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Autore: Bloody Wolf    24/07/2019    5 recensioni
Questa storia è nata da una task del gruppo FB "Till the end of the line", un gruppo dedicato alla Stucky.
La task mi diceva di scrivere un'omegaverse in ventiquattro ore e io non ci sono riuscita quindi eccola qui.
Dal testo:
“Pensavi che non ce ne saremmo accorti, Barnes?”
Fece un altro passo indietro, irrigidì i muscoli del corpo e dilatò le narici non perdendo di vista né uno né l’altra, dubbioso e prevenuto.
“Non siamo innocenti come il Capitano Rogers! Quel feto che porti in grembo è figlio di due super soldati, potrebbe essere dotato di poteri inimmaginabili…”
OmegaVerse | Angst | MPreg | Parole: 5468
Genere: Angst, Omegaverse, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nick Fury, Steve Rogers/Captain America
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg
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Rieccomi ad appestare il fandom!! Vi ero mancata dite la verità (t.t)!

Allora oggi torno alla carica con questa OS particolare:

E’ un’ OmegaVerse, c’è dell’angst (strano xD) ma soprattutto c’è una gravidanza quindi a chi non piace questa cosa gli consigli odi evitare la lettura nonostante io abbia cercato di tenere la cosa un po' leggera quindi se ve la sentite vi direi di provare a leggerla.

Spero di essere riuscita perché questa è la prima che scrivo e spero di non aver mandato i nostri due amati soldati OOC in caso ditemelo perché da codesta cosa sono terrorizzata!

E’ nata per una semplice Task di un gruppo Facebook sulla Stucky (Till the end of the line - che consiglio perchè pieno di persone meravigliose<3)

Fatemi sapere cosa ne pensate e se merita o meno un proseguimento. L'ho riletta e modificata già tre volte ma sono certa di aver lasciato qualcosa al caso perchè sono l'emblema dell'essere fusa!

Grazie per chiunque che troverà il tempo per leggerla, recensirla o seguirla in qualsiasi modo,vi ringrazio perché siete il pane che mi porta a continuare a scrivere! GRAZIE!!

 

PS: come sempre la grafica l’ho fatta io quindi non rubate :3

Parole: 5468

 

Cap si mosse nel letto allungando un braccio alla ricerca del calore del suo omega, allungò le dita con sicurezza trovando però solo il freddo dalle lenzuola di raso.

Aprì un occhio e alzò la testa stranito da quella cosa, si tirò a sedere e subito parlò con voce impastata dal sonno.

"Bucky?"

Il suono dello sciacquone del bagno adiacente riempì l'aria e Steve si rilassò istintivamente, non si era nemmeno accorto di essersi agitato tanto per una cosa così fondamentalmente stupida.

Bucky era solo andato al bagno, si era solo allontanato per poco tempo.

"Torna a dormire, cretino."

Bucky camminò fino al letto, gattonò fino a lui poggiandogli il braccio metallico sul petto e facendo pressione affinché tornasse a sdraiarsi.

Steve lo abbracciò beandosi del suo odore e del suo calore.

"Dovrei darli io gli ordini, fino a prova contraria sono l'alfa."

Bucky si rannicchiò meglio addormentandosi di sasso dimenticandosi anche di insultarlo.

-.-.-.-.-.-

"Ok Avengers, la missione sarà semplice, dobbiamo solo scortare un politico a destinazione: Capitano, Natasha, Barton e Sam in azione."

Bucky guardò Fury ed incrociò le braccia al petto con un sopracciglio alzato, quasi accusandolo per quella sua mancanza di necessità, lo avevano convocato lì per quale motivo di preciso se non serviva?

"Tu mi servi qui, liberati dei cecchini. Maria dagli il fucile."

Bucky e Barton si guardarono, dubbiosi, come per chiedersi se avessero capito le parole dell'uomo, turbati da quel comando fuori dagli schemi.

"Non è forse meglio se io faccio fuori i cecchini e lui va a combattere? Sai è bravo con coltelli, lame e quant’altro io...”

Fury fulminò Clint interrompendo quelle parole con crudeltà, il falco alzò le mani in segno di resa, si armò di pazienza e si incamminò passando di fianco a Steve che, sorridente aveva annuito a Bucky, come a volerlo rassicurare che tutto sarebbe andato per il meglio, che non ci sarebbe stato nulla da temere...

Rimasero soli e Bucky si voltò in attesa di quel fucile, guardò Maria che se ne era rimasta immobile con le braccia incrociate e lo sguardo fisso verso di lui, pronta a tutto.

Fury si mosse avvicinandosi passo dopo passo con calma, tra le mani aveva delle manette e, negli occhi, una brama calma e pericolosa.

“Devi venire con noi, il dottor Banner ha riscontrato in te livelli sballati di alcuni enzimi, dobbiamo assicurarci che vada tutto bene, collabora e tutto andrà bene.”

