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Autore: EleWar    21/08/2019    13 recensioni
Quell’anno l’estate a Tokyo si era presentata più torrida del solito. Si respirava un’aria diversa: sì, quella era una strana estate. Che effetti avrà sugli abitanti del palazzo di mattoni rossi?
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Ryo Saeba
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Questa fan fiction l’ho scritta appositamente per Briz65, non che me l’abbia chiesta, ma è stata un’idea mia :-D , quasi una sfida. E l’ho scritta interamente durante la giornata di Ferragosto.
Ora la propongo anche a voi e spero che vi piaccia.
Buona estate (strana) a voi!!
Eleonora
 
 
UNA STRANA ESTATE
 
Quell’anno l’estate a Tokyo si era presentata più torrida del solito, e gli abitanti cercavano di scampare al gran caldo come meglio potevano, tutti secondo i propri mezzi, in quella giungla di cemento.
Si respirava un’aria diversa: sì, quella era una strana estate.
Ryo stava faticosamente salendo le scale del suo palazzo di mattoni, trascinando i piedi svogliatamente; cercava la sua socia per i vari locali dell’appartamento, ed era più accaldato che mai.
“Kaori? Kaori? Dove sei?” e poi borbottando fra sé “Ma dove diavolo si è andata a cacciare? Con questo caldo, mi fa girare per casa… sono affamato... ”.
Nel frattempo era arrivato fino alla terrazza sul tetto.
“Kaori? Si può sapere dove ti sei cacciata?”.
E fece per valicare la porta di metallo, quando si bloccò di colpo, di fronte allo spettacolo che aveva davanti.
La sua socia era stesa al sole, su di un lettino da mare, con un bellissimo bikini nero che le faceva risaltare la pelle di pesca, cosparsa di microscopiche goccioline che risplendevano al sole di agosto.
In mano aveva uno spruzzino con cui si vaporizzava acqua sul bellissimo corpo tonico.
“Ryo? Sei tu? Sono qui che c’è?”.
Alzò leggermente il busto, in una mezza torsione, e il pezzo sopra del bikini, spostandosi rivelò fugacemente una parte del seno.
Lei con disinvoltura se lo riaccomodò per poi tirarsi su a sedere.
Si voltò a guardare il suo socio.
“Allora? Che c’è?”.
Ryo, pietrificato dalla scena insolita che gli si era presentata all’improvviso, si ritrovò con la gola riarsa e, dopo vari tentativi, riuscì a parlare, un po’ malfermo nella voce.
“Che-che stai facendo quassù?”
“Sto prendendo il sole; perché che c’è di male? È estate!”
“Ma-ma in costume da bagno?”
“E certo, idiota, cosa volevi che mettessi uno scafandro da palombaro? Visto che non mi porti mai da nessuna parte, né al mare né in piscina, ho deciso di sfruttare questo bellissimo posto. Si sta benissimo sai? C’è il sole, c’è la brezza e poi ho questo”.
E prendendo in mano lo spruzzino, si irrorò abbondantemente il corpo di acqua, lo passò sui corti capelli e con l’altra mano, se li tirò all’indietro.
Quel look effetto bagnato era tremendamente sexy, e Ryo rimase senza fiato.
Improvvisamente sentì nei piani bassi un sommovimento ben noto, e guardandosi nel cavallo dei pantaloni si accorse che stava per succedere l’irreparabile.
Iniziò a sudare freddo, nonostante tutto il suo corpo stesse andando a fuoco e non per colpa del sole.
Doveva scappare di lì, però il suo sguardo era calamitato da quel corpo meraviglioso che si offriva alla sua vista; le sue gambe non ne volevano sapere di muoversi, mentre qualcun altro si stava muovendo, anche troppo!
Cercò disperatamente una scusa, infine la trovò:
“Senti? Senti? Sta squillando il telefono… Corro a vedere”.
