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Autore: BaschVR    28/07/2009    4 recensioni
“E’ così strano?” domandò Cissnei, fissandolo a suo volta nei luminosi occhi azzurri. “Difficilmente rivivrò un’esperienza del genere. Me lo sento. Però… non so, ma il sole, il mare, la gente che ride… qui si respira un’altra atmosfera rispetto a quella che c’è alla ShinRa. E poi, il poter stendersi qui, senza preoccupazioni, a guardare il cielo attraversato dalle nuvole, o le stelle, la notte… è tutto diverso. A Midgar non si riescono a vedere nemmeno le stelle. O almeno, non dall’interno della città. Troppe luci, credo”.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli scuri, sorridendo. “Non è strano per niente. Anzi, sai che ti dico? Questo è il luogo dove ritorneremo, insieme, quando le cose alla ShinRa si saranno sistemate!”

[Remake di After Crisis]
Genere: Dark, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cissnei, Cloud Strife, Scarlet, Tseng
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core
Capitoli:
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After Crisis: Selfless


 
Note iniziali

Salve! Vorrei darvi qualche precisazione sulla long fic che sto per cominciare.
Questa, in realtà, è una storia un po’ vecchiotta pubblicata da me su questo sito all’incirca un anno fa. Era una storia assai strana, a dir la verità, piena di luoghi comuni, oltremodo scontata e prevedibile, ma al tempo stesso singolare (o almeno, io la consideravo così); e per quanto all’epoca mi piacesse, devo ammettere che rileggendola oggi difficilmente potrei non mettermi le mani sui capelli e scappare terrorizzato al pensiero di cosa scrivessi appena un anno fa.
Ma comunque, tralasciando il discutibile stile, devo ammettere che con questa storia ho seguito un processo di formazione davvero straordinario, che mi ha portato in breve tempo a migliorare di molto il mio modo di scrivere (non che adesso io sia arrivato a livelli eccelsi, ma credo sicuramente di cavarmela meglio rispetto ad un anno fa).
Ed è per questo che ho deciso di creare un “remake” per la prima fan fiction che sono riuscito a concludere su questo sito, e che tanto mi ha aiutato a crescere e ad abbandonare il pluri-abusato finale “E vissero tutti felici e contenti”.
Chi ha già letto la versione originale di After Crisis  spero che ritrovi un senso piacevole di Déjà vu, nonostante molti avvenimenti siano stati cambiati: a cominciare dal titolo della storia (in cui adesso figura anche il sottotitolo Selfless, perché in effetti la storia narra appunto della ricerca di sé stessi), per passare dal cambiamento di molti avvenimenti della trama, dall’aggiunta di qualche flashback e dalla modifica del finale (quello di prima era troppo aperto, vorrei dare un preciso punto di vista che aiuti a collegare tutta la vicenda tramite una sorta di cerchio che si chiude).
Al contrario, per chi non ha letto la versione originale, qualche precisazione: Questa fan fiction descrive, seppur in modo piuttosto fantasioso, la catena di eventi che da Crisis Core portò a Final Fantasy VII. Quindi darò una mia interpretazione su cosa successe a Cloud e su come lui arrivò a Midgar dopo la morte di Zack, sul ruolo di Cissnei in tutto questo e su molte altre domande ancora avvolte nell’ombra sugli altri protagonisti della storia.
Se vi ho anche minimamente interessato, vi auguro una buona lettura, altrimenti potrete chiudere la storia e chi si è visto si è visto! XD
Divertitevi! (e scusate le colossali note d’autore!)






Capitolo 1: The place I’ll return someday

C’era qualcosa di ammaliante nell’eterea bellezza di Midgar, la notte. Se ammirata dalle colline adiacenti la città, Midgar appariva come una tentazione, la città utopica, il centro del mondo. Beh, in un certo senso lo era. Ma da quelle colline, si riusciva ad avvertire la poesia di quella città, così unica e inimitabile, ma al tempo stesso banale e scontata. Così amata, ma al tempo stesso anche odiata, dai suoi abitanti.
Una distesa infinita di luci e ombre; i lampioni apparivano simili a lucciole da quella distanza, immobili mentre tutto, attorno a loro, cambiava; i fanali delle automobili, appena visibili, si muovevano per le oscure strade di Midgar, rischiarandole.
Dalle colline, poi, non si avvertivano nemmeno rumori. Non il rombo dei motori delle automobili, né la musica troppo alta di una sporca discoteca del quartiere malfamato della città, né le urla degli ubriachi che venivano cacciati dai locali all’ora di chiusura.
Da quella distanza, Midgar era la città ideale. Le sue luci rischiaravano a giorno il cielo che le stava sopra; i rumori si perdevano nell’aria, sostituiti dal canto dei grilli in estate. All’orizzonte, poteva già scorgersi la rosea aurora, che illuminava Midgar del suo tipico bagliore rosato.