Bucky istintivamente arretrò, fece un paio di passi all’indietro mentre lasciava che gli occhi vagassero su quelle manette in metallo per poi guardare i due agenti con la mascella contratta e un ringhio che prepotente gli saliva dalla gola.

“Pensavi che non ce ne saremmo accorti, Barnes?”

Fece un altro passo indietro, irrigidì i muscoli del corpo e dilatò le narici non perdendo di vista né uno né l’altra, dubbioso e prevenuto.

“Non siamo innocenti come il Capitano Rogers! Quel feto che porti in grembo è figlio di due super soldati, potrebbe essere dotato di poteri inimmaginabili…”

Nella mente di Bucky si palesarono veloci le scene relative al suo passato: aghi, seghe, sangue, dolore, gelo, solitudine.

Non avrebbe mai permesso che quella benedizione, che sembrava crescere dentro di lui, subisse tutte quelle cose, a costo di tornare l’assassino che era, lo avrebbe difeso.

“Allontanati Fury.”

L’uomo guardò la donna dietro di sé e cercò, con uno scatto, di afferrare il braccio umano dell’uomo ma venne bloccato con maestria dal braccio in vibranio di Bucky.

Lo guardò in quell’unico occhio con crudeltà, strinse la presa su quel polso facendogli avvertire un pò di quel dolore fisico che per anni lo aveva accompagnato.

“Bucky! E’ un ordine! Sei un soldato e come tale devi ubbidire!”

Aveva smesso di ubbidire quando Steve era rientrato nella sua vita, aveva smesso per seguire quell’uomo che gli rivolgeva sempre sorrisi carichi di quel sentimento che, inconsciamente, lo aveva tenuto in vita in quei secoli di torture e di stragi.

“Ho smesso di ubbidire e per te, Fury, io sono Barnes non Bucky.”

Girò dolorosamente quel braccio che teneva nella sua presa ferrea obbligando l’altro ad inginocchiarsi sofferente mentre gli rubava una delle due pistole e la puntava verso Maria che aveva imbracciato la pistola ma attendeva ordini.

“Ora mi lascerete andare…”

Maria lo aveva guardato seria e in attesa, era stato per una frazione di secondo ma Bucky l‘aveva notato, Maria aveva alzato lo sguardo verso le sue spalle. Era circondato.

Socchiuse gli occhi riportando alla memoria quegli addestramenti che lo avevano temprato e che ormai gli venivano naturali quanto respirare; rotolò sul fianco portandosi dietro il corpo di Fury che si prese un proiettile in una coscia al posto suo, lo mollò andando verso la donna con una capriola e un calcio atto a disarmarla dalla pistola.

La donna afferrò fugace un coltello che, però, gli venne tolto dopo che Bucky la ebbe atterrata con un calcio; afferrò quella lama e la conficcò nella carne di quella mano femminile con furia prima di guardarla e sibilare furioso.

“Non azzardatevi a cercarmi…”

Un proiettile lo colpì di striscio sul braccio sano e, dopo aver ringhiato minaccioso, fuggì via, silenzioso ed inafferrabile come era sempre stato il Soldato d’Inverno.

Un fantasma nel gelo delle steppe.

Un mito nella leggenda.

Camminò rubando alcuni capi di vestiario in giro per la città, si mosse silenzioso fino a raggiungere l’appartamento dove lui e Steve stavano convivendo da alcuni anni; si assicurò che nessuno fosse giunto lì per un’imboscata ed entrò dalla finestra con agilità per recuperare alcuni effetti personali dopo di che si apprestò ad andarsene nuovamente.

Si fermò però di fronte ad una foto che gli avevano scattato pochi mesi prima al compleanno di Steve: era seduto su di lui, vestito con una t shirt bianca e larga con dei jeans leggeri mentre si stavano baciando sorridendosi innamorati.

Steve era il suo Alfa e lui era il suo Omega, doveva dirgli qualcosa, doveva fargli sapere che stava bene, maledizione.

Afferrò un foglio e scrisse con fretta:

-Non fare idiozie fino a quando non torno, cretino.-

Alzò lo sguardo da quel pezzo di carta e lo lasciò sul divano, in quel posto in cui entrambi amavano rannicchiarsi per godere l’uno dell’odore dell’altro. 

Lasciò che il suo braccio afferrasse l’unica coperta con copriva quell’arredo, la guardò e dentro di sé avvertì un senso di possesso inimmaginabile...

Decise di portarla con sé, di trattenere quella coperta come un monito solo per ricordarsi a chi apparteneva.

Steve non sapeva nulla di quella gravidanza, non glielo aveva detto per paura di perderlo, per la folle paura di deluderlo per colpa di quel corpo che faceva come voleva da secoli.