E veloce come il vento, imboccò la porta delle scale, mentre la partner gli gridava:
“Se vai giù mi prenderesti una bibita fresca?”
“Sì, sì certo!” le rispose di rimando, correndo a perdifiato giù per le scale: tutto pur di scappare lontano da lei.
Quando giunse ansante e stravolto, alla porta dell’appartamento, si fermò e, appoggiandosi con una mano alla parete, si rivolse al suo amichetto dicendogli:
“Ehi cosa ti è preso? Eravamo d’accordo che con Kaori non si sarebbe fatto mokkori, ricordi? C’è mancato poco che ci scoprisse”.
E poi fra sé e sé:
“È meglio che mi faccia una bella doccia fredda, se no come faccio a ritornare di sopra?”.
Si spogliò velocemente e si ficcò sotto il getto dell’acqua gelata.
“Ah finalmente… che refrigerio, ti sei calmato eh vecchio mio… Ahhhhh, acqua che scorre fredda su di me… goccioline che brillano al sole sulla sua pelle morbida… Ohhhh, nooooo di nuovo? Stai buono!!”.
Rimase per un bel pezzo sotto il getto gelido dell’acqua, visto che il suo compare non ne voleva sapere di tornare alla base, poi si decise ad uscire, recuperò dal frigorifero un paio di bibite ghiacciate e risalendo le scale si mise a ripetere:
“È  sempre Kaori, è sempre Kaori” come un mantra.
Evidentemente quel giorno non si sentiva troppo bene; colpa del caldo sì, sì, doveva essere quello…
Stavolta, varcando la soglia, fu più preparato a quello che avrebbe visto e riuscì a controllarsi. Si disse:
“Visto? Non è così difficile…” e sorrise soddisfatto, porgendole la lattina.
Ma la sua socia notò quella sua strana espressione e gli chiese:
“Perché ridi?”
“Oh niente, niente, pensavo ad una cosa divertente… piuttosto sai che hai avuto una bellissima idea? Non ci avevo mai pensato di sfruttare la nostra terrazza per prendere il sole…”
“E per fortuna, come minimo tu ti ci saresti messo tutto nudo”
“Ma no, che dici?”.
E prese a ridacchiare nervoso.
Caspita, ci aveva preso alla grande, lei lo conosceva benissimo.
In ogni caso, avanzò fino alla ringhiera e vi si appoggiò con le braccia, sorseggiando di tanto in tanto la sua bibita; le dava le spalle volutamente, così sarebbe stato più facile non incantarsi a guardarla e cadere di nuovo in tentazione.
Ma evidentemente la socia non era della stessa idea, perché saltò su dicendo:
“Ah Ryo, già che sei qui, mi spalmeresti la crema? Sai volevo mettermi a pancia sotto, ma temo di scottarmi sulla schiena e lì non ci arrivo da sola”.
Ryo deglutì a fatica: ed ora? Non poteva mica tirarsi indietro!
Si voltò verso la ragazza giusto in tempo per vederla cambiare posizione, con movimenti aggraziati e femminili, e si stupì della sua leggiadria: da quando Kaori era così... così...  delicata?
Non c’era affettazione nelle sue movenze, né una reale volontà di sedurre, ma lui rimase affascinato da quei semplici movimenti.
Le si avvicinò un po’ incerto: da quando in qua si sentiva così insicuro davanti a lei?
Era sicuramente colpa del caldo.
Lei gli tese il flacone della crema e si stese sul lettino.
Ryo incredibilmente non sapeva da dove cominciare.
Era bloccato e stava riprendendo a sudare copiosamente, fra poco sarebbe dovuto scendere a farsi un’altra doccia fredda.
Nemmeno avesse letto nei suoi pensieri, lei gli chiese:
“Come mai hai i capelli bagnati? Ti sei fatto una doccia? Ecco perché ci hai messo tanto”
“Emmm, emmm, sì, effettivamente. Sai quando sono tornato ero in condizioni pietose e allora… sai com’è…”
“Se hai le mani fredde, riscaldale però, che dopo rabbrividisco quando mi tocchi”
“Sapessi quanta paura ho io di rabbrividire” pensò lui preoccupato.