Era la città teatro di drammi, felicità nascoste e di grosse risate; le vite che vi si intrecciavano la rendevano unica, straordinaria, diversa da qualunque altro centro abitato del pianeta. Era una città straordinaria.
Cissnei aveva sempre pensato questo, della sua Midgar. Non era nata lì, ma tuttavia, sentiva di appartenere a quella città dal primo momento in cui vi aveva messo piede, appena bambina, quando aveva oltrepassato le grandi porte della città con la meraviglia dipinta nei suoi grandi occhi nocciola. Ormai non ricordava nemmeno con sicurezza il posto dove era nata; quelle memorie erano state semplicemente sostituite dallo splendore celeste della Midgar silenziosa di quella collina.
Midgar. La sua casa.
La ShinRa. La sua famiglia.
Fino a quel momento era stato tutto così semplice. In effetti, non si era mai resa conto del perché obbedisse alla ShinRa, o del perché si stesse così bene nei Turk. Solo ora capiva che era per riconoscenza, per sdebitarsi con coloro che erano stati tanto generosi con lei. Era stato facile lavorare alle missioni che, in quanto Agente dei Turk, le venivano assegnate; si era fatta parecchi amici, come Reno, Rude, o Tseng; aveva riso insieme a loro, e aveva sempre superato brillantemente le difficoltà che i suoi nemici le avevano piazzato davanti. Aveva ormai perso il conto dei malviventi che erano caduti sotto il suo scarlatto Shuriken. Non aveva mai messo in discussione di fare del bene, che, in effetti, tutta la ShinRa lavorasse solo per fare del bene al prossimo. No, non l’aveva mai messo in discussione.
Almeno, fino a quel momento. Tutto era crollato da quando era successo.
Nulla era più lo stesso da quando Zack era morto.
Perfino in quel momento, su quella collina, mentre guardava la città che amava e che l’aveva accolta, non riusciva più a sentire la magia e la serenità che la vista della Midgar notturna di solito le donava. Tutto appariva così vuoto…
L’aria fresca della notte le solleticava il volto. Alcune libellule volteggiavano libere vicino ad un piccolo stagno, lì vicino, attirate dalla specchio d’acqua che le rifletteva. Nell’aria, un forte odore di fiori, forse di rose. La linea dell’orizzonte si tingeva del pallido colore dell’aurora, e il blu della notte cominciava a lasciare il passo ad un più leggero azzurro, che avrebbe preceduto il giorno vero e proprio. Era quasi l’alba.
Era stata tutta la notte ad osservare Midgar, a sentire i grilli cantare, ad ascoltare la silenziosa melodia delle libellule che danzavano sulla superficie dello stagno. Era stata tutta la notte immersa nei suoi pensieri.
Fu quando le luci di Midgar si spensero, restituendo un po’ di stelle al cielo, che Cissnei sentì alcuni passi alle sue spalle. Passi lenti, controllati, calmi. Passi di un visitatore capitato lì per caso, magari per osservare la splendente bellezza dell’alba infuocata.
Fu solo quando il misterioso visitatore si mise accanto a lei, e quando la luce rosea dell’aurora lo illuminò, che Cissnei lo riconobbe. Avrebbe riconosciuto ovunque la bruna figura che le stava accanto.
“Salve, Tseng” sussurrò, continuando ad osservare il sorgere del sole.
Il Turk chiamato Tseng guardò il profilo della ragazza illuminato dai primi raggi solari, e si scostò una ciocca di capelli dal volto.
“Sapevo che ti avrei trovata qui” disse poi lui, osservandola con attenzione.
“Sono così prevedibile?” domandò Cissnei, con un mezzo sorriso ironico.
“La ShinRa riesce sempre a rintracciare i propri dipendenti” rispose il Turk, senza smettere di osservare il suo pallido viso.
Un sorriso increspò le labbra della fanciulla, che non smise di osservare l’orizzonte incandescente.
Tseng si stupì ad osservare l’alba riflessa nei suoi occhi. Avrebbe solo desiderato che Cissnei lo guardasse. Che lo perdonasse, che non lo giudicasse colpevole per la morte di Zack.
A dir la verità, lui non aveva quasi avuto ruolo nella serie di eventi che avevano portato alla rovina Zack Fair e quell’altro fante della ShinRa che viaggiava con lui. Aveva solo eseguito gli ordini che gli erano stati imposti dai suoi superiori. Ma non era una colpa quella.
D’altra parte, però, era difficile dare la colpa ad una singola persona per ciò che era accaduto. La colpa era forse di Zack e della sua insubordinazione? O dei mille soldati della ShinRa che lo avevano colpito? No. Sarebbe stato troppo facile.
“Ti avevo già visto molte volte andare su questo promontorio. Hai proprio ragione a voler venire qui: la vista su Midgar è splendida” esclamò lentamente Tseng, senza sapere cosa dirle con esattezza. Stava evitando di toccare l’argomento per cui era venuto in realtà, perché sapeva che non sarebbe riuscito a restare calmo in risposta alle accuse che la ragazza gli avrebbe rivolto contro.
