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Autore: meilunye    13/08/2019    1 recensioni
{ Inamori Asuto x Haizaki Ryouhei || Scritta usando il prompt #4 del Writober 2018 di Fanwriter.it (segreti) }
Asuto conosce molti lati di Haizaki che la maggior parte delle persone ignora, tanti piccoli segreti a cui tiene più di ogni altra cosa.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note
{ Inamori Asuto x Haizaki Ryouhei || ~4120 parole }
Questa fanfiction fa parte di quelle poche che avevo scritto per il Writober di Fanwriter.it (prompt #4, "segreti"), prima che iniziasse Orion e dividesse i miei bambini (?). Un po’ di fluff smielato e semplicino perché devo prendere la mano con questa coppia, visto che la shippiamo tipo in due e mi piacerebbe scrivere più cose su di loro ;_;
Buona lettura!


 


 

Se c’era una cosa di cui Asuto era terribilmente orgoglioso, era la sua amicizia con Haizaki Ryouhei. Il loro era un rapporto molto strano, non poteva negarlo, ma finalmente dopo tanto tempo avevano lasciato da parte ogni sorta di contrasto ed erano semplicemente due buoni compagni che si prendevano in giro a vicenda. O, per meglio dire, era lui a stuzzicare Haizaki e a ridere delle sue reazioni imbarazzate.

In realtà, fin dall’inizio era stato tutto un suo sforzarsi di conoscerlo meglio. Lo seguiva come un cagnolino nonostante le brutte risposte che gli venivano riservate, lo fermava dopo le partite e gli allenamenti, lo bloccava per strada quando lo incontrava. Una volta si era persino avventurato in una sala giochi pur di scambiare qualche parola con lui. Per qualche ragione che non riusciva a spiegarsi, Haizaki lo attirava come un magnete.

La parte migliore dei loro incontri era il modo in cui avvenivano: assolutamente per caso. Già, quando si trattava dell’attaccante della Seishou, Asuto si trovava sempre al posto giusto al momento giusto. E ovviamente ne approfittava ogni volta.

Se si fosse messo a raccontare in giro certe scene a cui aveva assistito, nessuno gli avrebbe creduto: il carattere da duro di Haizaki era solo una facciata, c’era un lato dolce e gentile di lui che teneva nascosto al mondo. Ma sembrava che il destino volesse mostrarlo almeno a lui, dato che mille volte lo aveva colto sul fatto proprio in momenti di estrema debolezza, che subito si erano trasformati in tanti piccoli segreti che non poteva rivelare a nessuno.

 

❀ • ❀ • ❀



Ricordava bene la prima volta che era successo. Si conoscevano da poco, avevano giocato soltanto una partita e l’unica cosa che Asuto sapeva di lui era quanto fosse strano il suo calcio, tecnicamente impeccabile eppure folle al tempo stesso. Al di là di ciò, erano ancora due perfetti estranei.

A metà pomeriggio, lui e Hiura avevano deciso di fermarsi al supermercato per comprare qualcosa da mangiare, e si erano infilati nel primo conbini che avevano trovato sul loro cammino. Mentre osservava gli snack in attesa che un aiuto divino gli suggerisse cosa acquistare, un ciuffo di capelli argentati nella corsia accanto alla sua attirò la sua attenzione.

Nella testa di Asuto si accese un campanello d’allarme. Sul momento non pensò ad Haizaki, ma solo a qualcuno di familiare, perciò quando se lo trovò davanti rimase sorpreso. E fu ancora più sconvolto quando si accorse di cosa stesse guardando: i suoi occhi pieni di rabbia erano fissi sul reparto del cibo per gatti.

Sua madre gli aveva insegnato a non giudicare mai le persone dal loro aspetto fisico, ma in effetti Asuto non immaginava proprio che Haizaki potesse amare gli animali, o addirittura averne uno.

