Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: 1Beatris_    15/09/2019    0 recensioni
Scarlett e Victoria sono due agenti federali, come molti altri. Il loro lavoro è duro, pericoloso, ecetera eccetera. Ma se lo sono andate a cercare, dopotutto: il loro non è certo un tipo di lavoro che ti capita per caso, un "massì, perché non provarci?". No, quindi non stiamo a compatirle, piuttosto siamo fieri del loro successo.
In ogni caso, non sono sole, e questo le aiuta ad andare avanti.
E in fondo, si divertono un mondo; noi, sicuramente, ci divertiamo a scriverne. Chissà, forse voi potreste divertirvi a leggere.
「Una casa vera è fatta dalle persone con cui la riempi. E le persone possono spezzarsi, è vero, ma chiunque sa che quello che si è spezzato si può ricomporre. Una ferita può guarire. E non importa quanto sia buio fuori. Il sole sorgerà di nuovo.」
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

                                                                             ~Capitolo 1~


Quel giorno Scarlett era in anticipo. Di ben dieci minuti. Una cosa alquanto insolita per lei che aveva collezionato, in tutta la sua esistenza, un numero di punizioni causate dai suoi ritardi abbastanza elevato da far invidia a quello delle finestre del suo amato Columbia Center, che, di sicuro, non sono poche.
Si allentò il nodo della coda di cavallo che la stava infastidendo e scrutò la strada nella speranza di scorgere l'auto bianca nuova fiammante della sua amica, nonché collega, Victoria.

Dopo qualche minuto di attesa, però, aveva deciso che arrivare in anticipo non era poi una bella cosa, e che i suoi capelli stavano decisamente meglio sciolti; procedette, quindi, sfilandosi con un sospiro di sollievo l'elastico bruno, che stava decisamente meglio intorno al suo polso, e giurando a sè stessa che mai, mai, mai, mai più avrebbe varcato la soglia di casa prima del tempo. Pena la reclusione del cioccolato.

Quando i minuti divennero venti, però, non riuscì a trattenere un commento alquanto poco lusinghiero sulla moralità della sua amica a cui ne seguirono altri nel successivo lasso di tempo che impiegò a realizzare che se la puntualissima e perfettissima Victoria era in ritardo (di ben ventitre minuti!), forse un motivo serio doveva pur esserci e che, forse, sarebbe stato opportuno chiamarla per capire cosa l'avesse spinta ad abbandonare la sua cara amica su un freddo e spoglio marciapiede di Seattle.

Tirò fuori il cellulare dallo zaino e fece partire la chiamata. Victoria non rispose, ovviamente. Sarebbe stato troppo bello.
Tentò nuovamente e per un attimo credette davvero che la voce uscita dall'apparecchio fosse quella della sua amica, e in effetti lo era, ma quelle che sentiva erano parole registrate mesi prima.

Era in procinto di far partire l'undicesima chiamata, quando un'auto all'angolo della strada catturò la sua attenzione distraendola dalla sua occupazione. Aveva un qualcosa di decisamente familiare, era sicura di averla già vista da qualche parte.

Non si stupì affatto nel notare che, mentre le si avvicinava, il veicolo stava rallentando, e portò istintivamente la mano al fianco destro trovandolo spoglio di qualsivoglia fondina.
Mentre analizzava attentamente la strada in cerca di vie di fuga, in caso di pericolo, l'auto le si era affiancata e il finestrino del lato passeggero si stava abbassando lentamente.

-Ehi Scally-Lally!-

Nel sentire, dopo tanto tempo, quella voce ancora così familiare, il suo cuore fece una bella capriola, di quelle che lei aveva impiegato anni a perfezionare.
Tuttavia, si impose di rimanere impassibile.

Incrociò le braccia al petto ed affermò con tono annoiato:-Ora sì che mi pento di non aver portato la pistola...-

Dall'interno dell'auto provenne uno sbuffo a metà tra lo spazientito e il divertito.
-Certo certo, adesso stai zitta e sali.-

Così, dimentica dello stesso motivo per cui si trovava su quel marciapiede e quindi della sua amica, Scarlett obbedì premurandosi di rendere partecipe del suo disappunto ogni essere nel raggio di due isolati con un sonoro "SBAM!" della portiera.

-Ehi fai piano, guarda che ti faccio poi risarcire tutti i danni!-
-Ma per favore! Il mio culo vale molto di più di questo catorcio, lo sai.-
Le era mancato prendere in giro quell'auto.
-E allora perché non ti fai dare un passaggio dal tuo culo?-
-Mi auguro sia una domanda retorica.-
-Nient'affatto-. Poi, siccome non ottenne alcuna risposta, aggiunse:-Sono serio.-
Al che Scarlett, con uno sbuffo spazientito, gli fece notare che forse era perché né lei né tantomeno il suo culo sapevano dove fossero diretti.

