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Autore: Eowyn88    27/07/2009    1 recensioni
Era un castello bellissimo. Era il suo castello. Con tante finestre e torri, ogni dettaglio era ben curato. E lei ne era la regina. Sebbene all’inzio non sapesse di chi fosse. E prima ancora non sapesse cosa fosse. ... Sorridendo, entrò a testa alta nel suo castello.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un sogno di una notte, di mezza estate

Un sogno di una notte, di mezza estate.

Ovvero

L’illusione di una morte.

 

Era un castello bellissimo. Era il suo castello. Con tante finestre e torri, ogni dettaglio era ben curato. E lei ne era la regina.

Sebbene all’inzio non sapesse di chi fosse. E prima ancora non sapesse cosa fosse.

Ma lei ne era la regina, con al fianco il suo re, ma non un re qualsiasi. Era quel re. Ne era certa: esisteva realmente... almeno lui. Il dubbio riguardava soltanto lei, per il momento.

Sorridendo, entrò a testa alta nel suo castello.

 

Passeggiava lungo un corridoio al ritmo dei suoi passi e del suo respiro, ammesso che questo avesse un ritmo.

Alla sua destra una serie di alte finestre esposte a Sud. Alla sua sinistra una serie di porte.

 

Accadde così, che passò davanti ad una porta. Passando, vide un ragazzo sdraiato su un lettino bianco. Non seppe dire se era vivo o morto, finchè non parlò e chiese: «Chi sono?».

Rallentò, ma non si fermò e con un sospiro continuò a camminare.

 

Passò davanti ad una finestra. Sentì un fruscìo e vide qualcosa volare via dalla finestra. Non seppe dire cosa fosse.

 

Camminò davanti ad una porta. Vide un ragazzo con lo sguardo perso verso il cielo. Avrei dovuto conoscerlo? Ricordò. «Chi sei?». Sospirò. Lui abbassò lo sguardo a terra, le voltò le spalle e se ne andò. Chissà se poteva sentirmi?. Continuò a camminare.

 

Alzò lo sguardo, mentre sentiva un brusìo, e qualcosa volò fuori dalla finestra. Non seppe dire cosa fosse. Ma non si fermò.

 

Arrivò davanti ad un’altra porta. Quando la vide non potè fare a meno di sorridere. Vide una moltitudine di persone di tutti i tipi e di tutte le razze. Era un luogo inscrivibile, almeno per lei. Ma non riusciva a metterle a fuoco. E più tentava, più sembravano svanire. Dovette fermarsi e sbattere le palpebre un paio di volte. Notò, allora, un ragazzo, anche questo come gli altri aveva i capelli molto scuri, ma lei notò solo che aveva un paio di occhiali. Forse poteva prestarglieli.

Si guardarono per un secondo. Ci voleva di più? E gli disse: «Addio». Riprese a camminare.

 

Automatico il suo sguardo si volse verso qualcosa che usciva dalla finestra. Ancora, non seppe dire cosa fosse. E andò avanti a camminare lungo quel corridoio.

 

Giunse ad un’altra porta. Più si avvicinava e più il suono del pianoforte aumentava. La musica inebriante le riempì il petto. Le note colmarono il suo cuore e danzarono insieme ai suoi battiti. Ma lei non potevo sentirli perchè le sue orecchie non erano più. Chiuse gli occhi prima di arrivare nella stanza del suo re. Un ultimo passo e tutto tacque. La stanza bianca era vuota. Ammesso che ci fosse mai stata una stanza. Ammesso che ci fosse mai stato un re in quel castello.

 

Si voltò verso la finestra dalla quale uscì qualcos’altro. Non seppe dire cos’era, ma stavolta fu più brutto.

 

Camminò e arrivò all’ultima finestra di quel corridoio. Era chiusa. Decisa si accostò e la spalancò. Si affacciò, guardò in basso e si sedette sul davanzale con le gambe a penzolare di fuori.

 

Sentì il muro duro contro i suoi talloni.

Immaginò la libertà totale...

Sentì il vento scompigliarle i capelli. Le lacrime rigarle le guance.

 

Mise a fuoco il paesaggio.

Un pino alto e possente in lontananza. Con il suo tronco perfettamente dritto e la sua chioma folta ma ben potata... faceva di certo la sua figura. Più vicino c’era un pero che, nonostante la prospettiva, anche dal suo punto di vista, non era alto nemmeno la metà del pino.

Si soffermò sul pero. Sul suo tronco nodoso, contorto su se stesso ed un pennacchio di rami in cima. Pochi rami coperti di foglie verdi. La luce del tramonto giocava con quelle rendendole dorate su di un lato, mentre il vento si divertiva a farle tremolare a tratti.

Un pero decisamente inutile... quante frutti vuoi che porti un albero con così pochi rami?

Ma decisamente bello. Se ne innamorò. E gli sorrise a malincuore.

 

Si appoggiò allo stipite della finestra. Tirò su una gamba e si strinse il ginocchio al petto con un braccio, mentre l’altra rimase penzoloni. E restò così a vedere la luce del Sole tramontare.

 

Con l’arrivo del crepuscolo, sospirò e scese dalla finestra.

Si allontanò con le mani affondate nelle tasche dei jeans.

Voltò appena la testa per un ultimo fugace sguardo ad un corridoio di porte chiuse e finestre aperte. E ad un castello che non esisteva nemmeno.

La rivelazione arrivò tanto immediata quanto ovvia e seppe che era morta.

 

Sghignazzando tra sè e sè, se ne andò, sola.

 

E si voltò verso la sua stanza.

 

(E’ così che capì che una per una

le realtà del suo castello

non erano altro che fetidi,

e meravigliose, illusioni).

 

 

Fu allora, che aprì gli occhi.

 

 

La fine di un sogno, di una notte, di mezza estate.

 

  
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