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Autore: time_wings    09/08/2019    8 recensioni
[Questa storia partecipa alla Teen! Challenge indetta sul gruppo facebook Il Giardino di EFP]
A Oikawa Tooru non piace perdere.
Questo lo sanno bene la sua famiglia, i suoi amici, i suoi compagni di squadra, ma, soprattutto, i suoi avversari.
Per questa ragione anche la più piccola delle sfide, soprattutto se giocata con Iwaizumi Hajime, il suo migliore amico, può diventare cruciale, fino a rappresentare per lui una priorità.
Anche questa volta perdere è fuori discussione e Oikawa intende mettercela tutta per riscuotere il suo premio.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa alla Teen! Challenge indetta sul gruppo facebook "Il giardino di EFP" con il prompt 105. "Non sai perdere".
 
La Chioccetta per l'aia azzurra 
va col suo pigolio di stelle.
Per tutta la notte s'esala
l'odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s'è spento.


Da "Il gelsomino notturno", di G. Pascoli
 

M45


Oikawa Tooru non perdeva mai.
Oikawa Tooru aveva tutto, nella vita e non si faceva troppi problemi a gridarlo ai quattro venti. Alla veneranda età di diciotto anni poteva vantare numerosi successi ed un numero di sconfitte decisamente esiguo. Prima di tutto era il capitano della squadra di pallavolo della sua scuola, l’Aobajohsai e le sue abilità di palleggiatore erano note praticamente a qualunque squadra si fosse mai azzardata a mettersi contro di lei. Vantava anche un impressionante successo con le ragazze e la sua scoppiettante personalità, seppur spesso al centro di pettegolezzi e critiche, era indubbiamente un suo spiccato tratto distintivo.
Nonostante ciò, però, quel giorno Oikawa era furioso.
Sebbene insegnanti e genitori dei suoi amici lo elogiassero continuamente, c’era una persona, una sola, che da anni era l’unica in grado di far vacillare le sue sicurezze e rompere la maschera della sua sfrontatezza e quel giorno aveva deciso di metterlo alla prova.
Iwaizumi Hajime era, al contrario, un ragazzo semplice. Normalmente passava inosservato ed il suo carattere grezzo e a tratti scontroso non lo aiutava certo ad avvicinare qualcuno. Ciò che più affascinava Oikawa, del suo schiacciatore, era però che sembrava non importargli granché del suo grado di popolarità, preferendo di gran lunga rintanarsi nell’ambiente sicuro di un buon fumetto e, occasionalmente, insultare il suo capitano.
Forse un po’ più che occasionalmente.

