. «Tuo fratello fa di
peggio.»
Faccio spallucce e
ridacchio. «Infatti lo mando in culo senza troppi problemi.
Potresti iniziare a
farlo anche tu con Rio e farle vedere che sei ancora l'uomo di
casa.»
Ryoga mi sferra uno
schiaffo sulla nuca. «Mettiamoci al lavoro invece, non
abbiamo molto tempo.»
Ci mettiamo al
lavoro di buona lena. Iniziamo a spalare via la terra che ricopre la
tomba. La
pioggia continua a battere incessante, rendendo tutto più
difficile e
scivoloso. Più di una volta rischiamo di scivolare o di
perdere la presa sulla
pala. Come se non bastasse la fiammella della candela tremola al vento
che
penetrava nella protezione di vetro soffiato, facendola ballare.
Tutt'intorno a
noi vibrano artigli d'ombra e altre creature d'incubo.
Dopo un'oretta di
duro lavoro, riusciamo a portare alla luce il feretro. Il coperchio
è di marmo
bianco, con sopra inciso il nome e la data di morte. E' semplice, come
ha
deciso mio fratello. Non ci ha interpellati neanche per quella cosa. A
me
sarebbe piaciuto vederlo inciso su tutta la superficie.
Ryoga mi passa il
piede di porco e imbraccia il fucile. Controllo di avere la colt a
portata di
mano nella fondina e con il colpo in canna, e scendo nella buca.
Deglutisco. Siamo
finalmente alla resa dei conti, ancora pochi minuti e
scoprirò la verità. Ho
davvero visto papà o è stata solo
un'allucinazione partorita dalla mia mente
provata? E' davvero un non-morto o ho solo viaggiato troppo con la
fantasia?
Magari è il lavoro ad avermi giocato un brutto tiro.
«Io ci sono» mi comunica
Ryoga. Il suono del cane che viene tirato e del colpo che va in canna
spezza il
silenzio. «Puoi procedere. Se c'è qualcosa di
vivo, la faccio secco.»
«Certo, basta che
non colpisci me per sbaglio.»
«Mi prendi per il
culo?» sbotta lui. «Ho una mira di gran lunga
migliore della tua, idiota.»
«Mai una parolina
gentile, vero?»
«Ovvio. Sei una
fottuta palla al piede.»
«Se mi colpisci,
ti ammazzo, amico.»
«Certo certo, ora
apri quel coso, così ci togliamo il dente e ce ne andiamo a
bere al caldo.
Inizio ad avere freddo.»
Scrollo le spalle
e mi chino sul coperchio. Faccio forza con il piede di porco e dopo
vari
tentativi riesco a sollevarlo e a farlo scivolare di lato.
«Ma che cazzo…!»
esclamo.
«Cosa?» grida Ryoga
allarmato. «Cosa c'è? Cazzo, Thomas, rispondimi!
Devo sparare?»
«No» mormoro,
senza riuscire a distogliere gli occhi dal velluto con cui era stata
rivestita.
Avvicino la lucerna al feretro e il rosso cupo dell'imbottitura si
incendia.
«E' vuota… Il corpo di mio padre non
c'è.»
«Come sarebbe a
dire?» Ryoga si sporge dal bordo della buca, ma senza
scendere giù. «Ne sei
sicuro?»
«Ne sono sicuro, che
cazzo! Ho ancora due occhi funzionanti, sai? Non c'è niente,
qui, è
completamente vuota.»
«Allora è davvero
un non-morto» dice lui, dopo qualche secondo di silenzio.
«Però non capisco
come lo sia diventato. L'avete fatto battezzare, no? In teoria non
dovrebbe
essersi trasformato.»
«Ha ricevuto tutti
i sacramenti, compresa l'estrema unzione. La tomba è stata
benedetta, come il
feretro e il suo corpo. Non può essersi trasformato in alcun
modo, che io
sappia.»
«Ci sfugge
qualcosa… Forza, esci di lì. Mettiamo tutto a
posto e andiamocene. Forse tuo
fratello conosce la risposta. Se ne sta sempre immerso in quegli
stupidi libri,
qualcosa la saprà per forza.»
Con il cuore
gonfio di sofferenza e tristezza, mi affretto a rimettere il coperchio
al suo
posto. Dentro di me avevo sperato fino all'ultimo che papà
fosse davvero dentro
la tomba, che ciò che avevo visto fosse stato davvero frutto
di follia o del
dolore per la perdita. Mi ero sbagliato, ciò che avevo visto
era reale, papà è
davvero uno di quegli stessi mostri che io e Ryoga uccidiamo per
guadagnarci da
vivere. Prima o poi dovrei ucciderlo, ma dentro di me continuo a
sperare di non
doverlo fare davvero. Di avere un'altra alternativa. L'idea di dover
impugnare
la mia colt e sparargli al petto mi fa venire la nausea. Non voglio
ucciderlo,
è sempre papà.
Ryoga mi tende la
mano e mi aiuta a uscire dalla buca. La ricopriamo in fretta, lavorando
in
silenzio e senza lamentarci della pioggia che continua a battere
impietosa.
«Andiamo» esclama
lui, non appena abbiamo finito. «Questo posto mi sta facendo
venire i brividi.»
«Anche a me. E
inizio ad avere bisogno di un bicchiere di whisky e un paio di tette
generose.»
«Siamo in due.»
«In tre» dice una
voce glaciale alle nostre spalle.
Ci voltiamo
all'unisono e perdo qualche anno di vita. Davanti a me si staglia
papà, il
volto cereo e cerchiato di nero, con gli stessi abiti con cui l'abbiamo
seppellito sporchi di terra ed erba. Fa un sorriso sghembo, innaturale,
e una
strana luce gli attraversa le iridi.
«Io però prendo un
bel bicchiere di sangue, ragazzi. Magari il vostro.»
Un colpo di fucile
sovrasta qualsiasi altro rumore, persino il ruggito del vento. Le mani
di Ryoga
si stringono intorno al mio braccio e pochi secondi dopo mi ritrovo a
correre
in mezzo alle tombe e agli alberi del cimitero. Nelle mie orecchie
continua a
echeggiare lo sparo, insieme al ringhio ferino di papà. Non
è morto, lo so, ma
non possiamo restare lì. Dobbiamo ripiegare al sicuro e
riorganizzarci. Dobbiamo
parlare con padre Durbe e anche con mio fratello. Qualsiasi cosa sia
diventato
mio padre è pericolosa per tutti quanti, non solo per noi
due. Rabbrividisco:
per un attimo ho l'impressione di avere ancora quello sguardo folle
puntato
sulla schiena.
Occhi
da
cacciatore.
***
Nda:
Vi lascio un paio di spiegazioni per evitare di incorrere nell'ira di
una certa moglie >.> Dunque, non so se è
chiaro (ma spero di sì), ma la fic è ambientata
in un imprecisato periodo vittoriano in un ipotetico paese europeo.
Ryoga e Thomas sono cacciatori di mostri, Chris gestisce la parte
amministrativa. Nella fic in questione Byron è morto di
cause naturali e si è tramutato in un non-morto. Non si
tratta di uno zombie, ma piuttosto di una specie di vampiro (tipo i
draugr). I channeling, invece, sono creature fatate irlandesi che si
dice rapiscano i bambini e li sostituiscano con i figli deformi delle
fate. I nostri due eroi cacciano di tutto, anche se non hanno mai avuto
a che fare con creature potenti come i non-morti. Durbe, nella fic,
è un prete esorcista specializzato nella caccia ai mostri.