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Autore: Nejiko    27/07/2009    7 recensioni
Un gesto gentile, inaspettato. Il tentativo di alleviare il dolore di un ragazzo che ha appena perso il suo migliore amico.
Chi ha detto che gli assassini non soffrono? Un gesto d’amicizia contagioso, perché anche un semplice pezzo di carta può regalare un sorriso e la forza di guardare avanti (no pairing).
Partecipante al contest “I'm [not] a romantic man” indetto da hachi92 e Hika_chan.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Konan
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa ff ha partecipato al contest  “I'm [not] a romantic man” indetto da hachi92 e Hika_chan classificandosi nona.
Non c'è un vero e proprio pairing, il regolamento prevedeva la possibilità di tramutare il gesto d'amore in un gesto d'amicizia.
Nella shot ce ne sono due per la precisione: il primo, quello di Konan, seguito poi da quello di Deidara.
Spero che di non essere andata troppo OOC.

Ringrazio le giudici per la puntualità e l'impegno dimostrato nel portare a termine il concorso nonostante i problemi tecnici.
Mi complimento con tutte le altre partecipanti e in particolare con le podiste.
Posto i giudizi alla fine.

Ringrazio chiunque la leggerà e magari, spinto da un attimo di bontà XD, vorrà commentare.

La fanfiction si colloca il giorno seguente alla scompara si Sasori.
 

 

Origami

 

 

Osservava il tramonto seduto sulla fredda roccia, un ginocchio al petto, l’altra gamba lasciata penzoloni. I suoi occhi, fissi all’orizzonte, non riuscivano a celare completamente il leggero velo di tristezza che desiderava nascondere nel profondo dei suoi pensieri.
Guardava quella sfera infuocata scomparire pian piano tingendo il cielo azzurro d’amaranto, dando vita a un’indescrivibile sinfonia di sfumature; una vera e propria esplosione di colori che si ripeteva ogni giorno e che avrebbe continuato ad esistere per sempre.

Sorrise amaramente, sicuro della discussione che sarebbe nata come ogni volta di fronte a quello spettacolo. L’arte è eterna o un attimo di effimera bellezza?
Già, arte… quella semplice parola che li aveva uniti tenendoli separati…

Sospirò piano, cercando di scacciare quel nodo in gola che non aveva la minima intenzione d’andarsene.
Non credeva che gli sarebbe mancato, o almeno non così; forse perché la possibilità che potesse morire non l’aveva mai sfiorato. Definiva assurda quella sensazione che gli strozzava il fiato quando pensava a lui. Un nukenin, un assassino spietato che soffre per la scomparsa di un altro omicida… ridicolo. Eppure era innegabile: Sasori gli mancava.

Aveva vagato in lungo e in largo al fianco del rosso, ne avevano passate tante durate la loro convivenza “forzata” nell’organizzazione: missioni difficili, combattimenti impossibili, ma anche discussioni assurde e battibecchi al limite dell’idiozia. Alla fine però, ne erano sempre usciti, insieme. Per lui, quella fredda marionetta che d’umano aveva conservato unicamente il cuore, era un amico, un grande amico.
Le sue labbra s’incurvarono nuovamente ripensando ai loro contrasti, a quel continuo scambio di battute, più o meno pungenti, che aveva sempre accompagnato i loro viaggi. Ma poi quello stesso sorriso morì quando la consapevolezza che tutto ciò non sarebbe più successo, gli arrivò al cervello. Aveva creduto alle sue stupidaggini sull’eternità, si era bevuto persino il fatto che essere una marionetta, l’avrebbe fatto vivere per sempre, invece… Invece l’amicizia era esattamente come le sue creazioni: era meravigliosa e fugace, certo non era destinata a durare in eterno.

Abbassò lo sguardo verso la mano destra e la dischiuse, rivelandone il contenuto.
Un piccolo uccello di carta, un candido origami che somigliava a una delle sue opere artistiche.