Ecco, era iniziato tutto quella mattina, quando Oikawa aveva preso a fissare un punto indeterminato dell’albero di ciliegio che occupava il centro del cortile della scuola, troppo stanco per star dietro a limiti notevoli e derivate. Poggiò il mento sul palmo della mano, concentrandosi ora sulla luce del mattino che filtrava attraverso le veneziane bianco panna della finestra.
Annoiato, lanciò un’occhiata veloce in direzione di Iwaizumi, intento a copiare dalla lavagna quella che sembrava a tutti gli effetti una difficilissima equazione differenziale, le sopracciglia aggrottate, nello sforzo di capirci qualcosa.
“Ehi, Iwa-chan.” Bisbigliò il ragazzo. Iwaizumi non ebbe bisogno di girarsi. Conosceva bene quel tono ed era piuttosto sicuro che, se si fosse girato, avrebbe constatato che era accompagnato da uno di quei soliti sorrisini furbi che l’amico era solito piantarsi in faccia e non scrollarsi di dosso finché le sue stupide richieste da principessina viziata non fossero state soddisfatte. Come previsto, quindi, il corvino lo ignorò, concentrandosi sull’equazione.
Oikawa era tante cose: irritante, testardo, infinitamente rumoroso, ma, soprattutto, Tooru era tenace. Essere ignorato, Iwaizumi lo sapeva bene, non rientrava affatto nei suoi programmi.
“Iwa-chaan? Sto parlando con te!” Questa volta il sussurro del capitano non fu esattamente un sussurro.
“Che vuoi?” Iwaizumi si girò a guardarlo, gelandolo con lo sguardo, ma Oikawa sorrise vittorioso: “Ieri sera è arrivato il telescopio che ho ordinato una settimana fa.” Ribatté il numero uno dell’Aobajohsai, ignorando il tono scontroso dell’amico.
“Mi fa piacere per te.”
“E dai, dammi soddisfazione!” Si lamentò Oikawa. Iwaizumi alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, tornando a concentrarsi sull’equazione. Non ebbe neanche il tempo di concludere un passaggio che l’amico riprese la parola: “Stasera, dopo gli allenamenti, vuoi venire a provarlo?”
“Sì, ma adesso lasciami finire.” Replicò burbero Iwaizumi, sperando di aver messo a tacere l’amico.
“Sei cattivo, Iwa-chan.” Si lamentò però Oikawa. Iwaizumi si voltò ancora a guardarlo, le iridi verdi che minacciavano di prendere fuoco in ogni momento, Oikawa tornò a guardare il ciliegio in cortile: “Dovresti smetterla di trattarmi così male.”
“E tu dovresti smetterla di essere così irritante.”
“E va bene.”
“Eh?”
“Va bene.” Ripeté Oikawa, come se si trattasse di un problema di udito. Iwaizumi inarcò un sopracciglio, accigliandosi: “Io non sarò irritante per tutto il giorno se tu non sarai cattivo. Il vincitore potrà far fare ciò che vuole al perdente.”
Iwaizumi lo guardò come se fosse pazzo: “Sei un idiota.”
“Stai già perdendo!”
Il numero quattro sbuffò. Non riusciva a credere che stesse per assecondare Oikawa in una delle sue solite follie: “Quindi niente ‘Iwa-chan’ e fastidi?”
“E per te niente insulti o percosse.” Il capitano sorrise raggiante. Aveva la vittoria in pugno e lo sapeva. Iwaizumi, dal canto suo, scrollò le spalle.
“Basta che mi lasci in pace.”
“Andata.” Tooru sorrise: “X al quadrato mezzi, comunque.” Esalò, dopo qualche secondo di silenzio.
“Sii chiaro.” Sbottò Iwaizumi, che non poteva credere al fatto di essere stato disturbato di nuovo.
“Il risultato dell’equazione. Hai mancato un segno meno al secondo passaggio.” Spiegò Oikawa, con un sorriso soddisfatto.
“Oh…” Iwaizumi gettò una veloce occhiata alla pagina del suo quaderno. In effetti mancava un segno meno: “Certo, ci ero quasi arrivato.”
“Ne sono certo, Iwa-chan.” Replicò Oikawa. Stranamente non vi era traccia del solito tono sbeffeggiante e superiore, nella sua voce. Il corvino alzò lo sguardo su di lui.
Stai già perdendo.” Gli fece il verso, riferendosi al loro precedente scambio.
“A partire da ora!” Si difese Oikawa. Iwaizumi alzò gli occhi al cielo, rassegnato.
Giocare stando alle regole di Tooru era praticamente un suicidio.
 
