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Autore: fefi97    15/09/2019    8 recensioni
[sterek; omegaverse; ispirata a una puntata di Friends]
Stiles è un Alpha fermamente convinto che nella vita tutti debbano prendersi le responsabilità delle proprie azioni. Per cui, non dovrebbe essere assolutamente una sua responsabilità prendersi cura dell'omega più antipatico della terra, quando lo incontra in ospedale al nono mese di gravidanza.
Questo in teoria.
O come Stiles non si prese nessuna responsabilità verso Derek e suo figlio per bene sette anni.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg
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Responsabilità

 

 

 

 

Note: Questa storia è ispirata a una puntata della prima stagione di Friends, quella in cui Joey si prende cura di una donna incinta che non conosce. Quindi ovviamente si tratta di una storia omegaverse, con Stiles alpha e Derek omega. Buona lettura <3

 

 

 

 

Quello era decisamente il giorno fortunato di Stiles.

Insomma, in quante sale d'attesa d'ospedale ti capita di trovare una televisione che trasmette in diretta l'ultima partita di campionato dei Mets?

Era stata una vera sfortuna, invece, che le acque di Allison si fossero rotte proprio a metà partita e che Stiles e Scott avessero dovuto abbandonare di corsa lo stadio e portare la ragazza in ospedale.

Ma la televisione, oh, quella era davvero un colpo di fortuna.

Stiles non si sentiva nemmeno in colpa per non star fornendo sostegno morale a Scott. Insomma, non l'aveva mica messa incinta lui Allison, no?

Stiles era sempre stato un grande sostenitore del diritto di lasciare che gli altri sistemassero da soli le proprie rogne. Certo, Scott andava dicendo da nove mesi che quello che era capitato a lui ed Allison fosse un piccolo miracolo (per Stiles si trattava solo di un preservativo difettoso), ma Stiles era abbastanza sicuro che quando la piccola Victoria o il piccolo James avesse cominciato a piangere ogni notte come posseduto, Scott avrebbe cambiato drasticamente idea.

No, non invidiava per niente i suoi migliori amici.

Motivo in più per cui era stato più che felice quando l'ostetrica gli aveva intimato di aspettare in sala d'attesa e aveva fatto entrare solo Scott con Allison. Aveva ignorato sfacciatamente l'espressione disperata di Scott, aveva preso una coca dal distributore ed era sprofondato in una delle poltroncine vuote, gli occhi fissi sullo schermo.

E Stiles era stato totalmente in pace.

Totalmente in pace per trentadue gloriosi minuti.

-Non mi dire che tifi quegli sfigati. -

La voce che aveva parlato era una di quelle voce indolenti, perennemente monotono, la classica voce di chi pensa di essere nettamente superiore agli altri, in ogni circostanza.

Stiles non aveva nemmeno voltato la testa e già aveva deciso che il possessore di quella voce fosse l'essere più antipatico del pianeta.

A tre poltrone di distanza, c'era un uomo semi-sdraiato sulla sua poltroncina, non di tanto più vecchio di lui.

Stiles ne osservò a malapena gli occhi verdi, i capelli neri e il filo di barba in ricrescita che creava un'ombra scura sulla mascella.

I suoi occhi si piantarono inevitabilmente sulla pancia dell'uomo.

Omega. Omega molto gravido, per giunta.

-Vuoi una foto? O vuoi direttamente chiedermi come ci si sente ad essere un uomo e avere un fottuto bambino dentro di te? -

Stiles sobbalzò, sorpreso dal sarcasmo calmo e velenoso dell'altro. Riportò gli occhi in quelli dell'omega, ricambiando senza problemi lo sguardo ostile.

-Non mi interessa particolarmente. Voglio solo guardare la partita in pace. - replicò Stiles, sorridendo con affettata ironia.

L'altro uomo lanciò un'occhiata allo schermo, poi tornò a guardare Stiles, facendo una smorfia.

-Li stanno facendo neri, lo sai, vero? -

Stiles strinse le dita intorno alla lattina di Coca- Cola, ripetendosi che non poteva colpire un omega in attesa.

-Immagino che tu nel tuo tempo libero faccia la telecronaca negli ospedali, non è così? - si limitò a rispondere, con una punta di esasperazione.

L'altro si strinse nelle spalle, imbronciato.

-Sono parcheggiato qui da stamattina perché a quanto pare le mie contrazioni non sono abbastanza forti da interessare qualcuno. Cominciavo ad annoiarmi. -

Stiles lo fissò.

Sapeva che la cosa giusta fosse tornare ad ignorarlo e riprendere a guardare la partita perché, ehi, ognuno deve risolversi le proprie rogne da solo. Non lo ha mica messo incinto lui, giusto?

Fu così che Stiles, con un profondo sospiro di rammarico, diede le spalle alla televisione e si voltò totalmente verso l'omega.

-Nessun alpha con te? - non poté impedirsi di formare un sorriso sarcastico – Con un carattere amabile come il tuo dubito fortemente che possa essersela data a gambe. -

L'altro gli mostrò il dito medio e Stiles non poté fare a meno di ridere.

-Non ho bisogno di uno stupido alpha. Solo di una dannata infermiera che si decida a farmi andare in sala parto! - la sua voce si era alzata verso la fine, beccandosi l'occhiata di rimprovero di un infermiere che attraversava di fretta la sala d'attesa.

Stiles si lasciò scappare una risatina. Guardò lo sconosciuto, scuotendo la testa.

-Forse non è il momento, no? Forse dovresti semplicemente andare a casa e tornare domani. -

L'altro si imbronciò ancora di più.

-No. E' questo il momento. Sento che è pronto. - aggiunse guardando la sua pancia gonfia, parlando con voce appena più delicata.

Gli occhi dell'omega poi scivolarono sulla bibita di Stiles e sospirò.

-Penso che andrò a prendermi qualcosa alle macchinette. Sto morendo di fame. -

-Non si direbbe. - mormorò Stiles, pianissimo, voltando la testa per nascondere un ghigno.

-Ti ho sentito, stronzo. - si limitò a grugnire l'altro, mentre si alzava con difficoltà in piedi.

Stiles non poté fare a meno di osservare ad occhi spalancati la sua pancia.

Era una pancia enorme. La camicia larga dello sconosciuto si tendeva in modo precario sulla circonferenza, i bottoni sembravano sul punto di cedere da un momento all'altro.

Osservò l'omega barcollare per un istante e si morse un labbro.

Ognuno deve risolversi le proprie rogne.

Però...

Sospirò.

-Vuoi una... -

Ma l'uomo lo fulminò prima che potesse concludere in alcun modo la frase.

-Ce la faccio! Non sono un idiota! -

Stiles evitò di replicare, limitandosi a sollevare le mani con un vago ghigno.

Non staccò comunque gli occhi dall'altro, per tutto l'infinito tempo che gli ci volle per compiere la ridicola distanza dalla sua poltroncina a quella di Stiles.

Come nei migliori cliché, lo sconosciuto si piegò su se stesso e urlò – un urlo disumano – proprio quando si trovava di fronte a Stiles.

Stiles saltò immediatamente in piedi, circondando la schiena dell'omega e sorreggendolo, cosa non facile visto che l'altro era decisamente più muscoloso di lui e di poco più alto.

Non aiutava nemmeno il fatto che l'uomo si fosse accasciato contro la spalla di Stiles, posando tutto il suo peso su di lui.

Stiles si ritrovò a pregare che l'innata forza alpha facesse quello che il suo corpo non particolarmente muscoloso non era in grado di fare.

-Tutto bene? - si ritrovò a gridare, e non appena lo chiese si rese conto che fosse una domanda effettivamente ridicola, perché lo sconosciuto era bianco come un fantasma e non sembrava in grado di reggersi in piedi da solo.

-Ti sembra che vada tutto bene? - ringhiò infatti l'altro e la pena di rispondere gli fu risparmiata dal tempestivo arrivo di un'infermiera, munita di sedia a rotelle.

Stiles sentì l'altro ringhiare contro il suo collo.

-Io lì non mi ci siedo. -

-Oh, penso proprio che lo farai, ragazzone. Mi sta uscendo un'ernia, qui. - replicò Stiles con voce soffocata, ma fu con decisione che sistemò l'altro sulla carrozzina, con l'aiuto dell'infermiera.

Era una fortuna che fosse in preda al dolore e quindi piuttosto accondiscendente, Stiles non dubitava del fatto che fosse una persona non incline alla persuasione.

-Penso che le tue acque si siano rotte, Derek! - esclamò allegra la giovane infermiera, in un tentativo, alquanto malriuscito per Stiles, di essere incoraggiante.

L'uomo, Derek, infatti ringhiò.

-Ma non mi dire. -

L'infermiera sorrise nervosamente, poi puntò lo sguardo su Stiles.

-Pronto a diventare padre? -

Per un attimo Stiles provò lo strano istinto di fuggire a gambe levate, prendere il primo aereo, migrare in Messico e cambiare la propria identità.

Ci impiegò diversi secondi a ricordarsi che non doveva fuggire da nessuna parte, perché quello fortunatamente non era il suo compagno, quello decisamente non era suo figlio e tutta quella situazione di merda non era nel modo più assoluto una sua responsabilità.

Per fortuna Derek intervenne prima che dovesse ingegnarsi a trovare una risposta.

-Non è il padre. Il padre sono io, e basta. E ora portami in una fottuta stanza, prima che mio figlio decida di venire alla luce in questo corridoio di merda! -

Se Stiles fosse stato al posto dell'infermiera, non avrebbe esitato a obbedire immediatamente, alpha o non alpha.

Ma la donna non si mosse, mordendosi il labbro con aria nervosa.

-Non c'è nessuno con lei? Il suo alpha, un suo parente? Non siamo autorizzati ad intervenire su un omega senza il consenso di un tutore. -

Stiles storse la bocca, cercando di non mostrarsi troppo disgustato dalla solita discriminazione contro gli omega.

Derek sembrava farsi molto meno scrupoli.

-Vaffanculo! Sono io il tutore di me stesso e ti sto dicendo di portarmi in una stanza e di darmi un cazzo di calmante e... - Derek si interruppe, gemendo e raggomitolandosi intorno al proprio ventre enorme, una mano che andava a cercare istintivamente una di Stiles e a stringerla forte, provocando un soffocato verso di dolore da parte dell'alpha.

Stiles decise che ne aveva abbastanza.

Si schiarì la gola, richiamando l'attenzione dell'infermiera.

-E' mio cugino. Rispondo io per Derek. E adesso esigo che vi occupiate di lui e del bambino. - disse, cercando di intingere ogni parola di autorità alpha.

L'infermiera in fondo era una beta, poteva funzionare.

La ragazza infatti si affrettò ad annuire, senza nemmeno tentare di indagare sull'autenticità della parentela.

Mise le mani sulle maniglie della sedia a rotelle e cominciò a spingerla con decisione lungo il corridoio.

Stiles li seguì, senza nemmeno sapere il perché.

Anche molti anni dopo, quando qualcuno gli chiedeva perché quel giorno avesse seguito un perfetto estraneo in sala parto, Stiles rispondeva sempre che fosse stato solo perché la mano di Derek era serrata troppo forte intorno alle sue dita e non aveva potuto in alcun modo liberarsi della presa.

Stiles pensava che fosse una bella bugia, in fondo.

 

 

 

 

-Oh merda. Oh merda! Spingi! Spingi! -

-Sto già spingendo, idiota! -

-Di più, devi spingere di più, così non... ahia, cazzo! Smettila di stritolarmi la mano, coglione! -

Davvero, Stiles non aveva idea del perché fosse rimasto lì dentro.

Era praticamente il set di un film dell'orrore, con sangue, urla e decisamente troppa pelle di quella che avrebbe voluto vedere.

-E tu smettila di urlarmi incitamenti come se fossi allo stad... ah, merda! Perché l'epidurale non funziona?! -

L'ostetrica sollevò un istante la testa dalle gambe di Derek, gettando uno sguardo vagamente esasperato a Derek e Stiles, che era seduto accanto all'omega, una mano intrappolata nella presa mortale di Derek.

-Siete sicuri di essere parenti, sì? -

Entrambi la fulminarono con lo sguardo.

-Sì! -

 

 

 

Quelle furono le tre ore più lunghe che Stiles avesse mai passato.

Non poté fare altro che sospirare di sollievo quando finalmente il pianto di un neonato si diffuse nella stanza e Derek lasciò andare la testa sudata contro i cuscini, con un gemito sfinito.

Si tenevano ancora per mano.

-Eccolo qui – annunciò la voce dolce dell'ostetrica, Karen, un'omega di mezz'età con corti capelli grigi, l'aria severa e confortante al tempo stesso – Un maschietto stupendo, con dei gran bei polmoni. -

Secondo Stiles, quella cosa era tutto, tranne che stupenda. Era un grumo rosso e urlante, che si agitava come un forsennato, ad appena cinque minuti dalla sua nascita. Era abbastanza sicuro che avesse preso il carattere di merda di Derek.

Stiles osservò Derek combattere per aprire gli occhi. Lo avevano già pulito e sistemato, ma il parto lo aveva lasciato completamente senza forze.

-Voglio tenerlo. - mormorò, esausto.

Karen emise un mormorio comprensivo, mentre avvolgeva il bambino in una coperta.

-Certo, tesoro. E' tutto tuo. Dobbiamo solo lavarlo e pesarlo, fare un po' di controlli e poi tornerà da te. Non te ne accorgerai nemmeno del tempo che è stato via.-

-No – protestò Derek, cominciando ad agitarsi debolmente sul letto – Ora. Voglio tenerlo ora. -

-Ehi – Stiles allungò la mano libera, premendola dolcemente sulla spalla di Derek, costringendolo a sdraiarsi di nuovo – Hai sentito che ha detto, sì? Dieci minuti e la piccola cosa urlante sarà tutta tua. Dovresti riposare un pochino adesso, o sarai troppo debole per tenerlo in braccio. -

-Mh. - si limitò a mugugnare Derek, gli occhi di nuovo chiusi.

Stiles guardò Karen, facendole un piccolo cenno, e la donna si affrettò a portare il bambino fuori dalla stanza, prima che Derek tornasse cosciente.

Stiles non sapeva perché semplicemente non avesse districato la mano dalla presa di Derek e fosse rimasto lì, per tutto il tempo che ci volle a Karen per ritornare con il bambino, lavato e cambiato, con un braccialetto identico a quello di Derek intorno al polso minuscolo.

Stiles doveva ammettere che era più carino adesso, anche se trovava quel cappellino giallo che gli copriva la piccola testa pelata semplicemente ridicolo.

Come avvertendo la sua presenza, Derek cominciò lentamente ad aprire gli occhi. Non appena mise a fuoco Karen e il bambino, lasciò di scatto la mano di Stiles, mettendosi seduto fin troppo rapidamente.

Stiles sibilò e scrollò la mano, cercando di far tornare la circolazione, mentre Derek tese imperiosamente le braccia verso il bambino.

Karen ridacchiò, facendo scivolare con delicatezza il bambino tra le braccia di Derek, prima di andarsene.

-Ehi. Ciao, piccolo. - sussurrò Derek con voce rotta, facendo voltare di scatto la testa di Stiles nella sua direzione.

Non pensava che Derek fosse in grado di parlare con qualcuno senza mostrarsi antipatico o superiore.

Invece adesso era solo... dolce.

Anche il suo sguardo era dolce, mentre guardava il viso contratto e rosso di suo figlio.

E sorrideva anche, era la prima volta che Stiles lo vedeva sorridere.

-Pensi di stare lì a fissarmi ancora per molto? -

Stiles sobbalzò al ritorno della solita voce ostile, incontrando gli occhi stanchi e incredibilmente verdi di Derek.

Non sembrava arrabbiato comunque. Solo esausto.

E felice.

Sembrava felice.

Chiaramente il bambino era desiderato, almeno da Derek.

Stiles si chiese nuovamente dove fosse l'alpha responsabile di tutto questo.

Si schiarì la voce, accorgendosi di star fissando Derek senza dire una parola.

-Come ti senti? - domandò quindi, per alleggerire la tensione.

-Come se avessi spinto un bambino di tre chili fuori dal mio corpo maschile e non adatto a una gravidanza. - replicò Derek sarcastico, ma senza reale acrimonia.

Stiles accennò un sorriso storto.

-Devi stare benone allora.-

Derek roteò gli occhi, per poi riportare lo sguardo sul bambino, che stava sonnecchiando pacificamente contro il suo petto.

Anche Stiles guardò lo stupido cappellino giallo e per un po' nessuno dei due disse niente.

-Dovresti contargli le dita. - disse improvvisamente Stiles, come colto da un pensiero illuminante.

Derek lo guardò come se fosse pazzo.

-Cosa?-

-Le dita – insistette Stiles, serio – Che siano veramente dieci e che non sia... che ne so, un mutante con otto dita delle mani e sette dei piedi. -

-Perché dovrebbe essere un mutante con quindici dita in tutto? - protestò Derek, guardandolo male, ancora un po' incredulo.

Stiles si strinse nelle spalle.

-Non lo so. Nei film gli contano sempre le dita. Ma se vuoi avere un figlio con quindici dita, accomodati. -

Derek lo fissò glaciale per un lungo momento, poi abbassò lo sguardo sul bambino.

Stiles non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto mentre osservava Derek contare con discrezione le piccole dita del figlio.

-Okay, venti dita in tutto – disse poi Derek, e il tono scocciato non nascondeva del tutto il sollievo nella voce. Lanciò un'altra occhiataccia a Stiles – Sei strano, lo sai? -

-E tu adesso sai di avere un figlio perfettamente e noiosamente ordinario. Non c'è di che. - replicò Stiles con un sorriso ironico, strappando a Derek una piccola risata.

Stiles lo ascoltò ridere, non ne poteva fare a meno.

Era la prima volta che rideva ed era un suono strano e bello.

-Dovrei chiamare mia madre. Sarà in pensiero. - sospirò infine Derek, senza guardarlo.

-Oh. Certo – Stiles si frugò nelle tasche dei jeans, estraendo il cellulare e togliendo la modalità aereo. Aveva trentacinque chiamate perse di Scott, ma ci avrebbe pensato dopo. Porse il cellulare a Derek, che lo prese, guardingo, stringendo il bambino con un solo braccio – Tieni, chiama pure chi vuoi. -

Derek lo fissò per un lungo istante, come per valutarlo.

-Perché sei ancora qui? - domandò alla fine, senza rabbia o ostilità. Sembrava solo curioso.

Stiles aggrottò la fronte.

-Che vuol dire perché sono ancora qui? Ti sei dimenticato della mia mano stretta in una trappola mortale per tutto il tempo? -

Derek sbuffò con derisione, curvando gli angoli della bocca in un microscopico sorriso.

