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Autore: rosy03    05/09/2019    0 recensioni
• Storia da revisionare!
-- TRAMA :
Lei poteva dire di conoscerlo, ci aveva messo degli anni... Itachi Uchiha non era mai stato semplice da decifrare, neanche quando era un bambino. Nonostante tutto però poteva dire di esserne rimasta affascinata.
Aveva provato mille emozioni quando c'era di mezzo lui, avrebbe dovuto ringraziarlo. Se solo ne avesse avuto il tempo...
-- Dal Testo :
> Parte Uno < Il dolore di aver perso un amico e la gioia di poter finalmente condividere le proprie emozioni con lui, la gioia di poterlo vedere come un essere umano - lontano dal solito rigido e austero ninja che era abituato a essere.
> Parte Due < Lei voleva quella stessa forza soltanto per aiutarlo a non lottare da solo.
- [Personaggio OC di mia invenzione]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ti prego, piangi. Ma solo quando c’è la pioggia

- Parte Uno -




Aveva visitato spesso casa Uchiha.
Era il doppio - se non il triplo - più grande della sua, pulita, ordinata e qualcosa le diceva che non era solo grazie a Mikoto se casa loro era così splendente. Conosceva abbastanza bene Itachi da affermarlo con sicurezza: non era mai stato il tipo che metteva in disordine, anzi, era lei che molto spesso incasinava le cose.
Itachi non sembrava neanche farci attenzione, ma lei lo conosceva, per l’appunto.
Sapeva che qualsiasi suo gesto non gli sarebbe sfuggito ma non per chissà quale romantico e assurdo motivo, no, perché agli Uchiha non sfuggiva mai niente.
A volte questo suo lato le metteva i brividi.
Era un ninja d’élite, chiunque sarebbe scappato solo a sentire il suo nome - la sua fama lo precedeva ovunque andasse, un po’ come per quello strano tipo, Shusui, che a lei non dava proprio l’impressione di far parte del potente clan sopracitato a meno che non lo si combatteva. Troppo idealista. Troppo umano.
Itachi era un Uchiha in piena regola: rigido, freddo, schivo, non parlava mai di come fossero andate le cose in giornata o cosa avesse fatto la sera precedente, non perdeva tempo, Lui, come non si metteva a dire o fare buffonate come quel marmocchio che tutti sembravano aver preso di mira per un motivo che a Yuka sembrava assurdo.
Come si fa a odiare qualcuno che non ha colpe?, Itachi non si era espresso sull’argomento. Anche perché in quel frangente era tutto intento a controllare che suo fratello non si tagliasse le dita con i kunai che gli aveva ‘giustamente’ fregato perché quelli dell’Accademia - di plastica - non poteva mica usarli, eh.
Non si sarebbero mai conficcati da nessuna parte... e meno male.
Yuka sapeva perfettamente che gli Uchiha erano gente strana: li aveva sempre trovati interessanti, da studiare, e quando seppe che era capitata in squadra con uno di loro era al settimo cielo. Non vedeva l’ora di cominciare.
All’inizio era difficile capirlo. Itachi era bravissimo in tutto ciò che faceva, aveva sempre ragione, ogni mossa o parola era sempre quella giusta e Tenma era geloso da morire... chi vorrebbe avere in squadra un genietto Uchiha che ti salva pure la pelle?, soprattutto se più piccolo di te di almeno tre anni.
