Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Ale Villain    27/09/2019    1 recensioni
Los Angeles, California, Stati Uniti.
I Bangtan Boys sono una crew di ballerini professionisti, emigrati oltre oceano per costruirsi una carriera.
Oltre oceano, è emigrato anche un gruppo di italiani, in America per frequentare l’università.
Pezzi di vita quotidiana, scenari e personaggi che si intrecciano tra di loro.
Il desiderio, l'uno dell'altra.
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Ambra dischiuse le labbra, come realizzando quello che le avevo appena detto.
Si susseguirono attimi di silenzio. Tae stava scrutando l’espressone di Ambra, in cerca di una conferma e di una proposta simile a quella che avevo fatto io a lui.
Io continuavo a spostare lo sguardo dai suoi occhi alle labbra. Erano truccate, aveva un rossetto rosso scuro, che però se ne stava andando via piano piano.
Non l’avevo mai baciata.
Mi ritrovai in automatico a piegarmi maggiormente su di lei. Mi avvicinai piano piano, sempre di più, fino a quando non mi ritrovai ad un soffio dalle sue labbra.
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E in quel momento mi sentii una cretina qualunque perché, proprio come una cretina qualunque, ero cascata nel suo gioco.
Genere: Erotico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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PUT THE BLAME ON ME
Storia a cura di @AleVillain
                                                                                              
 
 


 
 
Vi lascio il video che mi ha fatto venire l’idea
Per questa storia
Non è mio, ma di @kingtaesx
A voi:
Blame On Me | Suga
Potrebbe essere interessante vederlo
Prima di leggere la mia storia.
 


 
 
 
 
Prologo                                                                                                                      P.A. H 4.51


