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Autore: Freddie36    14/08/2019    0 recensioni
Siamo nel 1944. Sherlock indaga su una misterioso caso affidatogli da Mycroft. Ma si accorge troppo tardi che ê un inganno
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Wiggins, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Ciao, non sono stata molto presente sul fandom. Vi chiedo scusa.
spero che vi piaccia la storia che leggerete di seguito e spero di aver messo i giusti avvertimenti e le giuste note.
P.S. I personaggi non mi appartengono: appartengono a Sir Doille e alla BBC
detto ciò, buona lettura
Ecco una storia su Sherlock. Era una giornata di sole in Germania. Sherlock si trovava lî per conto di suo fratello, Mycroft, per risolvere il caso della scatola vuota; cosî l’avrebbe chiamato John in seguito. Sherlock non voleva aiutare il fratello, ma siccome gli doveva un favore non aveva scelta; ed anche perché la faccenda era interessante: ogni giorno, alla stessa ora, Mycroft riceveva una scatola vuota con un biglietto con frasi di alcun senso: - oggi c’ê davvero un bel sole e non dimenticare la crema se vai in spiaggia; hai visto quel negozio dove vendono cavi elettrici? Prendine uno per me; peccato che tuo fratello ê a Londra, ci saremmo divertiti. E cosî via. All’inizio ha provato a rintracciare il farabutto ma non ha dato nessun risultato, a parte quello di aver capito che il mitente si trovava in Germania. 
Ma come fare per restringere il campo? Questo si chiedeva Sherlock. – ho visto un uomo con un’aria misteriosa e con una scatola in mano, B.W.
Ma tu non eri a Londra? E in quale zona lo hai visto?, S.H.
- No. Sono in vacanza. Noi abbiamo un gruppo su whatsapp e sappiamo tutto. Ci sappiamo organizzare ☺, B.W.
- non mi piacciono le Emoticon. Lo sai bene. Ora rispondi alla seconda domanda, invece di perderti in chiacchiere!, S.H.
- Certo, certo. Sono ad Amsterdam. Non sono riuscito a pedinare l’uomo perché sono in vacanza con i miei genitori, B.W.
- Certo, va bene! Sai dirmi almeno com’era il suo aspetto?, S.H.
- Non lo so ☹ indossava una maschera., B.W.
Sherlock sbuffò. – dimmi tutto quello che hai visto. A parte che aveva una scatola!, S.H.
- Era alto, magro, con dei stivali di pelle ed aveva una divisa militare; devo dire che era inquetante! Ed aveva un passo molto affrettato., B.W.
- Bene, ê abbastanza., S.H.
Sherlock si rimise il telefono in tasca non facendo caso al messaggio ricevuto; sicuramente era Billie.
Un taxi passava di là. Il consulting detective gli fece cenno di fermarsi. 
“Dove la porto?”. Holmes gli diede un foglietto con l’indirizzo, salì sul taxi ed andò per la millesima nel mind palace; nella stanza appena costruita per il misterioso militare.
“Signore, siamo arrivati”. 
Quanto era rimasto nel suo mind Palace? Ma soprattuto, dove si trovavano? Sembrava una stazione dei treni. Dunque non erano ad Amsterdam? E perché? E poi perché il telefono stava suonando in continuazione? E da quando? Con un gesto veloce lo tolse di tasca. “Mycroft!” Disse in tono tagliente.
Sherloc!...” rispose l’altro con il panico nella voce. Perché? Ma non ebbe il tempo di formulare un’ipotesi che un soldato biondo lo spinse con forza cosicché ha dovuto fare due tre passi in avanti per non cadere. “Cammina!” Sbraitò il soldato.
Sherlock era indignato. “Tu non puoi darmi ordini” disse con una calma gelida. Per tutta risposta quello gli diede un calcio. “Ho detto: cammina! Tuo fratello ti aspetta.” Sibilò il biondo.
Era troppo scioccato Sherlock, per dedurre il bel soldato. La verità? Non andava d’accordo con Mycroft, erano come cane e gatto, ma gli voleva bene; si sa che la famiglia Holmes non era incline ai sentimenti.
Erano arrivati davanti ad un treno. Sherlock si riscosse. Il soldato lo spinse così forte che lui cadde con la faccia sul pavimento del treno. Non ebbe neanche il tempo di alzarsi, che il soldato lo spinse con i piedi dentro.