Anche lei era più piccola di Tenma ma - parole sue - non sarebbe mai stato in grado di essere geloso di una piccola pestifera dai capelli rossi; Tenma era proprio matto.
Itachi non aveva mai espresso i suoi sentimenti, le emozioni le aveva chiuse in una scatola e nascoste nello scantinato della sua mente dove nessuno poteva trovarle... e quel giorno l’aveva invitata a casa sua.
Perché? Per aiutarlo a scrivere il rapporto. Perché? Perché in missione lui si era slogato il polso per evitare che le tagliassero la testa e lei - testarda com’era - gli aveva fatto capire che intendeva almeno aiutarlo in questo.
Si sentiva in colpa, sì, terribilmente. Per un attimo aveva rivisto la scena, quella di un paio d’anni prima e si era sentita morire dentro. Il suo corpo era diventato freddo e il suo sguardo era ancorato a quello di Itachi che nascondeva il dolore al polso con uno stoicismo da fare invidia a un monolito.
E per questo eccola a casa Uchiha, il paradiso per chiunque detesti il disordine.
Di Sasuke nessuna traccia stranamente, Yuka si chiese come mai il piccoletto avesse deciso di non sbucare all’improvviso in mezzo ai due come solitamente adorava fare.
Che fosse geloso? Probabile, ma la faceva ridere.
Per questo non la sopportava: stava sempre intorno al suo adorato fratellone e lo prendeva in giro - in realtà lei si limitava a sghignazzare, lo faceva a posta e Itachi non si opponeva neanche perché, ricordiamolo, era un Uchiha e gli Uchiha non si interessavano a cose stupide.
Era una dannazione.
Yuka entrò in casa e si tolse le scarpe, Itachi le fece strada verso la sua camera che fungeva anche da studio e lei perse del tempo a osservare le foto di famiglia: ce n’era una in particolare su cui si soffermava ogni volta.
Il viso di un bambino, occhi neri e un’espressione... consapevole.
Itachi non se ne accorgeva mai o faceva finta di non accorgersene, Yuka lo seguì ancora al piano di sopra e finalmente giunsero a destinazione. Il suo compagno di team le fece segno di sedersi accanto al tavolo, sul cuscino, e lei notò il polso ingessato.
< Non c’era bisogno che venissi > sentenziò all’improvviso Itachi.
La giovane kunoichi si riscosse e si accomodò di fronte a lui < Lasciati aiutare ogni tanto. Ti sei ferito per colpa mia e io detesto essere in debito con qualcuno, lo sai >
Itachi non disse nient’altro ma da come la guardava Yuka capì lo stesso cosa volesse dirle; qualcosa del tipo ‘sì, lo so’ aggiunto poi ad uno sbuffo vagamente divertito.
Itachi Uchiha non si divertiva mai.
Fu allora che posò sul tavolo un sacchetto, mostrandogli un sorriso a trentadue denti. Non c’era bisogno delle parole, Itachi sapeva benissimo cosa c’era lì dentro.
< Io detto e tu scrivi? >
Yuka annuì < Sì, capitano! > e prese in mano la penna, certa che in breve tempo avrebbero finito quel fastidioso lavoro - scrivere rapporti era la cosa più noiosa che avesse mai fatto ma se era Itachi a dettarle, non poteva che esserne contenta.
Per questo avrebbero finito in un lampo.