Era certo che Fury non gli avrebbe mai detto ciò che era successo veramente, gli avrebbe detto solo una parte di quella verità distorcendola a suo piacimento..

“Scusami, Stevie…”

Se ne andò da quella casa attento a non lasciare tracce di sé se non quella singola nota scritta con cura e con rammarico.

Si allontanò raggiungendo una zona in cui era certo che non lo avrebbero mai rintracciato, afferrò il cellulare e fece partire una chiamata diretta alla sede degli Avengers.

Appoggiò a terra l’apparecchio chiudendo quella chiamata e lo lasciò lì dirigendosi dalla parte opposta dalla quale era arrivato.

Prima regola: depistare eventuali inseguitori.

Si fermò alla prima cabina telefonica che incontrò nel tragitto e compose un numero che conosceva a memoria, attese con il cuore in gola, ad ogni trillo gli occhi di Bucky saettavano attorno a sé per studiare l’ambiente, per capire se qualcuno lo avesse già trovato, pronto a fuggire nuovamente.

-Pronto?

La voce di quella ragazza arrivò dolce e spaesata alle sue orecchie e lui subito si apprestò a parlare con tono basso ma carico di un bisogno viscerale di aiuto.

“Non avrei mai dovuto contattarvi ma sono nei guai, Shuri.”

La ragazza non parlò ma, dopo poco gli indicò un luogo sicuro dove ripararsi fino a quando lei non sarebbe arrivata a prenderlo.

.-.-.-.-.-.-.-.-.

“Non dovevo tirarvi in mezzo a questa storia, scusatemi ma… non sapevo di chi fidarmi e voi siete gli unici che possono capirmi.”

L’aereo wakandiano era arrivato dopo una quindicina di minuti, silenzioso ed invisibile, lo avevano caricato evitando di farsi vedere dai radar di Stark e se ne era andato per tornare verso quella terra dove solo in pochi potevano accedervi.

T’Challa e Shuri erano lì, ad aspettarlo senza nemmeno sapere cosa avesse combinato ma fiduciosi, Shuri era certa di aver eliminato completamente l’Hydra dal suo cervello e sapeva che qualsiasi cosa Bucky avesse fatto, l’aveva fatta con il proprio cervello.

Glielo aveva confidato lei sorridendogli con calore in una giornata qualsiasi ed era stata una confessione liberatoria almeno per lui… una piccola sicurezza in mezzo al caos.

“Fury ci ha contattato per dirci che il Soldato d’Inverno lo aveva assalito senza nessun motivo, hai ferito sia lui che Maria…”

A quella confessione da parte di T’Challa, Bucky si ritrovò a fare mezzo passo indietro e scattare sulla difensiva, non era andata così ma quella consapevolezza lo obbligò a guardarsi attorno con sospetto.

“Non ci crediamo altrimenti ti avremmo già consegnato a loro quindi parla.”

Shuri aveva ammonito il fratello con un pugno sulla spalla e un’occhiata crudele prima di parlargli con un tono più dolce e sensibile.

Era felice di averla conosciuta, era una donna forte ma prima di tutto era un’Omega come lui ed erano simili sotto tantissimi aspetti tra i quali quell’assenza di ubbidienza agli Alfa.

“Aspetto un bambino…”

Bucky lo disse con gli occhi bassi e un tono quasi piatto, era la prima volta che lo diceva ad alta voce e faceva paura, quella maledetta condizione faceva paura più dell’Hydra nella sua testa...

L’idea che ci fosse qualcosa che cresceva dentro di sé era terrificante anche se si considerava che quella “cosa” era nata da lui e Steve.

Shuri si illuminò urlando e lanciandosi tra le sue braccia, a lei non interessava nulla del suo passato e del suo futuro, lei viveva il presente ed era fantastico avercela attorno.

“Shuri lascialo parlare!”

T’Challa l’aveva ammonita con un tono da Alfa che non ammetteva negazioni e lei  mostrandogli la lingua aveva afferrato quel braccio metallico e lo aveva trascinato con calma dentro al palazzo fino al suo laboratorio. 

Il re li aveva seguiti scuotendo il capo, conosceva abbastanza bene quel soldato da poter dare una spiegazione a quel comportamento; capire Bucky non era difficile, la sua mente andava per ragionamenti seri e nemmeno troppo complessi. 

T’Challa aveva già intuito cosa avesse portato Bucky a reagire in quel modo così violento e netto ma si decise di non parlare,decise di attendere che quella bocca parlasse per non metterlo alle strette, consapevole che mettere alle strette un assassino di quel calibro poteva essere davvero pericoloso.

“Raccontami tutto!”

L’espressione meravigliata di lei mentre lo denudava dall’armatura, che ancora indossava, era bellissima, la lasciò fare facilitandole le cose perché infondo di lei si fidava, di loro tutti si fidava.