Haizaki si voltò nella sua direzione, sentendosi osservato. Asuto si nascose con un balzo dietro agli scaffali, infilando il viso tra le scatole di cereali. Si sentiva stupido a spiarlo in quel modo, neanche fosse il protagonista di un film di spionaggio di terz’ordine. Tuttavia non voleva farsi scoprire, sapeva che se Haizaki l’avesse notato lo avrebbe scacciato via in malo modo, e lui era troppo curioso di scoprire cosa avrebbe fatto con quel cibo. Aveva un gatto a casa? Era un regalo per un amico? Un mistero.

Haizaki scosse la testa e tornò a guardare le confezioni tutte simili fra loro. Con un sospiro carico di frustrazione, afferrò una bustina e si avviò verso le casse. Solo allora Asuto si concesse di respirare e di allontanare il viso dallo scaffale.

« Che stai facendo? », la voce di Hiura lo fece saltare sul posto per la sorpresa.

« Shh! », gli ordinò subito. Il suo amico gli rivolse uno sguardo perplesso, e Asuto gli indicò con il dito il punto in cui si era allontanato Haizaki, senza osare voltarsi.

Hiura seguì quel percorso immaginario, e quando scorse il ragazzo in questione gli lanciò una seconda occhiata confusa. « Asuto, da quando sei così impiccione? », gli chiese.

Asuto si sentì punto sul vivo e mise il broncio. « Non sono impiccione! », protestò, « Sono solo curioso ».

« Beh », Hiura incrociò le braccia al petto, « In ogni caso, la tua vittima se ne sta andando ».

Momento di panico. Asuto si voltò giusto in tempo per vedere Haizaki uscire dalle porte automatiche del supermercato. Se lo stava facendo sfuggire! Salutò rapidamente il suo amico con una mano e si precipitò all’inseguimento. Non appena mise il naso fuori dal negozio, il gelido vento autunnale lo colpì come uno schiaffo in pieno viso e lo fece rabbrividire.

Haizaki non era andato molto lontano. Aveva attraversato la strada e si guardava costantemente intorno, come per assicurarsi che nessuno lo stesse seguendo. Asuto trattenne il respiro, nascosto dalle macchine e dai pullman che sfrecciavano lungo la via, e si rilassò solo quando l’altro riprese a camminare.

Seguì i suoi passi per diverso tempo, stando ben attento a non farsi mai vedere da lui. Il suo comportamento era sospetto, e lui era via via sempre più emozionato all’idea di scoprire il suo segreto.

Arrivò in un vicolo buio, e iniziò a sudare freddo. Haizaki era un duro, certo, forse anche un po’ folle, ma non sembrava il tipo da scazzottate illegali in posti poco raccomandabili… giusto? Che ci fosse qualche traffico illegale di cibo per gatti o cose del genere?

Niente di tutto questo, per fortuna. Asuto si nascose dietro l’angolo, osservandolo mentre si accucciava a terra e apriva la zip del suo zaino. Ne estrasse un piattino usa e getta e la busta che aveva comprato proprio sotto il suo sguardo. Non appena il suo contenuto toccò la plastica, un paio di sonori miagolii si udirono all’orizzonte.

Davanti agli occhi attoniti di Asuto, i due mici più piccoli che avesse mai visto in vita sua si avventarono sul cibo, divorandolo come se fosse un delizioso banchetto. Haizaki li accarezzò con il dito mentre mangiavano di gusto.

Asuto non riusciva a crederci. Eccolo lì, il temibile demone del campo, intento a nutrire piccoli randagi con l’aria di una mamma preoccupata. Non sarebbe mai più riuscito a vederlo nello stesso modo, ora che aveva scoperto un lato così dolce di lui, e ringraziò il fato che li aveva fatti incontrare quel pomeriggio.

Trattenne una risata solo per non rischiare di farsi scoprire, ma non poté risparmiarsi una foto scattata di nascosto. Non l’avrebbe mostrata a nessuno, quel sorriso gentile di Haizaki sarebbe stato il loro primo, piccolo segreto.

 

Scelse una strada differente per raggiungere Hiura. Sulla via del ritorno, incrociò Haizaki mentre attraversavano sulle strisce pedonali in direzioni opposte e gli lanciò un’occhiata complice che lui, ovviamente, non comprese.

