Capitolo
1°
Silenzio.
È il silenzio a precedere la
tempesta.
Sempre… ogni volta.
E.W.
Plic. Plic. Plic.
La prime gocce d’acqua iniziarono a scendere e l’oscuro cielo notturno, d’un
tratto, si illuminò, mostrando minacciose nubi grigie. Un tuono rimbombò più
volte.
Maledetta pioggia, pensò Lya mentre correva tra le strade di
Londra. Aveva lasciato l’ombrello a casa e, come se non bastasse, portava un
ritardo di dieci minuti, ma era quasi arrivata; superò un incrocio e si ritrovò
davanti al portone della sua nuova accademia.
Era
stata convocata per la sua prima lezione di pianoforte alle nove e mezzo di
sera, quando la maggior parte delle luci erano spente e gli alunni stavano
radunando le loro cose per tornarsene a casa.
Stava
per entrare ma, non appena sfiorò il portone, udì una macchina dietro di lei
sgommare e sentì degli schizzi d’acqua bagnarle le gambe. Si girò e vide un
ragazzo, un bel ragazzo, scendere da un decappottabile nera.
“Stronzo”
disse a voce alta la giovane aprendo il portone. Il ragazzo rise divertito e,
senza dire una parola, la seguì dentro.
Avanzarono
insieme per un po’, fino a quando Lya non si fermò davanti alla segreteria e il
ragazzo proseguì per la sua strada.
“Scusi”
iniziò la ragazza rivolgendosi ad una donna sui cinquant’anni “Penso ci sia un
errore… la mia prima lezione dovrebbe essere iniziata da… circa dieci minuti
ma, da quanto vedo, stanno andando tutti a casa. Penso che il mio orario sia
sbagliato” continuò tutto d’un fiato, senza lasciare alla donna il tempo di ribattere.
“No
cara, ci sono un paio di professori che fanno lezione sul tardi e…” rispose la
cinquantenne guardando il foglio che Lya le stava porgendo “…a quanto pare tu
sei l’alunna di uno di quei professori” sorrise gentilmente e la lasciò senza
aggiungere altro.
“Aspetti.
Dove devo andare?” chiese la ragazza.
“Vai
al piano di sopra e chiedi dove fa lezione il professore Edgar Worthing”
rispose la donna.
Lya
salì velocemente le scale e avvicinandosi ad una scrivania vide un bidello fare
un cruciverba.
“Scusi
dove posso trovare il professor… Edgar… Edgar…” niente, non riusciva a
ricordare il suo cognome.
“Edgar
Worthing?” disse qualcuno con una voce roca, ma soave. Sensuale. Ammaliatrice.
“Esatto” rispose Lya senza rendersi conto che a dire il nome esatto non era stato il bidello, ma un ragazzo proprio dietro di lei. Quando se ne accorse, si girò e riconobbe immediatamente il giovane che l’aveva bagnata all’ingresso. Lo squadrò seria e si rigirò senza ringraziarlo.
“Allora?”
disse inacidita verso l’uomo che, tranquillo, continuava a scrivere.
“Non
ti sente. Ha le cuffie alle orecchie… e in ogni caso il professore che cerchi
sta nell’aula 15. È sceso un attimo giù quindi non lo troverai, ma puoi
aspettarlo in classe” rispose nuovamente il ragazzo sorridendo.
Lya
non lo sopportava, era come se si stesse prendendo gioco di lei, non faceva
altro se non sorridere. Si girò verso di lui e lo scrutò nuovamente. Certo che
era veramente carino, poteva avere 18 o forse 19 anni. Aveva gli occhi celesti
e ribelli, capelli biondi che di tanto in tanto gli ricadevano sulla fronte:
sembrava uscito da una favola.
“Grazie…”
disse scocciata e, ripensando a pochi minuti prima, sottovoce aggiunse
“…stronzo” iniziò a camminare, quando il ragazzo scoppiò in una fragorosa
risata.
“L’aula
15 sta dall’altra parte” urlò allegramente. Lya tornò sui suoi passi e senza
avvicinarsi al giovane disse: “Sì, lo so”.
