«Non sapevo ti piacesse cucinare.»
  Accompagnate da un sonoro sbadiglio, furono queste le parole che preannunciarono la sua comparsa in cucina con indosso un semplice pigiama blu – indumento che, in una domenica come quella, difficilmente avrebbe lasciato spazio a un paio di scomodi pantaloni abbinati a una cravatta fin troppo stretta. Sarebbe volentieri rimasto in tenuta da notte per tutto il resto della giornata, conciliando le ore di tranquillità che lo attendevano con una piacevole lettura.
  Lo stesso, evidentemente, non si poteva dire di Shiho, che, già sveglia e vestita, si fece trovare in piedi di fronte ai fornelli. «C’è sempre una prima volta», asserì lei, senza tuttavia voltarsi a guardarlo.
  «Alle sette e mezza di mattina?» la rimbeccò quello, le sopracciglia aggrottate in un’espressione vagamente scettica mentre osservava l’orologio affisso al muro. Conosceva Shiho abbastanza da sapere quanto amasse concedersi una doccia di prima mattina; pertanto, se nel frattempo era anche riuscita a ritagliarsi il tempo di mettersi ai fornelli, non aveva idea di quanto poco avesse dormito. «Che cos’è questo odore, comunque?» indagò, avvertendo nell’aria un aroma che, per quanto invitante, non gli ricordava nessun tipo di cibo tipicamente consumabile a colazione.
  «Castagne.»
  «Castagne?»
  «Sì, castagne», ribadì. «Non ti sei pulito il cerume dalle orecchie, prima di scendere?»
  Per amor di quiete, Shinichi decise di ignorare le sue ultime parole. «Mi sorprende solamente che qualcuno, tu soprattutto, possa pensare di cucinare delle castagne alle sette e mezza di domenica mattina», puntualizzò, aprendo intanto le ante di uno scaffale e raccattando tutto il necessario per una lauta colazione.
  «I ragazzi saranno a casa del professore, questo pomeriggio. Sai quanto adorino le castagne, quei tre, così il professore mi ha chiesto di cuocere quelle raccolte dal castagneto che ha piantato nel suo giardino.»
  «E come sono venute?» domandò, allungando il collo per buttare lo sguardo al di là della chioma di Shiho, dove alcune castagne già cotte giacevano all’interno di una piccola ciotola.
  «Giudica tu stesso», lo spronò allora lei, spostandosi di un passo a sinistra per lasciargli spazio. Peccato che, non appena Shinichi ne agguantò una piccola porzione, la inghiottì così in fretta da non accorgersi che scottasse. Sentì la gola bruciare, e dovette bere goffamente dal lavandino della cucina per avvertire un po’ di sollievo immediato. Rientrato il pericolo gola in fiamme, tornò a rivolgere lo sguardo verso Shiho, che, braccia incrociate al petto, aveva trovato quel piccolo teatrino piuttosto spassoso.
  Ignorando il sorriso sardonico dipintosi sulle labbra di Shiho, Shinichi frizionò il viso con un panno per eliminare gli schizzi d’acqua. «È la tua vendetta per quello che è successo ieri sera, vero?»
  «Non era programmato, in realtà, ma sì, possiamo metterla così», commentò l’altra, per poi girare i tacchi e dirigersi allo scaffale dov’era conservata la sua tazza preferita – e mentre lei si apprestava a versarsi del caffè, Shinichi prese la saggia decisione di incassare il colpo in silenzio.