“Lo so. Vengo qui da quando avevo 9 anni” rispose Cissnei, ancora con lo sguardo perso tra i primi raggi solari che cominciavano a far risplendere di luce Midgar.
Un silenzio imbarazzante si insinuò tra loro due. Tseng non trovava le parole giuste per cominciare un amaro discorso che, ne era sicuro, non avrebbe avuto nemmeno la forza di portare avanti. Ma fu Cissnei che infine parlò, e dalla sua voce trasparì tutto il disprezzo che in quel momento aveva in corpo.
“Perché sei venuto?” aveva chiesto, guardandolo per la prima volta nei profondi occhi scuri.
Tseng non aveva risposto subito, chiedendosi quali parole fossero più adatta per introdurre quel delicato discorso.
“Vedi” annunciò poi, con voce ferma “Sono stato mandato qui… per portarti via con me” enunciò, cercando di reprimere l’inquietudine che provava attraverso il suo naturale tono calmo e pacato.
“Comincio ad essere un problema per la ShinRa?” chiese Cissnei, incrociando le braccia.
“La cosa è seria! Non ti presenti da tre giorni al quartier generale dei Turk, sai che potresti essere cacciata per insubordinazione?” chiese Tseng, alterandosi più di quanto avrebbe voluto.
Passò un lungo secondo prima che Cissnei rispondesse, chinando lo sguardo verso l’erba verde che ricopriva la scoscesa collina. I suoi occhi individuarono la rugiada del mattino sull’erba, simile a lacrime splendenti alla luce del primo sole.
“Ormai non me ne importa nulla da molto tempo” rispose tristemente, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Ma…” esclamò Tseng. Come poteva Cissnei stare voltando le spalle a tutto ciò che era stato suo per una vita? “Cosa diavolo stai dicendo?” sbottò infuriato. “Ho ricevuto il preciso ordine di portarti con me da parte di Scarlet, e sono stato autorizzato anche ad usare la forza se necess…”
Cissnei, lo interruppe, guardandolo fisso negli occhi. “Scarlet? Cosa c’entra Scarlet con i Turk?” chiese, con l’espressione seria, dimenticandosi per un momento del rancore e dell’odio che provava verso l’uomo che le stava davanti e per la corporazione di cui stavano parlando.
Tseng non rispose subito. Sembrava che stesse cercando le parole giuste per spiegare un concetto lungo e complesso senza dilungarsi troppo, come si fa con un bambino. Nascose il suo nervosismo dandosi dei leggeri colpetti sulla giacca, per far scivolare la polvere che durante il viaggio verso il promontorio vi si era depositata. Alla fine fece un lungo sospiro, e si preparò a rispondere.
“Sono tempi duri per la ShinRa. In effetti, possiamo ben dire che navighiamo nel caos. Hollander, Lazard... tutti quanti, sono andati perduti. In seguito alla loro fine, Scarlet e Hojo si sono scontrati per il controllo del Reparto Soldier, del Reparto Turk e di quello Scientifico. Alla fine, Scarlet è riuscita a strappare al Presidente ShinRa un permesso temporaneo per comandare le truppe dei Soldier e dei Turk, mentre Hojo ha ottenuto il controllo del reparto Scientifico. Diciamo che è stata una spartizione equa” concluse Tseng, con una nota di amarezza nella grave voce.
“Scarlet? Ma che diamine crede di fare?” esclamò Cissnei, in preda all’indignazione. “Credevo che il posto di direttore dei Turk sarebbe andato a te!”
Tseng abbassò lo sguardo, senza rispondere alla sua esclamazione. Era chiaro che lo pensava anche lui.
Adesso, il sole illuminava ormai il cielo limpido vicino Midgar. Il bagliore rosato dell’alba era quasi del tutto sparito. Il silenzio della notte, su quella collina, era stato sostituito dal canto degli uccelli, che acclamavano il giorno appena iniziato.
“Vieni con me” sussurrò poi Tseng, dopo qualche minuto passato ad osservare lo spettacolo della Midgar ormai sveglia. “Non mandare tutto all’aria… per Zack. Immagino di sapere quello che provi, ma…”
“No” lo interruppe Cissnei. “Non sai niente di cosa provo. E diciamoci la verità, nemmeno ti interessa. Sei soltanto annebbiato dalla tua posizione, ammettilo! Persino adesso, quando hai visto sfumare davanti a te il sogno di una vita, non hai fatto altro che eseguire gli ordini che gli altri ti hanno dato, coinvolgendo anche me in questa tua follia! No, non verrò con te, mi dispiace” disse la ragazza, con un espressione determinata in volto. Non voleva, non poteva, non doveva più sottostare agli ordini della ShinRa. O almeno, non dopo quello che quest’ultima aveva fatto a Zack. Non avrebbe mai finito di ripeterselo. Lei e la ShinRa avevano chiuso per sempre.
