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Autore: Sonrisa_    16/08/2019    2 recensioni
Natsumi picchiettò l’unghia sul display del cellulare, indecisa sul da farsi, ma consapevole che sarebbe stato meglio lasciar perdere: come avrebbe spiegato ad Aki e Haruna di aver passato gli ultimi giorni a pensare ad un ragazzo che non conosceva, ma con il quale sentiva di avere avuto a che fare? Quando poi, in una vita passata? In un universo parallelo?
[Orion no Kokuin]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hector/Rococo, Nelly/Natsumi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I remember you, but I don’t know you



 
Natsumi si aggiustò meglio il foulard rosa attorno al collo, fermandosi per qualche istante ad osservare l'imponente cattedrale di San Basilio che dominava la celebre Piazza Rossa. Quando aveva deciso di volare fino a Mosca non credeva di poter rimanere tanto colpita dalla capitale russa.
«Chissà se Kazan[1] sarà altrettanto bella.» si chiese, abbassando lo sguardo per recuperare dalla borsa la mappa della città e decidere la via migliore per tornare in hotel: aveva superato la fase di intontimento dovuta al jet lag, ma dopo mezza giornata passata fuori sentiva la necessità di rientrare.
Alzò gli occhi dalla mappa per portarli sulla piazza e capire la direzione da prendere, ma il suo sguardo fu calamitato dalla figura, non particolarmente distante, di un ragazzo dalla pelle scura e i capelli blu cobalto. Incapace di staccare gli occhi da lui, l'osservò ridere con altri suoi coetanei, ritrovandosi a sorridere di riflesso. Una sensazione di familiarità la colse all'improvviso confondendola: perché quell’impressione, se non li aveva mai visti?
«Sono stanca, devo tornare in camera.» borbottò mentre scuoteva la testa e si imponeva di riportare la concentrazione sulla mappa ancora stretta fra le dita, ripetendo sulla carta l'itinerario che avrebbe dovuto percorrere. Ignorò la voglia di riportare lo sguardo un'ultima volta su quel ragazzo -aveva continuato a seguirlo con la coda dell'occhio pur non capendone il motivo- e decise di imboccare la via opposta.
 
 

 
Natsumi picchiettò il tacco degli stivaletti sul pavimento mentre si guardava attorno alla ricerca di qualche negozio interessante. Avrebbe preferito di gran lunga passeggiare per via Tverskaya[2], ma la pioggia improvvisa di quella mattina l'aveva costretta a cambiare i propri piani e a rifugiarsi nel centro commerciale più vicino.
Stanca di quel luogo che aveva girato in lungo e largo nelle ultime ore, la nipponica decise di avvicinarsi all'uscita sperando che il tempo fosse migliorato. Si incamminò verso le scale mobili che l'avrebbero condotta al piano inferiore e tirò fuori dalla tasca lo smartphone per controllare l'eventuale presenza di nuove notifiche, sorridendo nel leggere i messaggi di Haruna ed Aki.
«Appena arrivo in hotel vi mando le foto che ho fatto oggi, ma non aspettatevi granché: ho trascorso le ultime ore in un centro commerciale.» mormorò, inviando il messaggio vocale per poi bloccare il cellulare e riporlo nella borsetta a tracolla.
Fu proprio a causa di quel movimento che non si accorse in tempo di lui in piedi sulle scale mobili che portavano al piano superiore. Si voltò sufficientemente in fretta da permettere ai suoi occhi di notarne la presenza, ma non abbastanza da poterlo osservare per bene in volto.
Osservarlo a quale scopo, poi?
Non era che un semplice ragazzo, probabilmente un turista vista la pelle scura che cozzava con quella lattea dei russi, cosa poteva avere di speciale da calamitare su di lui lo sguardo?
Lo osservò allontanarsi, chiedendosi se avesse gli occhi scuri come un cielo senza stelle proprio come se li ricordava lei.
Impiegò qualche secondo per rendersi conto dell’insensatezza di un simile pensiero: lei non poteva ricordare il colore dei suoi occhi perché due giorni prima, nella Piazza Rossa, lui indossava un paio di occhiali da sole e invece in quel momento l’aveva visto solo di spalle. Natsumi si irrigidì e distolse lo sguardo dando le spalle al ragazzo misterioso; strinse con forza la tracolla della propria borsa per reprimere la voglia di girarsi nuovamente e si incamminò velocemente verso l’uscita, confidando nell’assenza della pioggia. Aveva bisogno di aria.