Infine si decise e diede inizio all’opera.
Era così impacciato che temeva che lei se ne accorgesse e gli facesse qualche battutaccia, giusto per prenderlo in giro.
Per fortuna tacque.
Iniziò dalle spalle.
“Dai, lì è facile, no?” si disse.
Scese con ampi massaggi lungo la schiena e si sforzò tantissimo di non pensare che sotto le sue mani ci fosse il fantastico corpo della sua compagna.
Lei, forse intuendo il suo disagio, prese a chiacchierare allegramente del più e del meno, senza badare al fatto che il suo socio la stesse toccando.
In realtà lei era sull’orlo dello svenimento, sentiva il suo cuore battere come un tamburo fra le costole e riverberarsi sul tessuto del lettino: temeva che lui se ne accorgesse.
Mai erano stati così a contatto, mai lui l’aveva toccata in quel modo, anche se le stava semplicemente spalmando la crema solare.
Credeva che sarebbe impazzita, e poteva sentire ogni suo più piccolo movimento e pressione in ogni posto in cui passava.
Si era imposta di non dimostrare né il piacere che stava innegabilmente provando né l’imbarazzo, ed era una vera e propria tortura.
Ma Saeko era stata chiara, con le sue lezioni di seduzione, doveva essere Disinteressata e Disinvolta.
Certo lei parlava bene, anni e anni di allenamento, con la sua bellezza prorompente poteva permettersi di trattare gli uomini come voleva, era sicura di sé e non si faceva impressionare da nessuno.
Ma lei non era Saeko e non doveva sedurre un uomo qualsiasi, ma Ryo Saeba, colui che aveva dichiarato ai quattro venti che lei era l’unica a non eccitarlo.
Scacciò questi pensieri e si concentrò sulla sua missione e sul non farsi sfuggire mugugni di soddisfazione.
Intanto Ryo era sceso fino al fondo schiena, si era fermato esitante al bordo dello slip, per poi proseguire lungo le cosce sode e poi giù giù verso le gambe chilometriche.
Quando giunse alle caviglie, mentalmente tirò un sospiro di sollievo, ce l’aveva fatta, e il suo amichetto se ne era rimasto buono buono, però… pensando a quei piedini… oddio no, così era da feticisti!
Poi un’idea balenò nella sua testa, insidiosa e agghiacciante insieme; sperò con tutto sé stesso che…
“Emmmm senti socia, devo passarti la crema anche… anche davanti?”
“Oh no, grazie” rispose tranquilla e disinvolta “Lì ho fatto da sola, ci ho pensato io.” E gli strizzò l’occhio, senza malizia, ma il suo sguardo era così luminoso, quel suo sorriso così spontaneo, che gli fece provare un brivido elettrizzante lungo la spina dorsale, che raggiunse inevitabilmente i lombi. E lì iniziò a sentire un leggero formicolio.
“Dannazione, ci risiamo! E sempre quando meno me lo aspetto”.
E mentre i due erano impegnati in questo scambio di sguardi, non si accorsero che dal balcone del palazzo di fronte, si riverberava un riflesso metallico.
Qualcuno li stava spiando, li stava tenendo sotto tiro.
Quando Kaori si distese più comodamente, emise un sospiro soddisfatto e poi con le braccia piegate indietro cercò di slacciarsi il reggiseno.
Stava facendo violenza a sé stessa, ma doveva andare fino in fondo, finse di armeggiare e disse:
“Ryo sii gentile, mi aiuteresti a sganciarlo? Deve essersi inceppato. Lo slaccio altrimenti mi rimangono i segni”.
Ryo fu preso dai tremori, si sedette sul lettino, a lato di quel corpo mozzafiato, e attese.
