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Autore: LionConway    23/08/2019    5 recensioni
{ Aziraphale/Crowley ; pre-slash ; 1970s }
New York era il suo nuovo ufficio da una decina d’anni. Perfino il Grande Capo si era trasferito lì, intenzionato a conquistarsi tutto il ventesimo secolo. E ci stava riuscendo, si stava espandendo per gli Stati Uniti a una velocità tale da far concorrenza perfino all’epidemia di peste[...].
Non c’erano angeli in America. Non a New York, quantomeno, non sul suolo.
Eppure, il presentimento che qualcosa stesse per cambiare aleggiava vago nell’aria da qualche tempo, fino a quando Crowley non andò quasi a sbattervi il muso durante un tedioso e tardo pomeriggio di Agosto.
Non letteralmente, perché camminava sul marciapiede dall’altro lato della strada, gustando un ghiacciolo al limone, eppure l’insegna AZ. FELL & CO. lo colpì con la stessa intensità di uno schiaffo in pieno viso.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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( Angels In America )

 

 
Non esistono dèi, qui. Non ci sono fantasmi o spiriti in America, non ci sono angeli in America.” 
- Tony Kushner
 
 
 
 
Era già da parecchio che Crowley aveva fiutato nell’aria una potenziale espansione. Nelle ultime settimane, aveva preso ad aguzzare la vista sotto le lenti scure dei propri occhiali alla ricerca di qualcosa di familiare, di già visto. Perché si stupiva costantemente di come il mondo fosse in grado di risultare sempre così estraneo agli occhi serpentini di qualcuno che bazzicava per le strade sinuose della Terra fin dalla Notte dei Tempi. Letteralmente.
New York era il suo nuovo ufficio da una decina d’anni. Perfino il Grande Capo si era trasferito lì, intenzionato a conquistarsi tutto il ventesimo secolo. E ci stava riuscendo, si stava espandendo per gli Stati Uniti a una velocità tale da far concorrenza perfino all’epidemia di peste (e comunque loro non c’entravano un bel niente con quella: ai Piani Alti servivano preghiere, Crowley si era annoiato per gran parte del Medioevo).
Non c’erano angeli in America. Non a New York, quantomeno, non sul suolo.
Eppure, il presentimento che qualcosa stesse per cambiare aleggiava vago nell’aria da qualche tempo, fino a quando Crowley non andò quasi a sbattervi il muso durante un tedioso e tardo pomeriggio di Agosto.
Non letteralmente, perché camminava sul marciapiede dall’altro lato della strada, gustando un ghiacciolo al limone, eppure l’insegna AZ. FELL & CO. lo colpì con la stessa intensità di uno schiaffo in pieno viso. La scritta col nome della libreria svettava bianca sullo sfondo viola dei pannelli in legno attorno alla vetrina, uguale identica a quella di Londra.
“Bene, bene, bene” borbottò Crowley, facendo saettare pensierosamente la lingua biforcuta lungo tutto il ghiacciolo, “le cose si fanno interessanti.”
Quando oltrepassò la soglia della libreria, lo accolse il tintinnio della campanella posta sopra la porta. L’odore di incenso misto a quello della vecchiaia di volumi antichi volati oltreoceano gli assalì le narici, ma Crowley non storse il naso: gli piaceva, in fondo. Era lo stesso odore che emanava Aziraphale l’ultima volta che lo aveva visto, l’odore che per un po’ aveva svolazzato nell’abitacolo della sua tanto amata Bentley.
E, difatti, ecco arrivare puntuale la sua voce melodiosa, così tipica di Quelli Là, che poi era solo una facciata atta nascondere la loro pomposa austerità. Beh, forse non Aziraphale: forse lui era solo un pasticcino che si premurava di passare la maggior parte del tempo con la punta del naso affondata tra le pagine di un libro.