Supera il dolore, vai avanti.

Konan…

Non si era mai soffermato su quella donna, l’unico elemento femminile in un gruppo d’assassini. Diciamo pure che, visto lo stretto rapporto che la legava al capo, aveva sempre preferito evitarla, certo che così avrebbe scansato inutili problemi. Per questo, quando l’aveva vista entrare nella sua stanza quella mattina, era sicuro d’aver assunto un’espressione alquanto stupida. Non era riuscito a mascherare quel misto di stupore e incredulità provocatogli da quell’inaspettata visita; mai si era permessa d’entrare nella camera di qualcuno di loro senza bussare.
Inizialmente aveva creduto fosse lì per comunicargli qualche messaggio di Pein, probabilmente una nuova missione da completare in compagnia di quel peso morto di Tobi, ma quando l’aveva vista sedersi sul letto accanto a lui, la sua supposizione si era frantumata, lasciando spazio alla curiosità. Che cosa poteva volere quella ragazza da lui?
L’aveva fissata per un lasso di tempo che gli era parso infinito; i suoi occhi avevano indagato lungo i delicati lineamenti del viso della donna alla ricerca di una possibile risposta mentre lei restava immobile, senza dire una parola.
Superato l’imbarazzo iniziale, Deidara aveva cercato d’accennare qualcosa, una qualsiasi frase che rompesse quello strano e opprimente silenzio, ma prima che potesse farlo quelle parole lo raggiunsero…

Supera il dolore, vai avanti.

I suoi occhi si erano spalancati sbalorditi, notando immediatamente lo sguardo triste e l'amaro sorriso appena accennato sul volto della ragazza.
Chi avrebbe mai pensato che si preoccupasse per un tipo come lui...
Non l'aveva mai vista così e in quella leggera incurvatura delle labbra, in quegli occhi cristallini spenti, aveva riconosciuto se stesso, la sua solitudine.

Quelle poche parole gli erano sembrate sincere, come se quella ragazza fosse riuscita a capire realmente quel malessere celato dietro al suo fare strafottente.
In quel preciso istante si era reso conto di conoscere così poco quella donna, anzi, di non sapere proprio nulla di lei; eppure Konan era lì per confortarlo, come se avesse letto nel profondo dei suoi pensieri.
Non aveva potuto far altro che distogliere lo sguardo da quel viso, imbarazzato da quella scomoda situazione. In fondo era un nukenin, come poteva farsi consolare così, come un ragazzino.
Mantre i suoi occhi erano scesi dal volto verso il suolo, la sua attenzione era stata catturata dalle delicate mani della donna leggermente protese in avanti. Su quei palmi candidi aveva visto per la prima volta quel piccolo uccello dalle ali spiegate.
Dopo un attimo d'esitazione e un rapido scambio di sguardi, aveva capito che quel piccolo dono era proprio per lui. Le sue mani si erano mosse piano, incerte, ma alla fine lo avevano afferrato. I suoi occhi erano rimasti rapiti da quel candico pezzo di carta abilmente modellato: somigliava incredibilmente a una delle sue creazioni preferite, l'unica sostanziale differenza era che quella non poteva certamente esplodere. Nonostante ciò, nonostante non corrispondesse alla sua concezione d'arte, in quell'origami c'era qualcosa che lo aveva fatto star bene, qualcosa che, per un breve istante, aveva lenito il suo malessere.
Non sorrise, non disse nulla e quando alzò lo sguardo per ringraziarla, Konan se ne era già andata.
Silenziosa come quando era entrata, così era sparita. Non una parola in più, solo quella frase.

Supera il dolore, vai avanti.