-Tanto per sapere, ti succede spesso di salire su macchine a caso per una destinazione ignota? No, perché mi aspettavo che un'agente federale fosse un pochino più diffidente...-

Questo commento ferì nel profondo l'orgoglio dell'agente James, che tanto si era sudata il titolo.

-Ovvio che non lo faccio mai, ma credo di potermi fidare di mio fratello; e lo conosco abbastanza da sapere di poterlo stracciare in qualsiasi tipo di lotta.-

-La solita bulletta, insomma.-

La "bulletta" sorrise maliziosa in direzione del ragazzo e domandò:-Tanto per sapere, ti capita spesso di far salire su questo affare ragazze a caso trovate sul marciapiede per poi portarle in un luogo ignoto? No, perché credevo fossi cresciuto un pochino...-

Dylan incrociò lo sguardo dell'altra nello specchietto retrovisore, al quale ghignò:-Tu non fare domande e io non ti dirò bugie, sorellina cara.-

I due proseguirono così, tra una battutina e l'altra, fino a quando varcarono un cancello scuro in ferro battuto ed imboccarono una stradina affiancata, sia a destra che a sinistra, da alti tigli disposti ordinatamente in fila indiana. 
Attraverso i possenti tronchi e le foglie di quei maestosi alberi Scarlett intravide squarci di un prato ben curato, solcato, ad intervalli regolari, da aiuole che in primavera sarebbero dovute essere veramente una gioia per gli occhi, mentre in quel momento, a novembre inoltrato, erano secche ed aride, fatta eccezione per i floridi cespugli di pungitopo; ad un certo punto intravide persino un laghetto nel quale galleggiavano pigre alcune foglie di ninfea spoglie dei loro delicati fiori. 
Mentre la ragazza ammirava, con la fronte attaccata al finestrino, il paesaggio circostante, cercando di coglierne i minimi particolari, la strada curvò bruscamente a destra e davanti a loro si stagliò una candida villa di modeste dimensioni su due piani sulla cui sommità svettava una specie di torretta che contribuiva a dare alla costruzione un'aria affascinante e misteriosa. 
Scarlett pensò che si trattasse della residenza estiva di un qualche ricco lord inglese, magari appartenente alla stessa famiglia reale.
Aveva come la sensazione che avrebbe dovuto sborsare migliaia e migliaia di dollari anche solo per averla guardata, così distolse lo sguardo e lo piantò su suo fratello, cercando di non apparire troppo ammirata.
-Che cosa significa questa roba?-

Lui frenò la macchina e si sporse verso la sorella, trafficando nel cruscotto, in cerca delle chiavi del garage.
-Questa roba, mia adorata Scally...- nel frattempo aveva estratto trionfante un telecomandino rettangolare col quale comandò al portone di aprirsi, -significa che tuo fratello si è fatto una carriera. E pure un bel conto in banca.-

Il garage era ormai del tutto spalancato, e al suo interno, Scarlett notò con sorpresa mista ad orrore, riluceva una BMW nera che aveva tutta l'aria di essere appena uscita da una concessionaria. La ragazza non riusciva a distogliere lo sguardo.