***
 
Oikawa Tooru non perdeva mai.
E questo lo sapevano bene anche i suoi compagni di squadra che, quel giorno, come tutti gli altri, si stavano allenando duramente, per essere all’altezza della fama del nome dell’Aobajohsai.
Hanamaki seguì con lo sguardo la palla finire nelle mani di Oikawa. Lo capì all’istante: avrebbe alzato per lui. Non aveva alcuna intenzione di rendere vano lo sforzo del capitano che tanto ammirava. Confidava nel fatto che sarebbe stata un’alzata perfetta. Calcolò con freddezza il tempo giusto per saltare, poi prese la rincorsa e schiacciò, colpendo in pieno la bottiglia posta dall’altra parte del campo.
“Bella.” Sentenziò Oikawa, i residui della concentrazione dei minuti precedenti gli imperlavano la fronte di sudore, ma un sorriso brillante gli si era dipinto in volto. Hanamaki non esultò, ma rimase intimamente sorpreso e soddisfatto dal complimento dell’amico. Abbozzò un sorriso e corse a recuperare il pallone.
Iwaizumi-kun, hai visto che bella la schiacciata di Makki?” In difesa di Iwaizumi c’era da dire che il capitano stava passando gli allenamenti tra esercizi, alzate e velate provocazioni dirette a lui. Velate, sì, perché in effetti, da contratto, non poteva infastidirlo.
“Oikawa, giuro che la prossima volta ti…”
Mi cosa?” Chiese con falsa innocenza il castano.
“Oh, no, non ditemi che è un’altra delle vostre strampalate idee.” S’intromise Matsukawa, il centrale della squadra. Hanamaki, tornato vittorioso con il pallone tra le mani, soppresse una risata.
“Delle sue.” Lo corresse il moro.
“In realtà, Mattsun, è una grande idea, perché il nostro Iwaizumi, grazie a me, è un tenerone, ora.” Scherzò Oikawa. Matsukawa e Hanamaki si voltarono a guardare il numero quattro, che sembrava starsi seriamente trattenendo dall’urlare in testa all’amico tutto il suo repertorio di parolacce preferite.
“Ma non mi dire.” Replicò sarcastico Hanamaki.
“Incredibile. Non mi dirai che adesso lo assecondi.” Lo prese ancora in giro Matsukawa, riferendosi allo schiacciatore. Quando potevano, infatti, i due non si lasciavano mai scappare l’occasione di prendere parte ai battibecchi di Iwaizumi e Oikawa.
“Io torno ad allenarmi.” Annunciò il corvino, che sembrava davvero sul punto di esplodere. Si voltò e si diresse verso il cesto dei palloni. Oikawa ridacchiò; sentiva già il sapore dolce della vittoria accarezzargli il palato.
“Oh, avanti, Iwaizumi, non essere scontroso.”
Il numero quattro ebbe un’improvvisa illuminazione. Non poteva insultarlo o picchiarlo, giusto? Beh, questo gli lasciava un’unica altra via. Senza neanche degnarlo di uno sguardo Iwaizumi alzò un pugno e si dimenticò di abbassare il dito centrale. Sentì la risata cristallina di Oikawa raggiungerlo fin dall’altra parte della palestra.
“Avanti, concentriamoci. Alzamela.” Ordinò il numero quattro, lanciando una palla tra le braccia di Oikawa, con un po’ troppo entusiasmo per essere un tiro libero da ogni astio.
“Agli ordini.” Replicarono i tre ragazzi, in coro.
 
***
 
Oikawa Tooru non perdeva mai.
Non c’era nulla che non riuscisse ad ottenere con una delle sue qualità, ma questo non voleva dire che la sua personalità si potesse ridurre ad una mera accozzaglia di superficialità e sicurezza. L’intera vita di Oikawa si basava sul dimostrare a se stesso di essere all’altezza degli standard altissimi a cui era abituato. Tutti si aspettavano qualcosa da lui. Che questo qualcosa, poi, includesse atteggiamenti sfrontati, voti alti, successo e mancanza totale di paura non importava.
Ogni tanto, però, capitava anche a lui di soffrire, di avere paura e di sentirsi semplicemente non abbastanza, solo che non poteva concedersi di darlo a vedere, neanche per errore, neanche per scherzo. Così aveva semplicemente nascosto, sotterrato e cercato di dimenticare qualsiasi emozione negativa, qualsiasi dubbio o incertezza che lo attanagliasse.
Ed era per questo motivo che, qualche tempo prima, era esploso qualcosa, dentro di lui, con la forza di un uragano. Qualcosa che faticava ancora a gestire.
Milioni di ragazzi e di ragazze facevano la fila per lui, eppure tutto ciò per cui Oikawa spendeva energie era la pallavolo. Era chiaro come il sole, quindi, che qualunque sentimento vagamente romantico per qualcuno l’avrebbe provato sicuramente in questo ambito. Purtroppo per lui, però, nessun sentimento vagamente romantico si era affacciato alla sua realtà. Già, perché ad irrompere improvvisamente nella sua vita era stato un sentimento decisamente, irrimediabilmente ed estremamente romantico, che l’aveva travolto con la stessa prepotenza ed irruenza della persona che l’aveva generato. Altro che ‘vagamente’.
Oikawa Tooru, da qualche mese, nascondeva una cotta clamorosa per il suo amico d’infanzia, Iwaizumi Hajime. Cotta che, come il resto delle sue emozioni, era quasi del tutto capace di nascondere.
Quasi del tutto, sì, perché, purtroppo per lui, il suo istinto lo costringeva spesso e volentieri ad indugiare con lo sguardo qualche secondo di troppo sul suo corpo tonico e sui suoi addominali olivastri, quando si cambiavano negli spogliatoi della scuola e a perdersi nel verde dei suoi occhi un po’ troppo spesso, quando il corvino lo fissava con occhi indagatori, quando non voleva ammettere di essere preoccupato per lui.
Il loro rapporto si era sempre basato sui loro infiniti battibecchi, ma, per la prima volta in tutta la sua vita, Oikawa si era ritrovato col fiato sospeso, quando le loro mani si erano sfiorate per caso e con il cuore che batteva all’impazzata, quando Iwaizumi gli aveva concesso di addormentarsi sulla sua spalla, sull’autobus, dopo una partita.
Ecco, Oikawa non sapeva come ammetterlo senza sopprimere qualche conato, ma, se doveva dirla tutta, per la prima volta in vita sua, credeva di provare un sentimento incredibilmente e spaventosamente simile all’amore. Amore che gli aveva provocato un’improvvisa perdita di tutta la sua sicurezza. Non aveva la più pallida idea di cosa farsene, di questa strana rondine che vagava nel suo stomaco, eppure era certo, sicuro al cento per cento, che quando Iwaizumi avrebbe perso la sfida, avrebbe per lo meno sondato il terreno con una richiesta un po’ ambigua. D’altro canto, le battutine e le pacche sul sedere non erano mai mancate da parte sua e non credeva che una richiesta strana, mascherata come uno scherzo, l’avrebbe fatto insospettire più di tanto.
Tutto ciò che doveva fare, era aspettare che Iwaizumi cedesse.
 