Una folata di vento improvvisa lo riportò alla realtà scompigliandogli i lunghi capelli biondi; il sole era ormai scomparso sotto l’orizzonte e l’aria cominciava a farsi pungente, l’oscurità aveva iniziato la sua lenta e inesorabile conquista dell’ambiente circostante.
Deidara sollevò il collo alto del mantello, chiudendolo per ripararsi dal freddo.
Si lasciò andare a un leggero sorriso guardando di nuovo quel piccolo origami prima d’infilarlo nella profonda tasca insieme alla mano.
Da quando era entrato in quella stupida organizzazione, quello era stato il primo e probabilmente unico gesto gentile e disinteressato che avesse mai visto compiere a uno dei suoi bizzarri “compagni”.
Alzò lo sguardo verso il cielo scuro, osservando le prime stelle comparse qua e là nel firmamento; si era fatto tardi, doveva rientrare, il giorno seguente ad attenderlo c’era la cattura del Tre Code, una missione certamente impegnativa considerando che sarebbe stato affiancato da quello strano personaggio con quella stravagante maschera...
Si alzò per poi incamminarsi, lasciando al vento gelido il compito di portarsi via parte dei suoi pensieri.
Domani sarebbe stato un nuovo inizio…

 

La luce usciva prepotente dalle finestre della piccola casa disabitata che li accoglieva, uno dei tanti punti di ritrovo sparpagliati qua e là per le cinque grandi terre. Non aveva quasi avuto il tempo di seppellire Sasori che il capo lo aveva convocato per assegnargli un nuovo compagno, quell’inutile impiccio di Tobi. Detestava quelle riunioni, non sopportava quegli strani individui che facevano parte della sua stessa organizzazione. L’unica magra consolazione era stata costatare l’assenza dell’Uchiha e dell’Hoshigaki.
Camminava svogliatamente verso l’ingresso, già dall’esterno Deidara riconobbe la voce di Hidan come sempre intento a punzecchiare il suo collega.
Aprì lentamente la malconcia porta di legno che, muovendosi, scricchiolò inevitabilmente, attirando così l’attenzione dei presenti.
Un attimo di silenzio e poi tutto tornò come prima.
<< Hai finito di contare i tuoi sporchi soldi Kakuzu? >> esclamò l’albino seduto in malo modo sul piccolo divano posto accanto al tavolo. La sua domanda ebbe come unica risposta un’eloquente occhiataccia del tesoriere, intento a verificare le finanze del gruppo.
Deidara distolse subito lo sguardo disgustato dai due e, involontariamente, incrociò quello di Konan. La ragazza, in piedi accanto al tavolo, accennò un lieve sorriso, ma il giovane di Iwa voltò subito il capo verso le scale alla sua destra, ignorando come sempre quel cenno gentile.
Attraversò poi la stanza, passando dietro al divano da cui provenivano i soliti commenti poco artistici dello jashinista. Stanco e senza la minima voglia di replicare, li ignorò di proposito e iniziò a salire i gradini. Prima di scomparire al piano superiore però, volse nuovamente lo sguardo verso la donna dai capelli blu. Una rapida occhiata che gli bastò per capire quanto il suo gesto fosse riuscito a ferirla: quel piccolo sorriso le era morto sulle labbra e il suo sguardo, chiaramente rattristato, era fisso sulla candida rosa di carta che teneva fra le mani.
Il dubbio d’aver agito male lo sfiorò solo per un istante, poi le sue gambe ripresero a salire gli ultimi scalini cancellando la sua breve esitazione.
I passi leggeri sembravano non essere sufficienti per evitare il fastidioso rumore prodotto dal vecchio e logoro pavimento in legno del corridoio. All’ennesimo scricchiolio il ragazzo sbuffò infastidito e, arresosi all’inevitabilità, raggiunse rapidamente la sua stanza per gettarsi sullo scomodo letto. Una dormita era tutto ciò di cui aveva bisogno per ritrovare parte della sua tranquillità, o almeno così credeva.
Dalla piccola finestra posta appena sopra quella scarna branda, filtrava un leggero filo d’aria fredda che gli solleticava la fronte; ciò lo condusse alla conclusione che, sicuramente, quegli infissi erano degni compari del pavimento del corridoio. Persino le griglie, poste all’esterno, sembravano non volergli far chiudere occhio, scandendo il tempo con il loro cigolio metallico.
Si girò e rigirò per diversi minuti, cercando d’ignorare quei piccoli rumori che nella sua testa sembravano un baccano insopportabile, soprattutto se uniti alle voci provenienti dal piano di sotto.
Sentiva gli altri bisticciare, offendersi e minacciarsi; un rincorrersi d’imprecazioni, battute e commenti. Sbuffò nuovamente, infastidito e, nonostante ripetesse a se stesso che tutto quel nervoso era dovuto al chiasso, in cuor suo sapeva che non era così.
Erano sempre state le sue discussioni con l’Akasuna a tener svegli gli alti membri dell’Akatsuki; i loro lunghi e interminabili discorsi sull’arte e la sua maggior espressione si protraevano per nottate intere, a volte persino contornate da piccole esplosioni.  Ma ora che lui non c’era più, Deidara se ne stava solo in quella squallida e decadente stanza ascoltando insulse conversazioni sull’importanza del denaro e della religione.
Si ritrovò a fissare in soffitto, rassegnato al fatto che non avrebbe dormito, quando le parole di Konan risuonarono nuovamente nella sua mente.