“Non fare la stupida!” le urlò Tseng, contrariato, così forte che alcuni uccelli spiccarono il volo dagli alberi vicini, verso il cielo. “Adesso vieni con me e chiuderemo una volta per tutte questa storia. Anche se provassi a scappare, nel giro di un giorno o due saresti ripresa dalla truppe della ShinRa, e in tal caso, sono sicuro che saresti mandata a marcire nelle prigioni! Fai la cosa giusta. Sii ragionevole”.
Cissnei adesso riusciva a sentire una sottile brezza attraversala, da parte a parte. Non disse nulla, ancora impegnata a rimuginare.
“Forza, andiamo” disse Tseng, in un tono piatto che non ammetteva repliche di alcun genere. Si voltò e cominciò ad incamminarsi alle sue spalle. “Devo ancora andare a sorvegliare l’Antica, e non voglio arrivare in ritardo”.
“Io…” cominciò Cissnei, senza sapere esattamente cosa dire. I suoi occhi andarono involontariamente verso il suo Shuriken, piantato lì vicino, nella brulla ed incolta terra della collina. Un solitario raggio di sole fece splendere la superficie di metallo scarlatto.
Il vento, ancora una volta, le solleticò il volto.
L’aria trasudava del primo tiepido calore del giorno.
E all’improvviso, in preda ad un impeto di follia, o forse di genialità, seppe che cosa doveva fare. Perché quel vento, il sole che splendeva, la bellissima giornata che stava sorgendo, tutto rimandava a quel pomeriggio colorato d’ambra, di parecchi anni fa, che aveva trascorso insieme a lui.
La sua mano si strinse forte all’arma. Il metallo non era freddo come si era aspettata, ma, al contrario, ardeva della stessa fiamma che sentiva dentro di sé. Con precisa determinazione, lanciò lo Shuriken all’altezza della nuca dell’uomo che aveva di fronte.
Tseng, voltandosi nuovamente verso di lei, non si rese nemmeno conto di quello che esattamente successe in seguito: il tempo di avvertire un sibilo fendere l’aria, e già subito dopo si ritrovò lungo disteso, con il viso a contatto con l’umida terra della collina. Non era mai stato un tipo vendicativo, ma mentre perdeva i sensi, non sapendo nemmeno se sarebbe sopravvissuto, decise che gliela avrebbe fatta pagare. Per tutto quello che, in quell’alba macchiata del suo sangue, lei gli aveva fatto passare.
Adesso gli uccellini non cantavano più. Cissnei si avvicinò al corpo esanime di Tseng, e lo osservò da vicino. Le profonde occhiaie, la pelle tirata… tutti sintomi della sua preoccupazione. Probabilmente, neanche lui se la passava bene, in quel periodo.
“Scusami” sussurrò Cissnei. Avvicinò le sue labbra alla guancia dell’uomo, incurante del sangue che la attraversava, e ve le poggiò sopra, appena, sfiorando la sua pelle. Anche se non glielo aveva mai detto, sentiva di volere molto bene a Tseng. Quasi come ad un fratello maggiore. “Perdonami, ti prego” sussurrò ancora, mentre le si inumidivano gli occhi. “Ci rivedremo presto”. Nonostante quelle ultime parole, Cissnei non riuscì a non pensare a quel bacio come ad un Bacio di Giuda.
In un modo o nell’altro, lo aveva tradito. Aveva tradito lui e tutta la sua famiglia.
Forse gli uccellini non cantavano più, né sentiva quella brezza fresca sul suo volto. Ma era comunque ed inequivocabilmente una nuova e bellissima giornata, appena iniziata e, per la prima volta da quando lavorava alla ShinRa, veramente sua.
Libera, mosse alcuni passi nella direzione opposta alla grande città da cui era sempre stata ammaliata ma al tempo stesso prigioniera. Davanti a lei si spalancava una nuova vita, mentre nella sua mente riviveva il ricordo che le aveva data la forza necessaria per cominciare, finalmente, a vivere.






Flashback

Il sole aveva ormai iniziato il suo declino, ben oltre lo zenit, tramontando verso il limpido mare di Costa del Sol. Il cielo, il mare, la sabbia smossa dalle onde, tutto sembrava risplendere sotto lo sguardo ardente del sole.
Un gabbiano volava alto, nel cielo, emettendo con vigore il suo stridulo richiamo; poi si tuffava in picchiata, sull’oceano, alla ricerca di una preda con cui concludere degnamente la giornata.
E poi, urla di bambini che giocavano, il ritmico fragore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia dorata, l’odore di salsedine che regnava incontrastato, le risate... quel luogo sapeva di serenità. Dovunque si fosse guardata, non avrebbe visto altro che visi allegri, pronti a dimenticare e a lasciarsi alle spalle tutto ciò che di brutto era capitato nella loro vita.