“Sono un paio di settimane che ho capito che c’era qualcosa di strano perché mi dovevo svegliare nella notte a vomitare e la mattina avevo sempre mal di testa e… improvvisamente l’odore di Steve mi faceva contrarre l’intero corpo.”

Shuri continuò ad ascoltarlo con interesse mentre lo faceva sdraiare su un lettino e gli metteva del gel freddo sugli addominali, erano ancora addominali e dall’esterno non si poteva ancora capire nulla, per fortuna per lui.

Se ne era accorto per quei segnali d’allarme, per quelle piccole cose che di solito non accadevano ed infine era andato a prendere uno di quei test di gravidanza ed il risultato era stato palese.

“Fury voleva… portarmi da qualche parte con delle manette per studiare il feto e nella mia testa si sono palesati ricordi che faranno sempre parte di me ma che mai dovranno far parte della mente di mio figlio…”

T’Challa lo aveva guardato annuendo, aveva suo malgrado immaginato giusto, alla fine Rogers e Bucky erano due super uomini nati da sieri di generazioni passate e quindi era quasi normale un minimo di interessamento ma... arrivare a voler imprigionare una creatura come Bucky era una follia, una chiara dichiarazione di guerra.

Il re incrociò le braccia al petto rispettoso per quel racconto e consapevole di ciò che faceva parte del suo passato, quando aveva scoperto che quell’uomo aveva ucciso suo padre si era documentato, aveva fatto ricerche e ciò che aveva trovato era certo che fosse solo la superficie di ciò che aveva subito quell’uomo.

“E Steve? Non li ha fermati?”

Bucky spostò lo sguardo verso quel paesaggio che ormai era diventato la sua seconda casa, una casa in cui si sentiva se stesso nonostante tutto e, forse, solo perché lì sapeva che era lontano dal mondo che lui aveva plagiato sotto gli ordini di quell’associazione che lo aveva reso ciò che era.

“Steve non lo sa e non lo deve sapere, non ora.”

Si voltò per scontrarsi con lo sguardo ammonitore di T’Challa, lo sostenne con intensità perché negli anni gli era stato insegnato a ribellarsi a quell’impulso che lo portava ad abbassare lo sguardo e ad ubbidire ad ordini di altri Alfa, lui doveva ubbidire solo ed esclusivamente al codice e a quella sequenza che gli metteva i brividi.

“Quando starà per nascere però sarò io a chiamarlo, fino a quel momento tu non sarai mai stato qui e non ci avrai mai contattato. Questo ordine ti piace?”

Bucky ridacchiò leccandosi le labbra divertito da quella prova per nulla convincente di tono Alfa che l‘altro aveva usato, comandare a bacchetta non era mai stato nel DNA di T’Challa.

“Sì, il feto c’è davvero!!!”

Shuri urlò divertita ma felicissima per quella scoperta che aveva appena appurato, alzò lo sguardo fiduciosa e parlò nuovamente facendo zittire suo fratello.

“Posso prendermi cura io di te fino a quando Steve non tornerà? Ti prego!”

Bucky annuì socchiudendo gli occhi, stremato già da quella nuova situazione che, ad abbassare lo sguardo, non gli sembrava nemmeno veritiera… era strano pensare che lì ci fosse un cucciolo, il suo cucciolo.

“Grazie.”

Lui e T’Challa si strinsero le mani prima di abbracciarsi con fraternità, da quando era arrivato dopo l’Hydra, la grande pantera nera si era ritrovata a combattere e ad allenarsi moltissimo con quel soldato. Anche senza un braccio Bucky era temibile e con il passare di quei giorni che parevano ormai lontani, si era creato un rapporto di amicizia incredibile.

“Sapevo che non eri impazzito, lupo bianco.”

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

“Siamo intorno alle…. ventiquattro settimane, sei circa al sesto mese e…”

La donna ridacchiò tamburellando le dita su quella pancia che aveva iniziato ad essere rotonda ma non esagerata; il corpo di Bucky stava tenendo bene quella gravidanza, come già si aspettava Shuri il grosso dello sviluppo il feto lo avrebbe fatto più tardi per permettere all’omega di abituarsi, sembrava quasi che il corpo del soldato fosse stato modellato anche per quello, come se gli scienziati si fossero preoccupati anche di quel frangente ed era una possibilità altissima.

“Dì addio al tuo fisico perfetto, soldato!”

Lo sguardo del moro si assottigliò facendola ridere mentre lui offeso si copriva con quei vestiti larghi e stratificati. Era difficile per uno come lui accettare quella parziale invalidità, non poteva allenarsi perché Shuri lo costringeva al riposo assoluto o al massimo seduto assieme a lei in laboratorio a sbuffare e ad annoiarsi mentre lei gli parlava tutta entusiasta di qualcosa che lui non avrebbe mai capito.