Sganciare un reggiseno.
Sganciare il reggiseno.
Sganciare il reggiseno di Kaori.
Sganciare il reggiseno di Kaori con il suo permesso!
Con mani tremanti cercò di eseguire il compito che in condizioni normali sarebbe stato facilissimo per lui, il seduttore, lo stallone di Shinjuku.
Ma l’amico del sole ci stava mettendo del suo e appena riuscì a sbloccarlo, con una scusa balzò su dal lettino e, piegato in due, iniziò a dire:
“Oh che mal di schiena, credo di aver preso un colpo d’aria… ahi ahi ahi” si lamentò fintamente, “Vado un attimo di sotto a prendere un antidolorifico”.
Niente di più falso per uno come lui che aveva una salute di ferro, ma non poteva rimanere ancora lì.
Ma che giornata era quella???
Si precipitò di nuovo giù per le scale, ma a metà strada incrociò Mick che con la stessa velocità le risaliva di corsa, tenendo un lettino da mare sopra la testa.
Lo bloccò:
“Ehi, yankee! Dove stai andando di gran carriera e con quel coso sulla testa??”
“E me lo chiedi? Sto andando in terrazza dove la mia dea, la mia bellissima Kaori, sta prendendo il sole!” rispose con gli occhi a cuoricino.
“Tu non vai da nessuna parte invece!”
“E perché no? Tu e il tuo amichetto avete abbandonato il campo” e ammiccò in direzione delle botteghe oscure dello sweeper “Quindi è mio dovere andare a tenerle compagnia”. 
Ryo seguì lo sguardo dell’americano e, prima di perdersi nell’imbarazzo, ribatté:
“A proposito di lasciare sola qualcuna: tu, piuttosto, dove hai lasciato Kazue?”
“È dovuta andare in clinica dal Doc e mi sentivo così solo…”.
E detto questo riprese la sua corsa verso il tetto mentre Ryo partiva al suo inseguimento.
Giunti alla porta della terrazza iniziarono a spintonarsi: Ryo voleva chiaramente impedirgli di uscire, Mick si divincolava dalla presa dell’amico perché voleva raggiungere la ragazza, il tutto con il lettino sempre sopra la testa.
A quell’improvviso strepito Kaori si tirò su di scatto, non prima di aver afferrato il sopra del costume, affinché non scivolasse giù pericolosamente.
Da che Ryo se ne era andato, aveva tirato un sospiro di sollievo e per calmare i bollenti spiriti, si era scolata tutta di un fiato la bibita gelata.
La mossa del reggiseno le era venuta in mente lì per lì e Saeko ne sarebbe stata fiera, ma aveva rischiato l’infarto.
Dove sarebbero andati a finire di quel passo?
Inoltre lei aveva capito subito che Ryo era letteralmente scappato, entrambe le volte, e se avessero continuato così, con lui che scappava via ogni volta e più del solito, tutta la sua opera di seduzione sarebbe stata inutile.
Ma quando sentì quella gran confusione e identificò Mick si disse:
“Dannazione, questa non ci voleva… O forse sì?” sorrise maliziosa.
Il biondo americano riuscì a liberarsi dalla presa di Ryo e raggiunse la sua amica.
Posizionando il lettino a terra, in tre secondi si spogliò, fino a restare con un paio di boxer hawaiani: sembrava il classico californiano pronto a cavalcare la prima onda con il suo surf. Biondo, bello, sorriso abbagliante.
Ryo invece sbuffava infastidito.
Mick stava per sedersi sulla sponda del lettino di Kaori quando intercettò lo sguardo omicida dello sweeper e deviò sul suo, di lettino.
La stava letteralmente mangiando con gli occhi e Ryo proruppe con:
“Ehi Mick, ma non hai altro da fare oggi?”
“Oh, ma è così bello qui… C’è un panorama mozzafiato…” rispose guardando significativamente Kaori. Lei arrossì come non aveva ancora fatto fino ad allora.