-Oh, sì. Immagino che sia difficile per un alpha liberarsi dalla stretta di un omega. -

-Sei un omega particolarmente forte. - ribatté subito Stiles, ricambiando il sorriso.

Derek sbuffò di nuovo, cominciando già a digitare un numero sul cellulare di Stiles.

Stiles era incerto se lasciargli un po' di privacy o no, ma quando fece per alzarsi dalla sedia, Derek gli mandò uno sguardo di totale e inaspettato panico, tanto che Stiles si lasciò semplicemente cadere di nuovo sulla sedia, osservando Derek che avviava la chiamata.

-Mamma? Mamma, sono Derek. Sì, sto bene. Volevo solo dirti che ho partorito. E' un maschio, sano, carino. Stiamo entrambi bene. -

Stiles era abbastanza sicuro che poche altre persone avrebbero potuto essere così apatiche nel descrivere una cosa così importante alla propria madre.

-No, mamma! Non c'è bisogno che tu prenda alcun aereo, stiamo bene! - Stiles vide Derek digrignare i denti, segno che la madre avesse detto qualcosa che non gli era piaciuto – No. Lui non è qui e non ce lo voglio. E se osi chiamarlo non ti parlerò mai più. Ha avuto nove mesi per palesarsi, tempo scaduto e fanculo. -

Stiles abbassò lo sguardo, nascondendo un piccolo sorriso.

-No che non sono solo, mamma! - il tono di Derek adesso era apertamente esasperato – C'è il mio amico con me, il mio amico... ahm... -

gettò un'occhiata a Stiles, che capì al volo.

-Stiles. - sibilò, beccandosi il tacito giudizio di Derek, che aveva inarcato due folte sopracciglia nere con aria di disprezzo.

-Stiles. -ripeté, rimarcando quanto fosse assurdo il nome, facendo roteare gli occhi al diretto interessato.

-Sì, un mio amico della caffetteria, esatto. - continuò, ignorando le sopracciglia inarcate di Stiles.

-Sì, mamma, te lo giuro, non serve che tu venga qui. Ho tutto sotto controllo – per la prima volta Stiles vide lo sguardo di Derek farsi un po' incerto, mentre lo posava sul bambino che ancora dormiva contro il suo petto – No, non gli ho ancora dato un nome. Non ero sicuro del sesso fino ad oggi, per cui non ci ho pensato più di tanto. -

Stiles rimase ad ascoltare il resto della conversazione, finché Derek non concluse la chiamata, con un sospiro rumoroso.

Sembrava non volere in alcun modo incrociare lo sguardo di Stiles, mentre gli porgeva il suo cellulare in silenzio.

-Grazie. - mormorò solamente e Stiles si limitò ad annuire, un po' stordito.

Il suo lavoro era finito, vero? Derek e il bambino sembravano stare bene, non c'era più bisogno di lui.

E comunque questa non era mai stata una sua responsabilità, nemmeno lo conosceva quest'uomo scorbutico e scontroso.

Avrebbe dovuto essere con Scott e Allison, a conoscere il suo figlioccio o la sua figlioccia, non con un omega sconosciuto e il suo bambino altrettanto sconosciuto.

Non erano affari suoi, quei due.

Eppure...

Derek aveva detto alla madre di non venire e di non avvisare quello che presumibilmente doveva essere il padre del bambino.

Questo significava che Derek fosse... solo.

Stiles scosse la testa, alzandosi in piedi così di scatto da calamitare lo sguardo sorpreso di Derek su di lui.

Non sono affari tuoi. Loro non sono una tua responsabilità. Mica lo hai messo incinto tu, non è colpa tua se è solo.

-Devo andare dai miei amici. La mia amica Allison sta avendo un bambino... anzi, probabilmente lo ha già avuto e io mi sono perso tutto... comunque devo andare da lei e Scott, perché mi hanno chiamato un sacco di volte e saranno... -

-Stiles – lo interruppe Derek con voce stranamente pacata, gli occhi fissi nei suoi – Va bene. Lo capisco – esitò un istante – Hai fatto fin troppo. Grazie. -

Stiles annuì, senza però muoversi o smettere di fissarlo.

Derek inarcò un sopracciglio, stringendo più forte al petto il suo bambino, che aveva cominciato a lamentarsi piano.

-Dico sul serio, Stiles. Questa non è una tua responsabilità. Vai dai tuoi amici – accennò un piccolo sorriso e Stiles pensò che era la seconda volta che lo vedeva sorridere, solo che questa volta non stava sorridendo a suo figlio, ma a lui – E, per favore, smetti di tifare per quei perdenti. -

Stiles emise una breve risata, che non raggiunse gli occhi.

-E tu insegna a tuo figlio che non bisogna sempre stare dalla parte dei vincitori, ma di chi se lo merita. -

Gli occhi di Derek brillarono, divertiti.

-Lo farò.-

Stiles esitò ancora un attimo, prima di fare un piccolo passo lontano dal letto.

-Beh, addio, allora. - mormorò, incerto.

-Addio. - replicò tranquillamente Derek, reggendo il suo sguardo ancora per un istante, prima di riportarlo su suo figlio.

Stiles rimase a fissarli ancora per un attimo, poi uscì.

 

 

 

-Si può sapere dove cazzo fossi finito?! -

-Mi dispiace, mi dispiace! - esclamò Stiles, cercando di farsi spazio tra tutte le persone che circondavano il letto di Allison, esausta ma raggiante con una bambina tra le braccia.

Scott scosse la testa, guardandolo incredulo.

-Ti dispiace? Sei sparito per ore e ore, mentre la tua figlioccia nasceva! E adesso ti presenti con uno stupido palloncino blu con scritto “benvenuto campione”? E' una femmina, Stiles! -

-Al chiosco avevano solo cose da maschio, okay? - borbottò Stiles, riuscendo a schivare la commossa nonna di Allison per poter avvicinarsi alla ragazza.

Allison gli sorrise e Stiles si sentì sollevato nel constatare che almeno lei non provasse rancore.

Stiles guardò la testolina pelata di Victoria e un piccolo sorriso gli sfuggì.

A lei non avevano messo nessun stupido cappellino giallo.

-Stiles! Ti presento Victoria – Allison guardò la minuscola bambina con orgoglio, poi riportò lo sguardo entusiasta su Stiles – Vuoi tenerla? -

Stiles si irrigidì appena, cercando di mantenere il sorriso mentre serrava la presa sul filo del palloncino che galleggiava comicamente accanto a lui.

-Ahm, passo. Come se avessi accettato. - replicò, cercando di mascherare il nervosismo con il sarcasmo.

Non è che odiasse i bambini o non gli piacesse Victoria.

Era solo che si sentiva troppe responsabilità addosso all'idea di tenere una bambina così piccola in braccio. E se l'avesse fatta cadere? E se avesse stretto troppo provocandole danni permanenti ai polmoni? Una volta aveva visto un film in cui una neonata moriva nella culla. Nella culla. Senza che nessuno l'avesse sfiorata. I bambini erano fragili e Stiles una volta aveva frantumato un distributore di merendine, senza nemmeno farlo di proposito.

No, stava decisamente meglio senza tenerla in braccio.

Scott lo guardò esasperato, ma Allison si limitò a scuotere la testa, sfiorando con il naso quello minuscolo di Victoria.

-Non fare caso allo zio Stiles. E' un po' scorbutico, ma ha il cuore d'oro.-

-Non sono scorbutico. - borbottò Stiles.

Osservò ancora un po' Victoria, prima che gli venisse in mente una cosa importantissima.

-Le dita. Le hai contato le dita delle mani e dei piedi? - domandò, alternando lo sguardo da Allison a Scott, che lo stavano entrambi guardando confusi.

-Finiscila, Stiles. - si limitò a sbuffare poi Scott, mentre Allison rideva e scuoteva la testa, chiaramente senza la minima intenzione di fare quello che Derek aveva fatto solo qualche minuto fa.

Stiles non ebbe nemmeno il tempo di spiegare che fosse serio, perché in quel momento Chris Argent e Melissa, la madre di Scott, avevano assediato il letto di Allison.

Stiles fece un passo indietro, con il suo palloncino blu in mano, osservando Scott parlare ossessivamente con Chris con un grosso sorriso scombussolato in volto. Poi guardò Melissa, che invece era seduta accanto ad Allison e teneva Victoria tra le braccia.

Stiles guardò i cioccolatini sul comodino di Allison, i biglietti d'auguri, i fiori in ogni angolo, i palloncini tutti rigorosamente rosa e tutte le persone che affollavano la stanza.

Tutto per Allison e la sua bambina.

Stiles ci mise circa dieci secondi a prendere una decisione.

Nessuno fece a caso a lui, quando uscì dalla stanza di Allison con il suo stupido palloncino.

Corse lungo tutto il corridoio, beccandosi i rimproveri di una dottoressa.

Arrivò alla stanza che cercava e spalancò la porta, con irruenza.

Derek era ancora lì, nella stessa identica posizione in cui lo aveva lasciato, sdraiato a letto con il suo bambino senza nome tra le braccia.

E lo stava guardando, scioccato e infastidito insieme.

-Stiles, cosa... - i suoi occhi verdi scivolarono sul palloncino che ondeggiava accanto a Stiles e si interruppe.

Stiles lo fissò, il respiro pesante per la corsa che aveva appena fatto.

-Tom. - disse solo, senza fiato, e Derek lo guardò come se fosse pazzo.

-Tom? Cosa stai dicendo, Stiles? -

Stiles sorrise appena, avvicinandosi al letto. Derek lo fissò con gli occhi spalancati, mentre Stiles legava il palloncino a un pomello del letto, decorando la stanza altrimenti spoglia.

-Dovresti chiamarlo Tom – spiegò Stiles con disinvoltura, tornando a sedersi sulla sedia accanto al letto, ignorando lo sguardo scioccato di Derek. Inarcò le sopracciglia – Come Tom Seaver. Il famoso lanciatore dei Mets. -

Derek lo fissò a bocca spalancata per un lungo istante, poi le sue labbra tremolarono in un sorriso e nei suoi occhi esplose una scintilla di divertimento mista a disgusto.

-Non esiste! - quasi urlò, mentre Stiles rideva – Non chiamerò mai mio figlio Tom, tu sei fuori di testa! -

Stiles scosse la testa, senza smettere di sorridere. Gettò uno sguardo al bambino, che dormiva pacificamente, poi guardò Derek.

-Allora – disse piano, gli occhi che non si staccavano da quelli luminosi di Derek – Penso proprio che dovremmo pensare a qualcos'altro. -

 

 

 

Alla fine, Derek aveva scelto il nome Mike.

Per Stiles era un nome abbastanza stupido, visto che non era nemmeno un nome.

-Lo sai che Mike è un soprannome, vero? - aveva insistito, con le sopracciglia inarcate, mentre firmava il modulo di dimissione di Derek come suo accompagnatore.

Stiles non voleva prendersi anche quella responsabilità, davvero, ma quando era tornato in ospedale a trovare Allison e la bambina, non aveva potuto fare a meno di tornare da Derek e il coso senza nome. E aveva scoperto che i medici facevano storie per dimettere Derek e il bambino perché l'omega non aveva qualcuno che lo accompagnasse a casa e questo era assolutamente contro le regole dell'ospedale.

E, beh, Stiles era qualcuno.

Così si era ritrovato, senza sapere nemmeno come fosse accaduto, a camminare accanto alla carrozzella di Derek lungo il corridoio dell'ospedale, mentre firmava uno stupido modulo di dimissione.

Cazzo, aveva pure dovuto montare uno stupido seggiolino nella jeep.

Assurdo.

Derek alzò gli occhi al cielo, sistemandosi meglio il bambino tra le braccia, mentre l'infermiera sospingeva delicatamente la carrozzella.

-So che è un soprannome, oh adulto che si fa chiamare Stiles. -

Stiles inarcò ancora di più le sopracciglia, abbassando lo sguardo sull'altro e ignorando il suo sarcasmo.

-E allora Mike per cosa starebbe? Michael? -

Derek si strinse nelle spalle, sorridendo dolcemente al coso – a Mike, profondamente addormentato tra le sue braccia.

Stiles guardò il bambino e il suo viso si addolcì, in modo assolutamente stupido e senza che potesse fare qualcosa per impedirlo.

-Michael Hale. Non suona male. -

-Si chiama Mike. - precisò Derek con voce decisa e Stiles si lasciò sfuggire un sorriso.

-Va bene. Mike Hale – il suo sguardo scivolò sul viso di Derek e la sua faccia si addolcì di nuovo, in quella maniera stupida e senza senso – E' un bel nome. -

Beh, almeno era un nome decente.

Non come quello di Stiles.

Derek aveva riso un sacco quando il giorno prima gli aveva confessato il suo vero nome.

Stiles non avrebbe voluto dirglielo, non lo sapeva neanche Scott, e Scott era praticamente un fratello per lui.

Non lo sapeva nemmeno Jackson, l'altro migliore amico di Stiles.

Beh, anche perché Jackson era un odioso bastardo che lo avrebbe preso in giro fino alla fine dei suoi giorni, ma comunque.

Ma Derek aveva insistito fino alla nausea e Stiles aveva imparato che poteva davvero essere un tormento quando ci si metteva.

-Avanti. Non può essere peggio del tuo soprannome. Fidati che Stiles è un nome assolutamente ridicolo. Non puoi comprometterti di più ai miei occhi.-

Così, esasperato, lo aveva scritto su un foglietto di carta e glielo aveva passato senza guardarlo negli occhi.

Mieczyslaw.

Il fottuto nome polacco che sua madre aveva scelto per lui.

Non c'era da stupirsi se nessuno l'avesse mai chiamato così. Da che aveva memoria, tutti lo avevano chiamato sempre Stiles.

Stiles abbassò lo sguardo su Mike e di nuovo gli scappò quell'assurdo sguardo dolce e senza senso che stava rivolgendo sempre più spesso all'affare pelato e all'omega più scontroso e indisponente che avesse mai conosciuto.

Mike magari poteva non essere un vero nome, ma perlomeno all'anagrafe sarebbe risultato come Michael, un nome perfettamente normale.

Stiles pensava che quel bambino si meritasse almeno questo, visto come era stata turbolenta la sua nascita.

Forse il suo padre alpha era uno stronzo, ma poteva dire con assoluta certezza che Derek amasse quel bambino.

Stiles li guardò entrambi, con la sua stupida faccia addolcita.

In quel momento era difficile ricordarsi che quei due non fossero una sua responsabilità e che non li avrebbe rivisti mai più, probabilmente.

Anzi.

Sicuramente.

 

 

 

Stiles li rivide.

All'inizio doveva essere la cosa di una volta.

Stiles era andato a cercare Derek nella caffetteria dove l'omega gli aveva detto di lavorare per potergli restituire la collanina che aveva perso nella jeep, quando l'aveva portato a casa dall'ospedale.

Doveva essere una cosa da dieci minuti, davvero.

Doveva soltanto dare a Derek quella stupida collanina con delle spirali strane e andarsene.

Ma quando era entrato in caffetteria aveva visto Derek dietro il bancone, splendido e in forma come se non avesse mai partorito in tutta la sua vita, che serviva caffè, impacciato da Mike appeso al suo petto, in un marsupio.

Sapeva che non erano affari suoi, che Mike e Derek non erano una sua responsabilità.

Per cui non aveva idea perché si fosse offerto di tenere Mike mentre Derek lavorava.

Derek lo aveva guardato scettico per un po', poi aveva acconsentito ad affidargli Mike.

Stiles non aveva mai preso in braccio un bambino prima d'ora, ma stranamente non aveva provato lo stesso cieco terrore di quando Allison aveva cercato di dargli Victoria.

Mike piangeva e si agitava, ma quando era stato tra le braccia di Stiles si era miracolosamente calmato.

Stiles aveva fissato i piccoli occhi grigio- verdi con ammirata diffidenza.

-Sembra che tu abbia un talento naturale – aveva commentato Derek, un po' stupito, anche se sorrideva – Di solito piange con chiunque non sia io. E' per questo che non me la sono sentita di lasciarlo a una baby sitter. E poi è ancora così piccolo. -

Stiles gli aveva lanciato un'occhiata, mentre si sedeva cautamente su uno sgabello e Derek riprendeva a preparare caffè dietro il bancone.

-A proposito, che ci fai già al lavoro? Non dovresti essere a casa con tuo figlio appena nato? Cazzo, hai partorito appena un mese fa.-

Derek si strinse nelle spalle, senza guardarlo.

-Se sto a casa con Mike, non avrò soldi con i quali mantenerci – gli rivolse un mezzo sorriso sarcastico – Ammetto che a volte un alpha accanto a me farebbe comodo. Possibilmente uno meno idiota di quello che mi ha messo incinto. -

- Non hai bisogno di un alpha – replicò Stiles con naturalezza, sorridendo brevemente a Mike, senza che potesse impedirselo – Sei in gamba, forte e con più palle di qualsiasi altro alpha che abbia mai conosciuto. Forse sarà un po' dura all'inizio, ma tu e Mike ve la caverete alla grande. -

Derek lo fissò in modo strano e Stiles si rese conto con un po' di panico che quello non era l'atteggiamento di qualcuno che non voleva avere niente a che fare con un omega che praticamente non conosceva e con il suo moccioso.

Moccioso che aveva in braccio, per la cronaca. E non stava nemmeno piangendo! Cazzo, dopo venticinque anni a non essere bravo in praticamente niente, saltava fuori che era bravo con i bambini degli sconosciuti, verso cui non aveva nessuna responsabilità.

Cosa diamine stava facendo?

Fu un sollievo quando Erica, la collega bionda e insopportabile di Derek, spuntò dal retro per richiamarlo ai suoi doveri.

Derek lanciò un'altra occhiata strana a Stiles, poi tornò a lavoro e non lo considerò più per le successive tre ore, se non per brevi attimi quando doveva cambiare Mike o andare ad allattarlo sul retro.

Stiles era davvero grato che Derek non avesse nemmeno preso in considerazione l'idea di chiedergli di cambiare Mike.

Alla fine del suo turno, Stiles aveva ridato Mike a Derek.

E Derek aveva fatto una cosa che Stiles non si aspettava assolutamente che avrebbe fatto.

Aveva abbassato la testa e gli aveva lasciato un bacio sulla guancia, un bacio morbido, perché si era rasato e aveva le guance lisce, senza più accenni di barba.

Stiles aveva chiuso gli occhi, mentre il profumo dell'omega lo investiva. Tutti gli omega avevano un buon odore per un alpha, ma Derek profumava di sicuro nel miglior modo di sempre, Stiles ne era convinto.