“Ha superato il limite! Dottore. Le piacciono gli esperimenti non ê vero? Penso che per essi faccia uso di sangue umano…” “Sherlock…” non fece caso alla voce che lo chiamava. “Sa, il nostro sangue ê uguale al vostro. Anche a me piacciono gli esperimenti, ma a differenza vostra li uso per consegnare i criminali alla giustizia!” 
“Come osi rivolgerti a me in questo modo lurido…” Sherlock gli tirò un pugno; prima di essere trascinato da qualcuno nel fondo del treno. “Lasciami! Io…” urlò il detective con rabbia.
”Fratellino, , i sentimenti non sono un vantaggio”. In tutto ciò si sentiva la risata del tedesco. “Ci rivedremo ancora e quello che mi hai fatto tu ora, moltliplicalo per dieci. Ricordatelo. Parola di capitano. Ora partite.” 
“Sherlock, ti prego. Calmati”. Gli sussurrò Mycroft. “Ancora una cosa: spero che vi divertiate dovre andrete. E se non fosse così me lo dovrete dire.” Disse il biondo con un sorriso benevolo. “E dovdove andremo ci saranno le giostre?” Chiese un bambino di circa otto anni. Una ragazzina di circa quattordici anni replicò impaziente: “Certo che ci saranno. Ed anche negozzi. Non ê vero capitano?” Il biondo sorrise. “Certo. Non vi mancherà niente. Divertimento assicurato! Però dovreste aiutare qualche volta anche i vostri genitori nel lavoro, altrimenti farete la stessa fine di Pinocchio nel paese dei balocchi.” I bambini risero e batterono le mani. “Ma ora dovete partire” disse facendo ciao con la mano.
Alcuni anziani rimasero esterefatti della bravura recitativa del soldato. Sapevano infatti quello che succedeva: avevano un amico che era riuscito a scappare dal campo ed ha raccontato loro tutto ciò che gli era accaduto.
“Mamma, ho caldo, ho sete e mi fanno male i piedi”. Disse una bambina di due anni con i capelli ricci. “Tesoro, tra um po’ arriviamo e potrai bere” disse la madre dandole un bacio sulla fronte. “No. No. No. Voglio sedermi sulla sedia e ho sete! Quando arriviamo ti dico al capitano! Sei cattiva.” E si mise a piangere.
“Che bambina viziosa!” Disse Mycroft. Sherlock lo guardò storto come per dire: Mycroft! Ê una bambina. Intanto la madre cercava di tranquillizzarla, prendendola in braccio e cullandola. La bambina, una volta tranquilla si addormentò.
La madre vedendo che la bambina dormiva, chiese: “Qualcuno sa dove ci porteranno?” 
“Penso che il (capitano) sia stato molto chiaro a fornire una risposta: lavorare per la patria. Non dimentichi che siamo in guerra” disse il maggiore dei Holmes. “Ma…” ribatté lei. “Per adesso spero che si accontenti di questa risposta” disse Con un tono che non ammetteva repliche.
Passata qualche ora in completo silenzio da parte degli adulti, mentre i bambini ed i ragazzi parlavano tra di loro: chi del lunaparc; chi dei negozzi; chi di sport, il treno si fermò. “Che succede? Siamo arrivati?” Chiese qualquno. “No. C’ê il cambio.” Disse Sherlock. …” “qualcun altro alla guida” e si chiuse di nuovo in un muto silenzio.
“Mamma, io ho sonno” disse un bambino dagli occhi verdi e capelli neri. Infatti la maggior parte dei bambini dormivano in braccio alle loro madri o padri; ed i più grandi si erano assopiti per terra. La madre lo prese in braccio cantandogli una ninananna soave.
La mattina successiva tutti si svegliarono al forte latrato dei cani e al sbraitare delle voci: “muoversi! Muoversi!” I più piccoli cominciarono a piangere per lo spavento.
“Guardate c’ê il capitano!” Disse un bimbo. “Dove? Dove? Capitanooo!” Gridarono altri cercandolo con gli occhi.
“Io sono il suo preferito. Con te non parlerà perché sei stato cattivo con lui.” Disse un bambino a Sherlock, vedendo che lo stava cercando anche lui. Il capitano disse qualcosa agli altri in una lingua sconosciuta che si calmarono e sorrisero. “Ora dobbiamo andare. Dovete conoscere la città.” Disse uno di quei soldati.