“Stiamo chiudendo, posso esservi d’aiu- Crowley?”
Aziraphale, sbucato da una pila di scaffali colmi di vecchi tomi rilegati in pelle, si bloccò nel bel mezzo del locale. Teneva un altro libro sottobraccio e, non appena si rese conto di avere davanti il suo vecchio amico? Nemico? Insomma, il suo vecchio Qualcosa, si liberò degli occhiali che gli erano scivolati sulla punta del naso, come se così potesse vedere meglio. “Che cosa ci fai qui?”
“Stavo per fartela io, questa domanda.” rispose Crowley, senza scomporsi di un secondo ma, anzi, continuando a dare attenzioni al proprio ghiacciolo. “Credevo che i tuoi avessero lasciato perdere New York. Se proprio volevate tornare in prima linea, non sarebbe stata più adatta la West Coast?”
“Oh, teniamo ancora Los Angeles.”[1] spiegò Aziraphale. Si schiodò da quella piastrella del pavimento e cominciò a passare in rassegna i libri esposti sugli scaffali. Crowley si domandò se lo stesse facendo per evitare di guardarlo e si rese conto di non volere davvero una risposta a quella domanda. “I miei superiori hanno solo convenuto che, forse, era meglio cominciare a muoversi su terreno di guerra. Questa città è davvero troppo piena di perdizione, la sola influenza non può più bastare per salvarla.”
“Così hanno mandato te.”
A quelle parole, Aziraphale si voltò a guardarlo con un largo sorriso e il petto gonfio per l’orgoglio. Per un attimo, Crowley temette che l’angelo potesse esplodere nel panciotto color crema che indossava.
“È un compito importante!” esclamò. “Sono davvero lusingato di essere stato scelto!”
“Sei un pesce pilota”[2] gli fece presente Crowley. “Ti hanno stuzzicato con l’idea di una libreria al Village e tu hai abboccato come niente.”
“Oh, no, questa è stata una mia personalissima richiesta. Mi ricorda un po’ la Soho di Londra, qui.”
Aziraphale oltrepassò il locale e si fermò di fronte alla vetrina, indicando al di fuori con una mano. “Questo è il quartiere dove l’arte è di casa! Scrittori, poeti, cantautori…”
“Mafiosi…”
Aziraphale contrasse la bocca in una smorfia. “Quelli ce li avete portati voi.”
“Il nostro peggior investimento!” ridacchiò Crowley. “Sono tutti cattolici! Si fanno chiamare Padrini, come se rinunciassero a Satana. Vi abbiamo praticamente fatto un favore!”
Anche le labbra di Aziraphale si distesero in un sorriso divertito.
“Sai” disse, “so che non dovrei, ma sono felice di averti ritrovato qui. Mi mancavano questi discorsi. Ho sempre trovato le nostre divergenze quasi… illuminanti.”
Crowley non rispose subito. Il ghiacciolo era praticamente ormai scomparso, ma lui seguitava a succhiare il bastoncino di legno e, contemporaneamente, rimuginava su ciò che l’angelo gli aveva appena ammesso. Era da intendersi come un complimento?
Dietro le lenti degli occhiali, vide Aziraphale battere le palpebre un paio di volte, un’espressione confusa dipinta sul volto: “Crowley?”
“Sto pensando” fece il demone, “ti andrebbe di fare un giro in prima linea? Giusto per renderti conto di cosa ti aspetta.”
Aziraphale esitò. “Cos’hai in mente?”
“Nulla di troppo sostanzioso” lo rassicurò Crowley. “Un picnic.”
“Un picnic?”
“A Central Park.”
“Intendi per cena?” La voce di Aziraphale si era fatta improvvisamente più acuta. “Non è pericoloso?”
“Oh, andiamo, angioletto, di cosa hai paura?” Crowley ghignò, il bastoncino di legno stretto fra i denti. “Non possono mica ucciderti! Considerala un’occasione per aiutare i malviventi a redimersi. E per riempirti la pancia.”
Aziraphale sembrò tentennare per un attimo, ma alla fine sospirò –lo stesso sospiro che aveva tirato molte altre volte in passato- e accettò la sua offerta.
“Aspetta almeno che faccia chiusura” disse.
 