Supera il dolore, vai avanti.

Forse aveva davvero esagerato, le aveva negato persino un semplice saluto.
Si girò di fianco, tirando più su le ruvide coperte nel tentativo di ripararsi dal gelido spiffero che ormai gli aveva ghiacciato la fronte.
Non gli andava di affezionarsi nuovamente a qualcuno, non in quel momento; erano ninja, e Sasori era stato l’esempio concreto di quanto, nonostante gli sforzi per contraddire questa teoria, la loro esistenza fosse effimera. A cosa serviva legarsi agli altri se non a soffrire di nuovo?
Sbadigliò, passandosi poi la mano sugli occhi stanchi.
Avrebbe voluto riposare, abbandonarsi al nulla, ma i pensieri non gli davano tregua.
Konan era stata gentile, lui, invece, un gran maleducato.
Ma perché prendersela tanto, era un assassino mica un damerino.
Era un ricercato, un nukenin, non poteva di certo restare sveglio per quelle sciocchezze.
Sentì i passi degli altri lungo il corridoio, un susseguirsi di cigolii e scricchiolii e poi il silenzio tombale della notte. Inizialmente ne fu felice, convinto che così avrebbe finalmente trovato il meritato sonno, ma poi si rese conto che, proprio in quella completa assenza di rumore, i suoi pensieri si facevano più opprimenti.
Si alzò di scatto, rinunciando almeno per il momento al riposo; s’incamminò verso la porta e uscì convinto che un tè caldo l’avrebbe aiutato.
Percorse nuovamente il tragitto sino alla stretta scala camminando quasi in punta di piedi, prestò attenzione a ogni minimo movimento ma, nonostante gli sforzi, non riuscì a scampare alle imprecazioni di Hidan che seguirono l’ennesimo crepitio.
Ormai scoperto, accelerò il passo, scese al piano terra, attraversò la modesta sala e s’infilò nella piccola cucina.
Si guardò attorno costatando quanto fosse misero quell’ambiente: un buco, semplicemente una tipica scelta di Kakuzu che, pur di risparmiare, li avrebbe messi a dormire in una caverna e avrebbe usato un falò per cucinare.
Aprì l’armadietto in alto, afferrò l’occorrente e iniziò a trafficare con il fuoco.
Attese seduto sul tremolante sgabello di legno che l’acqua bollisse; la sua testa ciondolò un paio di volte per la stanchezza. Alla seconda aprì gli occhi assonnati, scosse il capo e si rialzò avvicinandosi poi al piano della cucina. Tolse l’acqua dal fuoco e la versò nella tazza prima di rigirarsi di scatto per tornare a sedersi.
Un gesto rapido, forse troppo, e nel voltarsi finì per scontrarsi con un nuovo arrivato.
Gli ci volle un attimo per rendersi conto dell’accaduto, ma appena lo fece Deidara abbassò gli occhi, pronto per aggredire il colpevole dello spargimento del suo tè appena fatto. Non appena il suo sguardo incrociò Konan stesa sul pavimento, il suo viso cambiò completamente espressione.
Osservò incredulo la ragazza seduta a terra prima di porgerle la mano per aiutarla a rialzarsi. Notò che c’era qualcosa di diverso in lei, ma non riuscì a capire cosa.
<< Ti sei fatta male? >> chiese mentre la donna accettava l’offerta d’aiuto << Dovresti stare più attenta, avrei potuto scottarti. >> proseguì posando la tazza ormai vuota sul tavolo.
<< Perdonami, non mi ero accorta d’essere così vicina. >> rispose lei raccogliendo qualcosa da terra.
Deidara la guardò nuovamente, vide che teneva qualcosa fra le mani e quando le appoggiò sul tavolo capì: la rosa che solitamente portava fra i capelli era caduta a terra quando si erano scontrati e aveva finito per bagnarsi, rovinandosi.
<< Spero di non essere stata troppo invadente questa mattina >> esclamò Konan obbligando il ragazzo a distogliere lo sguardo dai resti dell’origami << Se lo sono stata, ti prego di perdonarmi >>.
Il giovane posò lo sguardo sulla tazza vuota e rimase in silenzio, mentre la donna, non ottenendo risposta, si girò pronta a tornare a letto.
<< Non sei stata invadente, sono io… >>. Non sapeva con esattezza perché quelle parole fossero uscite dalla sua bocca, forse, semplicemente, non gli andava di restare di nuovo solo.