-Grazie per la collana. E per tutto, davvero. -

La voce di Derek era bassa e seria, ma con una sfumatura dolce che Stiles gli aveva sentito solo quando mormorava cose senza senso a Mike.

Stiles non aveva fatto nemmeno in tempo a dire niente, che Derek si stava già allontanando verso la proprio auto, con Mike che gli rimbalzava dolcemente tra le braccia a ogni passo.

Era rimasto lì, a fissare la schiena di Derek, mentre si stropicciava la guancia con aria confusa, come se avesse ricevuto un pugno in faccia invece di un bacio.

Ripensò al profumo stordente di Derek, a come l'avesse avvolto tutto, rinchiudendolo in una gabbia d'oro.

Forse un pugno in faccia era effettivamente quel che era successo.

Scosse la testa con forza, dandosi dell'idiota.

Basta, quei due non erano una sua responsabilità.

Non li avrebbe più rivisti.

Mai più.

 

 

 

 

Stiles diede una breve occhiata allo specchietto retrovisore e sospirò, esasperato.

-Mike, metti via quel libro. Se vomiti nella mia jeep...-

-Dovrò farmela a piedi per il resto della mia vita, lo so. - replicò Mike in tono distratto, voltando con tranquillità una pagina.

Stiles odiava con tutto il cuore il fatto che il carattere di Derek si manifestasse in maniera più evidente in Mike giorno dopo giorno.

O almeno, era quello che si ripeteva quando gli sembrava di starsi prendendo un po' troppe responsabilità con Derek e Mike.

Anche se effettivamente forse era un po' tardi per preoccuparsene, dopo sette anni.

Scott e Allison pensavano che fosse un idiota, e forse avevano ragione.

-Che stai leggendo di così interessante che non può aspettare di essere arrivati alla caffetteria, mh? - domandò Stiles, gettando un'altra occhiata a Mike.

Era tutto ricci castani e lentiggini.

Era buffo che non assomigliasse per niente a Derek, a parte gli occhi.

Avevano gli stessi occhi, della stessa forma, dello stesso verde.

Stiles odiava pure quello, naturalmente.

-Lo sapevi che le streghe sono calve? - domandò Mike invece di rispondergli, mettendo un attimo da parte il suo libro per poter guardare Stiles dallo specchietto.

-Lo sapevi che le streghe non esistono? - replicò sarcasticamente Stiles, parcheggiando davanti alla caffetteria.

Mike gli rivolse un sorriso compassionevole davvero impressionante per un bambino di sette anni.

-Lo sapevi che esiste qualcosa chiamata finzione narrativa? -

Stiles alzò gli occhi al cielo, mentre apriva la portiera.

-Lo sapevi che mi stai facendo davvero perdere la pazienza? -

Mike si strinse nelle spalle, mentre scendeva dal sedile dietro con un piccolo balzo, il suo libro stretto al petto.

Stiles lo guardò male.

-Sì da il caso che avrei dovuto darti una mano a scendere. -

Questa volta fu Mike a roteare gli occhi.

-Rilassati. Non faccio la spia con papà. -

Stiles trattenne un sospiro.

-Avanti, dammi la mano. -

Mike lo guardò orripilato.

-Stiles, ho sette anni. Posso attraversare la strada da solo. -

Stiles produsse un sorriso ironico, afferrando una piccola mano di Mike nella sua.

-Ne sono sicuro, ma non ho intenzione di spiegare a tuo padre perché suo figlio si è trasformato in una frittella sull'asfalto. -

Mike gli sorrise da sotto in su, sfrontato.

-Lo sai? Hai molta più paura di papà di quanta ne abbia io. La cosa è piuttosto buffa, se ci pensi. Cioè tu sei vecchio. E sei un alpha. Io sono un bambino e sono un beta. Ma sono molto più coraggioso di te. La cosa non ti infastidisce? -

Stiles assottigliò gli occhi, fermandosi improvvisamente davanti all'ingresso della caffetteria.

-Lo sai? Adesso mi hai veramente stufato, saputello. -

Mike scoppiò a ridere forte quando Stiles lo sollevò di peso, lanciandolo in aria e riprendendolo. Mike era tutto ossa, quindi la cosa non richiedeva un particolare sforzo.

Stiles sorrise sotto i baffi mentre spingeva con la spalla la porta per entrare dentro la caffetteria, con Mike che rideva ancora tra le sue braccia.

I clienti non fecero nemmeno caso a loro.

Non è che non fossero abituati, comunque.

-Entrata discreta come al solito, nessuno avrebbe detto che foste qui. -

Stiles produsse un grosso sorriso al suono di quella voce, sarcastica e un po' divertita.

Guardò Derek venire loro incontro, scuotendo piano la testa, anche se sorrideva.

Stiles si affrettò a prendere il libro dalle mani di Mike, scelta che si rivelò saggia, dal momento che non appena Derek fu abbastanza vicino, il bambino gli saltò in braccio.

-Papà! -

Derek gli baciò i ricci scombinati, accarezzandogli la schiena con una mano.

-Come è andata a scuola, terremoto? - domandò Derek, posando Mike su una sedia a un tavolo vuoto abbastanza vicino al bancone. Stiles si sedette accanto a lui, appoggiando il libro di Mike sul tavolo.

Le Streghe, di Roald Dahl.

-Noiosa. Ma a pranzo c'era il budino al cioccolato. - rispose distrattamente Mike, puntellandosi sulla sedia per poter riappropriarsi del suo libro.

-Beh, se c'era il budino, allora...- mormorò Stiles con un sorriso, avendo infine pietà di Mike e spingendo il libro nella sua direzione.

-Spero che tu non abbia mangiato solo il budino. - disse Derek in tono d'avvertimento, ricevendo un sorriso innocente e totalmente falso da Mike.

Derek sospirò.

-Mike. Te l'ho detto mille volte. Devi mangiare tutto, soprattutto le verdure. Sei uno scricciolo, devi crescere. -

-Anche se una corporatura piccola come quella di Mike potrebbe essere un vantaggio notevole per quando andrà alle medie – intervenne Stiles, in tono saggio – Se non fossi stato straordinariamente magro, non sarei riuscito a nascondermi nell'armadietto delle scorte per sfuggire a George Winshaw, quando voleva provare a mettermi sull'asta al posto della bandiera. -

Mike gli gettò uno sguardo divertito da sopra il suo libro, mentre Derek lo guardò con un piccolo sorriso sarcastico.

-Ogni volta che racconti qualche pezzo della tua adolescenza disagiata, mi chiedo come tu possa essere diventato un adulto quasi normale e professionalmente realizzato. -

Stiles si strinse nelle spalle.

-Faccio il programmatore. Non c'è bisogno di muscoli per quello. -

-Quindi posso non mangiare le verdure? - intervenne Mike, speranzoso.

Derek gli gettò un'occhiataccia.

-Quando sarò morto, sì - poi guardò Stiles, sospirando – Solito caffè nero? -

-A quintali. - confermò Stiles in tono drammatico, accasciandosi contro la sua sedia.

Derek lo guardò scuotendo la testa, un piccolo sorriso che gli illuminava gli occhi verdi.

Stiles dovette ripetersi che odiava gli occhi verdi di Derek.

La cosa era sempre meno convincente, con il passare degli anni.

-Papà, per me il succo. - lo richiamò Mike, senza staccare gli occhi dalle pagine del suo romanzo.

Derek annuì, baciando con tenerezza la testa di Mike prima di allontanarsi.

Stiles si ritrovò a seguirlo con gli occhi.

Derek aveva perso un pochino la forma da quando aveva avuto Mike, ma questo non gli impediva di essere ancora l'omega più muscoloso e bello che Stiles avesse mai visto.

Stiles odiava che fosse così fastidiosamente perfetto, per la cronaca.

La sua unica soddisfazione era il fatto che in quei sette anni avesse guadagnato ben tre centimetri di altezza, raggiungendo Derek. In effetti, riusciva pure a essere più alto di Derek, quando si metteva sulle punte.

O quando Derek curvava un po' la schiena perché aveva pietà di lui e del suo cervello da bambino di due anni.

Derek una volta gli aveva detto che era più alpha lui con il suo fisico asciutto, di certi alpha tutto muscoli e niente cervello che aveva conosciuto.

Okay, Derek era un po' ubriaco quando lo aveva detto perché era capodanno e avevano avuto la cattiva idea di bere uno shot ogni volta che Jackson e Isaac litigavano, ma era comunque una delle cose più carine che fossero mai state dette a Stiles.

Quando era triste pensava sempre a Derek che gli diceva quella frase.

Ma pensava anche a Derek che sorrideva.

O che serviva il caffé.

O che rideva.

O che faceva quella cosa con il naso, come lo arricciava quando Stiles diceva qualche cazzata.

O che respirava.

Jackson sosteneva che fosse patetico.

Allison e Scott dicevano sempre che fosse un idiota, di nuovo.

Mike sospirò rumorosamente.

-Perché non gli chiedi solo di uscire? Stai diventando imbarazzante. Ed è inquietante che lo fissi sempre. -

Stiles si strozzò con la sua saliva.

Tossì in maniera forsennata, mentre si voltava a fissare ad occhi spalancati e lacrimanti Mike, che stava ancora leggendo pacifico il suo libro.

-Cosa stai dicendo tu, sciocco ragazzino? A chi è che dovrei chiedere di uscire? -

Mike sospirò di nuovo, mettendo da parte il suo libro con lentezza e intrecciando le dita sotto il mento, gli occhi verdi fissi in quelli castani e ancora un po' lucidi di Stiles.

Stiles odiava che Mike avesse gli stessi occhi di Derek, davvero.

-Stiles, penso che a te piaccia mio papà. E penso che mio papà sia fantastico. Tu mi piaci, ma non sei fantastico quanto mio papà. Quindi penso che dovresti sbrigarti a chiedere a mio papà di uscire, prima che lo faccia qualcun altro. -

-Okay, chiariamo una cosa – esclamò Stiles, sporgendosi verso Mike in modo che nessun altro potesse sentire – A me non piace tuo papà. Non in quel senso, almeno. Perché diavolo pensi che mi piaccia tuo padre? -

Mike aggrottò la fronte, guardandolo confuso.

-Perché non ti dovrebbe piacere? E' simpatico. -

-E' fantastico, ma non è questo che intendevo! - sbottò Stiles esasperato, salvo rendersi conto di come Mike lo stesse guardando, palesemente soddisfatto – Voglio dire, non penso che sia fantastico. Penso che sia okay. Tuo padre è okay. E comunque non è per niente simpatico. Ha un senso dell'umorismo inesistente. -

Era vero.

Ma questo non spiegava come mai Stiles si ritrovasse sempre a ridere quando stava con Derek.

Comunque Mike non era tenuto a saperlo.

-Se non ti piace perché stai tutti i giorni con noi? - insistette Mike, evidentemente intenzionato a torturarlo.

-Si chiama amicizia, saputello. E poi sei troppo piccolo per parlare di queste cose! - sbottò, sempre più a disagio.

-Ho sette anni – rimarcò Mike, guardandolo con accondiscendenza – So anche come nascono i bambini, penso di poter parlare di te che sei cotto di mio papà. -

Stiles lo fissò, completamente arreso.

-Tu leggi troppo – disse infine, in tono lugubre – Lo avevo detto a Derek che avrebbe dovuto farti vedere più tv.-

-Penso che anche a mio papà tu piaccia – replicò Mike, ignorandolo – Sorride sempre quando vieni tu a cena e si aggiusta sempre i capelli nello specchio dell'ingresso prima di aprirti la porta. -

Improvvisamente, la conversazione stava diventando interessante.

-Ah sì? - domandò Stiles, senza riuscire a reprimere un piccolo sorriso compiaciuto – Si aggiusta i capelli? -

Mike inarcò le sopracciglia.

-Sì. Te l'ho detto. Gli piaci. E visto che anche a me piaci, penso che dovreste stare insieme. Così papà non sarebbe da solo e sarebbe felice. E visto che passi già quasi tutto il tuo tempo con noi, penso che trasferirti ufficialmente a casa nostra sarebbe un vantaggio per tutti. -

Stiles non poté impedirsi di ridere, rivolgendo a Mike uno sguardo affettuoso e incredulo.

-Woah, rallenta saputello! Da quanto stai pensando a questa cosa di me e tuo papà, eh? -

Mike si strinse nelle spalle.

-Dal giorno della partita. -

Stiles non aveva nemmeno bisogno di chiedergli che partita intendesse.

Aveva dannatamente chiaro quel giorno.

E in effetti capiva perché Mike avesse dedotto quello che aveva dedotto.

Derek e Stiles guardavano sempre la partita insieme. Di solito era un'occasione per insultarsi e darsi addosso a vicenda, visto che tifavano squadre opposte.

Ma quella sera Derek era particolarmente stanco e Stiles sospettava che fosse anche bisognoso di attenzioni alpha, perché lo aveva visto prendere i suoi soppressori quando era andato in cucina a prendere una birra e sapeva che, anche se quelle pastiglie annullavano il calore, l'omega continuasse a sentirsi fragile e vulnerabile.

Fragile e vulnerabile.

Due parole che secondo Stiles non c'entravano niente con Derek.

Tuttavia, sapeva che una volta al mese, in prossimità della data in cui sarebbe dovuto andare in calore, Derek perdesse un po' della sua solita tempra. Era sotto soppressori da quando lo conosceva, non aveva mai avuto un calore dalla nascita di Mike, ma i suoi ormoni diventavano comunque un casino frustrato.

Era questo il motivo per cui di solito non si vedevano in quei giorni.

Ma Derek aveva insistito, perché avevano sempre guardato la partita insieme, era la loro tradizione.

Stiles aveva notato che Derek gli stesse più vicino del solito, sul divano, ma aveva fatto finta di niente.

Non è che gli dispiacesse, in fondo.

Derek, dopo tanti anni, sapeva ancora nel miglior modo del mondo, per Stiles.

Non aveva detto niente nemmeno quando Derek gli aveva posato la testa sulla spalla, con il naso premuto contro il suo collo, ad aspirare discretamente il suo profumo alpha.

Stiles aveva cercato di concentrarsi sulla partita, ma continuava a pensare che avrebbe solo voluto avvolgere Derek tra le braccia, trascinarselo in grembo e farlo dormire contro il suo petto.

Davvero, solo quello.

Stiles non era mai stato conforme agli stereotipi sociali.

Quindi era ovvio che fosse il tipo di alpha che volesse solo coccolare il suo omega che puzzava di calore represso fino a farsi sbavare sulla camicia.

Logico.

Non che Derek fosse il suo omega, ovviamente.

Solo quando aveva sentito il respiro di Derek farsi pesante contro il suo collo, Stiles aveva rischiato mettendogli un braccio intorno alle spalle, tenendoselo vicino.

Alla fine del primo tempo, quando ormai Derek russava dolcemente contro la sua pelle, Stiles aveva voltato la testa, baciandogli piano una tempia.

E Mike si era trascinato assonnato in salotto proprio in quel momento, biascicando che non riuscisse a dormire.

L'incanto si era subito spezzato, Derek era scattato in piedi allertato dalla voce di Mike e, evitando accuratamente lo sguardo di Stiles, aveva preso il figlio in braccio ed era sparito con lui al piano di sopra.

Stiles era rimasto sul divano, da solo, dandosi mentalmente dell'idiota e pregando che Derek non avesse percepito il bacio.

Derek non aveva più fatto cenno a quella sera, quindi Stiles pensava di essersela scampata.

Ma evidentemente Mike invece aveva visto tutto, sin troppo bene.

-Non significava niente – disse comunque Stiles, arrossendo appena. Che razza di alpha arrossiva con un bambino di sette anni? - Siamo solo amici. -

Mike inarcò un sopracciglio, ma non poté dire niente, perché in quel momento Derek fece ritorno con il suo succo e il caffè di Stiles.

-Ecco qui – lanciò un'occhiata divertita a Stiles, mentre gli posava la tazza extra large davanti – Sappi che mi sento una persona orribile ad alimentare la tua dipendenza da caffeina e a incoraggiare la tua iperattività. Dovrei almeno cominciare a farti pagare. -

Solitamente Stiles sarebbe stato al gioco e avrebbero cominciato a punzecchiarsi con affetto, ma in ora era troppo turbato dalle parole di Mike e da tutto ciò che implicavano.

Si alzò di scatto in piedi, sotto lo sguardo sorpreso di Derek e Mike.

-Devo andare! - esclamò, con voce un po' acuta, incrociando lo sguardo perplesso di Derek – Sei a posto con Mike? -

-Sì, riesco a dargli un'occhiata mentre lavoro... - mormorò l'omega, un po' disorientato – Ma non vieni a cena, stasera? -

-Certo che vengo a cena. - rispose automaticamente Stiles, maledicendosi dentro di sé.

Perché?

Perché non riusciva mai a dire di no a Derek? E non si trattava di stupidi istinti alpha o dell'odore omega. Dopo sette anni Stiles era abbastanza sicuro che fosse proprio Derek e solo Derek il problema.

Deluderlo lo straziava in modo insopportabile.

Mike continuava a guardarlo con uno stupido e irritante sorrisetto so tutto io, quindi Stiles decise che doveva andarsene il più in fretta possibile.

-Beh, ci vediamo stasera! -

Stiles non ebbe più il coraggio di guardare verso Derek mentre usciva dalla caffetteria, inciampando in tutti i tavoli che lo separavano dalla porta, ma poteva comunque sentire l'odore contrariato e confuso dell'omega.

Ed era maledettamente straziante.

 

 

 

 

Stiles stava lavando i piatti quando Derek lo raggiunse.

Gli diede una breve occhiata, mentre l'omega gli si affiancava per aiutarlo.

-Mike dorme? -

-Sì. Finalmente. Voglio dire, è la mia vita, ma è estenuante essere sempre circondato da due persone estremamente logorroiche. -

Stiles fece un sorrisetto, schizzandolo con la schiuma del detersivo sul naso e strappandogli una risata oltraggiata.

-Non sono logorroico. Compenso solo i tuoi silenzi. -

-Oh, e li compensi molto bene. - replicò Derek, con un sorriso sarcastico, guadagnandosi un altro schizzo d'acqua.

Per un po' rimasero in silenzio, Stiles che lavava i piatti e Derek che li asciugava con un panno pulito.

La grande casa era incredibilmente silenziosa, c'era solo il rumore dell'acqua che scorreva piano e il brusio della tv rimasta accesa in soggiorno.

Derek non guadagnava molto con il suo lavoro alla caffetteria, ma quella casa apparteneva alla sua famiglia da generazioni e Derek ci aveva vissuto sin da quando aveva lasciato New York per trasferirsi a Beacon Hills.