*
 
Central Park era conosciuto come il gioiello di New York City. Eppure, nemmeno il parco era stato salvato dalla decadenza urbana che infestava tutta la città. Anzi, ne era quasi un simbolo. Ponti e monumenti erano stati abbandonati al loro destino di disfacimento, trasformandosi in giacigli per la notte di senzatetto, di drogati, di alcolizzati. Superando Bethesda Terrace -il cui angelo in mezzo alla fontana era stato l’unico esemplare che Crowley aveva visto per molto tempo-, Aziraphale si rese conto che la vendita di droga andava forte, lì. Percorrendo le stradine sinuose che s’inerpicavano tra le aiuole colme di erbacce e rifiuti, l’angelo e il demone coglievano i gemiti e i sospiri di chi si appartava dietro gli alberi per quelle che gli umani chiamavano sveltine.
Quando raggiunsero il laghetto delle anatre, Aziraphale si lasciò andare a un lungo e sofferto lamento.
“Non lo stagno!” si lagnò, voltandosi verso Crowley e sbracciandosi per indicare la lurida superficie dell’acqua, sulla quale galleggiavano bottiglie e lattine di birra e di soda. “Che cosa avete fatto a questo parco? Che cosa avete fatto a questa città?”
Noi? Noi non abbiamo fatto nulla!”
Con molta nonchalance, Crowley spostò con i piedi alcune cartacce (e qualcosina in lattice che non voleva far vedere ad Aziraphale), posò la tovaglia da picnic sull’erba in riva al lago e vi si sedette, posando il cestino al proprio fianco.
“Noi ci siamo limitati a corrompere qualche politico.” spiegò, tirando fuori dal cesto alcuni tramezzini al salmone, fragole ricoperte di cioccolato, un candelabro a cinque braccia con le candele già accese.[3] “La bancarotta l’hanno sfiorata da soli. Si sono distrutti col Vietnam, col debito pubblico. Sul serio, angelo, a volte credo che tu sottovaluti l’incapacità degli umani di farsi del male per conto proprio. Noi raccogliamo solo i frutti di ciò che seminano. In parole povere: sguazziamo nei loro escrementi.”
“Non essere volgare.” Aziraphale lo rimproverò, mentre prendeva posto anche lui sulla tovaglia a scacchi bianca e rossa. Afferrò un tramezzino, lo scartò e cominciò a sbocconcellarlo. “Quando è stata l’ultima volta che abbiamo mangiato insieme?”
“Mmmh… Parigi credo. Le crèpes.”
“Giusto, giusto. Oh, diavolo! È passato così tanto tempo…”
“Davvero?”
Crowley strinse leggermente le palpebre, anche se Aziraphale non poteva vedere i suoi occhi giallognoli, nascosti sotto gli occhiali da sole in piena notte. “Eppure, duecento anni non sono che uno sputo nella nostra esistenza.”
Aziraphale si strinse nelle spalle.
“Chissà” bofonchiò, “può darsi che stia cominciando a contare gli anni come gli umani.”
“Brutto segno. Meglio che non ti ci affezioni troppo. Lassù potrebbero risentirsene.”
Le guance paffute di Aziraphale si gonfiarono e l’angelo lasciò fuoriuscire un sonoro sbuffo dalle labbra: “E, invece, noi due? Non pensi che avrebbero qualcosa da ridere pure se sapessero che fraternizziamo da… quanto, Crowley? Quante migliaia di anni sono? Di quello ho perso il conto.”
“Io non l’ho mai tenuto.” ghignò il demone. “Mi piaci, angioletto. E non hai detto tu, poche ore fa, che ci illuminiamo a vicenda? Perché dovremmo smettere?”
“Te l’ho detto già dieci anni fa, Crowley: tu corri troppo, per me.”
“Non ho mica la Bentley, adesso. L’ho dovuta lasciare a Londra, benedizione!”
Non gli sfuggì come Aziraphale sorrise debolmente, abbassando il capo.
“Non parlavo della tua auto” mormorò, prima di dare un altro morso al suo tramezzino.
Crowley lo sapeva, ma non disse nulla. Si limitò solamente a finire il proprio sandwich, prima che entrambi potessero dare attenzioni alle fragole e a una bottiglia di Champagne.
Con l’alcol, Aziraphale sembrò rilassarsi un po’ di più.
“Dimmi un po’” fece, addentando una fragola. “Raccontami di qualche tua prodezza in questa città.”
“Hai sentito di quel blackout dello scorso mese?”