 

❀ • ❀ • ❀



La seconda occasione si presentò molto tempo dopo. Il Football Frontier era ormai terminato e Haizaki si era unito ufficialmente alla Raimon, su richiesta di Kidou.

Sin da quando i loro rapporti si erano fatti meno tesi, alla fine della loro seconda partita, Asuto non stava nella pelle all’idea di poterlo conoscere meglio. Potevano diventare buoni amici, se solo entrambi l’avessero voluto. Quindi, la notizia del suo trasferimento lo rese senza dubbio il ragazzo più felice del mondo.

Giocare assieme a lui era un’esperienza che non avrebbe mai pensato di provare nella sua vita. Nonostante le difficoltà iniziali erano diventato molto affiatati anche sul campo… Peccato solo che non si potessero frequentare al di fuori degli allenamenti, dato che Haizaki non viveva nel loro stesso complesso di appartamenti.

Ma come al solito, gli incontri casuali compensavano questa mancanza.

Anche quel giorno era in giro per negozi con Hiura, alla ricerca di nuovi vestiti e tute da allenamento in vista dei mondiali. Asuto non amava troppo fare shopping, a differenza del suo amico, e si univa a lui prevalentemente per poter fare merenda mentre passeggiavano.

Mansaku li aveva accompagnati, e i due continuavano a isolarsi per parlare di abbinamenti di capi e di colori, come veri esperti di moda. Non capendo un’acca di quei discorsi, Asuto rimaneva sempre un paio di passi indietro, annoiato. Camminava fra i maglioni invernali, toccandoli per sentire quanto fossero soffici, controllava i messaggi sul cellulare, osservava i gruppetti di amiche intente a fare mille chiacchiere.

Un pomeriggio terribile. Benché avesse bisogno di vestiti, sceglierli, provarli e pensare a come abbinarli era troppo noioso per lui.

Quando entravano nei negozi più piccoli, in cui si faticava a muoversi, Asuto veniva semplicemente parcheggiato sulle panchine del centro commerciale come un cagnolino, a sorseggiare un bicchiere di coca cola mentre cercava disperatamente un modo di ammazzare il tempo.

La scusa perfetta non tardò ad arrivare. Mentre Hiura e Mansaku stavano spulciando l’angolo dei saldi di un piccolo outlet, l’ennesima coppietta passò davanti ai suoi occhi. Tutto quello che Asuto fu in grado di registrare furono dei capelli grigi spettinati e un cappello nero dall’aria molto familiare.

Haizaki stava camminando a grandi falcate proprio al centro del corridoio, con una ragazza al suo fianco che Asuto immaginò essere Akane. Fra le braccia portava una pila di scatole e diverse borse penzolavano dai suoi gomiti. La stava aiutando a fare shopping? Che carino, proprio come un gentiluomo…

La sua mente corse a un loro vecchio dialogo, dopo la loro partita. “Se non mi irritassi tanto, giocherei come un gentiluomo”, ricordava ancora quelle parole come se gliele avesse dette il giorno prima. E, per qualche motivo, vederlo con una ragazza in quel momento gli provocava una stretta al cuore…

Non era il tipo da indugiare troppo su cose complicate, perciò non diede peso a quella sensazione sgradevole e si limitò a osservarli mentre si allontanavano, mescolandosi tra la folla pressante del sabato pomeriggio.


 

Per sua fortuna, non dovette aspettare molto per rivederli.

Quando Hiura era uscito dal negozio, tutto soddisfatto per il maglione che aveva acquistato, aveva trovato Asuto inspiegabilmente di cattivo umore. Sembrava triste, a malapena spiccicava parola, eppure insisteva nel dire che non fosse successo niente.

Lo conosceva abbastanza da sapere che, quando non voleva dire una cosa, era impossibile fargli sputare il rospo. Tutto ciò che poteva fare era trovare un modo per risollevargli il morale.

Quale modo migliore del luna park? Dopotutto, avere a che fare con Asuto era come prendersi cura di un cucciolo: quando faceva i capricci, farlo giocare era la soluzione perfetta.