-Da quando ti dai alla mafia?-

-Da mai. Te l'ho detto, mi sono fatto una carriera. Adesso scendi, dai, ti faccio fare un giro turistico.-
La ragazza uscì dal garage e si diresse direttamente verso l'entrata principale della villa.
-Non ci tengo, grazie. Preferirei che ci sedessimo un attimo a chiacchierare, che ne dici?-
Lui accettò, -Ho un po' di cose da raccontarti, in effetti.- 
Scarlett venne guidata dal fratello attraverso diversi corridoi e stanze, alcune riccamente arredate, altre completamente spoglie, fatta eccezione per qualche scatolone addossato alle pareti.
Non poté fare a meno di pensare che sarebbe stata una perfetta scena del crimine. Decise di tenersi quella considerazione per sé. Per il momento.
Infine arrivarono a destinazione: avevano raggiunto un open space ben illuminato da ampie vetrate che offrivano una vista suggestiva sul parco intorno. 
Scarlett si lasciò cadere sul divano di pelle color crema, togliendosi le scarpe e stendendo le gambe con un sospiro di sollievo. 
-Una cioccolata calda, grazie.- 
Dylan le lanciò addosso la giacca che si era appena tolto con un gesto improvviso. 
-Dove la trovo ora una cioccolata calda?- 
La ragazza si strinse nell'indumento, girandosi sul fianco sinistro e rannicchiandosi contro lo schienale del divano.
-Non so, portamela e basta.-
Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, inalando il profumo che la giacca di Dylan emanava. Sebbene nel corso degli anni esso avesse acquisito diverse sfumature, l'aroma di base rimaneva sempre quello: un profumo che sapeva di casa, di botte e di abbracci, di felicità, di buono. Si accorse, in quel momento, di quanto le fosse mancato quell'odore un tempo onnipresente, di come i ricordi degli ultimi anni sembrassero scialbi, incompleti. Senza Dylan, senza suo fratello. Era caduta in una specie di trance, a metà tra il sonno e la veglia, quando si sentì scuotere una spalla. Si girò di scatto, aprendo gli occhi e trovandosi davanti il bel faccino del fratello su cui era dipinta l'espressione buffa di chi si sta sforzando di non scoppiarti a ridere in faccia. 
-Vi ho preparato la cioccolata, Vostra Bassezza.-
Lei sbuffò, tirandosi su a sedere e afferrò la tazza fumante che il fratello le porgeva. 
-Sapete, Vostra Altezza, è scientificamente provato che l'altezza e l'intelletto, in un individuo, sono inversamente proporzionali. Me l'ha detto Victoria, e Victoria sa sempre tutto.-
Non era vero, ovviamente, ma comunque doveva trovare una risposta brillante al mezzo insulto dell'altro, e, con un po' di fortuna, la "fonte più che attendibile" non sarebbe mai venuta a conoscenza di quell'insulto alla sua sapienza.
-E no, non ti ringrazierò. Adesso raccontami cos'hai combinato.-
La storia della fortuna di Dylan era pressoché questa:

Una sera, mentre barcollava mezzo ubriaco per le vie della celeberrima "Sin City" alla ricerca di qualcuno disposto ad accettare le sue romanticissime proposte di matrimonio, si era ritrovato ad ammirare incantato come un bambino a Natale le spettacolari luci di uno dei prestigiosi casinò di Las Vegas e, frustrato dagli innumerevoli fallimenti amorosi, decise di entrare e farsi sotto.

A quel punto la fortuna, che quella notte oltre ad essere cieca era pure ubriaca peggio di Dylan, aveva deciso che fosse giunta l'ora di regalargli una piccola gioia che, come il ragazzo realizzò la mattina seguente, con non poca perplessità e sorpresa, consisteva in un gruzzoletto di qualche decina di migliaia di dollari; poi non si sa, probabilmente la Dea, in quanto essere di sesso femminile, deve essere rimasta affascinata dalla seducente figura di Dylan (Scarlett non avrebbe potuto biasimarla) e aver deciso di accompagnarlo ancora per un po': l'azienda in cui aveva investito la sua piccola fortuna, sotto consiglio di un vecchio e saggio amico, era cresciuta a dismisura, e il conto in banca pure. La ragazza ancora stentava a credere che il fratello fosse stato così maturo.

-Comunque Jacques aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse con la sua impresa, per questo mi ha fatto da consigliere: adesso siamo soci, evvai.-

-E naturalmente non ti è passato per la testa di accennarlo alla tua famiglia, vero? Cosa cavolo aspettavi a dircelo?-

-Ma in realtà la famiglia lo sapeva già da un po'... credevo che papà o maman  o Ian te l'avessero detto-

A  quelle parole la ragazza si immobilizzò.

-...ma a quanto pare no.- Dylan si passò la mano tra i capelli, imbarazzato.

-Perché non me l'hai detto di persona?-, la voce colma della gelida calma di chi si sta trattenendo dallo scoppiare.

-Vedi, è che sono stato un po' occupato... e anche tu lo sei stata! Sai, non volevo disturbarti con i miei stupidi affari.-

Mentre parlava sembrava dispiaciuto, come se provasse pena per lei. E Scarlett, dal canto suo, desiderava solo di trovarsi da qualsiasi altra parte, con qualsiasi altra persona, tranne che lì, con Dylan, il fratello per cui aveva sempre avuto tempo, per cui avrebbe fatto di tutto, ma per cui, evidentemente, non era lo stesso, non più. Rimase a fissarlo, mentre la consapevolezza che il tempo e la distanza li avessero definitivamente allontanati si faceva sempre più forte e dolorosa dentro di lei. Non erano più gli inseparabili fratelli James.