“Opera tua?”
Crowley studiò attentamente una fragola, prima di lambirla con la lingua come se fosse una mosca di Belzebù.
“Diciamo che mi sono un po’ messo in mostra.” ammise. “Avrei dovuto colpire la centrale che serviva il Queens. Avrebbe senz’altro giovato al Figlio di Sam. Poi ho scoperto che tutto il resto della città era servita da una sola, grande centrale e beh, perché non alzare l’asticella? Ha funzionato alla grande!”
Entrambi si lasciarono andare a una risata. Fino a quando Aziraphale non sollevò una mano.
“Aspetta” disse, perplesso, “ma… il Figlio di Sam… intendi quel killer con la calibro .44?”
“Proprio lui.”
“Non starai mica….?”
Crowley storse la bocca.
“È un lavoro che sarebbe dovuto toccare a Ligur” spiegò, vuotandosi un altro po’ di Champagne. “Solo che lui è stato promosso e ha una posizione più vicina al Grande Capo. Ha uno studio legale sulla Fifth Avenue, tra l’altro, lo sapevi? Cos’altro avrebbe potuto fare, se non l’avvocato?” [4]
“Stai divagando.”
“Oh, sì, scusami. Comunque… è un mio vicino di casa che urla e schiamazza continuamente in piena notte. Non riuscivo a dormire! Così mi sono trasformato nel cane di un altro vicino, un certo Sam, e ho ringhiato e sbavato un po’, convincendolo che avesse visioni demoniache. Beh, non aveva tutti i torti. Il problema è che adesso, alla polizia, incolpa me, dicendogli che sta uccidendo perché un maledetto labrador nero gli ha detto di farlo.”
Aziraphale alzò gli occhi al cielo.
“Già” sospirò, “direi che questa ti è decisamente sfuggita di mano. Posso fare qualcosa?”
“Lascia stare. Sistemo tutto io.” Crowley bevve qualche sorso di Champagne. “Lo avrei fatto prima, ma ha giovato parecchio alla mia fazione. Sono una star! Ligur si sta mangiando le mani per non averci pensato lui. So che dovrebbe farmi piacere, ma la verità è che la cosa mi lascia indifferente. Anzi, mi fa quasi sentire… in colpa.”
Crowley lasciò vagare lo sguardo lungo lo stagno inquinato, oltre le chiome degli alberi del parco, sopra i grattacieli illuminati. Sarebbe stato quasi romantico, se avesse mai dato importanza al significato del termine.
“Crowley?”
Il demone si voltò verso l’angelo. Aziraphale lo osservava con sguardo apprensivo.
“Oh, non guardarmi così.”
“Ma questo è molto grave, Crowley! Stai parlando di… rimorso! Non dovresti averne.”
“Credi che non lo sappia?”
Sulle proprie labbra andò a formarsi un sorrisetto. “Forse è vero che stiamo passando troppo tempo insieme, angelo. Ci influenziamo a vicenda. Tu mi rendi debole.”
Aziraphale bevve un lungo sorso di Champagne ed emise un piccolo singhiozzo.
“Immagino che sia tremendamente sbagliato” osservò, mentre il bicchiere si riempiva nuovamente da solo e la bottiglia si svuotava. “Influenzarci a vicenda, dico. La neutralità non è per noi.”
“No” rispose Crowley, tornando ad ammirare il profilo dei grattacieli di Manhattan. “Hai ragione. È per gli umani. È tutto per gli umani. Noi non abbiamo voce in capitolo, ti pare?”
“Fa tutto parte del piano.” sentì dire Aziraphale alle sue spalle. “Ineffabile.”
Ineffabile” ripeté Crowley, più a sé stesso che a lui.
Per un attimo, per un brevissimo istante, si domandò come sarebbe stata la propria vita libero dalle costrizioni che il proprio ruolo diabolico imponeva nel Grande Disegno. Per qualche strana ragione, nella sua visione vi era anche una chioma bionda e due guance paffutelle.
Si voltò nuovamente e afferrò il proprio bicchiere con ciò che restava del vino al suo interno.
“Beh” sospirò, riservando un ultimo sorriso ad Aziraphale. “Non ci resta che brindare, allora.”
Aziraphale ricambiò l’espressione. “Mi darai del filo da torcere, non è così?”
“Tu non hai idea. Benvenuti in America, angeli.”
Aziraphale sollevò il suo bicchiere per primo. “Al mondo.”
“Al mondo” gli fece eco Crowley. I bicchieri si scontrarono con un dolce tintinnio.
 