Qualcosa stava vibrando di fianco a me. E quel qualcosa era il telefono.
Ecco perché, nonostante fosse notte fonda, mi ero svegliata così all’improvviso.
Non avevo la forza di girarmi, ma la curiosità – mista ad una lieve preoccupazione – mi spinsero ad allungare la mano.
Lessi il nome sullo schermo: Namjoon.
Mi affrettai a tirarmi su, ripetendomi mentalmente che non dovevo parlare italiano. Erano le 4:30 del mattino, non era facile parlare in automatico in una lingua straniera.
“Pronto?” risposi a bassa voce, trattenendo a stento uno sbadiglio. Non volevo rischiare di svegliare Giorgia, la mia amica e coinquilina che dormiva beata di fianco a me.
“Scusami tanto se ti ho svegliata” disse Namjoon “Ma sono qui in ospedale”
Corrugai la fronte.
“In ospedale?” ripetei, un po’ più ad alta voce. Ma perché mi teneva sulle spine e non mi diceva esattamente come stavano le cose?
“Che hai combinato?” domandai ancora.
“Io niente” rispose subito “Sono qui per Yoongi”
Rimasi interdetta per qualche secondo. Mi sedetti sul bordo del letto, poggiando i piedi nudi sul marmo freddo.
“Cosa vuoi dire?”
“Deve essere operato d’urgenza” rispose lui con tutta la pacatezza possibile.
Strabuzzai gli occhi.
“Cos-“
“Tranquilla” si affrettò a dire “Tranquilla. È appendicite, niente di grave”
Feci un verso contrariato.
“Non puoi dirmi che è una cosa tranquilla, se deve essere operato d’urgenza” ribattei, marcando volutamente l’ultima parola. Dietro di me, sentii la mia amica muoversi nel letto.
“Perché è ad un passo dalla peritonite” spiegò Namjoon, continuando a mantenere un tono calmo “Ma non ci è ancora arrivato. Tempo un’ora e lo operano”
Annuii, anche se sapevo che Namjoon non poteva vedermi.
“Ma… Come mai hai deciso di dirmelo?” domandai, sinceramente curiosa.
Più che altro mi sarei aspettata che mi avrebbe chiamato il giorno dopo, quando l’operazione ormai era fatta.
Namjoon fece un breve respiro prima di dire: “Me l’ha chiesto Yoongi di avvertirti”
Rimasi in silenzio. Questo non me lo aspettavo.
“In realtà voleva chiamarti direttamente lui” andò avanti il coreano “Ma gli fa così male la pancia che gli è rimasto giusto un filo di voce”
In quel momento mi sentii improvvisamente preoccupata per Yoongi. Era una di quelle persone che non si lamentava mai di nulla, neanche quando stava veramente male. Per cui, immaginarmelo sofferente su una barella di ospedale, mi faceva quasi sentire male.
“Posso venire a trovarlo domani mattina?” gli proposi. In cuor mio sapevo che mi sarei tranquillizzata solo se avessi visto con i miei occhi come stava.
“Aspetta” disse Namjoon, prima di allontanare leggermente il telefono dalla bocca e mormorare qualcosa in coreano all’amico “Vieni pure, siamo al Good Samaritan Hospital. Piano 8, reparto chirurghia”
Mormorai un assenso e lo ringraziai per avermi avvertito, poco prima di chiudere la chiamata.
Riappoggiai il telefono sul comodino e sospirai. Non mi sarei mai riaddormentata, sapendo che Yoongi sarebbe stato sotto i ferri da lì a poco.
“Ambra”
La voce della mia coinquilina mi ridestò dai pensieri. Mi voltai verso di lei. Era buio pesto e i miei occhi non vi si erano ancora abituati. Riuscivo a scorgere solamente una figura minuta distesa a pancia in su.
“Ma che ci fai sveglia?”
Le sorrisi: “E tu che ci fai sveglia?” risposi a tono.
La bionda rise, prima di dirmi: “Dai, seriamente”
“Operano Yoongi di appendicite”
Chiara, breve, concisa.
Giorgia rimase immobile e in silenzio per qualche istante, poi decise anche lei di mettersi a sedere.
“Così all’improvviso?” domandò, stranita. La guardai con una faccia comprensiva. Era esattamente quello che avevo pensato anche io.
“Rischio peritonite… Ringrazia che se ne sono accorti” aggiunsi poi, quasi più come un commento, che rivolgendomi veramente a Giorgia.
“Davvero” mormorò lei.
In quel momento mi vibrò il telefono, nuovamente. Lo ripresi in mano rapidamente, temendo potesse essere ancora Namjoon.
Non era Namjoon.
 
From Sugar To Ambra H 4.56
Mi ha detto Namjoon che domani vuoi venire
From Ambra To Sugar H 4.56
Sì, se non è un problema. E se non vuoi riposare un po’.
From Sugar To Ambra H 4.58
Tranquilla. Anche se avrei voluto farti venire in altri modi…
 
Avvampai vistosamente e lanciai il telefono sul comodino.
“Che c’è?” fece Giorgia, ridendo, mentre si stropicciava un occhio, con fare assonnato.
“Era Yoongi” risposi velocemente, senza scendere nei dettagli. Poi, siccome continuava a guardarmi con sguardo indagatore, le dissi “Stendiamo un velo pietoso su quello che mi ha scritto”
Ma come faceva a fare battute del genere pure stando male?
Giorgia bofonchiò qualcosa del tipo Non mi sorprende e poi si sdraiò di nuovo, rimettendosi sotto le coperte, con l’intento di ritornare a dormire.
La avvertii del fatto che la mattina dopo sarei andato in ospedale da lui, prima di rimettermi sdraiata insieme a lei e provare, ovviamente inutilmente, a riaddormentarmi.
 