“Sarà difficile senza di lui vicino, sicuro di non volerlo chiamare prima che nasca?”

Gli Avengers avevano ribaltato mezzo mondo senza trovarlo, avevano scansionato anche Wakada ma non l’avevano trovato grazie alla tecnologia di Shuri, Steve aveva lasciato un messaggio a T’Challa in cui si vedeva quanto fosse distrutto da quella situazione che si era creata; gliela leggeva in volto la sofferenza a cui lo stava sottoponendo ma era consapevole che tutto quello fosse per il bene di quel bambino, di quel cucciolo che sarebbe nato dal loro amore.

“Sì, questo bambino non sarà mai una cavia da laboratorio, a costo di doverli ammazzare tutti.”

Shuri gli sorrise dolcemente, aveva uno sguardo adorante mentre appoggiava uno di quei suoi marchingegni per capire come stava quel feto dentro di lui.

“Sei terrorizzato dal fatto che possano seguire Steve fino a qui ed è bellissimo, quel bambino non poteva che chiedere di meglio.”

Si sorrisero prima di tornare ognuno a fare quello che stavano facendo.

“Perché non vuoi sapere se è maschio o femmina?”

Bucky tornò a guardarla con interesse prima di sbuffare e chiudere gli occhi sbadigliando, quella gravidanza lo stava annoiando ma allo stesso modo terrorizzando, non poteva fare nulla di quello che faceva di solito e, dopo un pò, il lancio dei coltelli diventava noioso…

“Perché dentro di me lo so già e comunque sia accetterò qualsiasi cosa che nascerà.”

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

“Vorrei che tu ti trasferisca qui a palazzo, sei agli sgoccioli Bucky.”

Come aveva predetto Shuri nelle ultime tre settimane il suo corpo era lievitato mostrando quanto quel feto fosse effettivamente presente all’interno del suo corpo… 

“Domani vengo a palazzo, manca ancora circa una settimana quindi per favore.”

La ragazza annuì lasciando che lui se ne andasse verso quella casetta sperduta nel niente che aveva reso sua negli anni, l’aveva personalizzata e resa accogliente e anche se avrebbe preferito partorire lì, sapeva il rischio a cui andava in contro.

Si rannicchiò sotto a quelle coperte aspirando l’odore ormai lieve di Steve su quella coperta, chiuse gli occhi e gemette sofferente, era tutta colpa sua, lo era sempre.

Si toccò la pancia lasciando che il braccio metallico passasse fresco su quella pelle tesa, un piccolo calcio raggiunse quella sua mano artificiale, obbligandolo a passarsi l’altra mano sulle guance che erano tagliate da lacrime sofferenti perché lui non era lì e lui si sentiva solo, solo ad affrontare qualcosa che gli avrebbe cambiato la vita per sempre…

Non si era mai nemmeno chiesto se Steve volesse o meno un figlio, non ne avevano mai parlato e nemmeno lui, a pochi giorni dal parto, lo sapeva di preciso.

Era un killer spietato, era un fantasma, era mille altre cose orribili ma poteva davvero essere padre? Proprio lui che portava volti insanguinati e che era forse il peggiore degli incubi?

Lui che era l’uomo nero delle fiabe?

Si addormentò così, mille pensieri e mille dubbi con le mani che, inconsciamente, accarezzavano quella pancia consapevoli che avrebbero fatto di tutto per di difendere quel pargolo da chiunque.

-.-.-.-.-.-.-..-.-.

Si era svegliato per andare in bagno, aveva aperto gli occhi e aveva visto che Shuri dormiva nel suo letto, sdraiata vicino a lui come erano abituati a fare durante quelle due settimane e mezza in cui lui si era stabilito a palazzo.

Attendevano perché quel feto non aveva intenzione di nascere e di venire alla luce, sembrava starci bene in quel pancione che ormai stava rendendo la vita impossibile al grande soldato d’inverno.

Si ritrovò di fronte al gabinetto e sbuffò passandosi il braccio metallico nei capelli sciolti mentre ridacchiava e negava divertito.

“Quando hai intenzione di uscire mi faresti un favore, sai papà vorrebbe tornare alle sue abitudini tra cui fare pipì in piedi.”

Tornò in branda coprendo il corpo della ragazza che si mosse spostandosi leggermente, chiuse gli occhi anche lui pronto per cercare quella posizione che lo facesse, se non dormire, anche solo riposare in santa pace.

Avvertì la sua vescica compressa, come se dovesse andare nuovamente in bagno ma poco dopo una sensazione di umido gli invase l’interno coscia.

“Shuri.”

Cercò di alzarsi e fare due passi ma si ritrovò a cadere sulle ginocchia trattenendo un gemito di puro dolore per via di una scarica di dolore che lo invase facendogli artigliare con il braccio metallico la spalliera del letto che cigolò spezzandosi.

