Iniziativa:
Questa storia partecipa al #Writober 2019 di Fanwriter.it.
Prompt:
fantasma (giorno 5).
Numero
parole: 861.
Remus
si trascinò, sfinito, fino alla Stamberga Strillante. Il
sole era ormai
tramontato e la notte si apprestava a gettare il suo manto su
Hogsmeade. Le
luci del villaggio, però, erano lontane.
«Lumos», sussurrò
Remus e la punta della
sua bacchetta prese a brillare.
Non
gli interessava se qualcuno l’avesse visto, in quel momento
gli importava né di
Voldemort né dei Mangiamorte né di altri. Aveva
la vista appannata e incespicò
diverse volte su quel pavimento sconnesso e scricchiolante, rischiando
di
finire gambe all’aria a ogni passo. Camminò senza
meta, illuminando prima l’una
poi l’altra stanza, alla ricerca di un qualcosa che non
sapeva nemmeno lui.
I
ricordi lo incalzavano, schiantandogli il cuore. Ogni dettaglio gli
ricordava qualcosa
di un passato ormai lontano e che non sarebbe mai più
tornato, soprattutto ora
che anche Sirius era morto.
Remus
si coprì gli occhi, singhiozzando al centro di una delle
tante stanze, con la luce
della bacchetta che tremava, un po’ fioca.
«Perché
te ne sei andato anche tu?» chiese
all’oscurità e a quel silenzio che era un
compagno ancora più spaventoso. Risollevò lo
sguardo, con le guance umide e il
naso che colava. «Perché mi hai lasciato
solo?» continuò in un singulto
strozzato.
Se
fosse stato possibile, avrebbe preso Sirius e gliene avrebbe date di
santa
ragione. Come aveva anche solo potuto credere che sarebbe riuscito a
cavarsela
senza di lui? E a Harry, poi, non aveva pensato?
Remus
sollevò gli occhi al soffitto mangiato dalla muffa, come se
la risposta fosse
incisa lì.
«Non
puoi arrenderti anche tu, Remus.»
Al
suono di quella voce, Remus sussultò e si volse di scatto.
Sbatté ripetutamente
le palpebre, chiedendosi sotto quale incantesimo era caduto vittima.
Sirius
era di fronte a lui, simile a un sogno che sta per svanire, pallida eco
di ciò
che era stato. Gli stava rivolgendo uno dei suoi soliti sorrisi
sghembi, che
lasciavano intuire il carattere un po’ strafottente, che con
gli anni non era
affatto migliorato.
«Sirius,
come... cosa...?» riuscì a balbettare.
«Prima
di andarmene per sempre, volevo tornare qui un’ultima
volta», rispose Sirius,
guardandosi intorno con gli occhi che si facevano sempre più
opachi, «ero certo
che ti avrei trovato in questo posto.»
Remus
non sapeva cosa rispondere né che pensare. Il suo cervello
si era trasformato
in una grossa teiera intasata. Erano così tante le domande
che avrebbe voluto
fargli!
«Perché
non resti qui?» gli chiese infine, con un filo di voce.
Sirius
sorrise di nuovo, ma questa volta non vi era alcuna traccia di
strafottenza.
«Non
voglio. Non è più questo il mio posto,
ormai», rispose e lo disse con
leggerezza, come se parlasse di un qualcosa da niente.
Remus
divenne livido d’ira.
«Ti
sei fatto ammazzare, accidenti a te!» insorse, «non
potevi fare attenzione? Non
hai pensato a cosa sarebbe successo se fossi morto? A cosa avremmo
provato
tutti con la tua morte, a cosa avrei provato io?»
Sirius
veleggiò nell’aria e gli fu di fronte. La sua
espressione non era affatto
turbata.
«Hai
paura che non ci rivedremo?» gli chiese.
«Non
è questo...»
«Non
devi arrenderti, Remus, nemmeno ora che io sono morto.»
Remus
sollevò una mano, che si strinse intorno al nulla. I suoi
occhi si riempirono
di lacrime e il suo volto sfregiato si trasformò in una
maschera di dolore.
«Non
sono pronto a dirti addio», sussurrò,
«prima James, ora tu... sono rimasto da
solo.»
Sirius
rise, della sua solita risata calda che tante volte aveva sentito
risuonare
nell’aria.
«Non
sarai mai da solo, dovresti saperlo», replicò.
«Mi
hai chiesto di non arrendermi, ma come posso continuare a lottare
mentre vedo i
miei amici morire uno dopo l’altro?»
Sirius
tornò serio e lo guardò negli occhi per un lungo
istante.
«Devi
farlo, amico mio. Devi farlo sia per chi resta sia per chi va via,
altrimenti
renderesti inutile la mia morte e anche quella di James»,
rispose.
Remus
deglutì a fatica.
«Perché
tu e non io?» gli chiese.
«Perché
tu hai ancora qualcosa da fare su questa terra, mentre io... beh, non
più», e
allargò le braccia come se avesse voluto abbracciarlo.
«Perché
ti sei mostrato a me e non a Harry? Lui ne aveva più
bisogno», disse Remus.
Sirius
scosse il capo.
«Non
è ancora il momento, ma arriverà
presto», rispose.
Rimasero
in silenzio a fissarsi, a scambiarsi uno sguardo pieno di sottintesi
che Remus
non era in grado di cogliere fino in fondo. Lui aveva ancora qualcosa
da
fare... ma cosa? Per un istante, un solo istante, pensò a
Tonks.
Sirius
inclinò il capo.
«Sai
che questo non è davvero un addio, vero?» gli
disse.
«La
tua è una promessa?»
«Sì.»
Remus
chiuse gli occhi, inseguendo prima l’uno poi
l’altro pensiero, ma quando li
riaprì, del fantasma di Sirius non c’era
più traccia. Fece un giro completo su
se stesso, illuminando gli angoli della stanza. Era di nuovo solo.
«E
sia, amico. Non mi arrenderò, lo farò per te, per
James e per Harry», disse,
come se Sirius fosse ancora lì davanti a lui.
Gettò
un’ultima occhiata a quel luogo, concedendosi un sorriso,
certo che non ci
avrebbe mai più messo piede.
«Nox»,
sussurrò infine e il buio lo
avvolse.
Angolino
dell’autrice:
Ciao
a tutti,
non
ho la più pallida idea di cosa abbia scritto, ma... va beh,
come primo
esperimento su questa coppia di amici direi che è quantomeno
decente.
Fatemi
sapere cosa ne pensate, i consigli sono sempre ben accetti!
Senza
alcuna pretesa,
Elly