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Autore: sissi MIKA    17/08/2019    0 recensioni
“Rimani come sei. Insegui il tuo destino perché tutto il dolore che hai dentro non potrà mai cancellare il tuo cammino”
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Regina Mills, Robin Hood
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Allora, Lily, sei nuova?” dice Emma rompendo il silenzio. “Si, è la prima volta che vengo in questa cittadina e mi piace assai, quindi penso che resterò qui per un po. Non ho un lavoro ma la mia famiglia è molto ricca, quindi non ho problemi e loro non hanno problemi - essendo che non sono mai a casa - se resto via per un po più a lungo.” “Quanti anni hai?” chiedo a Lily. Voglio sapere di più sul suo conto perché non mi convince. “Ho 34 anni, sono nata a Phoenix e sono stata adottata dalla mia famiglia all’età di 3 anni” dice Lily rispondendo alla mia domanda e aggiungendo altro giusto per placare la mia curiosità. Vedo Emma che sta guardando l’orologio e sembra che voglia scappare al più presto da questa conversazione. Infatti, esordisce dicendo “ragazze sarà bene che io vada. Pur essendo domenica il lavoro da sceriffo chiama”. Io e Lily decidiamo di rimanere un po per conoscerci meglio. O meglio, io decido che lei deve restare perché voglio conoscerla. “Allora, Lily, parlami se ti va un po della tua vita? Cosa ti piace fare? Hai un lavoro? Cosa ti ha portato qui?” dico dando sfogo a tutte le domande possibili che mi frullano per la testa. “Allora, come ti dicevo mia madre mi ha abbandonata, sono stata adottata la prima volta quando avevo solo un mese da una donna single che vive in una piccola cittadina. Poi però il destino ha voluto che quella donna non mi volesse più, cosi sono tornata a Boston - città dove lei mi ha adottato - e sono stata prima in un orfanotrofio finche all’età di tre anni quando la mia attuale famiglia mi ha presa con se. Erano genitori amorevoli anche se non erano mai a casa, mi viziavano proprio per questo, finche quando avevo 20 anni me ne sono andata da casa per costruirmi una vita, ho un lavoro che mi piace abbastanza - sono una cacciatrice di taglie - e non ho famiglia ad accezione dei miei genitori che non vedo da un po ma mi fanno avere tutto comunque”. Mentre sta parlando la mia testa non ha smesso un attimo di pensare e ripensare alla prima frase che ha detto. “Invece qual’e la tua storia?”. La guardo un po’ allibita per la schiettezza “la mia storia? Beh direi che è abbastanza semplice: i miei genitori mi hanno abbandonata e due meravigliose donne mi hanno adottata. La mia infanzia, come la mia adolescenza, è stata eccezionale. Poi sono partita per NY solo un anno fa finché il mio cuore non mi ha portato qui.” “Ma dove sono le tue mamme?” dice indagando un pochino. “Ora sono - non so esattamente cosa rispondere perché non voglio dirgli che sono qui con me - hanno deciso di prendersi una pausa. Sono in vacanza”. Invento una scusa sul momento non sapendo davvero che rispondere. Cerco di cambiare argomento dicendo che si ė fatto tardi e devo andare a vedere come sta il mio amico Andrew, così dopo una stretta di mano e un sorriso la saluto e mi dirigo verso le scale che portano al piano superiore quindi alla mia stanza. Cerco le chiave ma non le trovo e mi maledico mentalmente perché sono costretta a bussare. Dopo un tre colpi, il terzo più forte degli altri, sento dalla parte opposta della porta dei lamenti un po’ troppo volgari. Mi apre la porta un Andrew ancora assonato, ma che dopo avermi visto mi regala un sorriso. Entro nella stanza ringraziandolo e mi dirigo al bagno. Quando esco Andrew è steso sul piumone a pancia in giù e sta già dormendo. Ma come caspita è possibile? Riprendo la borsa che avevo precedentemente appoggiato sulla scrivania e dopo aver trovato un paio di chiavi in più della stanza le prendo e le infilo nella borsa. Quando tornerò qui sicuramente Andrew il dormiglione dormirà ancora. Esco dalla stanza e penso di dirigermi nello stagno di Storybrooke