Sherlock non si mosse: lui non prendeva ordini da Nessuno e voleva “parlare” con quel dottore.
“Non hai sentito? Avanti. Muoviti!” 
“Dottore. Che piacere rivederla” disse il detective con disprezzo. Per tutta risposta quello lo prese per i capelli e gli tirò un pugno. Aveva il labbro sanguinante. “Oh. Questo non ê niente! Disse il tedesco tirandolo per il bavero come se fosse un cane. “Vedrai. Ci divertiremo.” 
Sherlock sentì dei brividi di paura lungo la schiena.
Arrivarono in una sala molto grande dove, dopo un breve sguardo, Sherlock capì che si trovavano tutti i passeggeri del treno. “Tu stai qua. Il divertimento ê appena iniziato!” Per tutta risposta Sherlock gli sputò in faccia.
“Dolcezza, ti insegnerò io come usare quella bocca!” Gli sussurrò all’orecchio il soldato. Sherlock vide nello sguardo del tedesco un attimo di puro terrore. Perché? “Tu ed i tuoi simili dovete bruciare nell’inferno!” Disse con rabbia il capitano tirandogli un pugno in pieno petto facendolo cadere per terra. Sherlock si rialzò.
“Ora” basta capitano watson. So che lui ê stato cattivo con te. Ma ora dobbiamo spiegare le regole del gioco.” Disse un uomo dell’età di Mycroft, con gli occhi marroni; sicuramente era un poliziotto a giudicare dal distintivo.
“Si. Certo.” Disse watson fra i denti prendendo posto di fianco al compagno.
“Parlerò in tedesco perché vi dovrete abituare a questa lingua. Vi servirà per il lavoro. Il dottor Watson tradurrà per voi. Prima di iniziare dovrete essere divisi: donne e bambini da un lato; uomini dall’altro. Ognuno dei gruppi farà un controllo accurato per capire chi ê in grado di lavorare…”
“A me non piacciono i dottori! Fanno le punture!” Tutti gli adulti lo guardavano terrorrizzati mentre gli altri bambini annuivano. L’ufficiale sorrise: “tranquilli. Dopo riceverete qualcosa di buono” i bambini gioirono.
“Non capisco Greg perché sei così. Saranno solo dei numeri!” Disse Watson digrignando i denti. Sherlock fece un passo avanti ma uno sguardo di Mycroft lo fermò. “Noi siamo dei numeri ma voi degli ipocriti dato il vostro capo supremo ê nato da una donna che fa parte della nostra razza.” Disse Sherlock molto piano e con una voce calma, ma il diretto interessato sentì la replica. Greg gli sorrise scuotendo la testa, non era d’accordo con il suo collega; Invece gli occhi del tedesco lampeggiavano d’ira.
“E poi che faremo dopo la divisione?” Chiese una donna sulla quarantina.
“Sî. Dopo la divisione ci saranno delle persone vi scriveranno dei numeri sul braccio. Vi farà un po’ male, ma voi dovete resistere; fa parte del gioco. Dopo di che ci saranno delle persone cattive che vi diranno di fare dei lavoretti. Accontentateli. Farete dei punti e potrete vincere dei premi. Ancora due cose, poi potrete andare: vi chiameranno con il numero che avrete ma non dimenticate che ê un gioco, non vi dovete arrabbiare qualsiasi cosa vi diranno, così potrete vincere il premio. Prima di andare dovete lasciare tutto ciò che avete qua alla fine del gioco potrete venire a riprendervela”. “Come si chiama il gioco?” Chiese una bambina. “Cosa si vince?” Chiese un’altra. “Il gioco si chiama: come sopravvivere. Ed il premio ê quello che desiderate di più.” Disse Greg aprendo le braccia, come se volesse abbracciare tutti.
I bambini erano entusiasti; alcune madri piangevano mentre i mariti cercavano di consolarle; Sherlock e Mycroft invece, stavano confabulando come poter fuggire da quel inferno.
“Andiamo?” Disse il dottore cordiale. “Ma prima, lasciate tutto, anche quello che avete adosso, qua. Come vi ha detto l’ispettore Lestrade.”