Stiles non sapeva molto della famiglia di Derek, solo che non andava molto spesso a New York a trovarli e che ogni volta che tornava puzzava di malumore in una maniera decisamente straziante per l'alpha.

Abbracciava sempre Stiles per minuti interi, quando tornava da New York.

Era l'unica cosa che Stiles apprezzava dei viaggi di Derek.

Stiles gli gettò un'altra occhiata di sottecchi, poi si fece coraggio.

-Sai. Mike oggi ha detto una cosa. -

Derek arricciò l'angolo della bocca in un sorriso ironico.

-Mike dice un sacco di cose. Dovrai essere più preciso.-

-Su di te. E su di me – Stiles si schiarì nervosamente la gola, senza guardarlo – Che ti piaccio. -

Oh mio Dio.

Perché.

Perché non aveva detto “che ci piacciamo”, poi? Così sembrava una cosa a senso unico e per lo più un'accusa. Oddio sembrava che stesse accusando Derek di una cosa disgustosa, quando invece sarebbe stata la cosa più bella della vita di Stiles.

Si maledì nell'esatto momento in cui avvertì Derek irrigidirsi accanto a lui.

- Cosa? - domandò con voce piatta e Stiles desiderò vivamente poter riavvolgere il nastro.

Si voltò verso di lui, guardandolo mentre annaspava.

-Nel senso... non penso che intendesse... tu davvero ti aggiusti i capelli prima di aprirmi la porta? - domandò alla fine, senza pensare, un po' disperato.

Derek lo fissò, senza nessuna particolare emozione negli occhi verdi.

Stiles voleva un po' morire.

-Questo sarebbe una prova che mi piaci? - domandò alla fine Derek, con una cautela strana, guardandolo dritto negli occhi.

Stiles odiava non riuscire a leggerlo. Perché Derek doveva avere la stessa espressività facciale di una rupe?

-No! Cioè non penso! Insomma, dimenticalo. Sai come è Mike. Con tutti i suoi libri e le sue storie fantastiche. Fa troppi voli di fantasia, tutto qui. - annaspò Stiles, riprendendo a lavare i piatti.

Poteva sentire gli occhi di Derek addosso e la cosa lo rendeva oltremodo nervoso.

-Sì. So come è Mike. - si limitò a dire alla fine, pacato.

Stiles imprecò mentalmente.

Perché doveva sempre incasinare tutto.

Doveva solo chiedere a Derek di uscire, non come amici, non con Mike, non con Jackson o Scott.

Solo loro due.

Come una coppia.

Come due che si piacciono.

Se davvero piaceva a Derek.

Stiles stava per aprire la bocca e fare la domanda più difficile che fosse mai stata posta a memoria d'uomo (“vuoi venire a cena con me?”, solo sei parole, quanto poteva essere difficile?), quando Derek si voltò di scatto verso di lui, guardandolo con un'espressione stranamente vulnerabile.

-Sapevo che c'era qualcosa che non andasse, eri troppo strano oggi. Sei strano dal giorno della partita, effettivamente. Ma solo ora ho capito cosa ti spaventasse. -

Stiles, che stava ripetendo ossessivamente quelle sei parole nella sua testa cercando di dargli il tono più convincente possibile, sbatté le palpebre, guardandolo confuso.

-Cosa mi spaventasse? -

Con suo grande stupore, vide Derek arrossire appena.

Derek non arrossiva mai.

-Posso immaginare cosa ti abbia detto Mike e anche che... che a volte posso dare l'impressione... insomma, so a volte di comportarmi un po' troppo da omega che marca il territorio con te – Stiles avrebbe voluto interromperlo e chiedergli di che diavolo stesse parlando, ma Derek sembrava un fiume in piena – Ma so come la pensi tu e, credimi, credimi, credimi, non ti incastrerei mai in qualcosa che non vuoi, tengo troppo a te per farlo. Quello che è successo il giorno della partita... erano solo i miei stupidi ormoni omega. Voglio dire, siamo amici da anni, ci sei sempre stato per me e Mike, ma so come la pensi, e lo rispetto. -

-E come la penso? - domandò Stiles, visto che era la seconda volta che Derek lo diceva e non aveva la minima idea di come la pensasse.

Derek sospirò, evitando di nuovo il suo sguardo.

-Mike e io non siamo una tua responsabilità. Non in quel senso almeno. Voglio dire, tu fai già tanto per noi. Vai a prendere Mike a scuola quando io lavoro, mi aiuti a lavare i piatti dopo cena, aggiusti il mio computer gratis ogni volta che si rompe e vai persino in farmacia a comprare i miei soppressori quando io me ne dimentico, cioè sempre. So che tutto questo non fosse nei tuoi programmi quando ci siamo incontrati in ospedale, so che avremmo dovuto separarci appena dopo la nascita di Mike. Ma in qualche modo sei rimasto nella mia vita e io non mi sono mai lamentato perché mi piace averti nella mia vita, e in quella di Mike. Insomma, quando continuavi a spuntare in caffetteria e tenevi Mike mentre lavoravo, è stato facile lasciartelo fare. Mi serviva disperatamente una mano e tu eri lì. Sei sempre stato lì per me. Ma so che non intendi davvero impegnarti con un omega di trentacinque anni con un figlio non tuo. E sarebbe egoista chiederti di farlo, qualsiasi cosa ti abbia detto Mike o io... - la tonalità rosa delle guance di Derek si accentuò ancora di più – O io possa, ipoteticamente, provare per te. -

Stiles lo fissò, intontito.

Quello era senza dubbio il discorso più lungo che avesse mai sentito fare a Derek.

Ed era anche una grandissima cazzata.

Perché diavolo Derek pensava che non volesse impegnarsi con lui e Mike? Dopo sette anni pensava ancora a lui come un occasionale babysitter per suo figlio, al massimo un amico con cui bere birra e guardare i Mets perdere?

Per un attimo fu travolto da pura rabbia verso Derek, ma poi cercò di capire perché Derek credesse una cosa simile.

E gli vennero in mente tutte le volte in cui aveva preso in giro Scott per essersi lasciato incastrare da Allison e aver messo su famiglia. Tutte le volte in cui aveva detto a Derek quanto fossero idioti Jackson e Isaac a ostinarsi a stare insieme, nonostante le continue litigate. Quante volte si era dichiarato sollevato dal fatto di non avere responsabilità, di non avere legami? Quante volte era uscito con altre persone, cercando di non pensare a cosa stessero facendo Mike e Derek e ricordandosi ossessivamente di quanto odiasse i loro occhi verdi?

Oddio.

Quanto poteva essere sfigato?

Aveva tentato di reprimere per sette maledetti anni i suoi sentimenti, nascondendosi dietro a un fragile “non sono un mia responsabilità”.

E l'unica persona che se l'era davvero bevuta, l'unica, in tutti quegli anni, era proprio Derek.

Derek, che adesso era convinto che Stiles fosse spaventato dalla prospettiva di legarsi seriamente a lui, di prendersi delle responsabilità.

E Stiles stava davvero per dirgli che lui non fosse affatto spaventato.

Cioè, forse un po' sì, perché per essere un alpha era incredibilmente vigliacco, ma non era questo il punto.

Il punto era che Stiles voleva che Mike e Derek fossero una sua responsabilità. Lo voleva in modo ufficiale e chiaro, non voleva più andare a prendere Mike a scuola fingendo che non fosse niente di che. Voleva andare a prendere Mike a scuola, perché era una sua responsabilità.

E voleva abbracciare Derek sul divano fino a farlo dormire sul suo petto senza sentirsi in colpa.

Voleva farlo perché lo poteva fare, perché poteva prendersi cura di Derek, perché era una sua responsabilità.

Ma prima di tutto questo, voleva soltanto una fottuta cena con Derek.

Niente di più.

Solo un appuntamento, solo un appuntamento in cui non avrebbe dovuto fingere che odiasse gli occhi verdi di Derek. O la sua risata. O il suo sorriso. O il suo naso quando si arricciava. O il suo modo di respirare.

Ma poi Derek si sporse verso di lui e gli mise una mano sulla guancia, sorridendogli di sbieco e provocandogli un mezzo infarto.

-Stiles, non fare quella faccia. Va tutto bene, sul serio. Mike è solo un bambino e, sai, mi vuole bene. Vede tutti i suoi amici con due genitori e vede me da solo e vorrebbe cambiare le cose. Ma non mi aspetto niente da te.-

Aspettati qualcosa invece, aspettati tutto.

Stiles voleva dirlo, davvero.

Ma trovò molto più facile rimanere in silenzio, mentre Derek, con un ultimo sorriso, faceva scivolare via la mano dalla sua guancia e riprendeva ad asciugare i piatti.

Dopo trentadue anni, Stiles arrivò alla conclusione di essere un fottuto idiota.

 

 

 

 

 

Stiles avrebbe già dovuto capire che sarebbe stata una brutta giornata, quando entrò con Mike in caffetteria e Derek non gli venne incontro.

-Ehi, dove è Derek? - domandò a Erica, l'insopportabile alpha bionda che lavorava con Derek, mentre Mike andava a sedersi al solito tavolo, già immerso in un nuovo libro.

-Sul retro a cambiarsi. - gli rispose la donna con aria di sufficienza, prima di voltargli le spalle per andare a servire un tavolo più lontano.

Stiles esitò, ancora in piedi in mezzo al locale.

Diede un'occhiata a Mike, assicurandosi che fosse tranquillo e dedito alla lettura, poi lanciò un'occhiata a Erica per controllare che fosse occupata con i clienti.

Cercando di non farsi notare, scavalcò il bancone e sgattaiolò sul retro, dove tenevano le scorte di caffè e i dipendenti si cambiavano.

Chiuse la porta verde dietro di sé, girandosi proprio mentre Derek si stava infilando la polo marrone della caffetteria.

Stiles era fermamente convinto che solo a lui potesse stare bene.

-Stiles! - esclamò Derek, guardandolo sorpreso e un con un imbarazzo un po' irritato, affrettandosi a vestirsi – Che cosa ci fai qui? A parte infrangere ogni concetto di privacy? -

Stiles accennò un piccolo sorriso.

-Andiamo. Ho visto ben di peggio. Ero in sala parto con te, ricordi? -

Derek gli lanciò un'occhiataccia, ma si vedeva che non fosse realmente arrabbiato.

-Come dimenticare – lanciò un'occhiata apprensiva alle sue spalle – Mike? E' di là da solo? -

-E' seduto a leggere, sta bene. - lo rassicurò immediatamente Stiles, facendo un piccolo passo verso di lui.

Derek ne fece uno indietro e Stiles si ritrovò a maledire quella maledetta conversazione di due sere prima, che aveva reso il loro rapporto teso come non lo era mai stato.

-Volevi qualcosa, Stiles? - domandò infine Derek, sembrando nervoso.

-Sì. Volevo qualcosa. - rispose Stiles, con la gola un po' secca e sentendosi un idiota.

Avanti.

Ti sbagliavi. Quello che hai detto l'altra sera, su di me, su come mi sento verso di te e verso Mike, è tutto sbagliato. Voglio che voi siate una mia responsabilità e io una vostra. Voglio che tu esca a cena con me, se lo vuoi anche tu.

Non era difficile. Aveva preparato quel discorso con Isaac e Jackson solo la sera prima.

Cioè, lo aveva preparato con Isacc.

La versione di Jackson era troppo volgare.

Lo stava per dire, quando Erica spuntò alle sue spalle, aprendo la porta di scatto e facendoli sobbalzare.

-Derek, c'è... e tu cosa ci fai qui? -sbottò, guardando malissimo Stiles.

-Mi stava solo dicendo che Mike era di là. - intervenne Derek, protettivo, avvicinandosi a Stiles.

Erica sbuffò, scettica.

-Certo. Comunque, c'è un uomo che ti cerca Derek. -

-Un uomo? - intervenne Stiles, prima che Derek potesse aprire bocca – Chi? -

Capì che le parole gli fossero uscite come un ringhio dal modo in cui sia Erica che Derek lo stavano guardando.

E sapeva anche di essersi sporto in maniera decisamente invadente verso Derek, come se volesse nasconderlo alla vista di chiunque altro.

Stupido, compromettente, senza senso, istinto territoriale alpha.

-Non lo so. Non leggo nella mente. - rispose Erica, con un sorriso sarcastico.

-Beh, digli che arrivo subito, per favore. - tagliò corto Derek, senza staccare gli occhi da Stiles.

Erica sbuffò di nuovo, ma si defilò senza commentare oltre.

-Okay – fece poi Derek, guardandolo fisso e serio negli occhi – Che cos'era quello? -

-Quello cosa? - fece finta di non capire Stiles, distogliendo lo sguardo e allontanandosi un po' da Derek, smettendo di stargli addosso.

-Sai cosa. Vuoi farmi pipì intorno, per caso? -

Derek sembrava arrabbiato e infastidito e questo portò anche Stiles ad arrabbiarsi.

E a dire cazzate senza senso.

-Non è colpa mia se ogni volta che ti sto vicino tu diffondi tutti questi cazzo di ormoni che gridano “oh Stiles, proteggimi dai mali del mondo!”. Sono un alpha, cosa ti aspetti? -

Si odiò profondamente quando vide Derek arrossire, gli occhi verdi pieni di vergogna.

Il fatto era che, anche se lo aveva detto in modo odioso, insensibile e semplicemente da stronzo, Stiles aveva anche detto la verità.

Derek non lo avrebbe mai ammesso, ma una parte di lui, la sua parte più spiccatamente omega, mandava davvero questi segnali ogni volta che Stiles gli era vicino.

E Stiles trovava sempre più difficile ignorarli.

Non che la cosa gli desse fastidio; avrebbe avuto l'istinto di proteggere Derek in ogni caso, anche se sapeva perfettamente che non ne avesse bisogno.

E non perché fossero alpha e omega, ma per tutta quell'altra questione, quella che spingeva Stiles a pensare alla risata di Derek quando era triste. O al suo sorriso. O al suo naso. O al suo modo di respirare.

Spiegarlo a Derek, era un po' più difficile.

-Fottiti, Stiles! - esclamò Derek con rabbia, superandolo con una poderosa spallata e sbattendogli la porta in faccia.

-Merda, Derek, aspetta! - imprecò Stiles, frustrato, andandogli subito dietro.

Ma quasi gli finì addosso, perché Derek si era impalato davanti alla porta, sembrava una statua di ghiaccio e aveva gli occhi fissi all'ingresso della caffetteria.

Stiles seguì il suo sguardo e immediatamente sentì il suo corpo irrigidirsi, la sua gola vibrare di un muto ringhio.

Era strano come, anche se non aveva mai visto quell'uomo in tutta la sua vita, sapesse perfettamente chi fosse.

Un alpha alto, con un fisico proporzionato, non eccessivamente scolpito, ma nemmeno asciutto come il suo.

Aveva gli occhi di un azzurro intenso, la pelle molto chiara, con delle lentiggini sul naso.

Aveva un giubbotto di pelle e un casco da moto appeso al braccio ed era così affascinante da fare incazzare Stiles.

Ma, soprattutto, nemmeno il fatto che portasse i capelli castani cortissimi, poteva nascondere che fossero ricci.

Era come guardare la versione adulta e centaura di Mike.

Poi, l'alpha sorrise a Derek, un sorriso tutto denti bianchi e perfetti.

L'unico motivo per cui Stiles trattenne un nuovo ringhio era che non voleva litigare con Derek.

Così rimase semplicemente in silenzio, reprimendo la voglia di urlare.

 

 

 

 

-E' mio padre quello? -

Stiles sospirò, affondando ancora di più la testa tra le braccia.

-Non lo so. - mentì, mentre drizzava le orecchie nell'inutile e patetico tentativo di sentire cosa si stessero dicendo sul retro Derek e Mr. Motociclista Dai Denti Perfetti.

Stava morendo dalla voglia di fare irruzione lì dietro e tenere Derek lontano da quel coglione, ma Derek gli aveva chiesto di stare lì con Mike e, cazzo, Stiles non riusciva mai a dire di no a Derek.

Fanculo. Stupido omega a cui non serviva nemmeno essere omega per averlo in scacco.

Gli bastava la sua stupida risata.

I suoi stupidi occhi verdi.

E tutti i suoi altri stupidi dettagli che Stiles odiava con tutto il cuore.

Poteva sentire lo sguardo scettico di Mike su di lui anche senza guardarlo.

-Io dico che è mio padre. O papà non mi avrebbe ordinato di stare qui con te. -

-Ti ha ordinato di stare qui con me, perché non sono affari tuoi cosa si stiano dicendo – brontolò Stiles, sentendosi un grandissimo ipocrita a ogni parola pronunciata – Sono cose da adulti. -

-Dici che stanno solo parlando? - domandò Mike, con la candida innocenza tipica dei bambini.

Stiles sollevò così in fretta la testa dal tavolo da farsi scrocchiare il collo.

-Certo che stanno solo parlando – rispose, con voce un po' isterica – Che altro dovrebbero fare? -

Mike si strinse nelle spalle, sfogliando distrattamente una pagina del suo libro.

Stiles trovava affascinante e anche un po' inquietante come tutta la questione del “il tuo padre alpha è qui”, non lo avesse minimamente turbato.

-Non so. Se hanno concepito me, vuol dire che non avranno sempre solo parlato, no? -

Stiles lo fissò, con la bocca comicamente spalancata.

-Non stanno concependo in un maledetto ripostiglio delle scorte, okay? -scandì ad alta voce, imprecando quando vide molti clienti girarsi verso di lui ed Erica fissarlo furiosa.

Mike gli gettò un piccolo sorriso beffardo e Stiles dovette ripetersi mentalmente che non poteva uccidere un bambino che aveva visto letteralmente crescere e a cui era solito cambiare il pannolino sporco.

-Rilassati. Ti prendo in giro. Te l'ho detto, a papà piaci tu. E poi il mio padre alpha non è stato in circolazione per tipo sette anni. E' un tempo un po' eccessivo, no? -

Stiles lo fissò, incerto se ridere o sentirsi fottutamente terrorizzato.

Come cazzo lo aveva cresciuto Derek?

Anzi, come cazzo lo avevano cresciuto, lui e Derek?

-Non sappiamo chi sia. Non sappiamo se è tuo padre. - si decise infine a dire, guardando Mike con cautela.

Mike non era un bambino che si potesse ferire facilmente, ma Stiles sapeva quanto fosse delicato in realtà il tema dell'abbandono per lui.

Aveva smesso di chiedere a Derek del suo altro padre a quattro anni, quando per il quarto Natale di fila erano stati solo loro e Stiles.