dove le mie mamme erano solite portarmi quando ero più piccola perché mi piaceva dar da mangiare alle anatre. Appena arrivata vedo che la panchina che c’è davanti allo stagno è già occupata da una donna. Quando mi avvicino vedo che quella è donna è il sindaco Mills. “Posso sedermi o stai aspettando qualcuno?” chiedo gentilmente. Alza lo sguardo verso di me - nonché persona che ha interrotto i suoi pensieri - e dice “siediti pure io stava per andarmene”. Capisco che non vuole la mia compagnia ma devo capire come mai prima ha reagito così. “Non volevo importunarti solo che adoravo venire qua da piccola con le mie mamme. Anche se non ci crederai tu ed Emma mi portavate sempre qui per dare da mangiare alle anatre e poi andavamo a prendere un gelato anche se faceva troppo freddo. E tu, soprattutto nei mesi invernali, ti arrabbiavi sempre perché non volevi che prendevo una congestione o chissà che cosa così lo prendevamo e andavamo a casa a mangiarlo. Era una sorta di rito” dico senza nemmeno girarmi a guardare in faccia la donna al mio fianco. “Ero una brava madre?” mi chiede molto dubbiosa. “Sei la mia mamma Regina, anche se non te lo ricordi. Sarai sempre la mia mamma e ho solo parole positive per te. Eri amorevole ma severa quanto bastava. Emma era quella più permissiva. Mi hai educata nel migliore dei modi. Ma ora se posso permettermi: perché questa domanda?”. Abbassa la testa e non so che non sa se dirmi davvero le sue ragioni. Infondo per lei in questo momento io non sono nessuno, sono solo una probabile bugiarda che dice che sono sua figlia. Forse però le mie parole hanno smosso qualcosa perché mi guarda e dice “devi promettermi però qualsiasi cosa io ti dirò continuerai a guardarmi come hai appena detto di vedermi. Quando ho lanciato il sortilegio sapevo a cosa andavo incontro, Tremotino mi ha detto che avrei sentito un vuoto all’interno del mio cuore. Così dopo che ho conosciuto Owen, il quale poi se n’è andato, ho capito - grazie anche al Dottor Hopper - che quel vuoto poteva essere colmato dalla presenza di un bambino. Così ho chiesto aiuto a Gold che mi ha messo in contatto con un’agenzia di Boston e ho adottato questa bambina. I primi giorni continuava a piangere finché un giorno la supplicai che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Lei, non so come, smise di piangere. Dopo pochi mesi venni a sapere da Gold stesso che quella bambina era la figlia di Malefica, donna che io ho costretto a vivere sotto forma di drago sotto la biblioteca di Storybrooke per oltre trent’anni. Non sapevo avesse una figlia ed era più incredibile che proprio io, la regina cattiva, l’avevo adottata. Ovviamente non era un caso e Gold lo sapeva. Così a malincuore sono tornata Boston e dissi all’agenzia di adozione che non potevo più tenere la bambina. Ho lasciato detto all’agenzia di adozioni tutto l’occorrente per farla stare bene e le ho lasciato anche la copertina con cui dormiva. Senza quella era un dramma farla addormentare. Comunque avevo paura, anche perché pensavo che in qualche modo - dato che Gold sapeva e lui mi ha aiutato nell’adozione -poteva spezzare la mia maledizione, così la portai indietro.” Dalla mia faccia traspariva ogni cosa: stupore, dispiacere, perplessità. Era davvero possibile che quella che era mia madre abbandonasse una bambina perché aveva paura che la maledizione si spezzasse. Dopo un minuto di silenzio interminabile, decido di aprire la bocca, in fondo avevo promesso a mia madre che non l’avrei giudicata. “Immagino che quindi quando hai visto Lily entrare al Granny, hai rivisto quella bambina che tenevi in braccio quando lei era piccola, quando io non c’ero ancora e quando la maledizione non era ancora spezzata?”