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Autore: Francois79    27/10/2019    10 recensioni
Ispirata all'omonimo brano jazz di Stan Kenton, un missing-moment di Oscar e André, in cui Alain sarà inconsapevole spettatore, fra stancanti ronde notturne nei bordelli di periferia coi soldati della Guardia Metropolitana...e dove Oscar riscopre una delle sue più belle passioni.
I personaggi sono liberamente ispirati all'anime di Lady Oscar.
Genere: Commedia, Erotico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Avevano fatto diverse ronde nei quartieri più malfamati di Parigi, pattugliando ripetutamente le strade di periferie sporche, puzzolenti, rischiando la pelle ogni volta, per poi trovarsi a crollare stremati sulla scomoda branda pulciosa, che per loro, in quell’istante, appariva il più comodo giaciglio ove gettarsi indietro tutte le fatiche della giornata.
Fra le zone di pattuglia non potevano ovviamente mancare le case di tolleranza: ieri ad esempio, il reggimento B aveva ricevuto l’incarico di perquisire un postribolo della periferia di Parigi.
Oscar vi era entrata senza riguardo, e nonostante lo stato di degrado che presentava quella casa di appuntamenti, Alain e i suoi compagni notavano con grande stupore frequentazioni da parte di diversi nobili.
"Ma tu guarda, Jacques" - sbottava adirato uno dei soldati - "...guarda un po’ cosa ci fanno coi nostri soldi, noi a pagar tasse come disgraziati per questi cialtroni, sollazzati fra cosce e divani... col portafogli pieno delle nostre fatiche.
Chissà quanto gli danno, a 'ste mignotte, per un servizietto di mezz'ora..." – scrutandole languidamente come un cane affamato.
"Te le puoi scordare quelle, amico mio…” - rispondeva un altro commilitone - "…quelle tipe sono un bocconcino troppo salato per le nostre tasche. Si guarda, ma non si tocca…”
Ed Oscar, nel frattempo, ispezionando le stanze una per una, vi aveva perfino trovato un’antica e odiata conoscenza, nientepopodimeno che il Duca di St. Germain, impegnato alle prese con una meretrice.


"Ah ah André…” - raccontava il giorno dopo Alain, divertito - "...ma dovevi vedere che spettacolo, ahah... quello scorfano incipriato era tutto imbarazzato, con gli occhi sotto i piedi...
E lei invece, niente… fredda e impassibile, non lo ha cagato manco di striscio!
Oh, ti dico… non che il tizio era proprio in mutande, però, manco sapeva dove mettere la faccia, il fottuto bastardo! Ahahahah… dovevi vederlo…”
E nell’ impeto Alain, ingozzava con trepidazione la pinta di birra – “…e lei dovevi vederla, era rimasta sul ciglio della porta della camera, col suo sguardo di ghiaccio, mentre noi continuavamo la perquisizione!
Senza fiatare… Andrè, che risate! E quel depravato poi, balbettava come una scimmia, mamma mia…
<< Ma… ma... ma insomma, Madamigella... ma come osate...voi non sapete chi sono io! Ebbene io sono il Duca di Saint Germ... ecc ecc >> e un paio di fottute provole ahah” – imitandolo ironicamente, Alain, coi gesti della mano – “… ahah povero idiota… e tu pensa, il Comandante è uscito poi di stanza ignorandolo come un fantasma. Che voglia di scompisciarmi!…Ci ho goduto sai?
Ti giuro Andrè, che la tua Oscar pareva un pezzo di ghiaccio!
Che donna, perbacco!
Ma senti una cosa Andrè, …ma il Comandante quando eravate ragazzi, che razza di vita faceva? Certo che è proprio coi pantaloni! Manco fosse una donna per davvero...!"


E Alain inconsapevolmente, nella foga dei dettagli sul suo ‘resoconto di servizio’, mostrava troppo incurante ad André tutta la sua ammirazione per la bionda Comandante.
André lo osservava con lo sguardo fermo, la mano sul boccale ancora pieno, leggendolo negli occhi.
Ogni risata del rude amico era sempre più una fastidiosa conferma per André di cosa ci fosse seriamente in Alain, dietro quella apparente commossa stima, verso l’amata ‘Amazzone di ghiaccio’.
Era il nuovo soprannome che i soldati le avevano marchiato, una sorta di ossimoro fantasioso che spiegava in due parole, quanto ardente e androgina fosse Oscar, come una guerriera, ma allo stesso tempo indeformabile e perfetta come un diamante.

"Ma poi dico io... " - continuava fervido Alain - "…davvero non capisco come il Comandante abbia potuto scegliere questa merda di vita!
Potrebbe, che ne so, delegare qualcun altro per questi incarichi così schifosi.
E invece no, sta sempre là in mezzo a noi, pronta a ‘sporcarsi le mani’, come non ho mai visto fare a nessuno di tutti gli altri ufficiali di questa caserma."
Alain continuava a stupirsi e André, da quell'unico occhio smeraldo, lo guardava accennando un sorriso smorzato, quello di chi metteva già fuori discussione la lealtà della donna-soldato col suo passato tutto da scoprire, un libro aperto per Alain, che attendeva solo di essere sfogliato per ogni capitolo.


La presenza dei soldati della Guardia cittadina non era mai stata molto gradita in quei postriboli, a meno che non si trattasse di libera uscita, anziché del solito ordinario servizio di pattuglia.
E allora sì che era ben altra cosa: non badavano a spese, i soldati, quando si trattava di prendersi il piacere.
Era come arrivare all’ora di ricreazione dopo una boriosa mattinata a scuola.