“Guarda che anche dal tuo balcone si vede tutta la città… Ad ognuno il suo panorama” puntualizzò Ryo.
Kaori non si era fatta sfuggire la strisciante gelosia di Ryo e ne fu internamente soddisfatta; forse era un bene che ci fosse Mick, anche se temeva che sarebbe dovuta ricorrere ai suoi soliti martelloni.
“Dolce angelo del mio cuore, posso fare qualcosa per te? Vuoi che ti spalmi la crema solare? Non vorrei che la tua pelle di madreperla risentisse di questo sole impietoso…”
“Oh grazie, ma ci ha già pensato Ryo”.
Questa risposta, Mick proprio non se l’aspettava: si voltò a guardare il suo amico che, braccia conserte, sorrideva orgoglioso.
La ragazza riprese:
“Sapessi come è stato bravo! Ha delle mani d’oro…”.
Entrambi gli uomini si fecero attenti.
Cosa stava dicendo Kaori, la timida e impacciata Kaori?
Non era da lei, però però… la loro fantasia stava già galoppando.
“Non ci credi?” disse lei, notando l’aria stranita dell’americano “Sai ero distesa sul lettino e lui mi ha spalmato la crema sulle spalle…”  E portò le braccia a cingersi le spalle, come a simulare un abbraccio “Poi è sceso giù, giù, molto molto lentamente…”.
I due sweeper trattenevano il respiro: Ryo si era seduto accanto a Mick sul suo lettino ed erano tutt’orecchi, entrambi tesi versi di lei, con un accenno di bava alla bocca.
“…molto molto lentamente… con movimenti ampi e regolari…”.
Quei due si stavano incredibilmente eccitando solo ascoltando le sue parole.
“…le sue mani erano calde e la crema scivolava via sul mio corpo… arrivò al sedere… e si fermò”.
Tacque.
Anche i due sweeper si fermarono, o meglio i loro cuori si fermarono, e non ricominciarono a battere fino a quando la ragazza non riprese a parlare.
Kaori sapeva di averli in pugno; certo di Mick non le importava, ma Ryo era completamente stregato, era in sua balia e questo l’aiutava ad andare avanti nella sua missione.
“Poi è sceso giù lungo le cosce, e poi... e poi… giù lungo le gambe. È stato magnifico”.
E per la prima volta si voltò direttamente verso di lui, ad incontrare il suo sguardo che trovò incredibilmente trasfigurato da uno strano luccicore negli occhi. Sembrava... sembrava... desiderio?
Si convinse di essere sulla giusta strada.
Riprese:
“Non avevo mai provato niente di simile, stavo quasi per…  stavo quasi per…”.
Li stava tenendo sul filo, quei due avevano le pupille dilatate, sudavano abbondantemente e pendevano letteralmente dalle sue labbra.
“Ancora uno sforzo” s’impose lei.
“Dicevo che stavo quasi per ve…”.
Oddio, cosa mai avrebbe detto quella benedetta ragazza, pensarono all’unisono quei due mandrilli.
“Stavo quasi per ve… veramente stavo quasi per addormentarmi”.
Boooommm!
La bomba era esplosa.
I due sweeper furono scagliati all’indietro dalla detonazione, e uno stuolo di libellule sfilò in costume hawaiano sulle teste dei due, suonando allegramente l’ukulele.
Mick fu il primo a riprendersi, e guadagnata la posizione eretta, si ricompose passandosi una mano fra i biondi capelli.
Sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori e disse:
“Cara la mia Kaori, hai ragione ad addormentarti con un tipo come lui, è così noioso… ma ora ci sono qua io…”.
E le si fece incontro, ma lesto Ryo intervenì:
“Toh, guarda! È tornata Kazue! La vedo…”
“Dove? Dove?” si affrettò a chiedere spaventato il bell’americano.