Cissnei, ancora in costume da bagno, era seduta in riva al mare, osservando le onde tingersi di un bagliore arancio sempre più intenso. Una sottile brezza estiva la rinfrescava dall’afosa giornata che era ormai solo un ricordo lontano.
Le capitava spesso, in quei giorni, di riflettere sui più recenti avvenimenti. La morte di Angeal, la scomparsa di Hollander, l’improvviso congedo di Zack e la sua missione di vigilarlo, lì, sotto il sole cocente di Costa del Sol.
La vita, in quel paradisiaco luogo, in effetti, non era male. Per la verità, non sarebbe stata male nemmeno tra i ghiacci del Nord, se questo avrebbe significato avere Zack al suo fianco. Sentiva che lo avrebbe seguito in capo al mondo. Non avrebbe potuto chiedere di meglio di restare con lui, per sempre.
Ultimamente passavano parecchio tempo insieme. Tseng non amava particolarmente il sole, e quindi usciva dalla sua camera in albergo molto di rado. Di conseguenza, Cissnei passava gran parte della giornata da sola con Zack, a parlare e ridere tra una nuotata e l’altra. Aveva imparato molte cose nuove sul suo conto, e non passava giorno in cui non smettesse di apprendere su di lui.
Zack sembrava felice e rilassato, in quel luogo. Probabilmente doveva piacergli molto. Eppure, una nota di malinconia e di tristezza aleggiava ancora nei suoi occhi. Aveva l’aria di un ragazzino costretto a crescere contro la sua volontà. Aveva perso Angeal, il suo mentore, forse la persona che significava di più per lui; e questo lo aveva cambiato. Lo aveva reso più… adulto. O forse l’aveva solo reso più consapevole di ciò che significava essere vivi, in quel mondo. Il poter sparire in un lampo, nonostante fama, onore, rispetto… e rimanere solo un ricordo. La morte è sempre un’esperienza drammatica.
Un’onda si infranse fragorosamente davanti a lei, riportandola davanti a quel magnifico tramonto. Era così bello quel luogo... sarebbe rimasta lì per sempre, se ne avesse avuto la possibilità. Il color ambra acceso del sole le illuminava il viso. Il mare era una grande distesa infuocata, simile a lava bollente; e la spiaggia deserta era l’argine che impediva all’oceano di invadere la terra.
“E’ davvero meraviglioso, vero?” chiese una voce alle sue spalle. Fragore di passi, dietro di lei, che smuovevano la sabbia.
“Zack!” esclamò Cissnei, voltandosi verso il ragazzo appena arrivato. “Non ti avevo sentito arrivare, scusami”.
“Nessun problema” disse il ragazzo, sedendosi accanto a lei. “Eri troppo rapita dalla bellezza di questo tramonto?” chiese, perdendo il suo sguardo cristallino tra le onde ramate dell’oceano.
Cissnei si ritrovò a sorridere. Zack riusciva sempre a metterla di buon umore, qualunque cosa dicesse. “Probabile” si ritrovò a rispondere, prendendo una manciata di sabbia con la mano destra. “Trovo che… faccia riflettere.”
Nessuno dei due parlò per qualche minuto. Cissnei giocherellava con la sabbia che aveva sulla mano, osservandone i meravigliosi riflessi che donavano gli ultimi raggi di sole della giornata. Zack invece guardava le nuvole rosate che, in lontananza, si perdevano nella luce abbagliante del sole.
“Va tutto bene?” chiese d’un tratto Zack, posando il suo sguardo sul viso della ragazza.
Un gabbiano volò alto nel cielo, verso la costa. Cissnei si mise ad osservarlo, prima di rispondere. “Si, perché?”.
“Non so... sembri… pensierosa?” azzardò Zack.
Cissnei incontrò gli occhi del ragazzo con i suoi, sorridendo dolcemente. “Beh… in effetti, si, stavo pensando”. Di nuovo lesse quella tristezza attraversare lo sguardi limpido del ragazzo e, costernata, abbassò lo sguardo verso la sabbia dorata.
“Non è facile godersi una vacanza del genere cercando di immaginare cosa stia succedendo lì fuori” cominciò Zack, con lo sguardo nuovamente fisso al tramonto. “Io continuo a pensare in che difficoltà deve essere in questo momento la ShinRa, ad Hollander, ad…”
“…Aerith?” chiese Cissnei, divertita.
Zack si ritrovò un po’ imbarazzato. Le guance si imporporarono, mentre farfugliò “Beh… si… anche…” .
“Tranquillo, è naturale il fatto che tu la pensi!” esclamò la ragazza, assaporando la brezza di mare che in quel momento si era alzata. “Non hai nemmeno avuto il tempo di salutarla... immagino si stia chiedendo che fine tu abbia fatto!”
“Si, forse” esclamò Zack, con un espressione colpevole in volto.
Cissnei non poté fare di rinnovare la sua cristallina risata, ancora una volta,  sogghignando della sua preoccupazione. “Tranquillo” disse poi, non appena l’eco delle sue risate si fu spento nella tiepida aria del tardo pomeriggio. “Sono sicura che se tiene davvero a te, lei capirà”.