Incastrarono tutte le borsette degli acquisti nello zaino di Mansaku e corsero verso le attrazioni su cui Asuto indugiava di più con lo sguardo, soltanto per il gusto di fargli  esclamare “Wow! Come facevate a sapere che volevo andare lì?!” e ridacchiare fra loro alle sue spalle per la sua adorabile ingenuità.

In particolare, una montagna russa sembrava piacergli moltissimo, dato che a ogni discesa li implorava letteralmente con gli occhi di salirvi di nuovo. Non diceva una parola, eppure dal suo viso imbronciato e dalle sopracciglia corrucciate si capiva perfettamente cosa stesse pensando.

Ripeterono lo stesso giro su quell’attrazione un’infinità di volte. Al ventesimo, Hiura iniziava ad esaurirsi. Al trentesimo, Mansaku percepiva una vaga voglia di commettere un omicidio. Non potevano andare avanti così, dovevano distrarlo in qualche modo.

E proprio come una manna nel deserto, la distrazione che stavano cercando si palesò in quel momento, in forma di attaccante dalla pelle scura e i capelli grigi. Haizaki Ryouhei era proprio davanti a loro, la faccia provata e gli occhi pieni di terrore.  

Erano tanto storditi da quella montagna russa da non essersi neppure accorti che anche lui era con loro, sullo stesso trenino. Nemmeno Asuto sembrava averlo notato.

Però ora lo aveva visto eccome. Persino le punte dei suoi capelli sembrarono rizzarsi come le orecchie di un animaletto per l’interesse. In pochi piccoli passi si avvicinò a lui. Non sembrava in compagnia, questa volta.

« Haizaki? », chiese, trovando il coraggio di parlargli visto che era da solo.

Come se avesse sentito i suoi pensieri, Akane fece capolino da dietro il suo braccio in un istante. Non gli disse nulla, lo guardava con un leggero sorriso e l’aria serena negli occhi.

Ed ecco ancora quella stretta al petto. Che significava? Proprio non capiva. Era contento che quei due avessero ripreso a parlare. Quando la ragazza era in ospedale, Haizaki era sempre così arrabbiato e triste, invece ora sembrava rilassato e lui ovviamente ne era felice… Perché iniziava ad avere dei dubbi?

« Inamori », rispose Haizaki, interrompendo i suoi pensieri.

Non aveva una bella cera… Asuto lo osservò meglio: sembrava un fantasma, nemmeno avesse appena vissuto l’esperienza più traumatica della sua vita.

Ottima occasione per punzecchiarlo, uno dei suoi passatempi preferiti. « Com’erano le montagne russe? », gli chiese.

Haizaki lo incenerì con lo sguardo come sempre. « Ah-ah », rispose in tono freddo, « Davvero divertente, Inamori ».

Asuto scoppiò in una risata fragorosa. Il modo in cui reagiva anche alla minima provocazione era esilarante, non si sarebbe mai abituato alle sue risposte. Prenderlo in giro era decisamente un hobby divertente. « Il grande demone del campo ha paura delle montagne russe… », continuò.

Haizaki arrossì fino alla punta delle orecchie e abbassò lo sguardo. « Smettila », gli ordinò, insolitamente docile. Se voleva sembrare minaccioso, era un tentativo piuttosto misero.

Lo squadrò dalla testa ai piedi. Il cappellino era di nuovo appoggiato fra i suoi capelli, e i vestiti disordinati facevano intuire quanto si fosse dimenato su quel seggiolino fino a un minuto prima. La chioma grigia era persino più spettinata del solito per via del vento.

Era davvero… carino. E il suo cuore prese a battere fortissimo subito dopo averlo pensato: che gli diceva il cervello?! Doveva trovare un modo per cambiare discorso, un pretesto qualsiasi… Continuò a guardarsi attorno con aria spaesata, la mente che vagava fra i suoi ricordi di Haizaki nei suoi momenti più adorabili e nel desiderio di seppellirsi per nascondere il proprio rossore… finché non lo notò.