“È laggiù, eccola” e poi sporgendosi dalla ringhiera “Iuuuh? Siamo quassù!”
Ma quando si voltò Mick si era volatilizzato, lasciando lì il lettino da mare.
Kaori ridacchiava dietro la mano premuta sulla bocca.
Che ci fosse o no Kazue, solo la minaccia era servita a metterlo in fuga.
Ryo si sedette sbuffando sul lettino, a braccia conserte.
Era nervoso e contrariato.
Kaori che se ne era accorta gli chiese:
“Perché non ti metti in costume anche tu e rimani qui con me a prendere un po’ di sole?”
“Non ho il costume a meno che tu non voglia vedermi in mutande…” mugugnò scocciato.
“Guarda dentro la mia borsa” rispose pronta lei.
Ryo si alzò e rovistò nella sua ampia borsa ed effettivamente trovò un costume da bagno a pantaloncino.
Come aveva fatto a prevedere tutto?
Però poi si chiese dove sarebbe andato a cambiarsi, non poteva certo fare uno spogliarello davanti agli occhi della sua pudica Kaori.
Si guardarono e lei gli indicò l’altana che usavano come ripostiglio.
Vi si diresse.
Tornò e si stese sempre di malumore; si mise a leggere il giornale sprofondato nel suo mutismo, fino a quando si addormentò.
Kaori non disse niente, era ancora presto.
Un passo alla volta.
Disinteressata e Disinvolta.
Poco dopo Ryo si svegliò con la sensazione di essere osservato.
Aprì a fatica gli occhi e si trovò nell’ombra proiettata da qualcuno accanto a lui; sbatté le palpebre e finalmente mise a fuoco il soggetto: era Kaori, seduta sul bordo del suo lettino, che gli sorrideva.
Gli disse:
“Finalmente ti sei svegliato, bell’addormentato!”.
Lui fece per mettersi a sedere, ma lei con una mano sul petto, lo respinse indietro, e fece di più: salì cavalcioni sulle sue gambe.
Lo sweeper era al colmo dello stupore.
Cosa voleva fare quella pazza stavolta?
Lei continuava a sorridere e i suoi occhi scintillavano di... di cosa esattamente? Che fosse desiderio? Possibile?
Poi la ragazza prese ad abbassarsi verso di lui, lentissimamente, appoggiando entrambe le mani sul suo ampio petto.
Il cuore dell’uomo prese a battere all’impazzata e si disse che anche lei lo avrebbe sentito, visto che una mano era proprio lì, sul suo torace. Ryo era ipnotizzato dallo sguardo di Kaori, stava annegando nei suoi occhi nocciola, così brillanti, così morbidi, così rassicuranti.
Lei continuava ad avvicinarsi e da quella distanza poteva percepire il suo profumo frammisto alla crema al cocco che le aveva spalmato poco prima. I capelli erano ancora bagnati e luccicavano al sole.
Era la visione più bella che gli fosse mai capitato di vedere: dio, Kaori era bellissima.
I due soci erano ormai vicinissimi, potevano sentire uno il respiro dell’altro, e lo sguardo dell’uomo era calamitato dalle labbra della sua partner, atteggiate in un lieve sorriso divertito.
Era turbato come mai prima d’ora di fronte ad una donna, e non si accorse del suo compagno di merende, che si era fatto vivo chiedendo di prendere parte alla festa, fino a quando lei non disse, ridendo:
“Oh, era ora! Anche qualcun altro si è svegliato finalmente!”.
In effetti, in quella posizione lei non poteva non essersi accorta di ciò che stava succedendo, lo sentiva pulsare contro la coscia e ne sembrava entusiasta.
Ryo si era arreso, non voleva più fingere!
“Basta!” si disse “Accada quel che accada, io voglio stare con lei; io voglio lei!”
Con un movimento repentino, inclinò il busto, e ridusse all’istante la distanza fra loro, e poi imprigionò le labbra della socia in un bacio appassionato che non lasciava scampo.