Ormai il sole stava tramontando oltre il vasto oceano. Il cielo si tingeva del viola del crepuscolo. Un'altra afosa serata stava per arrivare.
“Sai che ti dico?” disse poi Zack, posandole una mano sulla spalla. “Forse dovremmo davvero fare quello per cui siamo stati mandati qui. Una vacanza. Non è difficile, no? Basta solo... divertirsi! Ormai siamo qui da due settimane, non manca molto prima che ci richiamino in servizio… tanto vale utilizzare questo lasso di tempo che ci rimane cercando di rilassarci il più possibile, giusto? Allora dimentichiamoci dei nostri problemi! Pensiamo solo…” e si interruppe, guardando la linea in cui il mare e il cielo si fondevano “… a questo luogo meraviglioso” concluse, sospirando.
Cissnei poteva sentire la morsa gentile della mano sulla sua spalla. Era un contatto che trasmetteva calore, affetto, determinazione. Stavolta gli era vicino come non mai.
“E’ vero, quelli che stiamo vivendo sono dei giorni stupendi” rispose la ragazza con un sorriso, scostandosi una ciocca scarlatta dal viso. “Sai,” aggiunse poi, mentre gli ultimi raggi del sole si affievolivano oltre l’oceano. “questo è il posto dove mi piacerebbe tornare, un giorno”.
Zack la osservò, curioso.
“E’ così strano?” domandò Cissnei, fissandolo a suo volta nei luminosi occhi azzurri. “Difficilmente rivivrò un’esperienza del genere. Me lo sento. Però… non so, ma il sole, il mare, la gente che ride… qui si respira un’altra atmosfera rispetto a quella che c’è alla ShinRa. E poi, il poter stendersi qui, senza preoccupazioni, a guardare il cielo attraversato dalle nuvole, o le stelle, la notte… è tutto diverso. A Midgar non si riescono a vedere nemmeno le stelle. O almeno, non dall’interno della città. Troppe luci, credo”.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli scuri, sorridendo. “Non è strano per niente. Anzi, sai che ti dico? Questo è il luogo dove ritorneremo, insieme, quando le cose alla ShinRa si saranno sistemate!”
Cissnei si ritrovò contagiata dalla serenità che emanava Zack. “Non dimenticare di portare anche Aerith, però...”
“Già!” esclamò Zack, ancora più eccitato per il progetto. “E tu di portare... ehm…”
Il ragazzo la guardò, incerto su che nome pronunciare. Cissnei abbassò lo sguardo, per non far notare gli occhi pieni di lacrime.
“Di portare… Reno?” concluse Zack, con un’occhiata dubbiosa.
“Reno?” chiese Cissnei, osservando la baia per non incrociare il suo sguardo.
Zack sembrava parecchio imbarazzato. “Beh, vedi... è da tanto che ti ronza intorno, quindi pensavo che magari, anche tu…”
“Che cosa?” chiese Cissnei in tono divertito. “No… non credo di provare qualcosa per Reno! E’ soltanto un caro amico per me! E poi non è vero che mi ronza intorno!”
“Ma come! Bisognerebbe essere ciechi per non vedere come ti scorrazza intorno!”
“Ma no, te lo stai inventando!” 
“Se lo dici tu…” sbuffò Zack divertito, alzandosi. “Il punto è che potrai invitare chiunque ci sarà nella tua vita in quel momento! Ora, entriamo? Comincio ad avere fame!”
“Vengo tra un minuto” rispose Cissnei, ancora seduta sulla riva del mare sempre più scuro sotto l’ormai violaceo cielo.
“Il luogo dove ritornerò un giorno? E’ forse questo?”.
La risposta era implicita persino nel ritmico rumore delle onde. Sarebbe stata lei a decidere cosa fare nel futuro.

Fine Flashback





Reno sbadigliò sonoramente, mentre misurava a grandi passi il perimetro dell’edificio che proteggeva ormai da parecchie ore. Qualche timido raggio di sole si insinuava tra le fenditure del piatto, per poi posarsi sullo stretto sentiero che stava sorvegliando. Alle sue spalle, si stagliava verso l’alto una chiesa abbandonata.
Dovevano essere parecchi anni che quella chiesa non veniva più utilizzata. Lo stile della struttura era gotico, ma al tempo stesso un po’ grezzo e poco lavorato. Gran parte dei vetri delle finestre erano rotti, le pareti erano state corrose dal tempo e dall’usura.
Controllò nel suo orologio l’ora. Le 7:31 del mattino. Dove diamine era finito Tseng? Avrebbe dovuto essere lì da almeno mezz’ora! Eppure non arrivava nessuno, e lui era ancora lì, a sorvegliare l’Antica nonostante il suo turno fosse già finito da un pezzo.
