Questa ff
ha partecipato al contest “I'm
[not] a romantic man” indetto da hachi92 e Hika_chan
classificandosi nona.
Non c'è un vero e proprio pairing, il regolamento prevedeva la
possibilità di tramutare il gesto d'amore in un gesto d'amicizia.
Nella shot ce ne sono due per la precisione: il primo, quello di Konan,
seguito poi da quello di Deidara.
Spero che di non essere andata troppo OOC.
Ringrazio le
giudici per la puntualità e l'impegno dimostrato nel portare a
termine il concorso nonostante i problemi tecnici.
Mi complimento con tutte le altre partecipanti e in particolare con le
podiste.
Posto i giudizi alla fine.
Ringrazio chiunque la leggerà e magari, spinto da un attimo di bontà XD, vorrà commentare.
La fanfiction si colloca il giorno
seguente alla scompara si Sasori.
Origami
Osservava
il tramonto seduto sulla fredda roccia, un ginocchio al
petto, l’altra gamba lasciata penzoloni. I suoi occhi, fissi
all’orizzonte, non
riuscivano a celare completamente il leggero velo di tristezza che
desiderava
nascondere nel profondo dei suoi pensieri.
Guardava
quella sfera infuocata scomparire pian piano tingendo il
cielo azzurro d’amaranto, dando vita a un’indescrivibile sinfonia di
sfumature;
una vera e propria esplosione di colori che si ripeteva ogni giorno e
che
avrebbe continuato ad esistere per sempre.
Sorrise
amaramente, sicuro della discussione che sarebbe nata come
ogni volta di fronte a quello spettacolo. L’arte è eterna o un
attimo di
effimera bellezza?
Già,
arte… quella semplice parola che li aveva uniti tenendoli
separati…
Sospirò
piano, cercando di scacciare quel nodo in gola che non
aveva la minima intenzione d’andarsene.
Non
credeva che gli sarebbe mancato, o almeno non così; forse
perché la possibilità che potesse morire non l’aveva mai
sfiorato. Definiva assurda
quella sensazione che gli strozzava il fiato quando pensava a lui. Un
nukenin,
un assassino spietato che soffre per la scomparsa di un altro omicida…
ridicolo. Eppure era innegabile: Sasori gli mancava.
Aveva
vagato in lungo e in largo al fianco del rosso, ne avevano
passate tante durate la loro convivenza “forzata” nell’organizzazione:
missioni
difficili, combattimenti impossibili, ma anche discussioni assurde e
battibecchi al limite dell’idiozia. Alla fine però, ne erano
sempre usciti,
insieme. Per lui, quella fredda marionetta che d’umano aveva conservato
unicamente il cuore, era un amico, un grande amico.
Le
sue labbra s’incurvarono nuovamente ripensando ai loro contrasti,
a quel continuo scambio di battute, più o meno pungenti, che
aveva sempre accompagnato
i loro viaggi. Ma poi quello stesso sorriso morì quando la
consapevolezza che
tutto ciò non sarebbe più successo, gli arrivò al
cervello. Aveva creduto alle
sue stupidaggini sull’eternità, si era bevuto persino il fatto
che essere una marionetta,
l’avrebbe fatto vivere per sempre, invece… Invece l’amicizia era
esattamente
come le sue creazioni: era meravigliosa e fugace, certo non era
destinata a
durare in eterno.
Abbassò
lo sguardo verso la mano destra e la dischiuse,
rivelandone il contenuto.
Un
piccolo uccello di carta, un candido origami che somigliava a
una delle sue opere artistiche.
Supera
il dolore, vai avanti.
Konan…
Non
si era mai soffermato su quella donna, l’unico elemento
femminile in un gruppo d’assassini. Diciamo pure che, visto lo stretto
rapporto
che la legava al capo, aveva sempre preferito evitarla, certo che
così avrebbe
scansato inutili problemi. Per questo, quando l’aveva vista entrare
nella sua stanza
quella mattina, era sicuro d’aver assunto un’espressione alquanto
stupida. Non
era riuscito a mascherare quel misto di stupore e incredulità
provocatogli da
quell’inaspettata visita; mai si era permessa d’entrare nella camera di
qualcuno di loro senza bussare.