Non aveva mai più chiesto niente, ma Stiles vedeva come si incupissero i suoi occhi quando lo andava a prendere a scuola e tutti i suoi amici avevano due genitori ad aspettarli.

Mike non aveva neanche Derek, perché lavorava quasi sempre quando Mike usciva da scuola.

C'era solo Stiles e la sua jeep scassata e Stiles ogni volta temeva che Mike avrebbe guardato con delusione anche lui.

Ma il viso di Mike si rilassava ogni volta che lo guardava e faceva quel sorriso che ripagava Stiles, dopo una giornata a farsi il nervoso a lavoro.

Era un sollievo riscontrare giorno dopo giorno che, nonostante tutto, lui fosse abbastanza per Mike.

Per Mike e Derek.

Ma, ovviamente, doveva spuntare dal nulla il centauro dal sorriso odiosamente simile a quello di Mike.

Mike lanciò a Stiles uno sguardo di accondiscendenza.

-Sappiamo entrambi che fosse mio padre. -

Stiles annaspò per un attimo, incerto su cosa dire.

-E cosa ne pensi? - domandò infine, senza guardarlo – Vorresti conoscerlo? -

Per la prima volta Mike gli lanciò uno sguardo quasi arrabbiato, ma sembrava più sulla difensiva che altro.

-Perché dovrei voler conoscerlo? -

-Ehi – Stiles usò un tono basso, mentre allungava una mano per coprire gentilmente una piccola di Mike – Nessuno ti obbliga a farlo, okay? E' una tua scelta. E tuo papà ti ha detto di stare qui con me proprio per tutelarti e proteggerti. -

Mike si rilassò appena.

-Sì, papà è così – gettò un'occhiata apprensiva alla porta sul retro e Stiles poté leggere negli occhi verdi di Mike la stessa voglia che aveva lui di sfondare la porta e andarsi a prendere Derek – Cosa pensi che voglia da papà?-

-Non lo so - mormorò Stiles, guardando anche lui verso la porta chiusa. Deglutì nervosamente, cercando ancora una volta di reprimere la voce nella sua testa che gli stava sibilando di sfondare la porta e andare da Derek.

-Non ne ho proprio idea.-

 

 

 

-Freddie? Si chiama Freddie? -

Derek sbuffò, mettendo a posto i piatti puliti senza guardarlo negli occhi.

-Si può sapere cosa hai contro i soprannomi? Come se non ti chiamassi Stiles. -

Il diretto interessato assunse una faccia offesa, anche se Derek gli dava le spalle e non poteva vederlo.

-Ma io sono un programmatore. Va bene se ho un nome ridicolo. Ma lui è un fottuto centauro e si chiama Freddie?-

Derek gli gettò un breve sguardo beffardo da sopra la spalla.

-Vuoi per caso suggerire un nome più virile? -

Fu il turno di Stiles di sbuffare, appoggiandosi allo stipite della cucina e gettando uno sguardo infelice alla nuca di Derek.

-Freddie. Freddie il centauro. Freddie l'alpha che ti ha messo incinto ed è sparito nel nulla. Freddie. -

-Mi sto quasi per irritare Stiles, ti avviso. - lo informò Derek, senza nemmeno girarsi e continuando a mettere a posto la cucina.

Stiles accentuò ancora di più il suo broncio.

-E' che non posso credere che stessi con un motociclista! -

-E perché no? -

Derek era miracolosamente paziente, per essere uno che stava sostenendo un'estenuante conversazione su Freddie il centauro da almeno tre quarti d'ora.

Questo non impedì a Stiles di sfoderare la sua migliore espressione da bambino scontento.

-Le moto fanno schifo. -

Derek scoppiò a ridere, il che non aiutò molto l'umore di Stiles. Non aiutava nemmeno il fatto che adesso Derek si fosse voltato verso di lui e che Stiles odiasse gli stupidi occhi verdi e lucidi di risate di Derek.

-Lo dici solo perché ti terrorizzano. -

-Non mi terrorizzano – ribatté Stiles in tono deciso, incrociando le braccia al petto e ignorando lo sguardo scettico e divertito insieme di Derek – Dico solo che mi sembra un tantino da stupidi girare per strada su una cosa a due ruote maledettamente instabile. E poi si mettono il casco e pensano di aver risolto così. Oh certo, perché il casco fa miracoli vero? Per non parlare di quelli che vanno in giro senza nemmeno il casco! Ascoltami, Derek. C'è un motivo per cui le auto sono state inventate prima delle moto. Ed è perché sono una scelta più intelligente. Solo dopo hanno inventato le moto, per gli stupidi. -

Derek scosse la testa, senza riuscire a trattenere un piccolo sorriso.

-E adesso stai straparlando. -

Stiles lo guardò male.

-E tu andavi in moto con Freddie? - sputò, senza fare un grande sforzo per nascondere il suo disgusto.

-Qualche volta – rispose Derek senza scomporsi, appoggiandosi con la schiena al ripiano cottura per poter guardare bene Stiles negli occhi – Ma giuro che ho sempre messo il casco, papà. -

Stiles spalancò la bocca, come se lo avesse tradito.

-Oh mio Dio – sussurrò a bassa voce, guardandolo con gli occhi a fessura – Chi sei tu? -

Derek roteò gli occhi.

-Smettila, okay? Non capisco perché tu la faccia tanto lunga con questa storia. Sì, il mio ex era un motociclista. E, sì, nonostante non sia d'accordo con i tuoi luoghi comuni sui motociclisti, Freddie è un idiota. E non ho la minima intenzione di vederlo di nuovo, quindi perché non smetti di fare l'alpha geloso che marca il territorio e non mi dai una mano a mettere in ordine? -

Stiles lo guardò scontento per qualche istante, ma alla fine si avvicinò lentamente a Derek, aiutandolo a sistemare le poche stoviglie rimaste.

-Mi dispiace – disse infine Stiles, in tono piatto e senza guardarlo, dopo pochi istanti di silenzio – Non volevo fare l'alpha che marca il territorio. Anche prima, alla caffetteria... quello che ho detto... mi dispiace, Derek. -

Derek lo guardò di sottecchi, Stiles lo imitò e si scambiarono questo stupido sorriso segreto.

A volte Stiles sospettava che fossero entrambi un po' idioti.

-Lo so – mormorò Derek, ondeggiando nella sua direzione per scontrargli piano una spalla con la propria – Sei perdonato. -

Stiles sorrise di nuovo e Derek amplificò il suo sorriso facendosi spuntare le fossette e Stiles dovette ricordarsi quanto odiasse il sorriso di Derek.

Si schiarì la gola, cercando di contenersi.

-Ora che Mike è andato a letto, mi dirai cosa vi siete detti? - domandò, cauto.

Non avevano parlato granché di cosa fosse successo quel pomeriggio alla caffetteria.

Dopo che Freddie se n'era andato, Derek aveva fatto semplicemente finta di nulla, continuando a lavorare come se non fosse successo niente.

Mike non aveva fatto nessuna domanda al padre sull'altro genitore, continuando semplicemente a leggere il suo libro in silenzio, così Stiles si era adeguato e aveva fatto anche lui finta di niente.

Avevano cenato tutti e tre insieme come al solito e l'atmosfera era stata piacevole e distesa, come se Derek e Stiles non avessero mai discusso e come se l'ex fidanzato di Derek e padre di Mike non avesse fatto improvvisamente irruzione nelle loro vite.

Ma adesso che erano finalmente soli, Stiles poteva ammettere di star morendo dalla curiosità.

Derek non lo guardò mentre rispondeva, il che a Stiles sembrò un po' un brutto segno.

-Vorrebbe conoscere Mike. -

Stiles smise immediatamente di mettere i bicchieri sullo scaffale e si immobilizzò, gli occhi fissi su Derek.

-Cosa? -

Derek gli gettò un'occhiata nervosa, chiudendo con uno schianto sordo il cassetto delle posate.

-Mi hai sentito. -

-Voglio sperare che tu l'abbia mandato a fanculo. - ribatté Stiles, girandosi completamente per essere faccia a faccia con l'omega.

Derek sollevò un po' il mento, ricambiando con uno sguardo si sfida.

-Gli ho detto che ci avrei pensato. -

Stiles spalancò gli occhi, completamente incredulo.

-Perdonami? Gli hai detto cosa? -

Derek gli scoccò un'occhiataccia.

-Dobbiamo fare questo gioco in cui fingi di non sentirmi ancora per molto? Perché sta cominciando ad irritarmi. -

-Quello sparisce per sette anni, se ne frega di te e di Mike, torna all'improvviso senza riflettere neanche per un fottuto istante dell'effetto che avrebbe avuto su te e vostro figlio mostrare la sua stupida faccia da centauro senza preavviso, e tu gli dici che ci devi pensare? - continuò Stiles, senza riuscire a impedirsi di alzare un po' la voce, la rabbia che stava lentamente prendendo possesso del suo corpo – A cosa devi pensare? Hai detto due secondi fa che non lo avresti visto più! -

-Ed è quello che intendevo! - sbottò Derek, esasperato – Ma qui non si tratta di me, Stiles. Freddie ha chiesto di conoscere Mike, non di frequentare di nuovo me. E penso che questa sia una cosa che debba decidere Mike, non pensi? -

-Mike non vuole conoscerlo – replicò subito Stiles, sentendosi un pochino ignobile a distorcere la realtà – Me lo ha fatto capire in caffetteria. -

-Mike ha sette anni e purtroppo ha il mio carattere di merda – mormorò Derek, abbassando drasticamente i toni – Non pensi che forse abbia il diritto di pensarci un po' meglio, magari senza la pressione di aver appena visto per la prima volta suo padre? Perché Freddie è suo padre, Stiles. Potrebbe pentirsene per il resto della sua vita se decidesse di non dargli neanche una possibilità. -

Stiles lo fissò, incredulo.

-E dopo cosa? Tu e Freddie farete i turni per tenere Mike? Gli permetterai di prenderlo per il weekend e di trasformarlo in un piccolo centauro arrogante? -

-Non lo so, okay? - sbottò Derek, guardandolo con rabbia – Mi ha solo chiesto di poterlo conoscere, non ho pensato molto alle conseguenze. -

-Sì, si vede leggermente che non ci hai pensato – ribatté immediatamente Stiles, sarcastico – Altrimenti saresti arrivato alla conclusione che fosse un'idea stupida. -

Derek spalancò la bocca, pronto a una replica velenosa, ma in quel momento sentirono gli scalini di legno scricchiolare e entrambi si zittirono.

Qualche secondo dopo, la figura assonnata e soffice di Mike fece capolino dalla porta della cucina, stropicciandosi un occhio con il piccolo pugno.

A Stiles bastò vederlo, così piccolo nel suo pigiama a righe troppo grande, per dimenticare completamente la rabbia. E sapeva che per Derek fosse esattamente lo stesso.

-Amore – mormorò l'omega, facendo un passo verso il figlio – Cosa ci fai in piedi? Non riesci a dormire? -

-Vi ho sentiti urlare – mormorò Mike, ancora confuso dal sonno interrotto – Va tutto bene? -

-Sì – rispose immediatamente Stiles, vedendo Derek annaspare, in difficoltà – Va tutto bene, piccolo. Stavamo solo discutendo, tutto qui. Ci dispiace averti svegliato. -

-Perché discutevate? - chiese subito Mike, gli occhi verdi ora attenti su entrambi gli adulti.

-Ho detto discutere? - domandò Stiles, fingendo disinvoltura – Volevo dire parlare. Stavamo solo parlando. -

-Ma urlavate. - insistette Mike, guardandolo un po' male.

-Parlavamo dei Mets – intervenne Derek, scambiando uno sguardo condiscendente con il figlio mentre indicava Stiles con il mento – Sai quanto diventa irascibile quando gli tocchi Zack Wheeler. -

Mike non sembrava ancora molto convinto, ma Stiles bloccò ogni protesta slanciandosi in avanti e sollevandolo in aria. Mike emise uno squittio sorpreso, ridendo e appendendosi al collo di Stiles, mentre Derek si appoggiava al piano cottura, guardandoli con un piccolo sorriso.

-Va bene, saputello, penso che sia giunto il momento di rimetterti a dormire. - esclamò Stiles, facendogli una pernacchia sul collo e facendolo ridere di nuovo.

-E papà? - domandò Mike, guardando Derek con gli occhi lucidi di risate.

Anche Stiles lo guardò, con un ghigno per niente rassicurante.

-Beh, penso che dovremmo mettere a letto anche papà. -

Derek inarcò le sopracciglia, mettendosi sulla difensiva.

-Stiles. Qualsiasi cosa tu stia pensando, non... -

Le parole di Derek morirono in una risata, quando sia Stiles che Mike si lanciarono all'attacco, solleticandogli il collo e pizzicandogli i fianchi.

Stiles poi riuscì a sollevarlo per un istante da terra, tenendo lui e Mike su ciascun fianco.

-Okay, vorrei poter dire di essere in grado di portare entrambi al piano di sopra, ma penso che potrei morire presto. - ansimò, con voce soffocata.

Derek sbuffò in modo morbido, dandogli una piccola manata sulla faccia prima che l'alpha lo mettesse di nuovo con i piedi a terra.

Mike ridacchiò piano, accoccolandosi meglio al petto di Stiles. Derek gli accarezzò i ricci, guardandolo con amore.

-Che ne pensi se vi seguissi di sopra con le mie gambe e ti raccontassimo una storia? Dormiresti? -

Mike gli lanciò un'occhiata scaltra.

-Se si tratta di una bella storia, sì. -

Stiles e Derek non poterono fare a meno di scambiarsi un sorriso.

-Non dovevamo finire il terzo libro di Harry Potter? - domandò l'alpha, lasciando un bacio morbido sulla guancia di Mike.

Il bambino scosse la testa.

-No, quello l'ho finito da solo la scorsa notte. Ora devo cominciare il quarto. -

-E il quarto sia. - acconsentì Derek, facendo un piccolo passo avanti per poter accarezzare di nuovo i capelli del figlio e precedendo poi gli altri due sulle scale.

Non ci volle molto perché Mike si addormentasse di nuovo.

Stiles era appena arrivato al secondo capitolo, che Mike già dormiva profondamente contro il petto di Derek.

Stiles chiuse piano il libro, guardando Derek dal fondo del letto, dove si era sistemato mentre leggeva.

-Dorme?-

Derek guardò teneramente il figlio, sistemandogli meglio le coperte sotto il mento.

-Miracolosamente, sì. -

-C'è voluto poco. Di solito devo leggere almeno cinque capitoli. E se la mia intonazione non è convincente, mi tocca leggerne altri due. -

Derek non riuscì a trattenere una piccola risata soffocata.

-Dovresti smetterla di farti manipolare così. E' quasi imbarazzante per un alpha. -

Stiles si strinse nelle spalle, con un piccolo sorriso.

-Non sono mai stato un conformista. -

Derek lo guardò con occhi morbidi, ricambiando appena il sorriso.

-Sì, lo so. -

Di comune accordo, cominciarono a muoversi piano per non svegliare Mike. Derek si districò delicatamente dalla presa del bambino, mentre Stiles posava il libro sul comodino di Mike e spegneva la lampada verde.

Era già appoggiato alla balaustra delle scale, mentre Derek chiudeva piano la porta della stanza di Mike.

-Mi dispiace se continuo a comportarmi da alpha idiota. - esordì Stiles a bassa voce, gli occhi fissi sulla schiena un po' curva di Derek.

L'omega si voltò a guardarlo e Stiles fu internamente sollevato nel constatare che i suoi occhi fossero privi della rabbia di poco prima.

-Non ti comporti da alpha idiota. Sei preoccupato per noi, per me e per Mike. Lo capisco. Lo apprezzo, Stiles. -

Stiles si morse un labbro, un po' esitante.

-Quindi capisci che prima, in cucina, volevo solo proteggervi? Non volevo impormi o dirti cosa dovresti fare con – Stiles non riuscì a trattenere una smorfia – Con Freddie. -

Derek rise piano, scuotendo esasperato la testa.

-Stiles, ti conosco da sette anni. So come sei fatto e so benissimo che non sei come molti alpha. Lo hai detto prima, non sei conformista. E so che quando dici certe cose, non lo fai per importi su di me, ma per proteggermi. Anche se a volte lo fai in modo idiota. -

Stiles lo fissò, implorante.

-Ma mi perdoni, vero?-

Per tutta risposta, Derek si fece avanti, buttandogli le braccia al collo e stringendolo forte.

Stiles sbatté le palpebre, preso di contropiede, ma ricambiò quasi subito l'abbraccio.

Inspirò a fondo l'odore di Derek, il che gli parve subito una cattiva idea, visto che Derek aveva l'odore migliore del mondo, come sempre.

Stiles sentiva la bocca secca e il cuore in tumulto, mentre abbracciava Derek. Continuava a sentire voci confuse, voci che sembravano terribilmente quelle dei suoi amici, incitarlo a fare qualcosa, qualunque cosa.

Digli perché ti preoccupi così tanto per lui e Mike, Stiles.

Digli che ha l'odore più buono di sempre.

Digli che desideri baciarlo da sette anni, ma ora un po' di più.

Digli della cena, che vorresti cenare con lui.

Digli che è una cazzata quella che non vuoi responsabilità.

Digli che incontrarlo in quell'ospedale è stata la cosa migliore che ti sia mai capitata.

Diglielo.

Ma Stiles non riuscì a dire proprio niente.

Perché a volte, per essere un alpha, era davvero un gran codardo.

 

 

 

 

Stiles non voleva partire con pregiudizi o con un atteggiamento prevenuto.

Ma aveva deciso che Freddie fosse un grandissimo coglione ancora prima che potesse aprire bocca.

A sua difesa, Freddie non lo aveva approcciato nel modo migliore possibile.

-Quindi. Tu saresti l'alpha di Derek o sei il babysitter del ragazzino? -

Stiles non gli aveva nemmeno risposto, limitandosi a indurire la mascella.

Freddie aveva continuato a rivolgergli quel sorriso strafottente che faceva venire voglia a Stiles di suicidarsi tirandogli un pugno su quella stupida faccia perfetta. Era abbastanza sicuro che Freddie lo avrebbe massacrato, ma valeva la pena tentare.

Derek si era affrettato a mettersi in mezzo a loro, gettando un'occhiata di avvertimento a Stiles.