<< Non mi va di parlarne. >> Il suo tono si fece inaspettatamente aspro, ma la ragazza non si scompose; attese che Deidara si sedette per fare altrettanto, accomodandosi al suo fianco.
<< Non c’è bisogno di parlare. >> ribatte lei dolcemente, regalando al suo interlocutore un nuovo delicato sorriso << Nessuno ti obbliga a farlo. Ma prima o poi dovrai superare la cosa. Forse non oggi, forse non domani, ma dovrai farlo. >>.
Il biondo fissò la ragazza senza riuscire a nascondere il suo stupore per quelle parole.
<< Credimi, so quel che dico. E’ dura perdere le persone cui vuoi bene…>>
<< Io non volevo bene a nessuno. >> la interruppe leggermente seccato per la piega che stava assumendo quella conversazione.
<< E’ difficile superare il dolore, ma poi tutto passa. >> proseguì lei ignorando completamente la replica del giovane << Devi solo dare tempo al tempo. Il ricordo resterà, ma il male che provi ora ti aiuterà a crescere. In fondo è passato solo un giorno.>>.
Lo sguardo di Deidara si ammorbidì, le sue mani strinsero la tazza vuota ma ancora calda.
<< Sono solo infuriato perché avevo creduto alle sue stupide storie per cui avrebbe vissuto in eterno. Sono stato un idiota, nulla dura in eterno. >> esclamò con tono sarcastico.
<< Lui vivrà in eterno. >> rispose Konan.
<< Non ti ci mettere anche tu. Sono stupidaggini! >> replicò il ragazzo lanciandole un’occhiata carica di rabbia.
La donna non si lasciò intimorire dallo sguardo rivoltole, mantenendo la calma più assoluta << Lui vivrà nei tuoi ricordi, esattamente come Yahiko vive nei miei. >>.
Pronunciò quel nome a lui sconosciuto con una dolcezza tale che Deidara rimase senza parole. Privato della voglia di ribattere, restò a osservare i suoi occhi riflessi in quelli tristi della ragazza. Le sue supposizioni si trasformarono in certezza grazie a quella semplice frase: ne era sicuro, anche lei aveva perso qualcuno.
Konan regalò un ultimo sorriso al ragazzo che la osservò alzarsi restando in completo silenzio. Deidara sentì le sue sottili dita sfiorargli la spalla e d’istinto volse la testa, rimanendo a fissare la schiena della donna che si dirigeva verso le scale. Nulla uscì dalla sua bocca, non una sillaba, rimase con lo sguardo fisso sugli ultimi gradini persino quando Konan era già scomparsa al piano di sopra.
Spostò lo sguardo ancora incantato lungo la stanza, passando sul semplice tavolo di legno davanti a sé, percorrendone le nodosità sino a giungere a quella rosa ormai disfatta. Restò a guardarla per qualche secondo prima di dirigersi in soggiorno a rovistare nella sua divisa. Afferrò il suo sacchetto d’argilla e si mise all’opera. Modellò il suo esplosivo preferito con delicatezza, curando ogni minimo particolare di quella creazione e, una volta pronta, salì lungo le scale.
Giunto nel corridoio, invece di dirigersi verso la sua stanza, si fermò davanti a quella di Konan; appoggiò la mano sulla maniglia e l’abbassò sperando che la porta non facesse rumore. Entrò camminando piano, senza guardarsi troppo attorno, imbarazzato e in parte pentito per quel gesto così stupido e impulsivo.
Da quando sentiva la necessità di ringraziare qualcuno?
Mosse lo sguardo nell’oscurità, notando la figura della ragazza avvolta dalle coperte. Era immobile, nessuna reazione, probabilmente dormiva già.
Si avvicinò allo scarno comodino e vi posò una candida rosa bianca del tutto simile a quella di carta distrutta in cucina.
Sorrise, dando le spalle alla giovane che, ignara di quell’insolita visita, si lasciava cullare da Morfeo. Lentamente si diresse verso la porta e, prima di richiudere l’uscio, osservò nuovamente il suo lavoro: si sorprese rendendosi conto che non provava alcun desiderio di vederlo esplodere. Per la prima volta nella sua vita aveva creato qualcosa che desiderava durasse anziché che scomparire in un turbine di colori; le sue labbra s’incurvarono di più mentre i suoi occhi si spostarono dal pallido oggetto al profilo della donna sdraiata nel letto.