Inizialmente
aveva creduto fosse lì per comunicargli qualche messaggio
di Pein, probabilmente una nuova missione da completare in compagnia di
quel
peso morto di Tobi, ma quando l’aveva vista sedersi sul letto accanto a
lui, la
sua supposizione si era frantumata, lasciando spazio alla
curiosità. Che cosa
poteva volere quella ragazza da lui?
L’aveva
fissata per un lasso di tempo che gli era parso infinito;
i suoi occhi avevano indagato lungo i delicati lineamenti del viso
della donna
alla ricerca di una possibile risposta mentre lei restava immobile,
senza dire
una parola.
Superato
l’imbarazzo iniziale, Deidara aveva cercato d’accennare
qualcosa, una qualsiasi frase che rompesse quello strano e opprimente
silenzio,
ma prima che potesse farlo quelle parole lo raggiunsero…
Supera il dolore, vai avanti.
I
suoi occhi si erano spalancati sbalorditi, notando immediatamente lo
sguardo triste e l'amaro sorriso appena accennato sul volto della
ragazza.
Chi
avrebbe mai pensato che si preoccupasse per un tipo come lui...
Non l'aveva mai vista così e in quella leggera incurvatura delle
labbra, in quegli occhi cristallini spenti, aveva riconosciuto se
stesso, la sua solitudine.
Quelle
poche parole gli erano sembrate sincere, come se quella
ragazza fosse riuscita a capire realmente quel malessere celato
dietro al
suo fare strafottente.
In quel preciso istante si era reso conto di conoscere così poco
quella donna, anzi, di non sapere proprio nulla di lei; eppure Konan
era lì per confortarlo, come se avesse letto nel profondo dei
suoi pensieri.
Non aveva potuto far altro che distogliere lo sguardo da quel viso,
imbarazzato da quella scomoda situazione. In fondo era un nukenin, come
poteva farsi consolare così, come un ragazzino.
Mantre i suoi occhi erano scesi dal volto verso il suolo, la sua
attenzione era stata catturata dalle delicate mani della donna
leggermente protese in avanti. Su quei palmi candidi aveva visto per la
prima volta quel piccolo uccello dalle ali spiegate.
Dopo un attimo d'esitazione e un rapido scambio di sguardi, aveva
capito che quel piccolo dono era proprio per lui. Le sue mani si erano
mosse piano, incerte, ma alla fine lo avevano afferrato. I suoi occhi
erano rimasti rapiti da quel candico pezzo di carta abilmente
modellato: somigliava incredibilmente a una delle sue creazioni
preferite, l'unica sostanziale differenza era che quella non poteva
certamente esplodere. Nonostante ciò, nonostante non
corrispondesse alla sua concezione d'arte, in quell'origami c'era
qualcosa che lo aveva fatto star bene, qualcosa che, per un breve
istante, aveva lenito il suo malessere.
Non
sorrise, non disse nulla e quando alzò lo sguardo per
ringraziarla, Konan se ne era già andata.
Silenziosa
come quando era entrata, così era sparita. Non una
parola in più, solo quella frase.
Supera
il dolore, vai avanti.
Una
folata di vento improvvisa lo riportò alla realtà
scompigliandogli i lunghi capelli biondi; il sole era ormai scomparso
sotto
l’orizzonte e l’aria cominciava a farsi pungente, l’oscurità
aveva iniziato la
sua lenta e inesorabile conquista dell’ambiente circostante.
Deidara
sollevò il collo alto del mantello, chiudendolo per
ripararsi dal freddo.
Si
lasciò andare a un leggero sorriso guardando di nuovo quel
piccolo origami prima d’infilarlo nella profonda tasca insieme
alla mano.
Da
quando era entrato in quella stupida organizzazione, quello era
stato il primo e probabilmente unico gesto gentile e disinteressato che
avesse
mai visto compiere a uno dei suoi bizzarri “compagni”.