-E' il mio più caro amico – rispose, guardando duramente Freddie e scaldando brevemente il cuore di Stiles – E se non gli parli con un po' più di rispetto, possiamo anche chiudere qui la conversazione, Freddie. -

-Gesù Derek, rilassati – sbuffò Freddie con una leggera risata, sollevando le mani – Eri molto meno compassato quando ti ho conosciuto. Che ti è successo? -

-Non so – intervenne Stiles con sarcasmo, sporgendosi oltre la testa di Derek per poter fulminare l'altro alpha– Ha avuto un figlio? Completamente da solo? Mentre tu... cos'è che stavi facendo esattamente, Freddie? Oh, sì aspetta. Il coglione sulla tua moto, giusto? -

Questo sembrò finalmente far perdere a Freddie il suo sorrisetto. Guardò Derek, scocciato.

-Non possiamo parlare in privato? -

Derek sospirò, gettando uno sguardo implorante a Stiles.

-Stiles, perché non aspetti di là con Mike? -

-Non se ne parla. - ribatté Stiles, in tono definitivo.

Era già abbastanza brutto che quel pallone gonfiato si fosse presentato di nuovo senza preavviso sul posto di lavoro dell'omega, non gli avrebbe permesso di parlare da solo con Derek.

Fortunatamente quel giorno anche Allison e Victoria erano venute con loro in caffetteria, quindi Stiles aveva affidato Mike all'amica.

Cercò di non pensare allo sguardo confuso e lievemente angosciato del bambino mentre seguiva Derek nel retro del locale.

Sentiva di dover stare con Derek, in questo momento.

-Senti amico – esordì Freddie in tono fin troppo confidenziale – Capisco che tu ti sia preso cura di Derek e del ragazzino per tutto questo tempo e te ne sono grato, davvero. Ma questi non sono affari che ti riguardano. -

-Io penso di sì invece. - sbottò Stiles, senza riuscire a trattenere un tono bellicoso.

Freddie rivolse un piccolo sorriso derisorio a Derek.

-Sicuro che sia solo il tuo più caro amico? -

Stiles ebbe un pericoloso scatto in avanti, ma Derek gli appoggiò una mano sul petto e non ebbe nemmeno bisogno di spingerlo indietro che Stiles si calmò immediatamente.

Odiava il fatto che non riuscisse mai a dire di no a Derek, anche se si trattava di non prendere a pugni il suo stupido ex fidanzato.

Derek lo guardò brevemente negli occhi, poi si voltò verso Freddie, senza smettere di toccare Stiles.

-Facciamola finita, devo tornare a lavoro. Cosa vuoi, Freddie? -

-Una risposta. Ti ho chiesto più di una settimana fa di conoscere il ragazzino e non mi hai fatto sapere assolutamente niente. -

-Il fatto che continui a chiamarlo ragazzino non migliora molto le cose, se vuoi saperlo. - intervenne Stiles, senza riuscire a trattenersi, sillabando poi uno scusa scocciato quando Derek lo fulminò.

-Freddie, non puoi pensare di piombare qua all'improvviso e che tutto ti sia dovuto. Devo parlare con Mike, prepararlo. E penso che dovresti prendere in considerazione la possibilità che Mike non voglia conoscerti. - disse Derek, con un tono fin troppo ragionevole per Stiles.

Freddie lo fissò, incredulo.

-Cosa? Non hai ancora parlato al... a Mike? Non sa niente di me? -

Derek si mise sulla difensiva e Stiles dovette trattenere l'istinto che gli sibilava di schierarsi in sua protezione.

-Penso che abbia capito chi sei, è un bambino molto intelligente. Ma no, non gli ho parlato esplicitamente di te. Non è un discorso facile, Freddie! - -Senti, perché non mi fai semplicemente parlare con lui, eh? Una chiacchierata e poi il bambino sarà libero di decidere. Se non vuole più vedermi, faccio le valigie immediatamente e sparisco dalle vostre vite. Ma vorrei almeno che Mike provasse a conoscermi. Che ne dici? - domandò Freddie, e per una volta non sembrava strafottente. Suonava un po' disperato a dire il vero.

Derek si morse il labbro, incerto.

-Non so... -

-Oh, andiamo – Freddie tentò un sorriso e Stiles si ritrovò a ringraziare che fosse ancora trattenuto dalla mano di Derek, perché non gli piaceva per niente come lo stesse guardando – So di aver fatto lo stronzo, ma ho anche delle buone qualità. O ti sei scordato tutte le cose belle tra noi? -

Lo sguardo di Derek si addolcì e Stiles dovette ingoiare l'amaro boccone della gelosia.

-No, ricordo ancora qualcosina. - mormorò, alzando senza convinzione gli occhi al cielo davanti al sorriso esaltato di Freddie.

Stiles dovette mordersi la lingua prima di dire qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentito.

Qualcosa come “ehi, il fatto che abbiate avuto qualche bella scopata dieci anni fa, non fa di Freddie un buono padre, sai?”.

Poi successe qualcosa che Stiles non si sarebbe mai aspettato.

Derek si voltò a guardarlo, in attesa.

Gli ci volle qualche secondo per capire che stesse aspettando una risposta da lui. Gli veniva quasi da ridere da quanto fosse assurdo: Derek aveva lasciato a lui l'ultima parola.

Era lui che doveva decidere se dire di sì a Freddie.

E sarebbe stato estremamente facile per Stiles sbottare che non se ne parlava nemmeno, che avrebbero dovuto prima parlarne a Mike e poi valutare un possibile incontro.

Ma poi pensò a quello che aveva detto Derek qualche sera prima, sul fatto che Mike avesse il suo carattere di merda e che probabilmente, se avesse deciso di non conoscere Freddie spinto dall'impulsività, se ne sarebbe pentito amaramente in futuro.

Ripensò allo sguardo malinconico e rabbioso di Mike quando guardava i genitori dei suoi amici all'uscita da scuola.

E capì che non poteva davvero essere così egoista, anche se ogni parte di lui bruciava di gelosia e possessività.

Ma Stiles non era mai stato un alpha conforme alle regole, così quando parlò cercò di respingere il più possibile la sua natura.

-Penso che dovrebbe provare a parlare a Mike. Penso... che dovreste parlare tutti. Tutti e tre.-

E pensare che quella mattina, quando si era alzato, aveva deciso che avrebbe finalmente chiesto a Derek di andare a cena con lui.

Si sentiva incredibilmente depresso.

 

 

 

-Beh, lasciatelo dire, ma è stata davvero una mossa stupida da parte tua. -

Stiles grugnì, dando un'altra sorsata alla sua birra.

-Jackson, piantala - lo redarguì Isaac, prendendo posto sul divano tra i due alpha. Gettò uno sguardo solidale a Stiles – Io penso che sia molto bello quello che hai fatto, Stiles. Hai fatto la cosa migliore. -

-Oh sì, certo. E infatti adesso lui sta qui sul nostro divano a bere birra e piangersi addosso, mentre Mr. Moto Scintillante è a cena fuori con il ragazzo dei suoi sogni e il suo ragazzino – replicò Jackson, con sarcasmo sprezzante – Davvero la cosa migliore. -

Stiles grugnì di nuovo.

-Che avrei dovuto fare? Dire a Derek di mandarlo a fanculo? -

-Sì! - sbottò Jackson, esasperato – Di certo non servire la vittoria su un piatto d'argento a Freddie. -

Stiles gli scoccò un'occhiataccia.

-Non ho servito un bel niente. Derek e Mike non sono qualche fottuto premio, va bene? E poi non importa. In ogni caso non sono una mia responsabilità, okay? Non lo sono mai stati – grugnì per l'ennesima volta, finendo in un sol sorso la sua settima birra – Sono una responsabilità di Freddie. -

-Sul serio, Stiles? - domandò Isaac, un po' esasperato, mentre Jackson emetteva un gemito drammatico - Vuoi continuare a fingere di non essere totalmente innamorato di Derek da sette anni? Perché se vuoi possiamo continuare ad assecondarti, ma la cosa sta diventando un po' seccante. -

-Non sono innamorato! - esclamò Stiles a voce troppo alta, sicuramente un po' sbronzo – Non mi importa niente se Drake e Marvin sono a cena con Frankie! Possono cenare con chi gli pare! Io sto benissimo, non mi importa niente! Non una mia responsabilità! - si alzò in piedi, barcollando pericolosamente – Voglio un'altra birra. - borbottò, imbronciato.

Isaac sollevò gli occhi al cielo, alzandosi in piedi mentre Jackson rimetteva Stiles seduto.

-Ci penso io. Spero solo che non vomiterai sul nostro tappeto stanotte. -

Mentre Isaac si dirigeva in cucina, Jackson guardò seriamente Stiles.

-Stiles, non puoi andare avanti così. Ascolta, nonostante tu sia un idiota schizzato con tantissime turbe strane, sei il miglior partito che potrebbe capitare a Derek. E, credimi, quel ragazzo si merita uno come te. Voglio dire, è un omega con più di trent'anni che lavora in una caffetteria, con un figlio di sette anni da crescere da solo e una famiglia snob che non gli parla per via del figlio di sette anni che cresce da solo. Si merita che almeno una cosa nella sua vita vada bene, cazzo. -

Stiles emise una risatina sarcastica, appoggiandosi stancamente allo schienale del divano con un sospiro.

-E io sarei la cosa nella sua vita che va bene? Perché se è così, è messo proprio male. -

Jackson gli scoccò un'occhiata assassina.

-Smettila cazzo. La verità è che avreste potuto stare insieme sin dall'inizio, se tu non ti fossi cagato addosso con tutta quella storia della responsabilità. E sai una cosa? Le responsabilità sei finito ad averle lo stesso, senza avere Derek però. Lo vedi quanto sei stupido? -

Stiles gli gettò un'occhiata, odiando ammettere con tutto se stesso quanto in realtà avesse ragione.

La verità era che in quegli anni si fosse assunto ogni genere di responsabilità con Derek e Mike. L'unica che non si era voluto prendere, era quella di stare realmente con loro. Ed era per questo che usciva con gente di cui non gli importava niente o cercava di convincersi di odiare gli occhi verdi di Derek. Perché se avesse preso quell'ultima responsabilità con Derek, se avesse ammesso di amarlo, sarebbe diventato tutto così reale. Stiles non sarebbe più stato l'amico fidato che si occupa di Mike e aiuta occasionalmente a preparare la cena. Sarebbe stato il compagno di Derek, una cosa chiara, definitiva. Una cosa da cui non sarebbe potuto tornare indietro.

Avrebbe avuto il peso della responsabilità della felicità di Derek e Mike interamente sulle spalle.

E questo faceva fottutamente paura.

-E se Derek non mi ricambiasse? - sputò poi con ferocia, perché l'idea che Derek non lo ricambiasse faceva più male di una pugnalata al cuore.

Per tutta risposta, Jackson gli tirò un pugno sul braccio.

-Ahia! E questo per cos'era?! - si lamentò Stiles, guardandolo male.

-Vaffanculo Stiles! Se Derek non ti ricambiasse?! Mi prendi per il culo? -

-Quello che Jackson sta cercando di dire – intervenne Isaac porgendo a Stiles un bicchiere d'acqua invece di una birra, con grande disappunto dell'alpha – E' che è altamente improbabile che Derek non ti ricambi. Voglio dire, non ha avuto nessuno per tutti questi anni. E il modo in cui ti guarda... non guardi chiunque così, fidati. -

Stiles ci pensò su, guardando male il suo bicchiere d'acqua.

-Mike dice che si aggiusta i capelli prima di aprirmi la porta. - borbottò, sentendosi già un pochino meglio.

-Non ho idea di cosa voglia dire, ma ti assicuro che Hale sia totalmente cotto di te. - replicò Jackson, allungando un braccio per far sedere Isaac sulle sue ginocchia.

-Devi solo farti coraggio e chiedergli di uscire. - lo incoraggiò Isaac con un sorriso dolce.

-Prima che il motociclista rovini tutto. - aggiunse Jackson, deciso.

Stiles annuì appena, prima di emettere un suono depresso, la testa buttata all'indietro sullo schienale del divano e gli occhi chiusi.

-Non dovrei prendere consigli da voi, comunque. Siete tipo la peggiore coppia del mondo, cazzo. -

-Insieme da quasi dieci anni – ribatté Jackson, indicando se stesso e Isaac – Innamorato da sette anni della stessa persona che attualmente sta cenando a lume di candela con l'ex fidanzato e padre di suo figlio- completò, indicando Stiles -Vuoi davvero fare paragoni? -

-Perché perderesti. - concluse Isaac, palesemente soddisfatto, scambiandosi il cinque con Jackson.

Stiles grugnì, senza aprire gli occhi.

-Vi odio.-

 

 

 

Stiles non si sarebbe mai aspettato che le cose prendessero quella piega.

Non si sarebbe mai aspettato di dover stare a casa di Derek a badare a Mike, mentre Derek e Stupido Freddie andavano a cena.

Da soli.

Sul serio, Stiles non capiva ancora come fosse potuto accadere.

Un minuto prima Mike e Freddie stavano tentando di costruire un qualche rapporto, in maniera impacciata e faticosa.

Un minuto dopo Freddie invitava Derek a cena.

E Derek chiedeva a Stiles cosa avrebbe dovuto fare.

E Stiles, e questa era la parte che Stiles ancora faticava a comprendere, gli aveva detto che non gli importava, che non erano affari suoi e che, cazzo, mica era il suo consigliere, cosa voleva, che scegliesse per lui?

Col senno di poi, si rendeva conto che avrebbe potuto essere più gentile.

E' solo che trovava così ingiusto che il ragazzo che amava follemente venisse a chiedergli consigli sul suo stupido ex fidanzato, che senza nemmeno rendersene conto aveva risposto di merda a Derek. Inoltre, ricordava ancora il loro litigio scaturito in cucina, quando aveva cercato di convincere Derek a tagliare i ponti con Freddie.

Non voleva litigare di nuovo con Derek, certo, ma in realtà non voleva nemmeno spingerlo tra le braccia dell'alpha.

Senza contare che Derek adesso fosse comunque arrabbiato con lui.

Era così tanto un coglione, cazzo.

-Non è stata una grande mossa, se posso dirtelo. -

Stiles grugnì, continuando a guardare male il cartone che Mike aveva messo, senza voltarsi verso il bambino.

-Voglio dire, Freddie non è male, se lo conosci un po'. Ma sul serio, Stiles? Lo hai fatto uscire con papà? -

-Non l'ho fatto uscire con tuo padre – borbottò Stiles, imbronciato – Ha una sua volontà. Non sono il suo padrone. Non ho fatto niente. -

-Penso che papà si aspettasse che tu lo fermassi – disse Mike saggiamente – Ma tu hai detto che non ti importava. -

-Perché è così. - mentì Stiles, con fermezza.

E comunque, Derek avrebbe potuto semplicemente dire di no a Freddie.

E invece cosa aveva fatto? Aveva di nuovo messo in mezzo Stiles. E cosa si aspettava da lui, cazzo?

Pensò con rabbia a Derek che dichiarava di non voler avere niente a che fare con Freddie.

La verità era che Derek era un fottuto bugiardo e che Stiles lo odiava.

E Stiles era un coglione.

Derek era tornato fortunatamente abbastanza presto, Mike era andato a dormire da meno di mezz'ora, mentre Stiles era ancora sprofondato con aria depressa nel divano, una birra mezza vuota in mano.

Derek lo aveva guardato nervosamente, le chiavi di casa ancora in mano e un'espressione imperscrutabile.

-Ehi. - mormorò, cauto.

-Ehi. - borbottò Stiles, senza guardarlo.

Non voleva guardarlo.

Era già abbastanza che avesse dovuto guardarlo prima che uscisse con il motociclista idiota.

E, per la cronaca, il fatto che Derek fosse ancora più bello con addosso un completo, era totalmente ingiusto.

Il fatto che Derek si fosse aggiustato i capelli nello specchio dell'ingresso prima di aprire la porta a Freddie, non faceva che rendere le cose peggiori.

-Mike dorme? -

Stiles annuì, posando la birra sul tavolino di fronte a lui con un sospiro.

-Beh, ora che sei tornato, posso anche... -

-E' la partita? - lo interruppe Derek, avanzando verso il divano con gli occhi fissi sullo schermo del televisore.

-Mh, sì – fece distrattamente Stiles, rimanendo però seduto mentre Derek gli si sistemava accanto – Giocavano i Mets, stasera. -

Derek gli lanciò una strana occhiata.

-Perché non me lo hai detto? Noi guardiamo sempre la partita insieme. -

-Avresti dovuto cancellare i tuoi piani con Freddie. -replicò Stiles e, davvero. Doveva far qualcosa per cercare di contenere il disgusto.

Derek lo guardò di nuovo, insopportabilmente intellegibile.

-Sì. A proposito. Non penso che usciremo di nuovo. - disse in tono quasi indifferente, riportando gli occhi sullo schermo.

Quelli di Stiles si piantarono inevitabilmente sul profilo di Derek.

-Ah, no? - mormorò, cercando in modo disperato di suonare casuale.

Immaginava di non esserci riuscito molto, a giudicare da come il labbro di Derek si fosse alzato in un microscopico sorriso.

-No. Voglio dire, potrà continuare a vedere Mike, se lui vorrà. Ma penso che sia meglio che certe cose rimangano nel passato. E' stata una cattiva idea uscire con lui stasera. -

Improvvisamente Stiles sentì la rabbia montargli nel petto.

-Ti ha fatto qualcosa, Derek? -

Come era prevedibile, Derek gli lanciò un'occhiata esasperata e irritata, anche se c'era anche una piccola scintilla di divertimento.

-No, calma i bollenti spiriti, alpha – si strinse nelle spalle – E' solo che non è l'uomo giusto per me. Non lo era sette anni fa e non lo è nemmeno ora. Anche se mi ha fatto piacere uscire, per una volta. Era tanto che qualcuno non mi chiedeva un appuntamento – rivolse a Stiles un sorrisetto sarcastico che gli fece dolorosamente fermare il cuore – Devo ammettere che la mia parta vergognosamente omega era molto compiaciuta. -

Stiles deglutì, ricambiando faticosamente lo sguardo dell'altro.

Adesso, sibilò una voce nella sua mente che sembrava in modo allarmante quella di Jackson, adesso è il tuo momento. Non fare il cagasotto e chiedigli di venire a cena con te. Chiediglielo!

-Vuoi finire di vedere la partita con me? - chiese invece, dandosi mentalmente del coglione.

Poteva sentire Scott, Allison, Jackson e Isaac insultarlo chiaramente nella sua testa.

Ma Derek gli sorrise, per cui Stiles pensò che poteva andare peggio.

Anche se odiava il sorriso di Derek, ovviamente.

-Certo. - rispose Derek, calciando via le sue scarpe eleganti e sistemandosi meglio sul divano, le gambe rannicchiate sotto il corpo e la testa casualmente posata sulla spalla di Stiles.