Dall’alto della scala mobile, senza sapere bene perché, Rococo Urupa seguì con lo sguardo una ragazza a lui apparentemente sconosciuta. Aveva l’impressione che non gli fosse del tutto estranea, ma anche scavando nella sua memoria non riusciva a ricordare quando si fossero conosciuti. Rococo si stranì quando la sua mente gli propose l’immagine di lei illuminata dai colori caldi del tramonto, che esaltavano il castano dei suoi occhi, con lui in Africa. Il ragazzo fu tentato di tornare al piano inferiore e rincorrerla, anche solo per avere l’opportunità di osservarla bene in volto, ma lei pareva già sparita e l’idea di andare alla sua ricerca solo per soddisfare una sua stupida voglia gli pareva esagerata. Scosse la testa, relegò la misteriosa giovane in un angolo della mente e seguì i suoi compagni che lo stavano già distanziando.
 
 
 
 
Con il suo giapponese marcatamente dominato dall’accento italiano e accompagnato da qualche parola in russo, il signor Scoglio stava decantando con particolare enfasi i piatti tipici da gustare a Mosca, promettendole un tour gastronomico di tutto rispetto. Natsumi non si oppose, anzi trovò quasi piacevole la compagnia di quell’uomo buffo ma simpatico, tuttavia non smise di tenere sott’occhio la guida comprata appena arrivata in Russia, per sincerarsi che il suo accompagnatore non sbagliasse di nuovo strada. Per la quarta volta.
«Scoglio-san, credo che sia meglio svoltare a destra ora.» si ritrovò a dire infatti fermando l’uomo che stava prendendo la direzione opposta e mostrandogli la cartina per avvalorare la veridicità delle proprie parole.
«Spasibaaaaaaaaa Natsumi-san![3]» esclamò lui, marciando verso la direzione giusta mentre si giustificava dicendo che simili sviste non sarebbero accadute a Kazan, città che conosceva come le proprie tasche avendoci vissuto per anni con la sorella Melania.
La ragazza ridacchiò discreta, sperando che fosse davvero così, ma non credendoci più di tanto. I due proseguirono per un paio di metri e Scoglio riprese a parlare, interpellandola ogni tanto per farsi raccontare qualcosa sul Giappone. Natsumi lo assecondò, ma poi iniziò ad ascoltarlo passivamente per concentrarsi maggiormente sulla città. La ragazza aveva imparato ad apprezzare sempre più la capitale russa, così diversa dalla sua amata Tokyo, ma affascinante. Senza sapere bene perché, i suoi occhi si soffermarono sul marciapiede opposto a quello che stava percorrendo e la giovane avvertì un brivido nel rivederlo. Gioì quando si rese conto che gli occhi del ragazzo misterioso erano davvero scuri come credeva e non seppe se sentirsi euforica o spaventata al pensiero di aver indovinato -perché si trattava di indovinare, mica di ricordare, no?
Anche il ragazzo si accorse di lei, Natsumi lo capì perché lo vide fermarsi in mezzo al marciapiede proprio come lei. Continuarono a fissarsi a distanza, entrambi con la stessa espressione che tradiva curiosità e al contempo confusione. Nella ragazza crebbe la voglia di attraversare la strada per assecondare quello che riteneva un banale capriccio: voleva sentire la sua voce. Era abbastanza in sé da comprendere che si stesse comportando in maniera strana, ma sentiva la necessità di andargli incontro.
«Natsumi-saaaaaaaan! Perché si è fermataaaa?»
La voce di Scoglio le giunse lontana, il suo tono di voce tanto squillante arrivava ovattato alle orecchie della ragazza che, se non fosse stata presa per mano e portata via, avrebbe attraversato la strada per chiedere al misterioso ragazzo se anche lui avesse ricordi di giorni lontani in cui, insieme, passeggiavano in un piccolo villaggio africano.
“Non berrò più kvas[4].” pensò, dando alla bevanda la colpa di quei pensieri senza senso “Altro che basso contenuto alcolico...”
 
 
 