***
 
Oikawa Tooru non perdeva mai.
E non intendeva farlo neanche quella sera.

“Non m’importa niente del tuo telescopio, Oikawa.” Sbottò Iwaizumi, dopo che, dopo cena, il castano lo ebbe costretto a seguirlo in camera sua per scartare il pacco.
“Cosa? Ma se sei venuto per questo!” Si lamentò cantilenando Oikawa.
“L’ho fatto perché altrimenti mi avresti dato la morte.” Il capitano storse il naso e lo guardò con le sopracciglia aggrottate: “Che c’è? Non è mica un insulto, ma la triste verità.” Si difese Iwaizumi.
Oikawa sospirò: “Vabbè, io lo apro.”
Il castano procedette a scartare il pacco, che conteneva una marea di strani aggeggi di metallo che Iwaizumi non avrebbe mai saputo nominare. Le tende della finestra erano spalancate, per permettere al telescopio di puntare il suo occhio nella volta celeste e la luce della luna illuminava così il capitano, che armeggiava con rotelle e viti di ferro.
“Che c’è?” Domandò Oikawa, con un sorriso strano, alzando poi lo sguardo sull’amico. Iwaizumi lo stava fissando da qualche minuto: “Niente.” Esalò lui, voltandosi e stravaccandosi sul letto, esausto. Oikawa poté giurare di aver notato un tono di rosso tingergli le guance. Lo studiò per qualche secondo, con le viti in mano e lo sguardo fisso. Poi scrollò le spalle, ritrovando il suo contegno e tornando a dare al telescopio la sua più completa attenzione.
“Fatto!” Esultò Oikawa dopo un’ora buona passata a montarlo.
“Ma non mi dire.” Replicò distratto Iwaizumi, troppo preso dal manga che stava leggendo.
“Non. Posso. Crederci.” Sussurrò dopo qualche minuto Oikawa. Il corvino si mise a sedere sul letto con un colpo di reni e vide l’amico seduto a gambe incrociate sul pavimento, un occhio chiuso, l’altro intento ad osservare il cielo tramite il telescopio e la bocca spalancata. Non riuscì a far altro che stare lì impalato a fissarlo, un cipiglio irritato, come se fosse colpa di Oikawa se si era ritrovato a non riuscire a staccare gli occhi dal suo profilo: “Vieni a vedere, ti prego!” Esclamò il castano, voltandosi a guardarlo, con gli occhi che brillavano. Iwaizumi sussultò, riscuotendosi, poi si alzò con un grugnito e prese posto a terra, accanto all’amico.
“Che devo fare?” Oikawa si spostò di lato, invitando Iwaizumi a prendere il suo posto, poi gli mostrò la lente in cui doveva guardare: “Non lo muovere.” Aggiunse, poi, quando il corvino poggiò una mano sul tronco del telescopio.
“Questo lo so anch’io, mer…” Oikawa inarcò un sopracciglio, divertito: “…aviglioso amico mio.” Continuò ironico Iwaizumi e, mentre il castano ridacchiava, si avvicinò alla lente.
Doveva ammettere che quell’idiota non aveva tutti torti. Da lì riusciva a vedere un gruppo di stelle molto più brillanti delle altre. Si domandò se fossero lì tutte le sere, perché non ricordava di aver mai visto niente di così bello. Per accertarsene si allontanò dal telescopio e osservò a occhio nudo la volta celeste. C’erano senza dubbio sei stelle che si stagliavano sullo sfondo scuro della notte, contornate da qualche piccola luce saltuaria, ma nel telescopio apparivano decisamente più brillanti. Tornò alla lente, per osservarle un’ultima volta. Continuava a sentire lo sguardo penetrante di Oikawa su di sé. Era sicuro che se ne stesse lì con un sorrisetto ironico.
“Che te ne pare?”
“Non male.” Ribattè Iwaizumi, scostandosi e facendo posto a Oikawa. Non gli avrebbe mai dato soddisfazione.
“Che palle che sei.” Commentò il castano, tornando a guardare le stelle: “Quelle che hai visto sono le pleiadi.” Spiegò Oikawa, continuando a tenere lo sguardo fisso nel telescopio: “Sono note anche come Subaru e, per via dell’inquinamento luminoso, ne riusciamo a vedere solo sei. Se fossimo in un bosco lontano dalla città potremmo anche vederne una dozzina.”