Stiles prese un grosso respiro, prima di lasciare che il suo braccio si adagiasse con cautela sulle spalle di Derek.

-Dio, stanno facendo schifo come al solito, eh? - mormorò l'omega, strappando malgrado tutto una piccola risata a Stiles.

-Non è stata una delle loro partite migliori. - ammise a malincuore, chiedendosi distrattamente se posare a sua volta la testa su quella di Derek potesse essere considerato compromettente.

Derek doveva fare qualcosa per il suo odore, sul serio.

Una parte di lui si chiedeva anche perché gli stesse così vicino.

Sapeva per certo che fosse lontano dal suo calore di almeno una settimana. Non poteva essere già guidato dagli ormoni.

Quindi perché lo stava facendo impazzire standogli così vicino?

Derek voleva ucciderlo, non c'era altra spiegazione.

Quando Derek si addormentò contro il suo petto, Stiles non poté fare a meno di voltare la testa e lasciargli un bacio morbido sulla tempia.

Stiles lo odiava, sul serio.

 

 

 

 

Stiles lo sapeva.

Sapeva che non avrebbero dovuto lasciare Mike da solo con Freddie il motociclista.

Sapeva che avrebbe combinato qualcosa di stupido.

Lo sapeva, ma questo non lo faceva sentire affatto meglio, mentre correva per i corridoi dell'ospedale.

Sperava solo che Freddie non fosse lì, o lo avrebbe ucciso con le sue mani, fisico da programmatore o no.

-C'è il mio bambino qui, c'è il mio bambino! Non so dove sia, ma è piccolo così, ha un sacco di ricci, gli occhi verdi e non sta mai zitto! Suo padre non mi ha detto dove fosse, ma lei deve dirmi dove andare, perché io devo andare da lui! Subito! -

Okay, Stiles sapeva che urlare e scrollare la ragazza dell'accettazione non fosse il modo migliore per convincerla a fargli vedere Mike, ma comunque.

-Signore, si calmi per favore! Mi dica come si chiama il bambino e vedrò cosa posso fare. -

-Mike. Mike Hale. - ansimò Stiles, appoggiandosi al bancone e passandosi stancamente una mano sul volto.

Doveva calmarsi, o gli sarebbe venuto un fottuto attacco di panico.

La ragazza contrasse la fronte, sollevando brevemente lo sguardo dal computer.

-Non mi risulta che nessun Mike Hale sia ricoverato qui. -

-Provi con Michael. - insistette Stiles, impaziente.

-Nessun Michael Hale – scosse la testa la ragazza, poi si illuminò improvvisamente – Però c'è un Hale! - contrasse nuovamente la fronte, strizzando gli occhi – Mh, è un nome un po' strano. Non so proprio come pronunciarlo... Mie... Miecz...-

Stiles la fissò, con la bocca secca.

Dio, non poteva essere seria.

-Mieczyslaw? - domandò, e la sua voce sembrava strana alle sue stesse orecchie.

Non poteva essere vero. Derek non poteva averlo fatto sul serio.

Ma la ragazza si illuminò e Stiles capì che fosse vero.

Il vero nome di Mike era uno stupido nome polacco impronunciabile.

Il vero nome di Mike era lo stesso di Stiles.

-Sì, proprio lui! Qui dice che è al secondo piano, stanza dodici. E fossi in lei mi tranquillizzerei, c'è scritto che ha solo un braccio rotto. Probabilmente lo stanno trattenendo per i controlli di routine. -

-Grazie, grazie mille. - mormorò Stiles rauco, pieno di gratitudine.

In meno di un minuto era al secondo piano, fuori dalla stanza dodici.

Entrò senza nemmeno bussare, trovando già Derek seduto sul letto di Mike, abbracciato talmente forte al figlio che non riusciva a capire dove finisse uno e dove iniziasse l'altro.

-Oh mio Dio... - mormorò con voce rotta, precipitandosi dall'altro lato di Mike e baciando i capelli arruffati del bambino, attento a non toccare il braccio ingessato. Quasi pianse quando Mike usò il braccio buono per lasciargli una pacca rassicurante sulla spalla.

Mike. Che rassicurava lui.

Quel bambino lo avrebbe fatto impazzire.

-Stai bene. Grazie al cielo stai bene. - mormorò, staccandosi quel che bastava per poter vedere bene in faccia il bambino, come per assicurarsi che davvero stesse bene.

-L'ho già detto a papà, non dovete preoccuparvi. E' solo un braccio. E il gesso è davvero figo. Il dottore ha detto che i miei amici potranno scriverci sopra. - disse Mike con voce allegra, ottenendo come unico risultato che Derek lo abbracciasse più forte e Stiles mormorasse un “stai zitto”, mentre gli baciava di nuovo i capelli.

Stiles incrociò gli occhi verdi e spaventati di Derek da sopra la testa di Mike e allungò una mano.

Derek la afferrò immediatamente, stringendola con gratitudine.

Era un po' scomodo stare seduto dall'altro lato di Mike con un braccio sulla gamba del bambino e l'altro allungato in maniera innaturale dietro la testa di Mike per poter stringere la mano a Derek, ma Stiles non avrebbe sciolto la presa per nulla al mondo.

-Quando può tornare a casa? - domandò Stiles con voce ancora un po' tremante, guardando Derek.

L'omega era scosso quanto lui, ma era sicuramente più lucido.

Stiles si ritrovò ad ammirare per l'ennesima volta la sua forza.

-Anche domani. Lo trattengono solo per la notte, per sicurezza. -

Mike sbuffò rumorosamente.

-Ma io sto bene! Papà, dillo ai medici che sto bene. -

-Mike, non avremo di nuovo questa discussione – ribatté Derek, dolce ma inflessibile, mentre ravviava i capelli scombinati del figlio con una mano – Passerai la notte qui dentro, se il dottore pensa che sia la cosa migliore. Non ho intenzione di perdere altri cent'anni di vita per questa storia. -

Mike si voltò immediatamente verso Stiles, ma l'alpha non lo fece nemmeno parlare, alzando le sopracciglia in un'espressione eloquente.

-Non ci provare. Sto con tuo padre su questo punto. -

Mike emise un verso esasperato, strappando un sorriso ad entrambi.

-Ma sto bene! Perché nessuno mi crede? -

Derek scosse la testa, sporgendosi a baciare la guancia del figlio.

-Basta così, signorino. Pensiamo alle cose importanti. Avrai fame, cosa ti va? -

-C'è un McDonald's in fondo alla via. - propose Stiles, sapendo quanto Mike amasse il cibo spazzatura.

Normalmente Derek si sarebbe impuntato sul cibo sano, ma doveva essere davvero sconvolto, perché accettò la richiesta di Mike di un Happy Meal e una Sprite grande senza battere ciglio.

-Torno subito, okay? - mormorò, lasciando l'ennesimo bacio sulla faccia del figlio, mentre si alzava in piedi.

-Vengo con te. - disse immediatamente Stiles, sollevandosi dal letto.

Derek lo guardò, incerto.

-Forse sarebbe meglio che uno di noi restasse con Mike. -

Mike fece una smorfia scocciata.

-Mike vi può sentire. Mike sta bene. Mike in effetti gradirebbe non avervi con il fiato sul collo per due secondi. -

Stiles lo guardò male, ma dovette combattere un sorriso che minacciava di nascergli sulle labbra.

-Sei davvero impertinente, lo sai? Il braccio rotto ti rende solo più seccante. -

-Lo so. - replicò il bambino, in tono angelico.

Derek scosse la testa, sorridendo appena.

-Va bene, allora. Torniamo subito, amore. Cerca di riposarti. -

Stiles aspettò a malapena che avessero svoltato l'angolo, prima di afferrare Derek per un polso e squadrarlo seriamente negli occhi.

-Dov'è. Dimmi dov'è e giuro che gli spacco la faccia. -

Derek lo guardò in tralice, senza tuttavia sottrarsi dalla sua presa.

-Questo non mi incoraggia molto a dirti dove sia. E comunque non lo so. E' sparito subito dopo aver chiamato l'ambulanza. Ha il telefono staccato e sinceramente non potrebbe importarmene di meno di lui. -

-Non si avvicinerà mai più a Mike. - decretò Stiles, in tono quasi spaventoso.

Derek lo fissò negli occhi, senza la minima traccia di timore.

-Non si avvicinerà mai più a Mike. - confermò, senza esitazioni.

-E a te. Non si avvicinerà mai più a te. - continuò Stiles, intensificando la presa sul polso dell'altro.

Derek accennò un piccolo sorriso.

Stiles fece uno sforzo doloroso per ricordarsi quanto odiasse il sorriso di Derek.

-Non sono io quello che Freddie ha portato in moto rompendogli un braccio, Stiles. -

-Non importa – replicò Stiles, serissimo – Voglio che vi stia lontano. Non deve farvi del male. Mai più. -

Per tutta risposta, Derek gli appoggiò la mano libera sulla guancia, portando l'alpha ad appoggiarsi al suo tocco delicato.

-Non ce ne farà – lo rassicurò l'omega, in tono quasi dolce – Avevi ragione, quando dicevi che non avrei dovuto permettergli di conoscere Mike. Ha solo fatto casino, come al solito. -

Stiles lo fissò negli occhi e alla fine lo disse.

-Hai chiamato Mike come me. -

Derek sorrise con un angolo della bocca, sembrando quasi imbarazzato.

-Già. -

-Avevi detto di averlo chiamato Michael. -il tono di Stiles uscì quasi come un'accusa, anche se era tutto tranne che arrabbiato.

Derek lo guardò in tralice.

-No. Tu lo hai detto. Io mi sono a malapena stretto nelle spalle.-

Stiles scosse la testa, ancora incredulo.

-Tu sei pazzo.-

-Non posso darti torto. Condannare mio figlio a un nome orrendo solo per ringraziare in qualche modo l'alpha che mi ha aiutato il giorno della sua nascita; abbastanza patetico, non pensi? -

Stiles scosse la testa, sfiorando nel movimento il palmo caldo di Derek con le proprie labbra.

-Mi avevi già ringraziato. Non c'era bisogno di... non eri tenuto a farlo. -

Adesso Derek era di nuovo serio mentre lo fissava.

-Volevo farlo. Volevo che mio figlio avesse il nome di una brava persona. E penso che tu sia stata la prima brava persona che io abbia mai incontrato nella mia vita, Stiles. -

Adesso anche Stiles accennò un sorriso.

-Un vero peccato che dovessi avere un nome di merda, eh? -

Derek rise leggermente, provocando una stupida stretta al cuore a Stiles.

-Beh, non sarebbe stata la mia vita se avessi avuto troppa fortuna. -

-La mia fortuna è stata incontrarti in quell'ospedale, sette anni fa. - sussurrò Stiles, serio, gli occhi fissi in quelli ancora ridenti di Derek.

Derek sembrava stranamente nervoso mentre ricambiava il suo sguardo, con cautela.

-Dai, non esagerare. - mormorò, tentando un sorriso, ma Stiles scosse la testa, tirando Derek ancora più vicino.

-Sul serio. Tu... io... voglio dire, per me tu sei... -

E poi lo fece. Allungò la testa e fece scontrare le labbra con quelle di Derek, in un bacio lieve, appena accennato.

Stiles non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi esaltato, che Derek si tirò indietro, scioccato, guardandolo con occhi enormi.

Stiles si sentì immediatamente male.

Oh no.

No.

Non poteva davvero aver aspettato sette anni il momento perfetto per fare una mossa e poi rovinare tutto in un unico dannato istante.

-Cazzo – mormorò, al massimo della sua eloquenza – Cazzo Derek, scusa. Io... non so che mi sia preso, non volevo... -

Ma Derek si limitò a scuotere la testa, facendo un passo deciso indietro per liberarsi dalla presa di Stiles sul proprio polso.

Stiles non si era mai sentito peggio in tutta la sua vita.

-Andiamo... andiamo a prendere da mangiare a Mike. - disse solo, con voce roca, prima di dare con decisione la schiena all'alpha.

Stiles non poté fare altro che seguirlo, depresso come non mai.

 

 

 

Una settimana.

Stiles non sentì Derek per una settimana.

Cercava di convincersi che il motivo non fosse quel bacio imbarazzante che gli aveva dato in ospedale, che probabilmente Derek fosse solo occupato a badare a Mike, ancora convalescente.

Ma non ci credeva molto, a dire il vero.

Il fatto che Jackson gli avesse dato del coglione, Scott lo avesse guardato con aria vaga e imbarazzata, Isaac si fosse coperto il volto con le mani e Allison avesse mormorato con tono affranto che non baci qualcuno in ospedale dopo che suo figlio ha fatto un incidente, non faceva che rendere Stiles ancora più depresso.

Ma non era stata colpa sua, okay?

Era stata tutta la situazione a fregarlo.

Derek che lo guardava con quegli stupidi occhi verdi e il suo stupido sorriso da stupido e gli sussurrava che era stata la prima brava persona che avesse mai incontrato. Che gli confermava che aveva chiamato Mike, il loro Mike, come lui.

E poi era troppo vicino e il suo dannato odore... Dio, Stiles odiava quell'odore.

Insomma, non era stata tutta colpa sua.

A sua difesa, non era facile rinnegare i propri sentimenti per così tanto tempo. Nella sua ottica, era stato fin troppo bravo.

Questo non cambiava il fatto che si sentisse malissimo all'idea di aver sconvolto Derek.

Perché sì, rinnegare i propri sentimenti faceva abbastanza schifo. Ma Stiles lo avrebbe fatto per altri sette anni, se avesse significato non perdere Derek.

Era stato un sollievo quando Derek si era presentato alla sua porta, la sera dell'ottavo giorno.

O almeno, era stato un sollievo finché Derek non aveva cominciato a spintonarlo brutalmente.

-Sei davvero un idiota! - aveva urlato, dando a malapena il tempo a Stiles di chiudere la porta dietro di lui, mentre continuava a spingerlo – A cosa diavolo pensavi mentre mi baciavi? -

-Che volevo baciarti! - sbottò Stiles, sulla difensiva e anche un po' offeso. Non è che si aspettasse una lettera di ringraziamento per il bacio peggiore della storia, ma anche tutto quel disgusto era abbastanza umiliante – E' per questo che ti ho baciato! -

Derek lo fissò incredulo, ma almeno aveva smesso di spingerlo.

-Mi stai dicendo – iniziò, in tono basso e letale – Che hai rotto un perfetto equilibrio che andava avanti da quasi otto anni, solo perché volevi baciarmi? -

-Sì! Che male c'è? - sputò Stiles, risentito – Capisco che nel tuo perfetto mondo razionale niente vada come non avevi previsto, ma io sono così, okay? A volte seguo l'istinto e faccio cose stupide. E mi dispiace, ma non dirò più che è stato un incidente o che non volevo farlo! Perché lo volevo, lo volevo disperatamente! -

Adesso urlava anche Stiles ed era tutto piuttosto strano, con loro due che si urlavano addosso nel salotto incasinato di Stiles.

Derek lo guardava, gli occhi grandi, la bocca leggermente aperta.

-Perché? - sibilò solo, la voce condita di veleno.

Okay, adesso cerca di non dire niente di stupido, va bene, Stiles?

-Perché ti amo! - gridò Stiles, tirando un calcio esasperato al divano, per poi bloccarsi non appena si rese conto di cosa avesse detto.

Oh no.

Oh no, no, no.

Derek sembrava fatto di marmo mentre lo fissava.

-Cosa? - sussurrò solo, sembrando maledettamente insicuro.

Era la prima volta in assoluto che Stiles lo vedeva non sicuro di sé su qualcosa.

Scosse la testa, azzardando un passo verso l'altro.

-Ti amo – ripeté, in tono più calmo – Da sette anni. Stavo cercando di invitarti a cena da tipo sei mesi, se vuoi saperlo. -

Derek scosse la testa, assolutamente incredulo. Sembrava quasi arrabbiato, in realtà.

-Ma... tutti quei discorsi sul fatto che non volessi responsabilità... -

-Ho detto di essere innamorato, non ho detto di essere una persona intelligente. - lo interruppe Stiles, in tono di scuse.

-...hai passato anni a prendere in giro Allison e Scott o Jackson e Isaac... -

-Chiamala la volpe che non arriva all'uva, d'accordo? -

-Hai detto che non ti importava niente che uscissi con Freddie! - esclamò Derek, e adesso i suoi occhi ardevano di pura rabbia.

Anche Stiles cominciò a riscaldarsi.

-Era una fottuta bugia, d'accordo? E lascia che ti dica una cosa: se n'erano resi conto tutti, tranne te. Questo dovrebbe suggerirti qualcosa.-

Derek gli rivolse un'occhiata incredula e incazzata.

-Stai dicendo che la colpa è mia? Che avrei dovuto capire che mentre scopavi ogni fine settimana con gente diversa, in realtà mi amassi? E dovrei sentirmi lusingato, secondo te? -

-Sì! Cioè no! - Stiles stava rapidamente andando nel pallone e lo sguardo omicida di Derek non lo stava aiutando molto – No, certo che no. Sono stato un idiota ed è ovvio che sia colpa mia se non lo hai mai capito. La verità è che ero spaventato, d'accordo? - gli occhi di Stiles adesso erano imploranti, mentre quelli di Derek perdevano un po' di rabbia – Avevo paura di ammettere che... che niente, niente, assolutamente niente conti per me. Fatta esclusione per te e Mike, Derek. -

Derek scosse la testa. Non sembrava più arrabbiato, ma i suoi occhi erano pieni di confusione.

-Perché, perché ti faceva paura? Non... non ci volevi, non volevi che diventassimo una tua responsabilità permanente o... -

-No – lo interruppe Stiles con decisione, facendo un altro passo verso l'omega – Voi due non c'entrate. E' solo colpa mia. Perché sono un idiota con davvero troppe turbe strane, Jackson ha ragione – lo guardò intensamente negli occhi, fermandosi proprio davanti a lui – Ma io vi volevo, Derek. Vi voglio – i suoi occhi si addolcirono in maniera quasi insopportabile – Voglio te. -

Questa volta fu Derek a sporgersi verso Stiles e a baciarlo.

E non fu come la prima volta, veloce e imbarazzante.

Fu dolce e lento e reciproco.

E sicuramente la cosa più bella che fosse mai capitata a Stiles.

-Oddio... significa che mi ami anche tu? - mormorò Stiles con fatica, mentre Derek gli baciava il collo.

-Sì... - Derek lo sussurrò quasi con distrazione, prima di riportare le labbra su quelle di Stiles.

-Beh, bene. - boccheggiò Stiles, un curioso mix tra esaltazione e confusione, mentre si faceva spingere sul divano.