Alzò
lo sguardo verso il cielo scuro, osservando le prime stelle
comparse qua e là nel firmamento; si era fatto tardi, doveva
rientrare, il
giorno seguente ad attenderlo c’era la cattura del Tre Code, una
missione
certamente impegnativa considerando che sarebbe stato affiancato da
quello
strano personaggio con quella stravagante maschera...
Si
alzò per poi incamminarsi, lasciando al vento gelido il compito
di portarsi via parte dei suoi pensieri.
Domani
sarebbe stato un nuovo inizio…
La
luce usciva prepotente dalle finestre della piccola casa
disabitata che li accoglieva, uno dei tanti punti di ritrovo
sparpagliati qua e
là per le cinque grandi terre. Non aveva quasi avuto il tempo di
seppellire
Sasori che il capo lo aveva convocato per assegnargli un nuovo
compagno,
quell’inutile impiccio di Tobi. Detestava quelle riunioni, non
sopportava quegli
strani individui che facevano parte della sua stessa organizzazione.
L’unica
magra consolazione era stata costatare l’assenza dell’Uchiha e
dell’Hoshigaki.
Camminava
svogliatamente verso l’ingresso, già dall’esterno
Deidara riconobbe la voce di Hidan come sempre intento a punzecchiare
il suo collega.
Aprì
lentamente la malconcia porta di legno che, muovendosi,
scricchiolò inevitabilmente, attirando così l’attenzione
dei presenti.
Un
attimo di silenzio e poi tutto tornò come prima.
<<
Hai finito di contare i tuoi sporchi soldi Kakuzu? >>
esclamò l’albino seduto in malo modo sul piccolo divano posto
accanto al
tavolo. La sua domanda ebbe come unica risposta un’eloquente
occhiataccia del
tesoriere, intento a verificare le finanze del gruppo.
Deidara
distolse subito lo sguardo disgustato dai due e,
involontariamente, incrociò quello di Konan. La ragazza, in
piedi accanto al
tavolo, accennò un lieve sorriso, ma il giovane di Iwa
voltò subito il capo
verso le scale alla sua destra, ignorando come sempre quel cenno
gentile.
Attraversò
poi la stanza, passando dietro al divano da cui
provenivano i soliti commenti poco artistici dello jashinista. Stanco e
senza
la minima voglia di replicare, li ignorò di proposito e
iniziò a salire i
gradini. Prima di scomparire al piano superiore però, volse
nuovamente lo
sguardo verso la donna dai capelli blu. Una rapida occhiata che gli
bastò per
capire quanto il suo gesto fosse riuscito a ferirla: quel piccolo
sorriso le
era morto sulle labbra e il suo sguardo, chiaramente rattristato, era
fisso
sulla candida rosa di carta che teneva fra le mani.
Il
dubbio d’aver agito male lo sfiorò solo per un istante, poi le
sue gambe ripresero a salire gli ultimi scalini cancellando la sua
breve
esitazione.
I
passi leggeri sembravano non essere sufficienti per evitare il
fastidioso rumore prodotto dal vecchio e logoro pavimento in legno del
corridoio. All’ennesimo scricchiolio il ragazzo sbuffò
infastidito e, arresosi
all’inevitabilità, raggiunse rapidamente la sua stanza per
gettarsi sullo scomodo
letto. Una dormita era tutto ciò di cui aveva bisogno per
ritrovare parte della
sua tranquillità, o almeno così credeva.
Dalla
piccola finestra posta appena sopra quella scarna branda,
filtrava un leggero filo d’aria fredda che gli solleticava la fronte;
ciò lo
condusse alla conclusione che, sicuramente, quegli infissi erano degni
compari
del pavimento del corridoio. Persino le griglie, poste all’esterno,
sembravano
non volergli far chiudere occhio, scandendo il tempo con il loro
cigolio
metallico.