Uscirono dalla sala e camminarono circa mezz’ora per una lunga, stretta e sconnessa. Arrivarono davanti ad un piccolo studio medico. “Bene. Voi” disse Watson indicando glgli uomini, dove c’erano anche dei ragazzi, “andate a sinistra. Invece voi” disse indicando le donne, “andate a destra. La dotoressa Moorstan si occuperà di voi. Prendete anche i bambini. Fino ai sette anni di età. Invece voi, seguite il comandante Moriarty.” Disse agli anziani e a qualche persona, che secondo lui, non era capace di lavorare. 
Moriarty era un uomo di circa l’età di Sherlock ma negli occhi, neri come la notte, aveva un perenne sguardo assassino.
“Seguitemi!” Cantilenò Moriarty uscendo da una porta adiacente allo studio di Watson.
“Invece voi due…” non si sa da dove apparve Lestrade. “Lui lo prendo io, sarà solo mio.” Disse indicando Mycroft.
“Bene.” Disse trionfante. “221 tu sarai mio. Ti insegnerò cosa sia il rispetto!” “Io conosco il Baritzu. Ti potrei KO in due mosse” disse Sherlock con uno sguardo di sfida negli occhi. John rise. Prese il ferro incandescente e gli scrisse sul braccio: 221. Sherlock non emise un lamento. Nonostante si vedeva che soffriva.
“Bene 221. Spero che tu sappia chi sei. D’ora in poi sarai una bambola senz’anima. Farai tutto ciò che ti dirò.” Holmes rise. “Mai. Preferirei morire!”
“Oh no. Tu non morirai mai 221. Voglio vedere quanto durerai nel contrastare la mia volontà. E dopo che lo farai, saremo grandi amici!” Sherlock gli torse un braccio dietro la schiena e gli sibilò sulle labra: “Questo. Non. Succederà. Mai! Dot-to-re.” Il capitano si liberò con uno scatto. Colpendolo sulla ferita aperta. Sherlock urlò di dolore. “Così ti voglio. Ora fai il bravo. Giocheremo dopo. Devo parlare con i tuoi amici.” Disse con un gigno, legandolo ad una sedia con delle corde Contenuto pagina 4 spesse tre dita”  Watson uscì dallo studio soddisfattoLasciamo il dottore ai suoi affari e vediamo cosa succede tra Lestrade ed il maggiore degli Holmes.
“Avanti. Quale numero avrò?”
“Come? Così in fretta? Pensavo che si sarebbe opposto” disse l’ispettore sorpreso. “E mi dica? A quale pro? Qui non conta il mio volere.” 
“Oh certo. Ma pensavo fosse come suo fratello.”
“Lo sono. Mi creda. Ma a differenza sua so gestire le emozioni forti. Quindi mi dica: quale numero avrò e quale ruolo; se così si può definire.” Disse Mycroft con calma. “Tu sarai quello che sei ora. Ma per mantenere l’apparenza, ti scriverò sul braccio con una penna rossa il numero 2010.” Mycroft non si fidava. Guardò l’ispettore negli occhi che sostenne lo sguardo. In fine sorrise. “Dato che siamo alla pari, le chiederei di aiutarmi a tenere mio fratello d’occhio. Sa, si mette sempre nei guai” disse con un sorriso amaro. Gregory sorrise con dolcezza. “Proverò. In cambio lei dovrà elaborare un piano di un salvataggio in massa; può parlare anche con suo fratello. Io ed altri due agenti vi aiuteremo.” 
“Grazie” disse Mycroft con un sorriso che raggiungeva anche gli occhi. “Ora le mostrerò la stanza dove dormirà lei e suo fratello la notte.” Camminarono per 5 kilometri, fino a raggiungere un cancello e le cui mura erano contorniate da filo spinato; Mycroft sapeva che era messo per non far passare i prigionieri.
Oltrepassarono il cancello e dopo qualche metro si fermarono davanti ad una baracca molto piccola, appena per quattro persone.
“Non ê come le altre. Questa ha il bagno in una stanza separata.” Ala domanda muta dell’altro L’ispettore aggiunse: “anche gli ufficiali devono mantenere un’igene. Questo ê solo mio e John”. Disse Greg lasciandolo entrare.
La prima stanza aveva due materassi per terra al lato dei due muri, e di fronte c’era un tavolino, grande come quello di un bambino di sei anni; nella stanza a destra c’era il bagno. Con una doccia in cui dovevi stare in ginocchio per lavarti, ed il vater dalla parte opposta della doccia.