Derek gli salì sulle ginocchia, circondandogli il collo con le braccia e guardandolo divertito, con una strana dolcezza negli occhi.

-Sì, bene. -

Fece per baciarlo di nuovo, ma Stiles allontanò un po' la testa, guardandolo con apprensione.

-Abbiamo intenzione di farlo? Perché penso che dovremmo spostarci di sopra. Sai, un letto, le mie lenzuola di Spider Man. Potrei addirittura avere qualche candela avanzata dallo scorso ringraziamento – sollevò le sopracciglia in una maniera che sarebbe dovuta essere suggestiva – Super romantico. -

Derek lo guardò con espressione vuota.

-Dio, non posso credere di avere davvero intenzione di passare il resto della mia vita con un tale idiota. - disse in tono piatto.

Stiles non fece nemmeno in tempo a cercare di pensare a qualcosa di intelligente, che Derek si era già alzato in piedi, tirandolo per una mano.

Sapeva di non dover sorridere come un idiota, ma Stiles proprio non riusciva a impedirselo, mentre si faceva trascinare nella propria stanza da Derek.

-Il resto della tua vita? - domandò con un piccolo sorriso, mentre Derek gli sfilava bruscamente la maglietta.

-Non farmene pentire. - lo avvertì con un'occhiataccia e Stiles prese alla lettera il suggerimento, dedicandosi invece a spogliare Derek del suo maglione.

-Non posso credere che mi concederò a te nelle lenzuola di Spider Man. - ansimò poi Derek, mentre Stiles gli sbottonava i jeans baciandogli il collo.

-Se può farti sentire speciale – ridacchiò Stiles, mentre aiutava Derek a slacciare la propria cintura – Non ho mai fatto l'amore con nessuno nelle mie lenzuola di Spider Man. -

-Lo voglio ben sperare. - sibilò Derek, mordendogli il labbro con prepotenza e strappandogli un'altra risata stentata.

Si lasciò spingere sul suo letto, completamente nudo, con questo stupido sorriso gigante sul volto.

-Non dovrei avere io in mano la situazione? Come alpha? - lo provocò con voce morbida, mentre Derek faceva aderire il proprio corpo nudo al suo, baciandolo come se ne andasse della loro sopravvivenza.

Derek si bloccò e gli gettò uno sguardo allarmato, per poi rilassarsi quando riconobbe la presa in giro e la dolcezza negli occhi di Stiles.

-Dopo il modo in cui hai gestito la nostra vita sentimentale negli ultimi sette anni, non dovrei lasciarti avere l'iniziativa mai più su nulla, lo sai? - mormorò Derek, ridendo quando Stiles gli solleticò un fianco, perché Stiles era un alpha stupido che doveva fare le stesse cose stupide che faceva con Mike anche quando erano nudi su un maledetto letto troppo piccolo e stavano per fare sesso.

-Ehi, non era così semplice, va bene? C'erano un sacco di cose in ballo. C'era anche l'ipotesi che potessi non ricambiarmi. -

Derek lo guardò con dolcezza, mentre gli portava indietro i capelli con entrambe le mani.

-Adesso sei stupido. - mormorò, chiudendo gli occhi quando Stiles allungò la testa per baciarlo.

Si baciarono piano, finché Stiles non si ritrovò sopra Derek, l'omega che lo guardava in un modo davvero poco fraintendibile.

Con quello sguardo addosso, Stiles se sentiva davvero un idiota per aver creduto che Derek non lo amasse.

Si baciarono di nuovo, questa volta con più urgenza.

-Devo usare un... - cominciò Stiles, parlando sulle labbra di Derek e lasciando in sospeso la domanda.

Derek lo guardò in modo strano, ma tutto quello che disse fu: - Sono sotto soppressori da sette anni. Non c'è bisogno che usi niente. -

Stiles aggrottò la fronte, guardandolo preoccupato.

-Posso usarlo comunque, se preferisci. -

Derek alzò gli occhi al cielo, e un secondo dopo era di nuovo sopra Stiles, guardandolo esasperato.

-Questo è il motivo per cui non lascio mai te in carica. Parli troppo. -

Stiles per tutta risposta gli sorrise, accarezzandogli i fianchi.

-Non mi trovi comunque sfavorevole. -

Derek roteò di nuovo gli occhi, ma Stiles vide comunque le sue labbra sollevarsi in un piccolo sorriso.

-Hai intenzione di fare qualcosa o no? Perché ho lasciato Mike da Jackson e Isaac e vorrei che questo trauma infantile ne valesse la pena. -

Stiles scoppiò a ridere, sollevandosi e ribaltando nuovamente le loro posizioni, intrappolando Derek con il suo corpo.

Gli sorrise, dolce, la fronte posata contro la sua.

Gli occhi di Derek brillavano in maniera insopportabile, ma per una volta Stiles non doveva fingere di odiarli.

Andava bene amarli.

Andava bene amare ogni singola cosa di Derek, perché Derek amava ogni singola cosa di lui, a quanto pareva.

-Farò in modo che ne valga la pena. - sussurrò, suscitando un grosso sorriso da parte di Derek.

Ed era davvero un sollievo, per Stiles, non dover fingere di detestare quel sorriso.

 

 

 

Derek gemette esasperato, nascondendo il volto contro il cuscino.

Ma nemmeno quello sembrò far desistere Stiles dal fissarlo.

-Smettila. Sei inquietante. - borbottò, anche se era tutto tranne che infastidito.

-E tu sei bellissimo. - replicò Stiles, pacato.

Derek lo guardò male, mentre Stiles gli sorrideva dolcemente.

Erano sdraiati su un fianco, uno di fronte all'altro, con le mani intrecciate sullo spazio di materasso tra i loro cuscini.

-Scommetto che lo dici a tutti gli omega che ti porti a letto. - lo provocò Derek, inarcando un sopracciglio scuro.

Stiles scosse la testa, senza perdere il sorriso.

-Prima di tutto, non sono mai andato a letto con un omega, prima di te. Seconda cosa, non ho mai incontrato qualcuno bello come te. Mai. E se posso dirlo, nudo sei addirittura più bello che da vestito. - aggiunse, guastando completamente il romanticismo.

Ma Derek scoppiò a ridere, quindi suppose di non star andando poi così male.

Derek si sporse per baciargli le labbra, senza sciogliere le loro mani unite.

-Sei così scemo. -

Stiles gli sorrise brevemente, poi inarcò un sopracciglio.

-E io? Sono stato all'altezza delle aspettative? -

Derek scosse la testa, guardandolo divertito.

-E' un modo quasi carino di chiedermi se sei stato più bravo di Freddie? -

-Ehi, io almeno non ti ho messo incinto. La reputo già una vittoria, se non ti dispiace. - scherzò Stiles, ma, invece di ridere, gli occhi di Derek si incupirono e Stiles contrasse la fronte, preoccupato.

-Ehi – mormorò, baciando delicatamente il naso dell'omega – Cosa c'è? Hai lo stesso sguardo di quando ti ho chiesto se dovessi usare un preservativo. Cosa ti tormenta? Sai che a me puoi dirlo. -

Derek lo fissò, amplificando quasi inconsapevolmente la stretta alle dita di Stiles.

-Ricordi quando ti ho detto che sono sotto soppressori da sette anni? - Stiles annuì con cautela e Derek sospirò, prima di continuare in tono amaro: - Questo significa che potrei sospenderli e avere un calore regolare, se tu desiderassi legarti a me. Ma ho anche trentacinque anni e i miei ormoni sono un casino totale, dopo tutte le medicine che ho preso. E questo significa – esitò, guardando Stiles quasi con timore – Che è molto improbabile che possa darti un figlio, in futuro. -

Stiles rimase perfettamente impassibile, la mano libera che accarezzava distrattamente la guancia di Derek.

-Va bene. Era solo questo che ti preoccupava? -

Derek lo fissò incredulo, scostandosi un pochino da lui e dal suo tocco.

-Cosa? Questo è tutto quello che hai da dire?-

Stiles contrasse la fronte, puntellandosi sul gomito e cercando di capire.

-Non capisco, Derek. Cosa ti aspetti che dica? Voglio dire, non è che non lo sapessi. Viviamo in simbiosi da anni, sono io che vado a comprarti quei dannati soppressori in farmacia, ricordi? E so benissimo la tua età. E anche se non ti nascondo che, qualora anche tu sia favorevole, amerei legarti a me durante il tuo calore, non mi interessa se non potrai darmi figli – lo sguardo di Stiles si fece improvvisamente consapevole e dispiaciuto, mentre guardava preoccupato Derek – A meno che tu non ne voglia uno. In quel caso troveremo una soluzione, te lo giuro. -

Derek lo stava fissando, impassibile e incredulo, e, davvero, Stiles non riusciva a capire cosa avesse detto di sbagliato.

-Non voglio altri figli – disse Derek lentamente, come se Stiles avesse problemi di comprendonio – Ma tu sei un alpha. E' nella tua natura volerne. E sei appena stato incastrato per la vita con me, un omega più vecchio, praticamente sterile e con un figlio non tuo. E la cosa ti sta bene? -

Fu il turno di Stiles di fissarlo incredulo.

-Ma cosa stai dicendo? - esclamò, cercando tuttavia di contenere il proprio nervosismo – Incastrato... Derek, non sono incastrato per niente, okay? Sono esattamente dove voglio essere, con te e Mike. E per quanto riguarda la mia natura, penso di aver dimostrato a sufficienza di non essere proprio il tipico alpha. Non mi interessa avere dei figli. Non è per questo che sto con te. Sto con te perché ti amo. -

Se pensava che la dichiarazione avrebbe fatto addolcire Derek, si sbagliava di grosso.

L'omega infatti si mise a sedere di scatto sul letto, coprendosi al meglio con il lenzuolo e fulminando Stiles con un'occhiata seccata.

Ma Stiles notò che aveva gli occhi lucidi e invece di irritarsi per l'ostilità immotivata di Derek, si preoccupò ancora di più.

-Tu dici così adesso, perché abbiamo appena scopato e va tutto bene! Ma tra dieci anni, quando non avrai nessun figlio, ti chiederai perché diavolo tu stia ancora con me e mi odierai. E io non posso sopportarlo, Stiles, non posso, non... -

-Ehi, ehi- Stiles interruppe con urgenza il balbettio agitato dell'omega, mettendosi anche lui a sedere e circondando con delicatezza il viso dell'altro con le mani. Derek fece un po' di resistenza all'inizio, sicuramente restio dal mostrarsi vulnerabile, ma Stiles bloccò con dolcezza ogni tentativo di fuga, appoggiando la fronte contro la sua.

-Odiarti? Io non potrei mai odiarti, Derek. E' una cosa totalmente impossibile. E, anche se davvero non penso che dovresti preoccupartene, lascia che ti rassicuri sul mio desiderio di avere figli. Se davvero hai ragione, se davvero la mia natura mi spingerà a volere un figlio tra dieci anni, andrà tutto bene. E sai perché? -

Derek scosse imbronciato la testa e Stiles sorrise, lasciandogli un bacio delicato nello spazio tra gli occhi.

-Perché io avrò un figlio tra dieci anni. E ti dico come sarà. Mio figlio tra dieci anni sarà un diciassettenne scorbutico, che passerà più tempo nella sua stanza che con noi. Risponderà male e ci farà preoccupare e, oh, davvero è stato lui a scrivere quella parolaccia nel bagno della scuola? Io lo beccherò a fumare e tu a sgattaiolare fuori casa di notte. Ci farà arrabbiare e disperare, ma a fine giornata sarebbe comunque il nostro bambino, il nostro ragazzo che legge per ore sdraiato sul divano di casa o che usa parole troppo difficili e che ci costringe a consultare segretamente Google quando parliamo con lui – Stiles sorrise ampiamente, asciugando con i pollici le nuove lacrime che erano spuntate agli angoli degli occhi di Derek, anche se non erano di tristezza o di rabbia questa volta.

-Mio figlio tra dieci anni sarà Mike, Derek.-

Derek rimase per un po' in silenzio, cercando di tirare discretamente su con il naso, mentre Stiles lo fissava con indulgenza e amore.

-Sei così scemo. - disse alla fine Derek, in un mezzo singhiozzo strozzato che non rese molto credibile l'insulto.

Stiles si limitò a stringerlo forte, baciandogli la testa e lasciando che Derek piagnucolasse ancora un po' contro il suo petto nudo.

-Mike comunque non fumerà. E non scriverà parolacce nel bagno della scuola. - borbottò poi Derek contro la sua pelle, imbronciato.

Stiles scoppiò a ridere.

La verità era che fosse molto probabile che Mike facesse qualcuna di quelle cose. Non sarebbe stato di certo il loro bambino perfetto e innocente (oddio, non poi così innocente. Stiles ricordava ancora come il trauma peggiore della sua vita il giorno in cui Mike gli spiegò come avvenisse la riproduzione sessuale) per sempre, l'adolescenza avrebbe colpito anche lui.

Ma andava tutto bene, sarebbe andato tutto bene.

Perché , qualunque cosa riservasse per loro il futuro, sarebbero stati insieme.

 

 

 

 

Due anni dopo

 

 

-Esprimi un desiderio, tesoro. -

-Sul serio? Ho nove anni. Sono praticamente adulto. Vogliamo davvero continuare ad aderire a questa sciocca convinzione secondo cui ciò che penso mentre soffio una candelina si avveri? -

-Oh, esprimi il desiderio e basta, saputello. -

Mike alzò gli occhi al cielo, ma spense comunque le candeline. Derek si chinò ad abbracciarlo e a riempirgli il viso di baci, mentre Stiles gli scattava una foto.

-Non capisco perché abbiamo dovuto fare questa cosa – si lamentò Mike, cercando di districarsi dalla presa di Derek -Pensavo che dovessimo festeggiare stasera a casa di zio Scott. -

-Perché stasera festeggiamo anche il compleanno di Victoria – spiegò Stiles con pazienza, cominciando a tagliare la torta a tema Harry Potter che avevano fatto fare a Melissa – E noi volevamo un piccolo festeggiamento privato per il nostro saputello. -

Mike sospirò, ma accetto di buon grado il piatto pieno di torta che Stiles gli passò.

-E i regali? - domandò, speranzoso.

-I regali stasera. - rispose immediatamente Derek, prendendo posto accanto a Stiles.

L'alpha gli circondò le spalle con un braccio e Derek si appoggiò a lui, passandogli un braccio intorno la vita.

Mike li guardò male.

-Questo è totalmente ingiusto. -

-Altri nove anni e potrai prendere le tue decisioni. - lo incoraggiò Stiles con un sorriso sarcastico, beccandosi una piccolo gomitata da Derek.

Mike lo trucidò nuovamente con lo sguardo e Stiles rise piano.

-Anche se forse, e dico forse, potrebbe esserci un regalo che ti aspetta in camera tua. Sulla tua scrivania. -

Gli occhi di Mike si illuminarono immediatamente, mentre Derek roteava i propri, con un sorriso esasperato.

-Non ci credo! Ho davvero un computer? -

-Beh, tuo padre pensava che fosse troppo presto, ma l'ho convinto del fatto che lo avresti usato solo per barbose ricerche e per iscriverti a non so che club del libro. - Stiles si strinse nelle spalle, fingendo indifferenza, ma stava sorridendo troppo per essere credibile.

Mike squittì eccitato, balzando giù dalla propria sedia, senza più badare alla torta praticamente intonsa nel suo piatto.

-Vi adoro! E ritiro tutto quello che ho detto stamattina sul fatto che foste patetici! -

-Beh, è un gran sollievo. - ironizzò Derek.

-Devo subito provarlo. Andiamo papà, mi devi dare una mano ad avviarlo. - strillò Mike, super esaltato, schizzando verso le scale alla velocità della luce.

Il tempo sembrò fermarsi tra Stiles e Derek, mentre rimanevano immobili, i passi frettolosi di Mike che echeggiavano sugli scalini di legno.

Stiles fu il primo a ritrovare la parola, girandosi sbalordito verso Derek.

-Diceva a me? Ero io papà? -

Derek scoppiò a ridere dolcemente, prendendo il viso del compagno tra le mani.

-Beh, considerando chi sia il programmatore tra noi e che io non so nemmeno come si accende un computer, direi proprio di sì. -

Gli occhi di Stiles si riempirono di esaltazione e Derek scoppiò di nuovo a ridere.

-Sono un papà. -

-Sì, lo sei. - lo assecondò Derek con una risatina, baciandogli piano le labbra.

Stiles ricambiò, ancora un po' stordito, accarezzandogli il lato del collo con una mano, proprio dove spiccava il segno del loro legame.

-Fino a due anni fa vivevo con mio padre e adesso sono un marito e un padre – continuò Stiles, parlando contro la bocca di Derek – Quand'è che sono diventato così adulto e responsabile? -

-Penso che tu lo sia sempre stato – rispose Derek, con gli occhi che brillavano – Dovevi solo ammetterlo a te stesso. -

-Papà, ti muovi? - gridò Mike dal piano di sopra, impaziente.

-Penso che questo sia di nuovo tu. - lo informò Derek, davanti allo sguardo stordito di Stiles.

-Oh mio Dio, giusto – mormorò Stiles frastornato, alzandosi in piedi – Meno male che ci sei tu. -

Derek gli sorrise, luminoso.

-Figurati. Dopotutto sei una mia responsabilità. -

Stiles ricambiò il sorriso, abbassandosi per lasciargli un ultimo bacio sulle labbra.

-Papà! -

-Arrivo! - gridò Stiles, roteando gli occhi, mentre Derek ridacchiava contro la sua bocca.

Stiles era quasi uscito dalla sala pranzo, quando si bloccò, ricordandosi una cosa importantissima.

Si voltò verso Derek, guardandolo seriamente negli occhi.

-Volevo solo dirti che amo i tuoi occhi e il tuo sorriso. - disse, quasi solenne.

Derek lo fissò, pieno di confusione, ma Stiles si limitò a sorridergli dolcemente, prima di andare al piano di sopra ad aiutare Mike.

Dopo nove anni, glielo aveva finalmente detto.

 

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Okay...

Spero che siate sopravvissuti a questa trashata sdolcinata.

Abbiate pietà di me, non scrivevo da un sacco.

Spero che comunque vi abbia strappato un piccolo sorriso.

E' per le mie cicce, come sempre <3 Vi amo tanto <3

Mi sono resa conto che la scena del bacio in casa di stiles, assomiglia un sacco al primo bacio tra joey e pacey di Dawson's Creek 😂 segnalo per correttezza l'ispirazione ❤️ sorry, amo troppo quei due e inconsapevolmente li infilo ovunque ❤️

Un bacione grande a tutti,

Fede <3

 

  
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