Premetto che questa fanfiction mi è venuta molto diversa da come avevo intenzione di scriverla, però quando stavo scrivendo alla fine mi è uscita così, spero ne sia venuto fuori qualcosa di accettabile; ringrazio in anticipo i lettori per eventuali recensioni ^_^
White Gundam
RAIN & SUN
Il sole, oggi,
scotta le pietre di questo luogo, forse sarà per questo che non mi sembra lo
stesso posto; i suoi raggi però, in un qualche modo, filtrano una malinconia che
avevo scordato. Ma tu lo sai, avevo scordato tutto.
La
landa brulla e desolata si stendeva per miglia e miglia alle spalle di Midgar,
la città che aveva lasciato quel mattino nel totale silenzio dell’alba; prima
che l’appartamento si impregnasse dell’odore del caffè e le voci allegre di
Denzel e Marlene. Prima che Tifa avesse il tempo di chiedergli dove stava
andando, di raccomandargli di tornare, di dirgli che l’avrebbe aspettato. Si era
tirato la porta dietro le spalle, evitando di fare rumore. Aveva raggiunto la
sua moto, infilandosi gli occhialini neri e aveva guardato con un amaro sorriso
la divisa da SOLDIER 1° classe che aveva indosso.
SOLDIER 1°
classe, per quanto tempo ho creduto di esserlo stato; e non bastava tutta
l’acqua del mondo a lavare quella fasulla sicurezza dalla mia testa.
Aveva inforcato il manubrio e dato gas per partire. Poi
solo il rombo del motore e l’aria sul viso, solitamente era una sensazione che
non gli dispiaceva. Quel giorno però avrebbe dovuto regolare i conti col
passato, quello vero. Espirò lentamente, come a volersi calmare, quando vide
quel posto: fredde rocce facevano da contorno ad una terra brulla e inospitale.
Scese dalla moto a passo lento e gli sembrò che tutto in quel momento fosse
lento come le riprese della moviola. Il terreno era deserto e polveroso, non vi
erano macchie di sangue però, forse le aveva portate via la pioggia di quel
giorno, o più probabilmente era stato il tempo a cancellarne le
tracce.
Il tempo
cancella ogni traccia, e
Il
giovane salì in silenzio la strada rocciosa, qua e là qualche ciuffo d’erba
sembrava sfidare il clima rigido. Probabilmente ve ne erano anche quel giorno,
ma i suoi ricordi in bianco e nero non gli permettevano di ricordare. Il sole
era alto nel cielo, di un azzurro limpido come i suoi occhi, come gli occhi di
Zack. Salì ancora fino a trovarsi su una roccia pianeggiante, di ciò che aveva
creduto di trovare non erano rimaste nemmeno le ossa: era troppo tardi per poter
dare degna sepoltura a quel corpo, cosa che tanti anni prima non aveva avuto la
forza di fare. Con un sospiro Cloud Strife si sdraiò tra le rocce, il sole caldo
gli bruciava le retine degli occhi che riflettevano il
cielo.
Il cielo che
guardasti tu quel giorno, era fatto di pioggia; una pioggia che erano le lacrime
per aver perduto un eroe, e una pioggia infinitamente più piccola che sgorgava
dai miei occhi, che erano le lacrime per aver perduto un amico.
Rimase lì, sdraiato con lo sguardo fisso nel vuoto e si
decise ad aprire le barriere che fino a quel momento stava imponendo ai suoi
ricordi. Lasciò che riaffiorassero pian piano, insieme a due calde lacrime che
gli bagnarono il viso scivolandogli sul petto. Era tanto tempo che non piangeva,
forse l’ultima volta che aveva pianto era stato proprio quel giorno di tanti
anni fa in quello stesso luogo. Sospirò e prese fiato: era arrivato il momento
di fare ciò per cui era venuto lì. Era il momento di raccontargli tutto, di
parlargli di quella vita che sarebbe stata sua e di cui lui aveva
abusato.
Il cielo che
vedo io oggi è fatto di sole; vorrei pensare che il sole che vi è in questo
posto in qualche modo sei tu, ma sarebbe troppo
facile.
Avrebbe voluto chiedergli scusa per non aver pensato a
seppellire dovutamente il suo cadavere. Avrebbe voluto dirgli di quella vita che
aveva vissuto credendosi lui, raccontargli quegli anni in cui lui aveva vissuto
nel suo corpo. Chiedergli perdono per essersi innamorato, tra tutte le donne che
c’erano proprio di lei, proprio di Aerith. Avrebbe voluto chiedergli se, in
fondo, era stata una buona idea quella di chiedergli di vivere per entrambi. Ma
alla fine le parole gli si accavallarono in gola, formandogli un nodo, e
restarono lì, ferme e silenziose. Così alla fine non disse nulla di tutto il
discorso che si era ripromesso di fare a Zack, in quel posto dove tanto tempo
prima aveva dovuto abbandonare il corpo insanguinato dell’amico.
Non trovo il
coraggio di raccontarti ciò, forse però tutte queste cose le hai già viste, anzi
in un certo senso si può dire che tu le abbia vissute.
Restò lì, immobile per ancora qualche secondo, sentendo
i teneri raggi del sole abbracciarlo carezzandogli i capelli biondi con un misto
di dolcezza e nostalgia. Cloud si alzò guardando il cielo, così uguale a quegli
occhi che ben conosceva:
“Grazie Zack.” Mormorò piano:
“Grazie per aver capito.”
Si
alzò da terra senza spolverarsi la divisa da SOLDIER e si diresse verso la moto,
inforcò gli occhiali neri e accese il motore. Presto sarebbe stato a casa, con
l’odore della cena e i giochi di Denzel e Marlene, con Tifa che gli avrebbe
chiesto dove era stato tutto il giorno e che l’avrebbe abbracciato da dietro
notando nei suoi occhi le lacrime che vi si erano incastonate, invisibili a
chiunque altro.
E forse un
giorno Zack tornerò qui per parlarti di questo: della mia vita come Cloud, che
ricomincia oggi… Non a caso oggi è l'undici agosto, non a caso oggi io compio gli
anni: è il giorno giusto per ricominciare la mia vita.