. Lei annuisce solamente. Capisco che le mie parole sono suonate più dure di quello che pensavo ma devo ancora metabolizzare la cosa. Mi metto anche nei panni di Lily: cosa sarebbe successo a me se fossi stata io ad essere abbandonata di nuovo? Come avrei vissuto se non solo mia madre ma anche la mia madre adottiva non mi voleva? Non voglio neanche pensarci. Guardo Regina, si sente in colpa, terribilmente. Tutta la città sa che è cambiata, o meglio sapeva che era cambiata, e quindi posso capire perché ora si senta così. In mezzo a tutto il casino che ho nella testa penso anche che forse è possibile che sia lei il colpevole? Faccio uscire i miei pensieri e dico “non è che ha deciso di eliminare la memoria di questi anni per cambiare le cose, in modo tale che tu non ti ricordassi di me” Ho paura per quello che possa rispondere. Sembra pensarci su e non riesco a capire quali pensieri gli attraversano la mente. Esordisce dicendo “non saprei perché ha scelto di rimuovere 30 anni: sarà pur accaduto qualcosa in questi 30 anni che non vuole che ricordiamo a parte la tua adozione”. Penso che sia arrivato il momento di dirglielo: lei ed Emma erano spostate, avevano rotto la maledizione di Zelena scambiandosi il bacio del vero amore e prima di sposarsi ci sono voluti 3 anni. “Beh Regina devi sapere che in questi anni non avete solo adottato me, ma tu ed Emma vi siete sposate. Avete rotto la maledizione di Zelena scambiandovi il bacio del vero amore. Dopo 3 anni vi siete sposate e un anno dopo avete deciso di adottarmi perché eravate pronte per fare il grande passo - o almeno così voi mi avete detto”. La faccia di Regina sembra trasmettere solo una parola ‘impossibile’. “Regina so che sembra assurdo ma non hai mai provato, che ne so, qualcosa quando siete vicine? Quando vi sfiorate? Nel profondo so che entrambe provate qualcosa di sincero. Dobbiamo solo farlo uscire allo scoperto così finalmente la maledizione si spezzerà - o almeno cosi credo”. Regina continua a fissarmi ma so che sotto sotto prova qualcosa per Emma e sta cercando in tutti i modi di tenerlo nascosto. So che per loro è stato difficile venire a patti con la nuda e cruda realtà. Entrambe non erano fatte per amare, o comunque era quello che credevano, perché entrambe hanno avuto una storia difficile fatta di tradimenti e abbandoni: Daniel per Regina e Neal per Emma. Si sono trovate e come accade in questa famiglia, per meglio dire nella famiglia di Emma, tutti si ritrovano sempre. Regina continua a non voler rispondere alla mia domanda cosi decido di continuare “Regina so che provi qualcosa per lei sotto tutta quella rabbia che mostri per il fatto che ha spezzato la maledizione. Allora dimmi di cosa esattamente hai paura? Perché ci deve essere per forza una ragione sotto tutto questo. Quello che posso dirti, anche se non so di cosa si tratta, è che non devi averne: la vostra vita, seppur con alti e bassi, è andata avanti magnificamente ed ero quasi sempre presente, l’ho vissuta con voi quindi non capisco le preoccupazioni che ti assillano”. Regina alla fine decide di rispondere, forse le mie parole sono suonate più veritiere di quello che credevo. Sicuramente erano sincere. “Non ho paura, sono terrorizzata che in qualche modo non riusciremo a spezzare la maledizione perché credo che facendoci dimenticare la nostra vita allora di conseguenza anche il nostro amore si è perduto. Sono terrorizzata perché la vita che continui a raccontare, la mia vita, sembra perfetta e forse il destino ci ha portato qui proprio perché i cattivi non hanno il lieto fine e quindi ha deciso di cancellarlo”. Decido di interromperla “Hai detto che i cattivi non hanno un lieto fine, ma se cosi fosse questa maledizione oltre a punire te, punirebbe anche Emma e lei è la salvatrice. Lei fa parte dei buoni e sempre come ha detto tu merita un lieto fine che sempre secondo il destino sei tu. Quindi questo tuo discorso non regge” dico cercando di trasmetterle quella poca speranza che mi è rimasta. “Tu stai dando alla regina cattiva speranza?” dice Regina con una faccia allucinata. “Non alla regina cattiva, ma alla mia mamma perché le voglio bene” dico sorridendo. Detto ciò, la saluto e me ne vado. Ho compiuto la mia missione - o almeno un parte di quella che dovrebbe essere la mia missione.
  
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