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Autore: Elibettysoul98    05/08/2019    0 recensioni
Una giornata normale.
Un uomo normale.
Un'esistenza normale.
Cosa potrebbe mai andare storto?
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nothing is as it seems

 
È stata proprio una bella giornata oggi.

Certo, c’erano almeno 30° all’ombra, ma perlomeno sono riuscito ad accaparrarmi un posto fresco nel mio locale preferito. Ordinai come al solito un cappuccino con una spolverata di cacao e intinsi il biscottino allo zenzero che la cameriera mi adagiò gentilmente sul tovagliolo.

Mi chiedo come le altre persone riescano ancora a versare dello zucchero nelle bevande già dolci. Notai infatti due bustine che giacevano tra granelli bianchi sparsi su un tavolino abbandonato, proprio accanto al mio, mentre di fianco sorgeva un’enorme tazza semivuota, emanante un odore particolarmente acidulo.

Storsi leggermente il naso e distolsi lo sguardo. Riposi la mia attenzione sui piccoli quadri che ricoprivano le pareti del bar, variopinti, forse un po’ vecchi e fuorimoda, ma nonostante ciò l’atmosfera rimaneva rilassante e piacevole, quasi familiare.

Proprio quando i miei occhi si posarono su di una piccola ma molto profonda crepa di una cornice, la vidi.

Le mie iridi rimasero incatenate alle sue, scure e profonde quanto due pozzi dai quali non si scorge nemmeno uno spiraglio di luce. Dietro a quegli occhi non riuscivo a decifrare alcuna emozione, come la sua età. Poteva avere tra i venti e i trent’anni, ma anche molti di più, era la prima volta che non riuscivo a inquadrare una persona.

Stava seduta al tavolino davanti al mio, composta ed impassibile. Su quest’ultimo non c’erano tazze, piattini, tutto era perfettamente pulito.

Non appena questa avvertì il mio sguardo su di lei, mi rivolse un forse mezzo sorriso. O era una smorfia? Il cuore iniziò a battere così forte, una gocciolina di sudore gelida mi percorse la spina dorsale facendomi tremare impercettibilmente. Nascosi subito il mio volto tra le pagine del piccolo menù che mi ritrovai tra le mani, benché lo conoscessi a memoria ormai da tempo.

Non avevo più questa sensazione dai tempi delle superiori, addirittura delle medie se ricordo bene. Non fu semplice spiegarmelo, un turbinio di emozioni mi colse e mi strinse il cuore in una morsa.

Senza distogliere il mio sguardo dal foglio, estrassi il mio fedele fazzoletto dalla tasca e me lo sfregai delicatamente contro una tempia.

Dopo attimi che mi parvero interminabili, raccolsi le ultime briciole di coraggio e mi decisi a guardarla: il tavolino davanti a me giaceva silenzioso e vuoto, di quella ragazza non ne era rimasta alcuna traccia. La cercai senza dare nell’occhio per tutta la stanza facendo dei piccoli movimenti col capo, ma tutto ciò che trovai fu una giovane coppietta che tubava mormorandosi qualcosa di zuccheroso all’orecchio e una cameriera intenta a sfregare energicamente un panno su una macchia piuttosto ostinata su una sedia. Approfittai del momento per chiederle di quella misteriosa ragazza, ma a quanto pare né lei né la sua collega dietro il bancone l’avevano notata.

Mi strinsi nelle spalle e, dopo aver lasciato i soldi sul tavolino, me ne andai a passo svelto.

Quel piccolo brivido lungo la schiena era scomparso, lasciando al suo posto il martellante pensiero verso quel singolare individuo.

Scossi la testa come per scacciarlo, mentre mi perdevo tra le stradine della città, diretto verso la mia dimora.

Passai gran parte della serata a rimuginare sulla ragazza, la crepa sulla cornice, lo zucchero, ma conscio di essere parecchio occupato con il lavoro che il mio capo mi aveva assegnato all’ultimo minuto, la mia mente si estraniò completamente dopo qualche ora.

 Il giorno seguente feci ritorno in quel bar, che trovai sorprendentemente aperto, nonostante fosse domenica pomeriggio inoltrata. Come al solito ordinai il mio cappuccino e mi sedetti nel medesimo posto di ieri.

I miei occhi guizzarono quasi trepidanti per tutto il locale, in cerca di quel piccolo viso familiare, ma ciò che incontrarono delusero totalmente le mie aspettative: la solita coppia che si stringeva come se non si fossero visti da una vita, le bustine di zucchero vuote e semi-rovesciate sul tavolino, la cameriera intenta a ripulire la sedia da quella macchia ostinata, la crepa sulla cornice.

Socchiusi appena gli occhi, cercando di fissarla meglio: nonostante fossero passate a malapena 12 ore, sembrava che quella piccola fessura scura fosse mutata; era un cambiamento appena percettibile, ma mi diede l’impressione che il legno laccato di un bel blu fosse ancora più scavato in quel punto preciso. Non ci feci molto caso, comunque.

Sorseggiai lievemente la mia bevanda, per poi posarla delicatamente sul suo piattino. Un piccolo sospiro si fece strada tra le mie labbra e, proprio quando la mia mente mi riportò a quel famoso lavoro che dovevo completare alla svelta, la campanella posta all’entrata emise un trillo argentino. Girai di poco il capo verso la fonte di quel suono e il mio cuore perse un battito: la figura della famosa ragazza si fece strada tra i tavolini e si sedette proprio in quello davanti al mio. Non mi degnò nemmeno di uno sguardo, ma non mi feci abbattere: chiesi alla cameriera se potessi offrire alla fanciulla un caffè, ma quest’ultima, nonostante il sorriso stampato sulle labbra, parve quasi stranita dalla mia richiesta. Si allontanò a passi svelti e sparì dietro il bancone. Cos’è, non aveva mai assistito ad un gesto romantico o almeno, ad una sua parvenza?