Si
girò e rigirò per diversi minuti, cercando d’ignorare
quei
piccoli rumori che nella sua testa sembravano un baccano
insopportabile,
soprattutto se uniti alle voci provenienti dal piano di sotto.
Sentiva
gli altri bisticciare, offendersi e minacciarsi; un
rincorrersi d’imprecazioni, battute e commenti. Sbuffò
nuovamente, infastidito
e, nonostante ripetesse a se stesso che tutto quel nervoso era dovuto
al
chiasso, in cuor suo sapeva che non era così.
Erano
sempre state le sue discussioni con l’Akasuna a tener svegli
gli alti membri dell’Akatsuki; i loro lunghi e interminabili discorsi
sull’arte
e la sua maggior espressione si protraevano per nottate intere, a volte
persino
contornate da piccole esplosioni. Ma ora
che lui non c’era più, Deidara se ne stava solo in quella
squallida e decadente
stanza ascoltando insulse conversazioni sull’importanza del denaro e
della
religione.
Si
ritrovò a fissare in soffitto, rassegnato al fatto che non
avrebbe dormito, quando le parole di Konan risuonarono nuovamente nella
sua
mente.
Forse
aveva davvero esagerato, le aveva negato persino un semplice
saluto.
Si
girò di fianco, tirando più su le ruvide coperte nel
tentativo
di ripararsi dal gelido spiffero che ormai gli aveva ghiacciato la
fronte.
Non
gli andava di affezionarsi nuovamente a qualcuno, non in quel
momento; erano ninja, e Sasori era stato l’esempio concreto di quanto,
nonostante gli sforzi per contraddire questa teoria, la loro esistenza
fosse
effimera. A cosa serviva legarsi agli altri se non a soffrire di nuovo?
Sbadigliò,
passandosi poi la mano sugli occhi stanchi.
Avrebbe
voluto riposare, abbandonarsi al nulla, ma i pensieri non
gli davano tregua.
Konan
era stata gentile, lui, invece, un gran maleducato.
Ma
perché prendersela tanto, era un assassino mica un damerino.
Era
un ricercato, un nukenin, non poteva di certo restare sveglio
per quelle sciocchezze.
Sentì
i passi degli altri lungo il corridoio, un susseguirsi di
cigolii e scricchiolii e poi il silenzio tombale della notte.
Inizialmente ne
fu felice, convinto che così avrebbe finalmente trovato il
meritato sonno, ma
poi si rese conto che, proprio in quella completa assenza di rumore, i
suoi pensieri
si facevano più opprimenti.
Si
alzò di scatto, rinunciando almeno per il momento al riposo;
s’incamminò
verso la porta e uscì convinto che un tè caldo l’avrebbe
aiutato.
Percorse
nuovamente il tragitto sino alla stretta scala camminando
quasi in punta di piedi, prestò attenzione a ogni minimo
movimento ma,
nonostante gli sforzi, non riuscì a scampare alle imprecazioni
di Hidan che
seguirono l’ennesimo crepitio.
Ormai
scoperto, accelerò il passo, scese al piano terra,
attraversò la modesta sala e s’infilò nella piccola
cucina.
Si
guardò attorno costatando quanto fosse misero quell’ambiente:
un buco, semplicemente una tipica scelta di Kakuzu che, pur di
risparmiare, li
avrebbe messi a dormire in una caverna e avrebbe usato un falò
per cucinare.
Aprì
l’armadietto in alto, afferrò l’occorrente e iniziò a
trafficare con il fuoco.
Attese
seduto sul tremolante sgabello di legno che l’acqua bollisse;
la sua testa ciondolò un paio di volte per la stanchezza. Alla
seconda aprì gli
occhi assonnati, scosse il capo e si rialzò avvicinandosi poi al
piano della
cucina. Tolse l’acqua dal fuoco e la versò nella tazza prima di
rigirarsi di
scatto per tornare a sedersi.
Un
gesto rapido, forse troppo, e nel voltarsi finì per scontrarsi
con un nuovo arrivato.