“Cioè, non sono solo queste?” Oikawa gli scoccò un’occhiata vittoriosa: allora era interessato! Iwaizumi si guardò bene dal lasciarsi andare ad un’espressione sorpresa, rintanandosi in una quasi annoiata. Oikawa tornò al telescopio.
“No. Sono un ammasso aperto. Significa che sono tenute insieme dall’attrazione gravitazionale che esercitano l’una sull’altra. Sono nate dalla stessa nebulosa quasi contemporaneamente.” Spiegò. Iwaizumi vedeva le sue lunghe ciglia scure contro la lente del telescopio: “Sono praticamente coetanee!” Scherzò Oikawa, regalando un sorriso all’amico.
Iwaizumi sbuffò divertito: “Sei proprio uno sce…” Ancora, Oikawa inarcò un sopracciglio, questa volta riuscendo a stento a trattenere le risate. Il corvino sbuffò annoiato: “…vro da ogni ignoranza.”
Oikawa annuì, poi tornò ad osservare il cielo. Iwaizumi pensò che fosse perfettamente normale restare fermo lì a fissarlo per tutto il tempo, registrando ogni minimo dettaglio del suo viso e notando ogni più impercettibile cambiamento nella sua espressione.
“È meraviglioso, Iwa-chan.” Esalò estasiato Oikawa, dopo qualche minuto.
Iwaizumi non rispose per un bel po’ di tempo, quindi il castano si scostò dalla lente per osservarlo, chiedendogli con lo sguardo perché non rispondeva più. Il corvino se ne stava lì con un sorriso vittorioso dipinto in faccia, che sembrava sfidarlo: “Che c’è?” Chiese Oikawa, le sopracciglia aggrottate che facevano a pugni con l’espressione distesa e rilassata di poco prima.
“Ho sentito un ‘Iwa-chan’.” Gli fece notare l’amico, già pronto a ribattere. La confusione nello sguardo di Oikawa lasciò presto il posto alla consapevolezza, mentre sgranava gli occhi e spalancava la bocca. A Iwaizumi ricordò un bambino che stava per piangere.
“Cosa? Non è assolutamente vero.” Si lamentò Oikawa, riacquistando l’espressione sicura di sempre.
“Non ci provare, ho vinto il tuo stupido gioco.”
“Assolutamente no. Non hai prove che io l’abbia detto.” Oikawa si agitò. Non poteva aver perso così: “E poi ero distratto.”
“E che c’entra?”
“C’entra.”
Iwaizumi sbuffò. Sembrava di star parlando con un bambino viziato: “Allora paghi pegno.”
Ora, il corvino era consapevole del fatto che avrebbe dovuto, almeno lui, comportarsi in maniera più matura. È che era proprio stufo di dargliela sempre vinta. Almeno questa volta, voleva riscuotere il suo premio.
“Pago pegno.” Concesse Oikawa, con grande sorpresa di Iwaizumi. Era davvero stato così semplice?
Prima ancora che potesse replicare, però, il castano si sporse nella sua direzione, catturandogli le labbra in un bacio timido ed innocente. Iwaizumi sgranò gli occhi, poi li roteò, rassegnato. Non era capace di fare neanche questo, quel cretino? Si avvicinò ulteriormente a lui e poggiò una mano sulla sua guancia, attirandolo in un bacio più deciso. Oikawa si lasciò scappare un verso sorpreso, ma poi chiuse gli occhi e lasciò che Iwaizumi gli mordesse piano il labbro inferiore, sciogliendosi nelle sue braccia forti. Sospirò ed il corvino colse l’occasione per far scivolare la lingua tra le sue labbra, accarezzandogli il palato. Oikawa si spinse verso di lui, ma Iwaizumi glielo impedì, costringendolo a indietreggiare finchè non riuscì a sovrastarlo, reggendosi sulle braccia, ma senza interrompere il bacio. Non gliel’avrebbe data vinta. Oikawa provò un caleidoscopio di emozioni. Era entusiasta del fatto che Iwaizumi avesse ricambiato il suo bacio ed era anche fiero di sé, per averglielo rubato. Ma, più di tutto, Oikawa sentiva una quantità indescrivibile di emozioni innominabili, almeno una per ogni stella delle pleiadi, che si rafforzavano a vicenda, dando dei colpi secchi e sicuri alla sua cassa toracica, facendogli tremare il cuore. Il suo cervello affisse il cartello ‘chiuso per ferie’ alla porta della sua mente, abbandonandolo definitivamente. Tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi era il suo profumo.