“E questa ê la casa. Devo andare, devo sopravvivere anch’io. Finirà mai questa guerra?” Disse con un sospiro e chiudendo la porta.
Spero che mi perdonerete se non descrivo cosa succede ai prigionieri durante la giornata. Ma questa storia ê basata sui quattro presentati fin’ora e loro per adesso non lavorano. Sappiate solo che i prigionieri non hanno più una vita, ed i bambini devono superare l’infanzia.
La sera arrivò presto e John entrò nello studio. Guardò 221. Vide che aveva le mani ed i piedi insanguinati; qualche dente era scheggiato. Ma era libero. “Non mi sarei aspettato di meno da uno come te!” Disse Watson divertito. Sherlock non rispose. Solo alzò la testa con uno sguardo fiero. Watson lo prese per le spalle: “Ti avevo detto di stare fermo! Ma tu non ascolti. Questa ê la prima lezione.” E così dicendo prese una frusta di pelle dura in mano ed iniziò a colpirlo. Sul viso. Sulle mani. Sui piedi. E mentre faceva ciò diceva con voce chiara e forte: “tu. Non. Mi. Devi. Disobbidire mai più. Se lo farai ancora dovrò ricorrere a misure più drastiche!” 
“Tu non riesci a domare un animale da solo? Ti serve anche Moriarty?” Disse rantolando. Watson lo alzò in piedi per i capelli. “Adesso basta.” Sibilò tirandogli uno schiaffo. “Smettila di provocarmi. Tu non sai quanti come voi li ho piegati al mio volere” Sherlock si morse la lingua. Non gli piaceva questa situazione, ma di certo avrebbe voluto morire da eroe; non da schiavo.
“Ora seguimi. Ti porto nella tua stanza. Là troverai tuo fratello.” Disse come se niente fosse accaduto.
Mycroft era già là. “Ci vediamo domani alle 4 di mattina” disse il tedesco buttandogli un pezzo di pane e chiudendosi la porta alle spalle.
“Sherlock…” 
“Buona notte Mycroft. Domani mi sveglio alle 4. E mangia tu la mia porzione; non ho fame”
Il giorno seguente, come promesso, il tedesco era davanti a Sherlock alle 4. “Seguimi” andarono nello studio. “221 mi dispiace per ieri sera…”
“Sono pronto. Io non sono ipocrita come te amico del capo supremo!” “Va bene…” e si ripeté la scena di ieri sera prendendo in considerazione tutto il corpo. La lezione durò un’ora perché doveva iniziare il turno. Ma prima di uscire legò le mani dietro la schiena di 221.
 Contenuto pagina 5 Alle 10 ritornò con due bambini, un maschio ed una femmina, di circa un anno. “So che sei un chimico perfetto. Forza. Aiutami nell’incollarli” disse il dottore. “Mi dispiace. Ma io faccio esperimenti solo su cadaveri. Sono un sociopatico ad alta funzionalità, non uno psicopatico; per quello ti dovresti rivolgere a Moriarty” disse Sherlock con un tono vagamente dispiaciuto.
“Mi dispiace bambini, ci vediamo dopo. Devo cercare le caramelle” disse sorridendo loro. Almeno aveva salvato due vite. Pensò Sherlock, prima di ricadere nell’oblio.
Erano nel campo in vesti di ufficiali. John e Greg parlavano di calcio. “Hai visto la partita di ieri sera? California contro Berlino.”
“Non me ne parlare. 4 a 0 per California” disse John sbuffando. Sarebbe bello se l’America vincesse sempre. Pensò Greg. “La prossima volta vinceremo noi!” Disse John. “Attento con quella trave!” Sbraito John verso un ragazzo di circa 20 anni. “Sî. Stai attento… 1939?” Disse Greg nascondendo un moto di rabbia. “Ci vediamo John” il quale fece di sî con il capo in segno di saluto.
La giornata passò in fretta e arrivato in studio, stranamente trovò 221 come lo aveva lasciato. “Mi meraviglio di te! Visto che sei stato bravo, potrai mangiare questo pezzo di pane fresco ed eccoti anche un bicchiere d’acqua” Sherlock sorrise ringraziandolo. “Domani mi aiuterai con i due bambini” Sherlock annuì.