Gli
ci volle un attimo per rendersi conto dell’accaduto, ma appena
lo fece Deidara abbassò gli occhi, pronto per aggredire il
colpevole dello
spargimento del suo tè appena fatto. Non appena il suo sguardo
incrociò Konan
stesa sul pavimento, il suo viso cambiò completamente
espressione.
Osservò
incredulo la ragazza seduta a terra prima di porgerle la
mano per aiutarla a rialzarsi. Notò che c’era qualcosa di
diverso in lei, ma
non riuscì a capire cosa.
<<
Ti sei fatta male? >> chiese mentre la donna
accettava l’offerta d’aiuto << Dovresti stare più attenta,
avrei potuto
scottarti. >> proseguì posando la tazza ormai vuota sul
tavolo.
<<
Perdonami, non mi ero accorta d’essere così vicina.
>> rispose lei raccogliendo qualcosa da terra.
Deidara
la guardò nuovamente, vide che teneva qualcosa fra le mani
e quando le appoggiò sul tavolo capì: la rosa che
solitamente portava fra i
capelli era caduta a terra quando si erano scontrati e aveva finito per
bagnarsi, rovinandosi.
<<
Spero di non essere stata troppo invadente questa mattina
>> esclamò Konan obbligando il ragazzo a distogliere lo
sguardo dai resti
dell’origami << Se lo sono stata, ti prego di perdonarmi >>.
Il
giovane posò lo sguardo sulla tazza vuota e rimase in silenzio,
mentre la donna, non ottenendo risposta, si girò pronta a
tornare a letto.
<<
Non sei stata invadente, sono io… >>. Non sapeva
con esattezza perché quelle parole fossero uscite dalla sua
bocca, forse, semplicemente,
non gli andava di restare di nuovo solo.
<<
Non mi va di parlarne. >> Il suo tono si fece
inaspettatamente aspro, ma la ragazza non si scompose; attese che
Deidara si
sedette per fare altrettanto, accomodandosi al suo fianco.
<<
Non c’è bisogno di parlare. >> ribatte lei
dolcemente, regalando al suo interlocutore un nuovo delicato sorriso
<<
Nessuno ti obbliga a farlo. Ma prima o poi dovrai superare la cosa.
Forse non
oggi, forse non domani, ma dovrai farlo. >>.
Il
biondo fissò la ragazza senza riuscire a nascondere il suo
stupore per quelle parole.
<<
Credimi, so quel che dico. E’ dura perdere le persone cui
vuoi bene…>>
<<
Io non volevo bene a nessuno. >> la interruppe
leggermente seccato per la piega che stava assumendo quella
conversazione.
<<
E’ difficile superare il dolore, ma poi tutto passa.
>> proseguì lei ignorando completamente la replica del
giovane <<
Devi solo dare tempo al tempo. Il ricordo resterà, ma il male
che provi ora ti
aiuterà a crescere. In fondo è passato solo un
giorno.>>.
Lo
sguardo di Deidara si ammorbidì, le sue mani strinsero la tazza
vuota ma ancora calda.
<<
Sono solo infuriato perché avevo creduto alle sue stupide
storie per cui avrebbe vissuto in eterno. Sono stato un idiota, nulla
dura in
eterno. >> esclamò con tono sarcastico.
<<
Lui vivrà in eterno. >> rispose Konan.
<<
Non ti ci mettere anche tu. Sono stupidaggini! >>
replicò il ragazzo lanciandole un’occhiata carica di rabbia.
La
donna non si lasciò intimorire dallo sguardo rivoltole,
mantenendo
la calma più assoluta << Lui vivrà nei tuoi
ricordi, esattamente come
Yahiko vive nei miei. >>.
Pronunciò
quel nome a lui sconosciuto con una dolcezza tale che
Deidara rimase senza parole. Privato della voglia di ribattere,
restò a
osservare i suoi occhi riflessi in quelli tristi della ragazza. Le sue
supposizioni si trasformarono in certezza grazie a quella semplice
frase: ne
era sicuro, anche lei aveva perso qualcuno.