“Shuri!”

La ragazza spalancò gli occhi al secondo richiamo guardandosi attorno spaesata prima di capire il motivo per cui Bucky l’aveva svegliata: era in travaglio.

-.-.-.-.-.-.-.-.-

“Sono venti due ore che sei in travaglio, il feto non è ancora sofferente perché non hai perso tantissime acque ma… è resistente!”

Bucky non aveva mai sentito un dolore così… intimo? Profondo?

Era stato vittima di stupri, violenze, percosse, torture di ogni genere e aveva sopportato tutto stoicamente ma quello era diverso, era un dolore che gli toglieva il respiro e la vita dalla carne.

Le contrazioni erano sempre più ravvicinate e Shuri lo monitorava con calma e con un sorriso dolce nonostante la preoccupazione.

Una delle ultime contrazioni aveva letteralmente piegato in due Bucky, aveva faticato a respirare per quelli che sembravano infiniti secondi, si era ritrovato a vomitare in un secchio che Shuri si era premurata di portare lì vicino ed infine aveva urlato stritolando un ferro con quel braccio di metallo.

“Bucky… il feto si è girato, non puoi gestire un parto podalico. Dobbiamo tagliare e tirarlo fuori, tranquillo ci penso io.”

Aveva guardato Shuri e aveva semplicemente annuito, si era allungato ad afferrare la coperta che, seppur di poco, sapeva di Steve, di loro e la morse consapevole che su di lui gli anestetici non facevano effetto. Annuì pregando che Shuri avesse davvero eliminato tutte le particelle dell’Hydra dal suo corpo per la sua incolumità.

L’ultima cosa che avvertì fu la lama che, necessaria, calava sulla sua pelle tesa ed incideva, poi tutto si fece nero.


 

“Ehi, Bucky… eri svenuto, per poco ma…”

Il pianto di un infante lo obbligò a spalancare gli occhi ed uscire da quel torpore che lo aveva abbracciato durante quei pochi minuti di svenimento.

“C-come… sta?”

Shuri aveva sorriso ed emozionata, gli aveva passato tra le braccia un piccolo fagottino avvolto nella coperta che lui aveva rubato inconsciamente da casa loro. Si placò smettendo di piangere e muovendosi lentamente assonnato.

Il suo corpo, nonostante il siero, era in mille pezzi ma lì, tra le sue braccia c’era sua figlia, loro figlia ed era fantastico…

“A tua difesa pesa quattro chili e trecento grammi, una bellissima femmina per essere la prima è quasi un vitello. Auguri papà.”

La madre di Shuri aveva parlato con emozione dando alla piccola una benedizione di prosperità, Wakanda era un luogo fantastico e se prima lo sapeva ora ne aveva la conferma assoluta.

Gli occhietti della cucciola tremarono prima di spalancarsi lasciando Bucky di sasso, erano azzurri ma avevano una leggera sfumatura verde, erano identici a quelli di Steve…

Scoppiò in lacrime, quelle gocce scorrevano veloci sulle sue guance cadendo sulla coperta, lasciò che la piccola afferrasse le sue dita in vibranio e stringesse quelle manine con forza.

“Devi dormire Bucky, la cicatrice rimarrà ma ti assicuro che abbiamo fatto un ottimo lavoro.”

-.-.-.-.-.-.

Era passata una settimana da quando la cucciola era venuta alla luce e, piano piano, il corpo di Bucky si stava riprendendo, sorprendentemente in fretta anche per Shuri.

“Avevano pensato proprio a tutto, in caso di gravidanza tempo un mese saresti stato pronto a tornare in campo.”

Aveva un biberon tra le mani mentre la piccola poppava da esso con ingordigia scalciando di tanto in tanto.

“T’Challa ha detto che ha contattato Steve, era insieme agli altri e non ha potuto parlargli ma gli ha detto che doveva parlargli di alcune nuove tecnologie il prima possibile… non potevamo dirgli che tu sei qui.”

Bucky annuì togliendo dalla bocca quella tettarella finta e si portò la figlia sulla spalla per farle digerire quel pasto utilizzando quel braccio sano per batterle la schiena con dolcezza.

“Sei bravo.”

Negò con il capo prima di guardare la vecchia regina di Wakanda che camminava in quel giardino con passo calmo ma maestoso.

“E’ grazie a lei, sarei andato in ansia al primo verso che ha emesso altrimenti.”

Shuri si fece passare il pargolo che, con gli occhi aperti e con quei capelli neri come quelli di Bucky, sembrava un piccolo angioletto.

“Shuri, Bucky, gli Avengers sono qui.”

Si erano guardati consapevoli di quello a cui stavano andando in contro, era un passo che avrebbero dovuto affrontare ad ogni costo.