Arrivato a casa raccontò tutto l’accaduto a Mycroft e si misero a studiare un piano per salvare i due bambini. “Chiederemo l’aiuto di Gregory?” “Chi?” “Lestrade” Mycroft sbuffò. “Ti fidi di lui?”
“Sî. L’hai visto anche tu”.
Con l’aiuto di Greg e dei due agenti, la mattina successiva non c’erano più i due bambini ebrei. Al posto loro c’erano due bambini tedeschi. “Perché si trovano qua?” Chiese Mary ad un stupefatto Lestrade. “Cosa, dobbiamo portarli subito da qualcuno!” Disse scandalizzato Lestrade.
Quando John lo venne a sapere, si infurio. “221! I banbini sono spariti sotto il nostro naso. Com’ê possibile” Sherlock sorrise sotto i baffi. “Non lo so.”
I giorni passarono tra qualche tortura sia fisica che psicologica; qualche esperimento, dei quali pochi riuscivano; e riunioni segrete tra lui, Lestrade e suo fratello.
“Ho un!idea” disse Greg “perché, Sherlock, non ti vesti da ufficiale delle SS e organizzi una fuga di massa?” E così fu fatto.
Il giorno seguente Sherlock si presentò alla porta di John in vesti ufficiali. “Buongiorno. Dobbiamo trasferire tutti in un altro campo. Gli americani stanno arrivando”
“Cosa? Arrivo subito. Vado a chiamare il comandante” disse John allarmato.
Sherlock sbiancò. Non l’aveva previsto. Ma disse lo stesso “va bene”.
Moriarty arrivò dieci minuti dopo, insieme a Watson.
“Buon giorno signore. Io sono molto informato. Gli americani arriveranno qui a Gennaio.” In tanto Greg e Mycroft faccevano uscire con sicurezza coloro che erano stati schiavi.
“Io so da fonte certa che hanno fatto cambio di rotta in quanto questo campo ê il più grande”
“Sul serio?” Disse Moriarty divertito. “Johny boy dov’ê il tuo gioccatolino?” Disse Moriarty guardando Sherlock. Watson seguì il suo sguardo e capì: capì la sparizione di molti bambini; comprese che basta un abito per essere qualcuno; ma la cosa più importante era quella di aver capito che non esiste nessuna razza. Tutte le persone erano uguali. L’uomo può essere un criminale o no, indipendentemente dal luogo di nascita, dal sesso o dalla religione.
Sherlock si preparò per l’attacco. John cadde in ginocchio di fronte a Sherlock. Moriarty rimase a bocca aperta per la scena appena vista.
“Sherlock Holmes. Ti prego perdonami per tutto ciò che ti ho fatto! Io…”
“Ci occuperemo dopo di questo John” disse Sherlock con un sorriso sincero. Infatti Moriarty era uscito ed aveva annullato i presunti ordini. “Tutti quelli che sono scappati li voglio qua!” Disse con una furia umicida nella voce. “E Johny boy se proverai a fermarli, il tuo Sherly sarà morto”. “Non m’importa di essere morto se tu morirai con me!” Jim rise istericamente “iniziate la ricerca. E per quanta riguarda voi due, traditori della patria, morirete oggi stesso!” Disse con una voce folle.
Si ritrovarono davanti ad una doccia, in qualche modo. John e Sherlock rimasero dentro, Jim era dentro. “Aprite!” Urlò Jim. Sherlock e John si scambiarono uno sguardo. E un’attimo prima che chiudessero le porte i due riuscirono a cambiare la posizione. Moriarty sarebbe morto. Ritornarono allo studio di John dove li aspettavano Mycroft e Greg. “John…” iniziò quest’ultimo. “Sono contento che abbia vinto la California. Sei d’accordo Sherlock?” Quest’ultimo sorrise. Lestrade era scioccato. Fu Mycroft a parlare: “dovremo aspettare gli americani”
Tra Sherlock e John c’erano molte cose da chiarire. Ma una cosa era certa: il suo nome era Sherlock Holmes ed abitava al 221B di baker street.
Angolo dell’autore:
scusate se ci sono degli errori, ma ora come ora mi ê difficile controllare.
p.S. Spero che questa storia non ne ricordi altre; in caso contrario, sarebbe involontario.
   
 
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