Poco dopo i due ragazzi furono costretti a prendere fiato. Iwaizumi guardò la luce lunare superare la barriera delle ciglia scure dell’amico, fino a riflettersi nelle sue pupille dilatate. Pensò che fosse tanto irritante quanto bello: “Sei un idiota.” Lo insultò poi, facendolo ridacchiare.
“Hai perso!”
“No, hai perso tu.”
“Il patto era che non mi avresti insultato per tutto il giorno, questo vuol dire che non importa che io abbia perso, tu sei rimasto in gioco.” Spiegò Oikawa, alzando un dito a mo’ di professore. Iwaizumi sbuffò, facendo leva sulle braccia e sdraiandosi accanto a lui: “Non sai perdere.” Borbottò in un grugnito.
La risata cristallina del castano riempì la stanza e Iwaizumi abbozzò un sorriso, ben attento a non farsi notare.

D’altro canto, lui lo sapeva bene;
Oikawa Tooru non perdeva mai.



Note di El: Uelà!
Approdo in questo fandom dopo una vita. Ogni idea naufragava ancor prima che riuscissi a scriverla.
Ma adesso eccomi qui, con una OS gialla senza pretese. Assurdo. L'unica coppia per la quale non credevo avrei trovato uno spazio che non includesse il rating rosso.
E invece mi presento qui e faccio dire a Oikawa una cosa folle come "Iwaizumi-kun". I miei occhi sanguinavano, ma ne è valsa la pena.
Tempo fa lessi una fanfic meravigliosa su di loro della quale non ricordo il nome in cui Oikawa era appassionato di astronomia. Nulla, l'idea si è radicata in me e da quel momento la passione per l'astronomia di Oikawa è una specie di caratteristica canon.
Mi rendo conto del fatto che la storia non è nulla di che, a tratti anche un po' scontata, ma io mi sono divertita molto a scriverla e a mettermi in gioco con una challenge.
E nulla, ecco tutto.
Se avete voglia di commentare non mi arrabbio, giuro! Anzi fatelo!!
A presto!
Adieu,

El.
P.S. Per i curiosi "M45" e "chioccetta" sono altri modi per chiamare le pleiadi.
   
 
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