I dango che gli aveva portato erano maledettamente buoni - la prima volta che li aveva mangiati era stato proprio Itachi a offrirglieli.
Strano, aveva pensato, non aveva mai dato certe confidenze a nessuno. Da quando lo conosceva sapeva per certo che l’unico a bearsi della sua presenza ventiquattro ore al giorno era proprio Sasuke - almeno quando non veniva chiamato in missione.
Da lì le cose avevano iniziato a cambiare. Itachi non passava molto tempo a casa nonostante avesse soltanto tredici anni.
Anche lei aveva tredici anni e le sembrava davvero assurdo che dovessero combattere contro la morte ogni volta che mettevano piede fuori dal villaggio. Loro due da soli o accompagnati da altri ninja esperti e non... era prevalentemente grazie a Itachi se tutti tornavano sani e salvi a casa.
Doveva ammetterlo, era davvero bravo in tutto quello lì.
< Beh, è stato un pomeriggio tranquillo > sentenziò mentre posava la bacchetta che fino a pochi secondi prima sosteneva tre piccoli dango < Ci voleva. Dopo una missione durata tre settimane >
< L’Hokage potrebbe convocarci per un’altra missione. Non ti rilassare troppo >
Yuka sospirò pesantemente < Non preoccuparti. Da domani inizierò di nuovo ad allenarmi nei genjutsu, faccio schifo in quello >
Itachi le passò una tazza di tè che aveva preparato - non era mai stato un esempio di cordialità ma era quantomeno educato.
Se ne stavano seduti sul porticato, i piedi scalzi sfioravano l’erba del giardino di casa Uchiha e un delizioso venticello faceva danzare e intrecciare i loro capelli.
Lei lo bevve tutto d’un sorso e si stese a pancia in su con le dita intrecciate sullo stomaco < Ehi, Itachi >
< Mh? >
< La prossima volta ti prego di non rifarlo >
Itachi non si voltò a guardarla, aveva però lo sguardo fisso sul simbolo del clan che svettava sul muro e non si permetteva a distoglierlo; di contro Yuka fissava il cielo rosato < Promettimelo >
Per chi non lo conoscesse, Itachi non era affatto il tipo che ascoltava le disgrazie degli altri, i loro sproloqui e i loro deliri, gli Uchiha non era interessati a queste cose... ma per Tenma, per Yuka, Sasuke, Shusui e anche i suoi genitori magari, Itachi era quello che ascoltava meglio di tutti. Anche in quel momento lei aveva la certezza che la stesse ascoltando ma non era mai stato facile capire Itachi.
Non era facile capire gli Uchiha in generale, sembrava parlassero un’altra lingua fatta di sguardi, gesti nascosti e monosillabi che valevano per discorsi fatti e finiti, gli Uchiha erano gente strana e incomprensibile.
Qualche volta neanche lei era riuscita a decifrare il comportamento di Itachi.
Lei che era da più di cinque anni che lo conosceva, più della metà della sua vita l’aveva passata con Itachi: compagni di classe in Accademia, poi compagni di squadra, innumerevoli missioni ed erano state tante le volte in cui avevano perfino dormito stretti l’uno all’altra - assieme a Tenma ovviamente - perché in tenda c’era poco spazio. Avevano condiviso tante cose, anche le più stupide come un paio di scarpe o il codino per i capelli.
Yuka sapeva che Itachi non era come gli altri Uchiha, ne era fermamente convinta.
< Itachi >
Perché non mi rispondi?