Konan
regalò un ultimo sorriso al ragazzo che la osservò
alzarsi
restando in completo silenzio. Deidara sentì le sue sottili dita
sfiorargli la
spalla e d’istinto volse la testa, rimanendo a fissare la schiena della
donna
che si dirigeva verso le scale. Nulla uscì dalla sua bocca, non
una sillaba,
rimase con lo sguardo fisso sugli ultimi gradini persino quando Konan
era già
scomparsa al piano di sopra.
Spostò
lo sguardo ancora incantato lungo la stanza, passando sul
semplice tavolo di legno davanti a sé, percorrendone le
nodosità sino a
giungere a quella rosa ormai disfatta. Restò a guardarla per
qualche secondo
prima di dirigersi in soggiorno a rovistare nella sua divisa.
Afferrò il suo
sacchetto d’argilla e si mise all’opera. Modellò il suo
esplosivo preferito con
delicatezza, curando ogni minimo particolare di quella creazione e, una
volta
pronta, salì lungo le scale.
Giunto
nel corridoio, invece di dirigersi verso la sua stanza, si
fermò davanti a quella di Konan; appoggiò la mano sulla
maniglia e l’abbassò
sperando che la porta non facesse rumore. Entrò camminando
piano, senza
guardarsi troppo attorno, imbarazzato e in parte pentito per quel gesto
così
stupido e impulsivo.
Da
quando sentiva la necessità di ringraziare qualcuno?
Mosse
lo sguardo nell’oscurità, notando la figura della ragazza
avvolta dalle coperte. Era immobile, nessuna reazione, probabilmente
dormiva
già.
Si
avvicinò allo scarno comodino e vi posò una candida rosa
bianca
del tutto simile a quella di carta distrutta in cucina.
Sorrise,
dando le spalle alla giovane che, ignara di
quell’insolita visita, si lasciava cullare da Morfeo. Lentamente si
diresse
verso la porta e, prima di richiudere l’uscio, osservò
nuovamente il suo
lavoro: si sorprese rendendosi conto che non provava alcun desiderio di
vederlo
esplodere. Per la prima volta nella sua vita aveva creato qualcosa che
desiderava durasse anziché che scomparire in un turbine di
colori; le sue
labbra s’incurvarono di più mentre i suoi occhi si spostarono
dal pallido
oggetto al profilo della donna sdraiata nel letto.
Forse
quello era davvero un nuovo inizio e, forse, non sarebbe
stato poi così solo.
Fine
Giudizio:
9^Classificata
Origami-Neji4ever
Originalità: 5/10
Stile: 7/10
Narrazione e Descrizione: 7/10
Grammatica,lessico,sintassi: 8/10
IC: 7/10
Giudizio Personale: 2/5
36/55
Inizialmente credevo fosse un po' fuori tematica perchè non capivo dove volessi andare a parare.
Continuando a leggere però si arriva al gesto del "lui" che hai s0celto e non si può non sorridere di dolcezza.
Il regalare una rosa non è esattamente originale diciamo, ma c'è comunque il ricollegamento alla rosa di carta rovinata dal thè.
Il ripetersi della frase di Konan mi è piaciuto perchè ogni volta si rafforzava. Inoltre lo stile è abbastanza coinvolgente da far usare la fantasia.
La narrazione è indubbiamente presente. I discorsi diretti non sono quindi padroni della storia, ma al contrario fanno da arricchimento, il che va bene. Magari qualche descrizione in più non guasterebbe, ma lo stile coinvolge la fantasia.
Non ci soo errori grammaticali di sorta. Magari si potrebbe evitare il "ma" seguito da "poi". Per quanto riguarda il lessico le parole sono ricercate, i sinonimi sono presenti e quindi non sono "spiccie".
Vedere i personaggi dell'Akatsuki così "ammorbiditi" diciamo che non è abituale.
Giudizio Personale: Mi è piaciuto il pairing perchè non viene molto usato. Il gesto finale di Deidara mi ha fatta sorridere perchè regalare le rose è un classico che piacerà sempre.