L’anziana regina si avvicinò a loro, poggiò una mano sulla spalla del soldato e allungò le mani verso la bimba, consapevole che qualsiasi situazione si fosse creata non sarebbe stata adatta per una bimba.

Gliela affidò accarezzandogli la pancia con amore prima di coprirla con quella coperta che li aveva accompagnati fino alla fine.

Camminarono, Bucky ancora un pò sofferente ma sicuro di sé e dovettero arrivare poco prima della sala del trono prima di sentire le voci concitate dei vendicatori.

“T’Challa che diavolo ci hai convocati qui a fare!”

Stark aveva parlato, già sul piede di guerra, già pronto a combattere un nemico che non c’era, non effettivamente…

“Diamoci una calmata tutti quanti! Vostra maestà, perdonaci ma è stata una settimana pesante per via di un distaccamento dell’Hydra che ha tentato di uccidere un’intera cittadina in Europa quindi per favore… perché siamo qui?”

Quella era la voce di Steve, del suo Steve e del suo Alfa. Ne sentiva la presenza e l’odore, ne sentiva un bisogno viscerale, superò quelle porte aperte e guardò Shuri che lo stava sorreggendo con quel sorriso dolce a fargli compagnia.

“Perché glielo ho chiesto io, Stevie.”

Steve si voltò verso di lui, i suoi occhi si spalancarono sorpresi, feriti, affranti ma indubbiamente sollevati di vederlo lì.

Si armarono tutti quanti, pronti a fare fuoco e ad attaccarlo tranne Steve. Lui abbassò il guanto dell’armatura di Stark, abbassò l’arco di Barton e cercò di calmarli; voleva sapere prima di attaccare, doveva sapere.

“Bucky che diavolo ti è successo?”

Steve camminò verso di lui, passo dopo passo e Bucky si ritrovò a contarli come se ogni metro fosse una conquista per avvicinarsi al centro del suo mondo.

Mancavano pochi passi quando si decise a parlare consapevole che Steve meritasse la verità più di tutti gli altri.

“Volevano usarlo come una cavia, metterlo in un laboratorio e studiarlo... io non glielo avrei mai permesso…”

Steve era abbastanza vicino per sentire l’odore, il loro odore unito a quello di qualcosa di diverso, di speziato, qualcosa che Steve non aveva mai sentito sul moro.

Fu Steve ad arretrare di un paio di passi ma Bucky alzò lo sguardo, serio e convinto di ciò che aveva fatto.

“Non avrei mai permesso che nostro figlio crescesse come un soldato in un laboratorio.”

Nella testa di Steve tutto si allineò, quella tattica di Fury, gli strani comportamenti di Bucky e l’odore leggermente diverso che aveva il suo omega, era incinta… 

“Tu…. insomma noi… Bucky dimmi che…”

Natasha alle sua spalle sorrise mettendo via la pistola seguita da Barton e, piano piano, i vendicatori si misero a guardare la scena consapevoli di ciò che aveva portato quel killer spietato a comportarsi in quel modo così spregiudicato.

“Spero che non abbia preso da te, idiota.”

Bucky fece un paio di passi verso di lui, le loro mani si toccarono e Steve si ritrovò a stringerlo con forza, come se da quell’abbraccio ne valesse la sua vita.

“Scusami ma avevo paura che ci trovassero.”

Bucky glielo sussurrò nelle orecchie mentre si immergeva in quell’odore perfetto e buonissimo che aveva solo Steve per lui.

Le sue mani si strinsero alla schiena del biondo con forza, non gli importava se sentiva i punti a tirare, non gli importava se sentiva un rifiuto da parte del suo stesso corpo per via di quello sforzo sovrumano, ora era lì, tra le braccia in cui doveva stare. 

“Complimenti Rogers, sei padre.”

T’Challa aveva parlato sorridente mentre guardava gli altri e alzava le spalle, consapevole di aver tenuto segreto tutta quella storia, parlò lui spiegando ciò che era effettivamente successo lasciando che i due neo genitori si parlassero con calma.

“Bucky ero così in pensiero per te, sei uno straccio…”

Sorrise il soldato staccandosi leggermente dal corpo del suo alfa, gli tirò un piccolo pugno sulla spalla e poi parlò sorridendogli divertito.

“Prova tu a fare ventidue ore di travaglio, imbecille.”

Bucky si ritrovò ad afferrare Steve per una mano e a trascinarlo leggermente verso le porte ma lui si bloccò guardando il suo team, da bravo capitano.

Fu Natasha a sorridere e a parlare divertita a nome di tutti.

“Sei perdonato Bucky ma a costo di farmi vedere il pargolo, sono curiosa. A Fury ci penso io...”

Erano tutti curiosi, forse perché quello era davvero il primo bambino che nasceva tra loro dopo i figli di Barton anni prima o forse erano curiosi solo perché era loro figlio.