Stretto al polso di Haizaki, legato da un cordino sottile, un palloncino rosso a forma di orsacchiotto fluttuava orgoglioso nel cielo. Doveva essere di Akane, certo, ma…

Haizaki si accorse di essere stato scoperto. Non servì alcuna parola, i loro sguardi si incrociarono e si capirono senza bisogno di parlare.

È un segreto, se ne fai parola con qualcuno ti ammazzo.

 

❀ • ❀ • ❀



Ripensare a quei momenti lo faceva sentire strano. A dire il vero, ogni volta che la sua mente indugiava su Haizaki e sui loro discorsi, sentiva lo stomaco sottosopra e il viso farsi bollente.

Pensando di avere qualche malattia, aveva cercato su Internet i sintomi. La risposta non gli era piaciuta affatto: gli unici risultati erano discussioni aperte su forum dedicati all’amore, o la posta del cuore delle riviste settimanali per ragazze.

Amore? Asuto era innamorato di Haizaki? Proprio lui? Non era stupido, certo, sapeva bene cosa volesse dire avere una relazione, ma non gli era mai capitato di provare emozioni simili per qualcuno.

Quella scoperta lo spaventava al punto da farlo bloccare sul posto ogni volta che lo incontrava. Se prima si divertiva a fingere di imbattersi in lui per caso, tanto per il gusto di aggiungere altre conversazioni divertenti o altri segreti alla sua lista di ricordi, ora non riusciva neppure ad avvicinarsi. Lo fissava da lontano, confuso, combattuto fra il volergli parlare e il volersi nascondere per paura che si accorgesse dei suoi sentimenti.

Gli mancava potersi comportare con naturalezza attorno a lui. Non credeva ci sarebbe riuscito mai più, o almeno non finché quella presunta cotta non gli fosse passata…

Asuto scosse la testa. Non era il momento di pensare a queste cose e perdere altro tempo. Era già il tramonto e aveva fretta di tornare agli appartamenti, dopo un pomeriggio sprecato a correre qua e là per stare dietro alle commissioni assegnate dall’allenatore.

Accelerò il passo, i sacchetti appesi al gomito che dondolavano a ogni suo movimento e gli colpivano le gambe. Non c’erano molte persone attorno a lui, solo qualche donna che tornava da fare la spesa, o i ragazzi che rientravano da scuola tardi con gli zaini stretti sulle spalle.

Un pallone rotolò proprio davanti ai suoi piedi. Lo raccolse e si voltò verso la direzione da cui era arrivato: un gruppo di bambini stava giocando nel campetto del parco e lo guardava con occhi supplicanti.

Con un sorriso, Asuto calciò la palla verso di loro per restituirgliela. Fu solo allora, guardando bene verso l’orizzonte per prendere la mira, che lo vide.

Haizaki si stava allenando, colpendo ripetutamente una delle recinzioni con i suoi tiri. Non lo aveva mai visto da quelle parti, così vicino al luogo in cui viveva lui, e si ritrovò ad arrossire senza motivo al pensiero che fosse venuto fin là molte volte in passato. Chissà se si erano mai incrociati senza saperlo prima di allora?

I bambini afferrarono al volo il loro pallone, e dopo aver ringraziato tornarono a giocare. Asuto si nascose dietro a un cespuglio, rapido come una freccia, e continuò a osservare Haizaki.

Per quanto si vergognasse di avere certi pensieri sdolcinati, doveva ammettere che quella luce aranciata gli donava molto. I suoi vestiti, scuri come sempre, gli davano un’aria molto matura, e il sudore che gli imperlava la fronte faceva risplendere il suo volto.

Era concentrato sul pallone come se la sua vita intera dipendesse da quei tiri. Ricordava com’era quando lo aveva appena conosciuto. Terribilmente capriccioso, a malapena andava alle partite e saltava moltissimi allenamenti solo perché “non ne aveva voglia”… era cambiato tantissimo nel tempo.