********************************

Note:
 
[1] Azi e Crowley fanno ovviamente riferimento al fatto che Los Angeles sia chiamata, per l'appunto, “La Città degli Angeli”, anche per via del suo nome.
[2] I pesci pilota sono pesci che nuotano accanto ad altri più grossi e, generalmente, pericolosi. Ci si riferisce così quando qualcuno viene mandato a “tastare il terreno” prima che arrivi qualcuno di più importante. Si tratta, comunque, di un riferimento a Doctor Who e, a dirlo, è proprio il Dottore di Tennant in uno Speciale di Natale.
[3] Il cestino di Crowley è ovviamente ispirato alla borsa di Mary Poppins, ma di che parliamo. Ovvio che aveva già un candelabro bello che pronto.
[4] È un riferimento a uno dei miei film preferiti, “L’avvocato del Diavolo”, con Al Pacino e Keanu Reeves.  
 
Angolo Autrice.
 
Salve a tutti! Eccomi che approdo per la prima volta in questo fandom. Beh, no, in realtà non è affatto la prima volta: sono nel fandom di Good Omens da una decina di anni, ormai, ma non avevo mai pubblicato nulla in questa sezione, né da nessun’altra parte. Perché? Insicurezza. Crowley e Aziraphale sono la ship più grande e duratura che io abbia mai avuto e ho sempre avuto il terrore di snaturarli, mi sono sempre detta di non essere minimamente degna di riscrivere qualcosa nato dalla penna di due geni come Gaiman e Pratchett. Ciononostante, ne ho sempre letto molto volentieri.
 
Quindi, insomma, non so che mi abbia preso, ho avuto un’illuminazione improvvisa. Così ho provato a portare gli Ineffable Husbands in un contesto a me molto caro: la New York degli anni ’70.
Se c’è già qualcuno che mi segue, sa perfettamente quanto io adori usare quest’ambientazione, esplorare il periodo storico degli Stati Uniti post-Vietnam, che sta all’epicentro di una mia long molto importante. Visto com’era ridotta New York a quell’epoca, ho pensato che fosse plausibile che tutti suoi problemi fossero pane per i demoni.
Ultime precisazioni:
  • il titolo della fan fiction è tratto da un’opera teatrale di Tony Kushner, appunto, Angels in America (dalla quale è stata tratta una serie tv, che consiglio a tutti).
  • “Il Figlio di Sam” è David Berkowitz, un serial-killer davvero esistito, probabilmente affetto da schizofrenia perché incolpava il cane del suo vicino di essere un demone che lo avrebbe costretto a uccidere alcune giovani coppie. Ha terrorizzato New York nel periodo dal ’76 al ’77. Se avete visto la seconda stagione di Mindhunter, lo saprete senz’altro.
  • Anche il blackout di New York è un evento realmente accaduto: si è registrato un altissimo tasso di crimini, quella notte, che ha lasciato danneggiati negozi e attività.
  • Crowley con la lingua biforcuta è un mio personalissimo headcanon -non ricordo se fosse canon nel libro, sono passati anni dall'ultima volta che l'ho letto. Però ricordo varie fanart prima della serie che lo mostravano così, perciò mi è sempre rimasto nel cuore. 
  • La fan art non è mia, l’ho trovata su Pinterest ma non sono riuscita a risalire alla fonte per i crediti. Se qualcuno sa chi è l’autore, me lo dica, per favore!
 
Ringrazio tutti quelli che sprecheranno qualche minuto a leggere questa storia. Se vi è piaciuta (ma anche se non vi è piaciuta), vi incoraggio a lasciare una recensione, soprattutto dal momento che Aziraphale e Crowley sono personaggi a me carissimi da molto tempo e vorrei sapere se ho fatto un lavoro come minimo decente o sono stata un completo disastro.
 
Un abbraccione <3
Lion.
  
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