Il fatto risaliva a due anni prima.
Lei e Itachi avevano undici anni, erano stato scelti per una missione particolarmente difficile e Tenma aveva promesso loro che una volta tornati avrebbero mangiato vagonate di ravioli cotti al vapore e avrebbero messo tutto sul conto del maestro.
Tenma era fatto così, a Yuka faceva ridere.
Le cose però non erano andate come tutti si aspettavano, perché sulla via di ritorno erano stati presi d’assalto. Il difficile per lei fu affrontare la madre di Tenma, quando aveva chiesto a Itachi come si sentisse lui non le aveva risposto.
O meglio, lo aveva fatto ma lei non se n’era resa conto. Non al momento.
Tenma era morto perché un ninja bastardo non aveva avuto di meglio da fare quel giorno se non ingaggiare un assurdo combattimento con tre ragazzini.
Tenma era morto.
Sua madre aveva pianto un sacco al funerale e senza saperlo aveva indirettamente dato la colpa dell’accaduto al capitano, Itachi Uchiha, che dal canto suo non aveva detto niente. Neanche una parola alla famiglia di Tenma, neanche a lei, non aveva aperto bocca e dopo tre giorni di silenzio si era presentato a casa sua.
All’improvviso, se l’era trovato davanti casa e...


< Tenma avrebbe voluto che tu avessi questo >
Itachi le stava porgendo un taccuino ed era bagnato fradicio - lui, non l’oggetto in questione. Lei non sapeva cosa dire ma il suo corpo si mosse da solo e afferrò con dita tremanti il quaderno in cuoio marrone, tutto rovinato.
Ma non aveva intenzione di leggerlo, almeno non in quel momento.
Fissava Itachi e lui fissava lei, l’Uchiha aveva una strana espressione: non era come le altre volte.
Avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa ma... la pioggia continuava a cadere, il cielo scuro li sovrastava e Yuka sentiva sempre di più il peso opprimente delle lacrime in gola, nel petto, fin dentro lo stomaco, nelle viscere e avrebbe voluto pugnalarsi pur di riuscire a smettere di provare tutto quel dolore.

Perché? Perché Tenma? Perché non lei?
Itachi rimase alcuni secondi lì, in piedi davanti alla sua porta, poi si voltò facendole un cenno con la testa. Non poteva andare a finire così.

Yuka aveva undici anni e all’epoca non sapeva ancora cosa fosse quella cosa che provava ogni volta che incrociava gli occhi color pece del compagno di squadra.

Lo afferrò per la tuta, lo tirò all’indietro, Itachi non si oppose alla brusca manovra dell’amica per farlo girare e si lasciò stringere.
Lui sentiva il rumore della pioggia sull’asfalto, sulle tegole, sulle foglie di ortensia che decoravano il suo giardino. Lei non sentiva altro se non il cuore battere, schiantarsi contro la cassa toracica e le crude parole della signora Izumo rimbombarle nelle orecchie per ore e ore e ore.
Non era mai stata brava a seguire la regola numero venticinque del buon ninja, lei.
Insieme alla pioggia erano innumerevoli le lacrime che cadevano, Yuka non sarebbe mai stata in grado di mascherare adeguatamente i suoi sentimenti e si odiava per questo; in più si odiava per il fatto che non riuscisse a stargli dietro.
Era su di lui che si canalizzava l’odio dei nemici sconfitti, era lui che sopportava il peso di un compagno morto in missione e per causa sua; lei non poteva neanche immaginare come si dovesse sentire. Lei era arrivata soltanto dopo.
Aveva trovato il suo compagno a terra, in una pozza di sangue e l’altro, completamente immobile, in mezzo a tanti - troppi - cadaveri.
Allora non pioveva.
La missione era stata portata a termine ma dovevano ancora andarsene dal territorio nemico e dovevano farlo alla svelta, senza perdere tempo.
Itachi parlò allora. Poi non disse più niente.
Yuka lo strinse forte contro di sé in un imbarazzante tentativo di fargli capire che se avesse voluto avrebbero potuto sorreggersi insieme, non era presuntuosa da pretendere di potersi accollare tutto il dolore di Itachi - o quel che era - perché era a mala pena in grado di mangiare senza vomitare.
< Itachi > gracchiò, la voce era rotta e strinse le labbra premendole contro la clavicola e nascondendo gli occhi sulla spalla < La pioggia >
Lui non disse niente, la lasciò fare.
Dentro di sé, Yuka aveva una tale confusione in testa da non permetterle di trattenere i singhiozzi: troppi ricordi, troppi rimpianti, troppe colpe stavano tornando a tormentarla e non ne poteva più.
Si disse però che almeno in quel momento... < Me l’hai detto tu... quella volta > sussurrò < La pioggia nasconde le lacrime >
Si permise di stringere più forte le dita attorno alla sua maglietta scura.
Alzò gli occhi, la vista era annebbiata e riusciva a malapena a mettere a fuoco il viso del compagno di team - l’ennesima dimostrazione di quanto fosse debole, lei < Per cui, Itachi, ti prego > l’ennesimo singhiozzo la interruppe ma prima che potesse continuare a parlare percepì una consistenze pressione sulla sua schiena.
Appoggiò automaticamente la fronte contro il suo petto e si aggrappò con tutte le sue forse, pianse e gridò disperatamente come non aveva fatto da anni.
Finalmente Itachi si era affidato a lei, finalmente poteva esternare quello che sentiva e poteva farlo davanti a lui perché era l’unica persona con cui avrebbe mai potuto farlo; Yuka non riusciva a capire cosa stesse succedendo nel suo cervello e men che meno in tutto il suo corpo: era un’emozione travolgente, qualcosa di indescrivibile.
Dolore e gioia.
Gioia e dolore.