 

Camminarono fino a raggiungere quella casetta che ormai Bucky considerava come una tana accogliente e sicura, consapevole che la regina si trovasse lì, percepiva il profumo della bimba.

“E’ una bimba…”

Steve lo fermò tenendolo per mano, lo guardò negli occhi con tutto l’amore di cui disponeva e parlò a cuore aperto spaventato da quella nuova situazione ma emozionato per quella nuova parte di sé.

“Non dovevi affrontare tutto da solo, potevamo farlo assieme... tu non sai quanto io sia felice di averti qui ora, sano e salvo. Ho avuto paura che l'Hydra ti avesse ripreso con sé...”

Lo baciò con irruenza per sentirselo vicino, un bacio che venne contraccambiato in maniera quasi dolorosa da Bucky che, più di chiunque altro, necessitava quel contatto su di sé, dentro di sé e sulla sua pelle.

“Anche tu mi sei mancato.”

Steve sorrise beandosi di quel profumo che amava, il suo omega era speciale ed ora che si erano baciati, ritrovandosi anche in quel contatto, Steve voleva solo che incontrare quella bimba che era sangue del suo sangue curioso.

Bucky lo prese per mano arrivando alla porta dalla quale uscì la regina di Wakanda che, sorridendo, passò di fianco a loro lasciando una carezza sul volto in modo dolce e protettiva prima di parlare a Steve con tono materno.

“Non potevi trovare un omega più determinato e testardo di Lupo Bianco.”

Si allontanò sorridente lasciandoli soli, Bucky entrò andando subito a sdraiarsi sull’enorme materasso che ricopriva quasi tutto il pavimento di quella stanza.

Si sdraiò con un leggero sibilo di dolore vicino ad un fagotto che si muoveva leggermente e Steve si ritrovò ad appoggiare lo scudo e togliersi, con calma ma senza distogliere lo sguardo da quella scena, la sua armatura rinforzata.

Cercò di non far rumore, di godersi quello spettacolo in modo silenzioso gustandosi ogni sfumatura che appariva sul volto del suo Bucky.

Bucky teneva tra le mani quel fagottino, si era seduto a gambe incrociate, lo aveva afferrato e lo stava tenendo con una dolcezza che mai gli avrebbe affibbiato.

La mente di Steve riconobbe quella coperta in cui era avvolta la piccola e si ritrovò a sorridere mentre toglieva quei pesanti anfibi per gattonare, a petto nudo, su quel letto ed infine vicino al suo omega.

“Ehi, piccola finalmente posso presentarti al tuo papà…”

Bucky si mosse non dando tempo a Steve di fare nulla se non afferrare la bimba tra le braccia tenendogli lui stesso una mano sotto la testa come un gesto di protezione ulteriore. Sistemò le braccia a Steve in modo da farla stare comoda e poi si guardarono, occhi fieri di un omega negli occhi increduli di un alfa.

“Steve lei è Sarah, tua figlia.”

Steve non distolse lo sguardo da quell’infante che teneva tra le braccia, la guardò stupito mentre quella apriva gli occhi sbadigliando e borbottando, stranita di trovarsi di fronte qualcuno che non aveva mai visto ma che, lei stessa, riconosceva come parte di sé.

“Nostra figlia Bucky.”

Bucky si morse un labbro scoppiando a piangere in modo silenzioso, lasciò che la mano posata sotto a quella testolina si spostasse sulla spalla di Steve mentre lui si sporgeva per posare le labbra sulla pelle delicata delle guance arrossate della bimba che, in tutta risposta ridacchiò.

“Sì, nostra.”

Steve era rimasto immobile, incapace di muoversi, terrorizzato dalla paura di far del male a quella bimba ed incapace di gestire quel senso di appartenenza che gli stava salendo dalle viscere.

Bucky era perfetto, era stato perfetto perché l’aveva difesa per loro, aveva affrontato tutto quello per renderlo felice, Bucky era tutto ciò che importava prima di quella bimba che portava il nome di sua madre ed ora era lei il centro di quel loro mondo.

Alzò lo sguardo verso il suo omega e sorrise mimandogli un grazie tra le labbra, consapevole del perché le avesse dato quel nome.

Bucky afferrò abilmente la bimba dalle braccia tese di Steve e la posò in centro al materasso, coprendola con cura prima di tornare dal suo Steve e sedersi su di lui baciandolo con intensità e disperazione cercando di sfogare tutta quella paura e quella rabbia che aveva accumulato nel corso di quei sette mesi abbondanti.

“Fino alla fine giusto?”

Steve sorrise a quel commento sorridendo dolcemente quando notò come, con la coda dell'occhio, Bucky osservava la figlia riaddormentarsi vicino a loro.

“Sì, Buck, fino alla fine ci sarò sia per te che per lei.”


 

Fine.
 

A te che sei arrivato alla fine grazie mille <3 



 

   
 
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