 
P.Y. H. 3.50
Le presi i capelli all’altezza della nuca e le tirai indietro la testa, staccandogliela dal mio collo, giusto per riuscire a guardarla in faccia e per interrompere il principio di un succhiotto.
“Te l’ho già detto” le dissi, con serietà “Puoi baciarmi, mordermi, graffiarmi. Ma non mi devi lasciare segni di nessun tipo”
La ragazza annuì, con ancora le palpebre socchiuse per il piacere. Le lasciai andare la testa e ripresi a spingere con il bacino, affondando in lei sempre di più.
E anche quella notte, dopo la nostra esibizione di ballo in una delle discoteche di Los Angeles, avevo trovato una ragazza con cui poter passare la notte.
Come quasi tutte quelle che avevo trovato da quando ci eravamo trasferiti a Los Angeles, era un’americana. La classica oca americana della California.
Però era di una bellezza paurosa: capelli neri, lunghi, morbidi. Occhi altrettanto scuri. Fisico da urlo, perché a quanto mi aveva detto faceva pole dance.
E a me questo bastava.
“Suga…” mormorò lei, tra un gemito ed un altro “Suga…”
Già, non sapevano il mio vero nome. Usavano il mio nome d’arte da ballerino.
“Sì…” le risposi, mantenendo il tono rauco che tanto piaceva alle ragazze.
E così continuai a spingere, facendo mischiare i nostri sudori e i sospiri, perdendoci l’uno negli occhi dell’altra. Era bello, Dio se era bello poter fare sesso ogni volta che mi pareva.
Eppure, ogni volta che stavo per arrivare al culmine, un solo ed unico viso mi compariva davanti, come un’immagine fissa. E non c’entrava niente con le americane.
Diedi un’ultima spinta dentro di lei prima di perdermi nell’orgasmo. Uscii piano da lei e ripresi fiato un secondo, prima di sfilare il preservativo, buttarlo nel cestino e sdraiarmi a pancia in su.
“No, per favore” dissi, portandomi una mano sulla fronte praticamente bagnata, non appena mi accorsi che Valary – questo il nome della ragazza di quella notte – era in procinto di mettermi un braccio sul petto e poggiarsi a me “Sono troppo sudato e ho bisogno di aria”
La vidi ritrarsi timidamente, con la coda dell’occhio. Poggiai un braccio sulla fronte e feci un profondo sospiro.
Era andato tutto bene come al solito, tranne che per uno strano dolore all’altezza dell’inguine, proprio sulla gamba destra. Lo avevo sentito durante tutta la durata del rapporto, ma non ci avevo fatto più di tanto caso.
E anche in quel momento, che ero svaccato a pancia in su a gambe leggermente divaricate, sentivo quella sensazione fastidiosa, che anzi si stava propagando lungo la gamba.
Ripensai all’esibizione, cercando di fare mente locale riguardo ai vari passi di danza. Non mi risultava di aver fatto movimenti particolarmente bruschi, ma poteva comunque essere che mi fossi stirato il muscolo.
“Tutto bene?” mi domandò la ragazza di fianco a me. Ero così assolto nei miei pensieri che non avevo neanche capito cosa mi avesse detto, con quello spiccato accento americano.
Ani…” risposi in automatico, per poi scuotere leggermente la testa e dirle: “Ehm… Non ho capito, scusami”
Intanto, il dolore alla gamba stava aumentando ed aveva raggiunto il ventre. Ma cosa cazzo avevo?
Valary ridacchiò: “Stai bene?”
Annuii brevemente.
Non stavo bene per niente, in realtà; non capivo cosa cazzo stesse succedendo. Soprattutto considerando che il dolore si era propagato anche all’altezza del ventre, quindi era da escludere qualsiasi stiramento o dolore muscolare.
Stava veramente diventando insopportabile, perciò decisi di tirarmi su e provare a vedere se avessi qualche antidolorifico. Mi tirai su a fatica e il problema principale fu che, in quel modo, il dolore era aumentato a dismisura.
Boccheggiai qualche istante, sentendo lo sguardo preoccupato di Valary sulla mia schiena nuda. Afferrai il telefono e chiamai Namjoon, l’amico che abitava più vicino a me.




 
ANGOLO AUTRICE
Ci tengo a specificare che non conosco i BTS da molto,
mi sono avvicinata a loro recentemente e nutro profonda stima nei loro confronti.
Mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate di questa storia!
Vi ringrazio in anticipo. 
 
  
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