I bambini di prima si avvicinarono ad Haizaki. Era troppo lontano per capire cosa si stessero dicendo, ma dopo pochi istanti il ragazzo li seguì fino al piccolo campetto in terra battuta. E, sorprendentemente, si mise a giocare in cerchio assieme a loro.

Asuto non credeva ai suoi occhi: era qualcosa che lui avrebbe fatto senza battere ciglio, ma non se lo aspettava decisamente da uno orgoglioso come Haizaki!

Guardare quel gioco era divertente. Asuto si sedette a terra, restando nascosto. Le squadre erano molto sbilanciate, il demone del campo si stava palesemente trattenendo dall’utilizzare tutta la propria potenza e abilità ma rimaneva comunque troppo grande ed esperto per essere alla pari con loro.

Era raro vederlo così concentrato e, forse, divertito… Il suo calcio era bellissimo, quando non si focalizzava solo sulla vendetta, Asuto ne era stato certo sin dal primo momento in cui lo aveva visto in piedi sul campo.

« Ehi, fratellone ». Uno dei bambini gli si era avvicinato di sorpresa, facendolo sussultare. Era così immerso nei suoi pensieri da non essersi accorto che il gioco si era interrotto.

Haizaki lanciò uno sguardo nella sua direzione e Asuto sprofondò ancora di più, quasi infilando il viso tra le foglie taglienti del cespuglio. Il suo cuore prese a battere tanto forte da essere sicuramente udibile a chilometri di distanza. Non poteva farsi scoprire mentre lo spiava, proprio no!

Guardò il bambino con aria severa e si portò un dito sulle labbra. « Shhh! », sussurrò.

Fu come parlare a un muro. « Anche tu giochi a calcio, vero? », la sua voce era dannatamente alta, troppo, ormai aveva distrutto la sua copertura senza ombra di dubbio.

« Sì, in effetti », rispose Asuto in un altro bisbiglio. « Ora shhh, per favore ».

« Vuoi unirti a noi? Ci manca un membro per bilanciare le squadre… ». La richiesta era ovvia, e decisamente allettante… ma, per la prima volta nella sua vita, Asuto non aveva affatto voglia di giocare a calcio. Se Haizaki lo avesse scoperto… beh, lo avrebbe potuto uccidere oppure togliergli il saluto. La seconda opzione era la più spaventosa.

« No, devo andare… », provò a dire, e si ritrovò di fronte un paio di occhi pieni di lacrime, pochi istanti prima che il bambino si mettesse a piangere nel modo più rumoroso che avesse mai sentito. « Dai, non piangere… ».

« Inamori! ».

Asuto vide la propria vita scorrergli davanti agli occhi.

Era stato beccato.

Fece un balzo all’indietro per sfuggire a eventuali scoppi di violenza. « H-Haizaki! », balbettò. « Ma che coincidenza! ».

La carta dell’indifferenza non funzionò. Haizaki incrociò le braccia al petto e lo squadrò con sguardo severo. « Mi stai seguendo, per caso? », domandò carico di sospetto.

No, ti ho visto da lontano e mi sono messo a spiarti perché ti vorrei parlare ma non ho il coraggio di avvicinarmi, visto che sono innamorato di te e ho paura che tu lo scopra”. La verità gli corse nella mente a caratteri cubitali, ma non poteva certo dire una cosa simile. Doveva inventarsi una scusa… peccato che mentire non fosse esattamente il suo forte.

Si schiarì la gola. « Io? », disse, cercando di suonare il più naturale possibile, « Ma no! Cosa te lo fa pensare? Passavo di qui per caso e… ».

« Da quanto sei lì? », Haizaki non lo lasciò neppure finire di parlare.

Non se l’era bevuta, logico. Asuto non sapeva davvero cosa dire, non voleva rovinare il loro rapporto né confessando i propri sentimenti né facendolo arrabbiare.

I suoi occhi si posarono per un istante sul pallone stretto fra le braccia del bambino. Si alzò e lo afferrò di scatto, quasi strappandoglielo dalle mani.