Ispirò l’aria fresca della giornata appena iniziata, ripercorrendo col pensiero la notte appena trascorsa. A quanto pare, Aerith aveva deciso di dormire in chiesa, quella notte, probabilmente per riuscire a vedere il cielo sopra di lei, attraverso il tetto fatiscente del luogo di culto. In verità, il  compito di Reno non era stato molto difficile; gli era bastato appoggiarsi ad una delle pareti in pietra della chiesa ed attendere un nemico sconosciuto, senza nome né volto, che mai sarebbe arrivato a disturbare la quiete di quella notte. Quello che era stato complicato e che aveva richiesto una notevole forza di volontà da parte sua, era stato il trattenersi dal lasciare la postazione per correre da lei.
Una notizia era giunta, un paio di giorni prima, alla ShinRa. Il ritrovamento di Zack Fair. Morto. Ucciso dalla sua stessa famiglia.
Era stato un duro colpo per tutti loro. Lui stesso conosceva Zack, avevano affrontato missioni insieme, condiviso opinioni, pareri, dolori; lo aveva considerato una persona fidata, un alleato. Ma in un attimo, tutto ciò era svanito. Seppellito dalla misera fine di un uomo che forse non era suo amico.
In quel tragico quadro, però, la persona che ne aveva sofferto di più era stata Cissnei. Si era estraniata da tutti ormai da un paio di giorni; nessuno aveva idea di dove fosse finita. Rude gli aveva detto di lasciarle tempo, di non cercarla, di non fare assolutamente nulla che andasse al di fuori della solita routine di ordini della ShinRa; eppure, non era così semplice distrarsi. Ogni momento poteva essere quello decisivo. E se Cissnei fosse fuggita, per sempre? E se non si fosse mai più fatta trovare dalla ShinRa? Non poteva permetterlo. Avrebbe voluto trarla a sé, abbracciarla, dirle che per lei era importante; e poi baciarla, farle capire i suoi sentimenti, stare con lei, per sempre. Ma se Cissnei se ne fosse andata, nulla di tutto questo si sarebbe avverato. Mai.
Le 7:34. Tseng era andato a cercare Cissnei per ordine di Scarlet. Dove diamine era finito? Sarebbe dovuto tornare, ormai. Dopotutto diceva di sapere dove fosse Cissnei. E poi sarebbe dovuto venire lì per dargli il cambio nel controllare Aerith. Perché diamine tardava?
Basta. Se solo avesse tardato un altro minuto avrebbe lasciato Aerith in balia del suo destino. Non gli importava niente di trasgredire gli ordini. Trovare Cissnei era senz’altro la sua priorità.
Stava per muoversi dalla sua postazione, quando sentì il rumore di passi sull’asfalto coperto da un sottile terriccio. Tseng stava camminando verso di lui, l’espressione seria, i vestiti sporchi di fango e con un lungo taglio che gli sfregiava il volto, diagonalmente, da cui, copioso, fuoriusciva sangue dall’intenso colore scarlatto.
Mentre con una mano si tamponava la ferita, con l’altra fece segno a Reno di avvicinarsi.
“Ma che diavolo ti è successo? Sembra che un camion ti sia passato in testa!” esclamò il ragazzo, osservando attentamente la ferita che l’uomo esibiva al mondo.
“Fa’ silenzio! Hai qualcosa per tamponare il sangue?” domandò sbrigativo Tseng, con un tono freddo e distaccato.
Reno cercò nelle proprie tasche, rivoltandole. “No, mi dispiace” rispose poi, constatando di non avere nulla che facesse al caso di Tseng.
“Non importa” sussurrò quello in risposta, sfilandosi la giacca d’ordinanza dei Turk e rimanendo in camicia bianca e cravatta.
“Adesso vuoi dirmi che è successo?” domandò nuovamente Reno, guardandolo in attesa di una spiegazione.
Tseng non rispose, limitandosi a tamponare il volto con la giacca.
“Quello non andrà via facilmente” borbottò pensieroso Reno, indicando il sangue ormai raggrumato sul viso di Tseng e lo sporco sulla giacca.
“Ma mi renderà più spaventoso, rendendo minimo il rischio di attacco da parte di un nemico” concluse ironico Tseng.
Attorno a loro, i Bassifondi di Midgar stavano svegliandosi; il brusio di centinaia di voci al mercato si era fatto più forte, incrementando sempre più, ogni minuto che passava.
“L’hai trovata?” chiese poi Reno, titubante. Sapeva che Tseng aveva capito a chi si riferiva.
Senza rispondere, l’uomo fece segnò con la testa di sì.
“Ma...!” esclamò Reno. Dentro di lui, fu come se un macigno si fosse disciolto nell’etere. “E sta bene? E’ ferita? Dove…?”
“E’ scappata” esclamò Tseng, senza muovere un muscolo, con lo sguardo fisso in un punto non  precisato davanti a lui.
