Rukawa si voltò con aria di sfida, pronto a rispondere a tono all'ennesima provocazione di Sakuragi.

Ciò che vide, tuttavia, piegò i suoi istinti bellicosi.

Sakuragi era a meno di cinque centimetri da lui, e per la prima volta Rukawa notò che i suoi occhi erano di un castano splendido.

Castano, pensò, il colore di occhi più comune e ordinario.

Due pozze di cioccolato fuso, di un tono caldo e quasi ipnotico. Le luci della palestra vi si riflettevano, dando l'idea che spire di cacao nuotassero nelle sue iridi, mescolandosi a pagliuzze di cannella e a riflessi quasi dorati che li rendevano vivaci e colmi di emozioni.

Si tinsero di un colore più delicato, mentre una gibigianna vi si specchiava un istante, un colore che ricordava il sottobosco odoroso d'autunno, un fresco ristoro per un viaggiatore. A Rukawa parve di potersi immergere in quel colore avvolgente, quasi sentì nelle narici il profumo umido di terra rugiadosa e funghi nascosti, tesori sepolti da cercare con cura, come la dolcezza che a stento si nascondeva dietro quella facciata di ira simulata a cui ora il moro non riusciva più a credere.

Non c'era nulla di comune od ordinario, in quegli occhi.

Si avvicinò, immerse il cobalto delle proprie iridi nella corteccia di quercia di quelle di Sakuragi, respirò in lui il colore delle nocciole tostate, sospirò nell'aroma avvolgente di caldarroste e senza potersi trattenere sorrise.

-Pensi che gli occhi blu siano belli?- chiese, a bruciapelo e senza alcun nesso con il contesto.

-Beh... io... eh?

-Il castano, Sakuragi. Gli occhi castani sono il nutrimento della mia anima.- gli depositò un lieve bacio sulle labbra, approfittando del suo smarrimento. -I tuoi, soprattutto.