 
Natsumi picchiettò l’unghia sul display del cellulare, indecisa sul da farsi, ma consapevole che sarebbe stato meglio lasciar perdere: come avrebbe spiegato ad Aki e Haruna di aver passato gli ultimi giorni a pensare ad un ragazzo che non conosceva, ma con il quale sentiva di avere avuto a che fare? Quando poi, in una vita passata? In un universo parallelo? “Ridicolo.” pensò mentre riponeva lo smartphone in tasca.
La giovane scosse la testa e sbuffò infastidita incrociando le braccia al petto: non era da lei reagire in maniera così insensata. Mandò giù l’immagine del misterioso ragazzo insieme all’ultimo sorso di tè –dopo i pensieri assurdi dell’altro giorno aveva deciso di evitare qualunque cosa contenesse anche solo lontanamente alcol- e si alzò dal tavolino al quale si era accomodata per consumare con calma la colazione.
«Che poi, anche se continuassi a pensare a lui sarebbe inutile. È altamente improbabile che lo riveda di nuovo, sarebbe una persecuzione.» borbottò fra sé uscendo per strada mentre cercava di recuperare la mappa della città dalla borsa, così da raggiungere il luogo che lei e Scoglio avevano designato come punto di incontro.
Fu in quel momento che accadde: sbatté contro qualcuno e perse l’equilibrio sbilanciandosi verso dietro. Sarebbe sicuramente caduta se un braccio non le avesse avvolto la vita, rimettendola con i piedi ben saldi sul terreno.
«Извини. ты в порядке?[5]»
Era lui.
Natsumi schiuse le labbra, ma si ritrovò a boccheggiare completamente in tilt: la sua mente si era svuotata e persino le parole russe di livello base che aveva imparato in aereo parevano essere sparite dalla propria memoria.
«Io…» iniziò, per poi interrompersi nel rendersi conto di aver iniziato a parlare nella propria lingua materna «Inglese?» rilanciò, vergognandosi del balbettio che uscì dalla propria bocca.
«Scusami, stai bene?» ripeté il ragazzo in giapponese mentre le rivolgeva un sorriso, prima di smettere di tenerla per la vita ed indietreggiare di un passo.
Natsumi annuì con gli occhi sgranati, troppo sorpresa dal sentirlo parlare in giapponese per poter anche solo pronunciare un banale “sì”. Fu il pensiero che lui stesse per andare via a farle riprendere la facoltà di parlare.
«Come conosci la mia lingua?»
Natsumi sperò che quella domanda non sonasse alle orecchie di lui come la disperata richiesta di rimanere, cosa che invece era.
«Me l’ha insegnata l’allenatore della mia squadra.» spiegò lui, mostrandone con fierezza lo stemma.
Fu allora che Natsumi notò il logo cucito sulla felpa all’altezza del cuore e, accigliatasi, si infastidì nel non riuscire a ricollegarlo ad alcuna squadra partecipante al Football Frontier: possibile che si fosse persa proprio la squadra in cui giocava lui?
«Purtroppo non siamo riusciti a qualificarci alle fasi finali, ma siamo venuti in Russia per poter almeno assistere alle partite.» aggiunse il ragazzo, quasi come se le avesse letto nella mente «Io sono Rococo Urupa, portiere e capitano dei Little Gigant.»
«Natsumi Raimon, piacere di conoscerti.» si presentò a sua volta la ragazza.
Ciascuno trovò stranamente familiare il nome dell’altro e, sorridendo, i due si strinsero la mano.
«Eri diretto da qualche parte in particolare?» chiesero, per poi scoppiare a ridere con una complicità rara per il fatto di aver parlato all’unisono.
«Parco Caricyno.»
Fu piacevolmente strano ritrovarsi a guardarsi confusi e divertiti per aver pronunciato di nuovo le stesse parole nello stesso momento.
«…ti andrebbe di fare strada insieme?»
Non si accorsero di avere ancora le dita intrecciate o, più semplicemente, fecero finta di niente così da non lasciarsi.
 
 
 
 
 
 

[1] La città in cui alloggia la Inazuma Japan.
[2] È una delle vie principali e più famose di Mosca (forse addirittura LA), piena di negozi di ogni tipo.
[3] “Grazie!” L’ho traslitterato per poter dare la stessa enfasi che ci mette Scoglio quando parla nell’anime.
[4] È la bevanda più antica del Paese ed è incredibilmente rinfrescante durante l’estate. Il kvas è fatto con acqua e pane di segale, ma si possono anche aggiungere erbe, frutta ed alcol per insaporirlo.
[5]“Scusa. Stai bene?”. Precisazione: non studio russo (le mie conoscenze si limitano a sì, no, ciao, grazie), quindi mi sono affidata ad internet.
[6] Ex residenza estiva dell’imperatrice Caterina la Grande, ora è una tenuta che comprende un complesso museale e un parco paesaggistico spettacolare.
 
 
Non credo di aver mai “studiato” tanto per una one-shot, tra mappe della città, bevande tipiche, luoghi di interesse e vocaboli xD ma mi sono divertita a scrivere su di loro, anche perché era una coppia che non avevo mai trattato, pur apprezzandola davvero molto.
Arresami all’idea che non rivedremo personaggi come Rococo o Fideo ♥ (datemi l'Orfeo, voglio Marco e Gianluca. E Angelo.) in Orion, mi son detta: perché non scrivere qualcosa che li riguardi?
Spero che la fanfic vi sia piaciuta ^^
Se vi va, lasciatemi un commentino, mi rendereste felice! ♥
Marty
  
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