La ragazza rispose senza indugio e quando si separarono ansanti gli sussurrò con voce roca:
“Signor Saeba, direi che si è fatto attendere un po’ troppo” prima di riprendere a baciarlo.
Quell’incontro stava diventando rovente, più rovente del sole che ardeva sopra di loro, quando… quando… Ryo cadde dal lettino!
Si ritrovò a terra fra un grande svolazzo di fogli di giornale, da solo, e improvvisamente realizzò che stava solo sognando.
Kaori accanto a lui, scoppiò a ridere quando lo vide gambe all’aria, ma appena si accorse che era furente, smise di botto.
Era solo un sogno, un dannatissimo sogno, un eccitantissimo sogno… ma pur sempre un sogno.
Era furibondo, ce l’aveva con sé stesso, ce l’aveva con lei che era così affascinante, così bella, così Kaori!!
Quella giornata sembrava non finire mai, che gli aveva preso?
Non era la prima volta che vedeva la socia in costume, anche se, a pensarci bene, gira e rigira era sempre finito per provare desiderio e attrazione; va bene, e allora? Lui era un uomo e lei?
Era una donna, una donna bellissima che non smetteva di esserlo solo perché lui decideva che non lo fosse affatto.
Si passò una mano fra i capelli, frustrato.
Ci mancava solo questa!
Aveva passato anni e anni a impedirsi di saltarle addosso, e ci era sempre riuscito, magari facendo i numeri, ma finendo invariabilmente per farla soffrire.
Ed ora? Cosa era cambiato? Perché sentiva di non poterle più resistere?
Kaori osservava perplessa il suo socio, e non capiva cosa avesse.
Da dopo che se ne era andato Mick, si era chiuso in sé stesso, era diventato scostante, con la luna di traverso, nervoso.
Ed ora, che si era svegliato di soprassalto ed era caduto dal lettino, era ancora più arrabbiato.
Lei lo chiamò dolcemente:
“Ryo…?”
Lui, che era tornato a sedersi, si voltò verso di lei.
All’inizio il suo sguardo era truce, ma poi vedendola così preoccupata, si addolcì e le sorrise.
“Dimmi Sugar?” le rispose.
La ragazza allora si alzò e andò a sedersi accanto a lui.
Non era più la donna sensuale del suo sogno, ma nemmeno la sexy partner di quando aveva messo piede sulla terrazza: era la sua solita socia, sempre premurosa e comprensiva, ma non per questo meno affascinante.
Ma cosa aveva fatto per meritarsi l’amore di una donna meravigliosa come lei?
“Che ti succede? Perché sei così di cattivo umore? Ho fatto qualcosa che non va? Ce l’hai con me?”.
Kaori aveva giocato alla seduzione, convinta da Saeko ad osare, ma anche se aveva piacevolmente scoperto che era capace di far cadere ai suoi piedi gli uomini, non si sentiva molto a suo agio in quelle vesti, o meglio in quelle non-vesti, dato che era in costume da bagno. E che costume! Glielo aveva disegnato e realizzato appositamente proprio la sua amica Eriko.
Tutte si erano coalizzate per la grande seduzione come la chiamava lei.
Però ora vedeva Ryo così turbato, così serio, che all’improvviso non le andava più di giocare.
Temeva di aver esagerato, di aver detto o fatto qualcosa che lo avesse fatto arrabbiare, e se ne dispiacque.
Ma Ryo, a quelle domande spontanee, rivoltegli con aria triste e sconsolata, spalancò gli occhi sorpreso.
Come poteva pensare una cosa del genere? Non era assolutamente colpa sua… doveva dirglielo.
“Oh, Sugar, ma che stai dicendo? E perché mai dovrebbe essere colpa tua?”
“Non lo so, sei diventato improvvisamente intrattabile…”
E istintivamente si strinse il busto con le braccia come a volersi coprire, come se non volesse più mostrarsi a lui.