Reno non comprese appieno il suono di quelle parole, inizialmente. Esse riecheggiarono vacue e prive di significato per la sua mente, senza trovare un filo logico che le interpretasse nel giusto modo. Successivamente, la consapevolezza della disgrazia accaduta lo colpì in pieno, con la forza di un mare che rende naufrago l’uomo.
“Scappata? Come sarebbe a dire scappata?! E tu non gliel’hai impedito?!”
Tseng indicò lo sfregio sul volto, spazientendosi.
“E perché diamine non l’hai inseguita?!” urlò Reno, suscitando l’indignazione di alcuni piccioni lì vicino, che volarono via spazientiti.
“Perché le direttive per la missione sono cambiate” rispose Tseng, con il suo solito tono calmo e distaccato. Reno ebbe voglia di lanciargli un pugno e farlo sanguinare ancora di più. “Ho ricevuto da Scarlet l’incarico di badare ad Aerith”.
“Che cosa?” sbottò Reno, contrariato “Quella stupida non ha mandato nessuno alla ricerca di Cissnei?”
“Ehi, ti ricordo che quella stupida è il nostro nuovo capo,” rispose Tseng “che a proposito, per la tua gioia, ha già dato disposizione affinché un Turk la riporti indietro”.
“Bene” disse Reno, un po’ imbarazzato dopo la figura che aveva fatto con l’altro. “Chi ha scelto?”
Tseng lo guardò, inarcando leggermente le sopracciglia.
“Te” disse poi, tranquillamente, continuando a tamponarsi la ferita.
“Che cosa?! E perché mai avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Io…”
Tseng lo prese per un braccio, forte, bloccandogli quasi la circolazione. “Tu cosa? Non era forse questo quello che volevi? Non stavi forse mollando tutto per andare a cercarla?!”
“Ahia, mi fai male!” esclamò Reno, liberandosi dalla presa e massaggiandosi il polso e l’avambraccio. Ma che aveva Tseng? Sembrava come... fuori di sé.
“Scusami. Non intendevo farlo…” esclamò subito dopo Tseng, confuso ed assente al tempo stesso. A Reno sembrò come impazzito.
“E’ tutto a posto… tranquillo” sussurrò poi, mentre guardava i segni rossi che le sue dita gli avevano lasciato. “Vado alla ShinRa per avere le direttive necessarie per la missione, poi partirò subito”.
Si voltò e, a grandi passi e superò l’ombra che la chiesa proiettava davanti a sé. Mentre si incamminava a passo svelto verso una nuova missione, si chiese se fosse saggio lasciare uno Tseng in quelle condizioni insieme ad Aerith.
“Trovala!” esclamò una voce alle sue spalle, abbastanza forte affinché potesse sentirlo. Vide Tseng rivolgergli un breve cenno di saluto, con un sorriso mascherato dalla giacca che si premeva sul viso.
Reno non riuscì a trattenersi, e scoppiò in una fragorosa risata che risvegliò l’ambiente circostante. No, non riusciva ad arrabbiarsi con quello che considerava come il suo saggio fratellone. Nonostante tutto quello che era successo, o quello che sarebbe stato in futuro, il ragazzo capì di non aver perso ancora nulla. Avrebbe ritrovato Cissnei, finalmente, e poi sarebbero stati insieme. E il fantasma di Zack Fair sarebbe svanito, prima o poi.
Fece l’occhiolino a Tseng e, mentre lo salutava, si disse che tutto era ancora da decidere, e che il gioco era appena iniziato.


Fine Capitolo 1


Ed ecco qui il primo capitolo di questa fan fiction. Cosa ve ne pare? So che in pratica non accade quasi nulla, ma questo capitolo serve da base per i prossimi, che vi prometto saranno pieni di avvenimenti importanti ai fini della trama. Mi rendo conto che Cissnei, inizialmente è un tantino fuori di sé, ma non ho voluto mettere OOC negli avvisi proprio perché in effetti la ragazza è distrutta dalla morte di Zack, ed e quindi naturale che si comporti così. Stessa cosa per Reno, che qui, a quanto pare è preoccupato per la sua Cissnei e quindi non è molto giovale (qualcuno mi ucciderà per l’aggiunta del potenziale pairing Cissnei x Reno, ma sorvoliamo!).
E veniamo adesso alle dediche e hai ringraziamenti: dedico questo capitolo al mio amico Bankotsu che oggi 28 Luglio compie gli anni (234 anni esatti, mica pochi!) e lo ringrazio per lo stupendo banner da lui creato che potete ammirare ad inizio pagina! Grazie Bank!
Spero che il capitolo piaccia, poiché personalmente non ne sono molto convinto, secondo me avrei potuto anche fare di meglio… spero di migliorare col passare dei capitoli!
Un’ultima nota, prima di lasciarvi: la velocità d’aggiornamento non è proprio la mia principale caratteristica. Essendo impegnato con più long fic diverse, inoltre, credo che passerà qualche mese prima che io aggiorni nuovamente... spero comunque di fare in fretta!
Al prossimo capitolo! Ciao!


   
 
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