Forse quello era davvero un nuovo inizio e, forse, non sarebbe stato poi così solo.


Fine








Giudizio:

9^Classificata

Origami-Neji4ever


Originalità: 5/10
Stile: 7/10
Narrazione e Descrizione: 7/10
Grammatica,lessico,sintassi: 8/10
IC: 7/10
Giudizio Personale: 2/5

36/55


Inizialmente credevo fosse un po' fuori tematica perchè non capivo dove volessi andare a parare.
Continuando a leggere però si arriva al gesto del "lui" che hai s0celto e non si può non sorridere di dolcezza.
Il regalare una rosa non è esattamente originale diciamo, ma c'è comunque il ricollegamento alla rosa di carta rovinata dal thè.
Il ripetersi della frase di Konan mi è piaciuto perchè ogni volta si rafforzava. Inoltre lo stile è abbastanza coinvolgente da far usare la fantasia.
La narrazione è indubbiamente presente. I discorsi diretti non sono quindi padroni della storia, ma al contrario fanno da arricchimento, il che va bene. Magari qualche descrizione in più non guasterebbe, ma lo stile coinvolge la fantasia.
Non ci soo errori grammaticali di sorta. Magari si potrebbe evitare il "ma" seguito da "poi". Per quanto riguarda il lessico le parole sono ricercate, i sinonimi sono presenti e quindi non sono "spiccie".
Vedere i personaggi dell'Akatsuki così "ammorbiditi" diciamo che non è abituale.

Giudizio Personale: Mi è piaciuto il pairing perchè non viene molto usato. Il gesto finale di Deidara mi ha fatta sorridere perchè regalare le rose è un classico che piacerà sempre.

 

   
 
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