“Aspetta
devo venire con te…” aggiunse lui raggiungendola.
Lei
non disse nulla, quel falso principe azzurro le stava talmente antipatico che
avrebbe preferito portarselo dietro per tutta la vita piuttosto che rivolgergli
la parola. Magari una qualsiasi ragazza vedendo tutta quella bellezza avrebbe
lascito correre quello che lui le aveva fatto, ma lei non era una ragazza qualunque,
no, lei era Lya.
“Lya
e basta!” rispondeva di tanto in tanto a quelli che le chiedevano come si
chiamasse. Ma in fin dei conti bastava un documento per far conoscere a tutti
il suo cognome. Lya Darcy. Figlia di Arnold e Becky Darcy, creatori delle famose
collezioni della DarcyStyle, stilisti di grande successo, affermati in tutto il
mondo.
Odiava
essere associata ai suoi genitori.
“Eccoci
qui, siamo arrivati” disse il ragazzo aprendo una porta e lasciandola passare.
Lya mugugnò qualcosa che assomigliò vagamente ad un grazie, appoggio la sua
borsa su un tavolino, sistemò lo sgabello del piano e ci si sedette sopra.
“È da tanto che suoni?” le chiese il biondino,
appoggiandosi allo strumento.
Lya
fece cenno di no con la testa e iniziò ad accennare una delle sei Sonatine di
Clementi. Le adorava e quando voleva ingannare il tempo iniziava a suonarne
una; le aveva imparate tutte a memoria, conosceva ogni nota, ogni passaggio,
ogni legatura. Quelle melodie non avevano più segreti per lei.
“Tutto
qui quello che sai fare? Mi aspettavo qualcosa di più…” iniziò a dire il
giovane, provocandola e sorridendo maliziosamente. Lya lo guardò con odio: non
lo sopportava per niente, avrebbe voluto prendergli la testa e sbattergliela
con forza contro un muro. Rise a quel suo pensiero e mise da parte la rabbia:
non le piaceva essere sottovalutata. Odiava essere sottovalutata. Finì di
suonare e, alzandosi dallo sgabello, andò verso il banco su cui aveva messo la
borsa. L’aprì, ne tirò fuori un libro dalla copertina blu e lo appoggiò sul
leggio.
Iniziò
a suonare e, fu in quel preciso istante che il ragazzo, smise di sorridere.
Sentiva
la dolce melodia che la ragazza stava suonando ma, anche, il debole battito del
suo cuore. Percepiva ogni suo movimento, ogni sua incertezza o debolezza.
Guardava
le sue candide dita affusolate muoversi tra i tasti bianchi e neri. Ma,
soprattutto, sentiva il dolce profumo
del suo sangue mischiarsi ad una goccia di Chanel n° 5.
Tutto
ciò gli stava facendo perdere la concentrazione, aveva la mente annebbiata e i
suoi occhi avevano iniziato a cambiar colore. Passavano dal celeste al verde.
Dal verde al giallo. Dal giallo all’arancio. Dall’arancio al rosso più vivo.
Il
rosso cremisi.
Nella
sua lunga esistenza aveva bramato il sangue di centinaia di ragazze ma, alla
fine, aveva imparato a domare il suo istinto. Aveva rinchiuso il mostro che era
in lui in una piccola parte del suo cuore - fermo oramai da secoli - e quella
sua parte sembrava oramai morta da
tempo eppure, in quel momento, aveva ricominciato a farsi sentire.
Si
dimenava, strepitava e lui sapeva che se non avesse ritrovato al più presto la
calma, la sua anima nera sarebbe riuscita a rompere quelle catene con cui lui
l’aveva intrappolata per anni.
Non
poteva permetterlo.
No,
assolutamente no!
Non
osava immaginare cosa sarebbe potuto accadere se quel mostro si fosse
impossessato nuovamente di lui.
Cosa
poteva avere quella ragazza di tanto speciale per ridar vita al suo “io”
oscuro? Edgar sapeva cos’era e si chiedeva come avesse fatto a non accorgersene
prima.