La ragazza si riscosse, sfoggiando un tutt'altro che credibile sorrisone, gli tese la giacca, e, un volta che lui l'ebbe afferrata, si concentrò al massimo sulla complessa operazione che richiedeva l'annodamento delle scarpe da ginnastica e il cercare di non scoppiare in lacrime. Voleva andarsene subito, possibilmente per sempre. Così quel bastardo si sarebbe reso conto di cosa avesse perso. O forse no, ma in ogni caso quel salottino stava diventando opprimente.

-Bene, congratulazioni. Goditi la tua ricchezza, te la sei meritata. Ora io vado, ho ancora delle cose importantissme da fare e...- aveva illuminato lo schermo del cellulare per controllare l'ora -Oh Gesù!-

Accanto all'icona delle chiamate spiccava un 23 scarlatto; tutte di Victoria. In quel momento si sentì veramente una brutta persona.

-Cosa c'è?-

-No niente, è solo che si è fatto proprio tardi. Ti spiace se vado un attimo in bagno? Grazie mille!-

E uscì dalla prima porta alla sua destra, incurante delle urla dell'altro che la informavano che il bagno più vicino era da un'altra parte. Voleva solo chiamare la sua amica, e magari scusarsi per essersi completamente dimenticata di lei per tutto il pomeriggio.

Dopo aver vagato per i bui corridoi facendosi luce con la torcia del telefono, finalmente riuscì a conquistare l'uscita di quella villa demoniaca. Sì appartò dietro al tronco di un tiglio e fece partire la chiamata; un paio di squilli, e l'altra aveva già risposto.

Il primo suono che Scarlett udì fu un singhiozzo, e il secondo il suo nome emesso in uno strillo angosciato dalla sua amica; il terzo fu il suo cuore che sprofondò distruggendole la cassa toracica e rimbombandole nelle orecchie.

-Victoria? Che succede?-

Non era poi una novità sentirla piangere: era una persona molto sensibile, e normalmente i suoi singhiozzi sarebbero potuti derivare da fatti che vanno dalla visione di un documentario sul maltrattamento delle mantidi religiose afghane (che, tra l'altro, non esistono), alla morte di suo zio (altra cosa che non esiste). Quella volta però non era una situazione normale, era totalmente sconvolta.

Dall'altra parte Scarlett riceveva solo farfugliamenti confusi e singhiozzi

-Victoria, ora dimmi cosa è successo, per favore.-

-Matt...-

-Eh? Chi?-

-MATT!-

-Matt? Cos'ha combinato quel povero Cristo?-

-Lui... lui è... tu n-non puoi capire-

E venne nuovamente travolta dai singhiozzi. Ovvio che non capiva, accidenti.

-Senti, dove sei?-

In risposta ricevette solo l'abbaiare di un cane; quel verso fu più utile di tutte le parole che l'amica e aveva rivolto in quella chiamata: si trovava a casa sua.

-Okay, tu resta lì e non muoverti.- Probabilmente quelle parole sarebbero state meno inutili se rivolte alla foglia secca che aveva attaccata alla suola della scarpa destra.

-Arrivo subito, Vic-, e chiuse la chiamata.

Per un attimo fu tentata di abbandonarsi contro il solido tronco del tiglio alle sue spalle e piangere per sempre, ma fu solo un attimo: il momento dopo stava urlando il nome del fratello in direzione della casa, in stile Achille alle porte di Troia che vuole vendicare col sangue l'amico perduto.

-DYYYLAAAAN!-

-DYYYYYL!-

-BRUTTO BASTARDO VIENI QUA!-

A quel punto il ragazzo comparve, incorniciato dalla finestra da cui proveniva una calda luce aranciata. Sembrava un po' perplesso.

-LANCIAMI LE CHIAVI DELLA MACCHINA!-

Lui la fissò per qualche secondo, per poi rientrare in casa chiudendo la finestra.

Due minuti e qualche decina di insulti urlati a squarcia gola più tardi, Dylan era comparso accanto a lei, e le domandò:-Cos'è successo?-

Lei alzò le spalle.

-Niente, ho solo bisogno della tua macchina per andare da un'amica. Domani te la riporto. Promesso.-

-È Victoria?-

Accidenti, come aveva fatto a capirlo?

-Ehm, perché me lo chiedi?-

Lui la guardò storto, scuotendo la testa esasperato.

-Fila in macchina-

E così, si ritrovò ad ubbidire per la seconda volta in quella giornata ad un ordine del fratello; stava diventando umiliante, ma in quel momento non aveva importanza, doveva raggiungere Victoria.

Ciò, però, non le impedì di rendere partecipe del suo disappunto ogni singolo vegetale di quello stupido immenso giardino con un sonoro "SBAM!" della portiera.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: 1Beatris_