« Non è importante! », esclamò. Lanciò la palla in aria e, prima che toccasse terra, la calciò nella direzione di Haizaki. « Ora pensiamo a giocare! ».

« Inamori! », lo richiamò ancora l’altro, ma era troppo tardi. Mentre pensava a fermare il suo tiro con un colpo di testa, Asuto era già scappato. Tutti gli altri lo avevano seguito, e il cerchio si era formato attorno a lui per riprendere il gioco.

Con un sospiro infastidito, Haizaki calciò il pallone e quella conversazione cadde nel dimenticatoio.

 

❀ • ❀ • ❀



Asuto perse il conto di quante ore trascorsero. Non pensava che giocare con dei bambini potesse essere così divertente, eppure prima ancora di rendersi conto che il pomeriggio stesse finendo si ritrovò a fissare il cielo stellato.

Forse il motivo di tanta allegria non era altro che la presenza di Haizaki, in grado di fargli dimenticare persino la fatica. Stare con lui fu tanto bello da ripagarlo di tutto il terrore che aveva provato all’inizio, nell’essere stato scoperto.

Ma ora purtroppo era giunto il momento di tornare a casa, sebbene non volesse porre fine a quella giornata. Afferrò i sacchetti che aveva lasciato dietro al cespuglio e, salutati i bambini, si incamminò verso la strada con Haizaki.

« Allora io vado! », Asuto lo salutò a malincuore. Gli sarebbe piaciuto ringraziarlo,  non trovava però le parole giuste per farlo senza imbarazzo. « Buonanotte, Haizaki… ».

Fece per andarsene, quando tutta la stanchezza del giorno si materializzò di colpo. Le sue gambe cedettero per appena un istante, il tempo necessario perché lui si sbilanciasse e cadesse addosso ad Haizaki. Per fortuna, lui aveva buoni riflessi e riuscì ad afferrarlo prima che precipitassero entrambi sull’asfalto.

Asuto voleva sparire dopo questa figuraccia. Sentiva i loro visi quasi sul punto di toccarsi, ed era sicuro che il rossore delle sue guance si vedesse persino nel buio della sera.

« Stai bene? », gli chiese Haizaki, ed era così vicino che Asuto poteva sentire il suo respiro sulla fronte. Il suo cuore prese a battere all’impazzata un’altra volta, all’istante. E quando alzò il volto per guardarlo negli occhi, le loro labbra quasi si sfiorarono, facendolo sobbalzare all’indietro per allontanarsi da lui.

« Scusami! », urlò, « Non l’ho fatto apposta! Io… ».

Era pronto ad essere ucciso, invece… Haizaki si mise a ridere. Era una vera risata, però, non una di quelle folli che ogni tanto gli sfuggivano durante le partite… la prima che Asuto sentiva. Non riusciva a spiegarsi come avesse potuto vivere fino a quel momento senza avere idea di che suono avesse la risata di Haizaki, ed era il più bello che avesse mai sentito.

Non durò molto, ma per Asuto fu come avere trovato un tesoro per tutta la vita. E l’atmosfera divenne piacevolmente rilassata.

« Grazie per oggi », riuscì finalmente a dire, senza più sentire alcuna pressione.

Anche Haizaki arrossì e abbassò lo sguardo. « Se lo racconti a qualcuno, ti uccido », disse, non molto minaccioso nonostante le parole taglienti.

Asuto ridacchiò, trovandolo adorabile ogni volta che si vergognava per aver mostrato le proprie emozioni. « Buonanotte! », lo salutò. In un piccolo impeto di coraggio, si sporse fino a dargli un leggero bacio sulla guancia.

Dopo questo gesto rischioso, non esitò oltre e scappò via. Corse fino a raggiungere il cancello di casa, senza mai voltarsi indietro per paura di scorgere un’espressione furiosa, o anche disgustata, sul suo viso.

E, preso dalla sua fuga, restò del tutto ignaro del sorriso che increspò le labbra di Haizaki e del modo in cui i suoi occhi non persero di vista la sua schiena che si allontanava neppure per un istante.

Sarebbe stato un suo piccolo segreto.

   
 
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