“Ti ho messo a disagio vero?” chiese con un filo di voce.
Ryo allora le si fece più vicino e le circondò con un braccio le spalle.
“Sciocchina, ma che vai a pensare?” le disse con tenerezza.
“È che ti ho chiesto di spalmarmi la crema, e tutto il resto, poi è arrivato Mick… scusami se ti ho forzato a fare cose che non faresti mai…”
Quelle parole arrivarono dritto al cuore dello sweeper e si sentì morire.
No, no, non era così che stavano le cose, non doveva pensare che per lui fosse stato imbarazzante toccarla, accarezzarla... no, no, era tutto il contrario: lui la desiderava; la rispettava certo, però si sentiva attratto da lei, non era vero che era un mezzo uomo, un travestito.
O adesso o mai più; si fece forza.
“Senti Sugar, io… io… tu mi piaci, sì, mi piaci tantissimo, sei la donna più bella che io conosca, starti vicino per me è un… privilegio”.
Kaori, che aveva abbassato la testa in preda allo scoramento, la rialzò di scatto, a guardare il socio.
I suoi occhi scintillavano, lo indagava con lo sguardo, aspettandosi che scoppiasse a ridere dopo averle detto la solita panzana; e invece lui le stava di fronte con aria serena e affettuosa.
“Dici-dici sul serio?”
“Certo, Kaori-chan” e le accarezzò una guancia.
Era così dolce Ryo, le sembrava di sognare…. poi pensò:
“Oddio, a forza di stare sotto il sole, ho preso un’insolazione!” e le venne da sorridere.
“Perché ridi?” le chiese lui.
“No niente… pensavo che questa è un’estate strana… che fa fare cose strane.”
“Tipo?”
“Tipo questa” e catturò le sue labbra in un bacio dolcissimo, a cui il socio reagì con entusiasmo e passione.
Fu un bacio al sapore del sole d’agosto, dolce come la frutta matura e fresco come l’ombra del bosco. Fu come un bicchiere di acqua fresca dopo aver a lungo camminato, proprio come avevano fatto loro. Fu il ritrovarsi di due anime che per troppo tempo avevano errato sulla terra pur vivendo sotto lo stesso tetto.
Quando lentamente si separarono, pur continuando a guardarsi negli occhi, sorrisero felici.
Poi Kaori, seppur un po’ malferma sulle gambe tremanti per l’emozione, si alzò in piedi e gli disse:
“Io-io credo che… andrò a farmi una doccia” e gli rivolse uno sguardo indecifrabile.
Ryo non era sicuro di aver capito bene: cosa vedeva in fondo a quegli occhi nocciola?
Non seppe far altro che annuire.
Lei guadagnò lentamente la porta e poco prima di scomparire dietro l’angolo, si fermò ancora una volta a guardarlo.
Il suo socio rimase seduto e perplesso.
Ripensò alla bellissima scena che si era trovato davanti quel pomeriggio quando era salito in terrazza; a quando le aveva spalmato la crema e aveva avuto un assaggio di cosa fosse poter passare le mani su quel corpo perfetto; e poi ripensò a quella streghetta quando aveva descritto l’esperienza a quei due allupati. Sorrise, dicendosi che ci sapeva fare. Ripensò a quel sogno torrido che lo aveva turbato, al risveglio traumatico e infine a quel bacio dolcissimo che si erano appena scambiati.
Sospirò.
Poi si tirò su di scatto e si disse, sicuro di sé e con aria da seduttore:
“Bene, ora tocca a me!”.
E correndo in direzione delle scale prese a gridare:
“Sugar aspetta! Vengo a lavarti la schienaaaaaaa. Aspettami! Arrivooooooooo”.
 
 
 
Ce ne fossero di estati strane così, per loro, ma anche per noi!!
Saluti e baci
Eleonora
 
   
 
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