La ragazza rimase con lo sguardo rivolto verso il basso, scrutando impassibile il menù.

Ancora una volta, quella sensazione mi colse: la goccia di sudore si sdoppiò, correndo giù per la schiena, i tremori si fecero appena più forti e il mio tallone destro iniziò a muoversi freneticamente contro la gamba della sedia.

Il caffè che ordinai per la ragazza arrivò al mio tavolo e una punta di rabbia avvolse la mia voce quando rimproverai la cameriera, che però era già ritornata alle sue faccende. Sospirai senza darci troppo peso e decisi così di portaglielo personalmente, prima che si raffreddasse.

Assicurandomi che il contenuto della tazzina non strabordasse e il cucchiaio appoggiato sul piattino non cadesse, mossi i due passi necessari per raggiungere la donna, che ancora scrutava il foglio plasticoso del menù.

Non feci nemmeno in tempo a presentarmi, che quest’ultima sollevò la testa, mi guardò con i suoi occhi scuri e si alzò, andandosene senza proferir parola. Rimasi lì in piedi impietrito, quasi scosso da quella “reazione”, se così si potesse chiamare. Certo, non mi aspettavo che mi dicesse qualcosa in particolare, ma almeno un ‘grazie’ sarebbe stato gradito. Sospirai per l’ennesima volta e guardai all’interno della tazza che reggevo tra le mani: sicuramente i suoi occhi erano neri come quel caffè, ma stavolta avevo notato quanto fossero vitrei, tremendamente vuoti come un’ampolla di cristallo. Eppure io ne ero rimasto così affascinato, tanto da sognarmeli la notte stessa.

Decisi di bere tutto d’un fiato la bevanda ormai tiepida così da non sprecarla. Sul mio viso si fece largo una smorfia di disgusto. Che schifo, questo poteva essere di gran lunga il caffè peggiore mai bevuto. Non riuscii nemmeno a deglutirlo che lo sputai nuovamente nella tazza, con lo sgomento della cameriera che aveva assistito alla scena.

Per tutta la sera mi sentii strano. Mi rigirai più e più volte nel letto, tra le lenzuola che come un pitone continuavano ad attorcigliarsi e a stringermi il corpo, sempre più soffocanti. Pile di fogli giacevano ancora sulla mia scrivania, intoccati e candidi come il mio letto: avrei terminato il tutto l’indomani, o comunque nei prossimi giorni.

 

Il giorno seguente ritornai al bar, ordinai il cappuccino, attesi l’arrivo della ragazza che ogni volta prontamente, quando stavo per offrirle un caffè, se ne andava in silenzio. Ogni giorno per le successive settimane ripetei le medesime azioni e le medesime conseguenze ritornavano indietro: la sensazione diventava sempre più forte ed invasiva, i tremori sempre più evidenti e il caffè sempre più amaro. Non riuscii nemmeno a finire il mio fedele cappuccino, come tutti gli altri pasti della giornata.

Un senso di pesantezza mi colpì lo stomaco, come se all’improvviso qualcuno mi avesse tirato un pugno, anche se stavo solamente guardando la donna. Cercai di alzarmi, ma in quel momento una grande stanchezza mi pervase, insinuandosi tra i muscoli, in ogni nervo e fibra del mio corpo, rendendolo quasi di gelatina. Cercai allora di accasciarmi sul tavolino, rovesciando anche il cappuccino che in qualche attimo si allargò in una grande pozza gocciolante, ma caddi dalla sedia.

Boccheggiai qualcosa di incomprensibile, schiudendo le labbra aride come il deserto, mentre la vista si annebbiava di lacrime, che subito iniziarono a scorrermi sul viso imperterrite.

Accanto a me, sentii dei passi leggeri e veloci, finchè non intravidi la figura della donna che si chinò verso di me, impassibile come al solito e dallo sguardo indecifrabile.

Ma poi la sentii.

Sentii il cuore stringermi e la sensazione invadermi tutto il corpo impedendomi di respirare, come se due mani invisibili mi stessero stritolando. Quella sensazione mi aveva accompagnato per così tanto tempo, è stato così difficile togliermela dalla testa.

Respirai profondamente o almeno, ci provai e cercai di distogliere lo sguardo, che si posò sulla cornice azzurra. Al posto della piccola crepa vi si era sostituita una grande spaccatura, profonda e nera, come gli occhi della ragazza.

Le pareti del locale si fecero più scure e fredde, assumendo quasi un aspetto ospedaliero.

Rivolsi nuovamente il mio sguardo, ormai completamente annebbiato, alla ragazza che era diventata alla mia vista un insieme di chiazze chiare e scure, ma alla fine, prima di perdere i sensi, lo vidi.

Un enorme sorriso si disegnò sul suo volto.

 

<< Qui è la Dottoressa Mortans. Il paziente 3789 affetto da depressione psicotica si è rifiutato di assumere i farmaci prescritti, nonostante fossero all’interno di bevande o di cibo, nonostante la severa e totale supervisione delle mie colleghe. Provvedo al recupero immediato del paziente e alla sua sedazione. >>
   
 
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