Il dolore di aver perso un amico e la gioia di poter finalmente condividere le proprie emozioni con lui, la gioia di poterlo vedere come un essere umano - lontano dal solito rigido e austero ninja che era abituato a essere.


< Non piangere >
Yuka rimase basita.
Stava per alzarsi per raggiungere il laghetto delle carpe koi ma rimase immobile, le caviglie incrociate e gli occhi neri fissi sul suo profilo rivolto altrove. Perché quando si decideva a parlare doveva spiazzarla sempre in quel modo?
Itachi abbassò lo sguardo, si piegò in avanti poggiando i gomiti sulle cosce e sapeva che lei lo stava guardando, ne era certo < Quando me ne andrò per sempre, non piangere > fece una piccola pausa in cui lei non disse nulla < Quando accadrà, ti prego di non farlo. Lo sai, puoi farlo solo quando c’è la pioggia >
< Che... Che cosa intendi dire? >
Fu allora che Itachi la guardò, un leggero sorriso sulle labbra - uno di quei sorrisi di cui Yuka aveva una paura matta perché significava che il suo capitano si stava andando a cacciare in guai seri e che ne sarebbe uscito più devastato di prima.
< Itachi ma che...? >
< Promettimelo >
Yuka sbottò < No! Che vai dicendo?! Itachi, vuoi... vuoi- >
< Promettimelo! >
C’erano tante cose che avrebbe voluto chiedergli: era uno scherzo?, cos’aveva in mente?, perché così all’improvviso se n’era uscito con quelle stupidaggini?, sparire per sempre?, Lui?
Davvero?!
Era terrore puro quello che percepiva Yuka, fluiva insieme al sangue e raggiungeva ogni cellula del suo corpo, stava tremando. Una kunoichi non tremava per quel genere di cose, la regola numero venticinque lo proibiva.
Ma c’era qualcosa che lui le stava nascondendo.
Qualcosa, se lo sentiva.
< Perché mi stai dicendo questo? > bisbigliò senza smettere di fissarlo in volto.
Lui assunse una strana espressione, Yuka non seppe come identificarla in quel momento...

Tristezza? Rammarico? Disperazione?

... ma sapeva per certo che Itachi stava per fare qualcosa che gli avrebbe cambiato per sempre la vita, la sua e quella di tutti coloro che lo circondavano.
Per cui non poté che dargli almeno quella certezza < Va bene. Te lo prometto > e poi si sentì meglio, per certi versi.
Itachi le mostrò un sorriso, ora più tranquillo di pochi attimi prima.
Successivamente glielo disse.









# E rieccomi! ^^ Questa volta il protagonista è il maggiore dei fratelli Uchiha! - anche lui difficilino da scriversi, eh?
Ho sempre adorato il personaggio di Itachi, soprattutto dopo aver compreso il perché di molte sue azioni... è stato amore.
So cosa state pensando: chi è Yuka? Ebbene, è un personaggio di mia invenzione, ce l'ho in testa da secoli. In origine doveva avere solo qualche anno più di Sasuke, poi l'ho resa addirittura una coetanea di Itachi, sua compagna di squadra e... beh, amica stretta.
Ma sarà solo amicizia?
Yuka è un personaggio che sto presentando per la prima volta, questa storia sarà suddivisa in due parti e riguarderanno il rapporto tra lei e Itachi ^^ li analizzerò per benino, in più scriverò molte altre One Shot su di lei per farla conoscere meglio. Perché?
Ho intenzione di farla comparire in una storia seria.

Ma per ora basta, vi ho disturbati abbastanza u.u
Baci


rosy (Laila)



 
  
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