Oscar ovviamente, amava molto meno l’ostico compito di accedere alle case chiuse, e su questo c’è poco da spiegare.
Ognuna di quelle giovani baccanti poteva facilmente rivelarsi una sensuale ‘rivale’ per Oscar, specie quando inavvertitamente si accorgevano del fascino gentile e misurato del suo André, molto diverso dall’avvenenza più dozzinale in Alain, o dalle fattezze animalesche degli altri suoi compagni.
Oscar ignorava ingenuamente che negli apprezzamenti di André verso quelle ragazze c’era una buona dose di messinscena, buttata lì giusto il tanto che bastava per mettere a tacere gli insidiosi pettegolezzi dei suoi compagni.


Più volte i soldati si chiedevano infatti cosa mai ci fosse stato nel passato dei due innamorati, i quali aspettavano ancora il momento giusto per potersi palesare: se non fosse stato per l’eccessiva prudenza di lui, ancora memore del suo solenne ‘giuramento’ da uno strappo di camicia, e della troppo mascherata ritrosia di lei, ancora incerta sul come fare ‘la cosa giusta’, e troppo impacciata per esternargli la sua vera essenza di donna.


Alle camerate, gli oggetti di chiacchera erano i soliti di ogni sera: le donne, il sesso, il cibo, la famiglia, la politica, il lavoro…e di nuovo le donne, il sesso, ecc…
Spesso e volentieri, in assenza di André, l'ultimo argomento segreto che animava le loro partite di poker era ammaliante e biondo: il Comandante col suo ‘fido’, il Comandante e i suoi sguardi distratti verso quell’anima in pena dall’occhio sfregiato che devotamente le ‘scondizolava’, come un cane fedele alla padrona, il Comandante e il suo affascinante sorriso, che ogni tanto mostrava d’istinto nelle visite di licenza, ad esempio, in presenza della graziosa Diane.
Dietro la satirica caricatura di Oscar e André non c’era più, nei loro pettegolezzi, quel disprezzo volgare e lascivo di una volta.
I soldati adesso avevano dato posto a una sorta di amorevole tenerezza, forse perché ormai avevano intuito da che parte stava lei, e soprattutto, la profondità nel cuore che Oscar teneva.
Ne dava conferma l’esperienza memorabile che aveva baciato la buona sorte del compagno Lasalle.

Speravano silenziosamente che quella strana coppia, servo e contessa solo per destino e buon costume, avesse un giorno potuto, magari, un domani, palesare reciprocamente i propri sentimenti.
Erano quasi certi che il Comandante Oscar non avrebbe più riservato le sue attenzioni a nessuno, se non unicamente al suo moro amico.
Se Oscar François de Jarjayes avesse voluto davvero unirsi in matrimonio con un nobile, l’occasione l’aveva avuta.
E l’aveva rifiutata egregiamente.
L’episodio comico della sonora risata di Oscar, in faccia all’inebetito Gen. Boullé, in occasione di un ballo organizzato in onore di lei, aveva girato tutte le camerate di Parigi…
Non mancavano però, gli audaci apprezzamenti su di lei, tra un giro di carte e un paio di bicchieri.

- “Certo che però è bella… una bellezza diversa, che ne so, più naturale…” bofonchiava un commilitone, mescolando le carte.
- “Bah, Marcél, non saprei… Per me ci sono due tipi di donne… le bagasce di letto… le madonne di focolare…”
- “…e il Comandante in quale tipo di donna ce la metteresti?”
- “Mah…” e il soldato ammutoliva, col mazzo di poker in mano.
Alain aveva spostato improvvisamente la sua attenzione sulla curiosa domanda del compagno di camerata.

- “Mah, che vuoi che ti dica, Gabriél… non lo so… il Comandante è un genere di donna a sé… un po’ strano, bah, non saprei definire…”
- “Beh… ‘bagascia’ di sicuro lei non è per niente…” – precisava uno di loro.
- “Per carità, Philippe, una vergine di ghiaccio come lei!” – sbroccava la risata di un soldato.
- “Però lo sai che ti dico, Lucién? Io una così, beh io te lo dico… io una così me la porterei a letto volentieri… e secondo me sai quanti schioppi e faville, ah ah…” - ammiccava divertito un altro, dopo aver concluso la mano.
- “A me qualche pensierino lo fa venire pure, sai?” - incalzava un altro soldato.
- “Hai ragione Etiénne, magari è frigida solo all’apparenza, chi lo sa… poi invece, nell’intimità, sarà carica di passione… ce l’ha scritto in faccia che è una santa con un vulcano dentro, aspetta solo di esplodere eh eh” - sorrideva un altro di loro.
- “Sai, di solito si dice che quelle tutte perfette e morigerate in pubblico, sono poi focose e sfrenate sotto le lenzuola… lei poi, quando non si accorge, riesce ad essere sensuale eccome… tu che dici Marcél?”
- “Sicuro Piérre… e i suoi capelli di seta… madonna mia, che belli… sembrano fili di grano, li stessi di quando scarico i balloni nel podere del mio babbo, al mese di giugno… e come profumano… E’ nobile, di sicuro si laverà!” – aggiungeva convinto il soldato accanto.
- “Ah ragazzi, io l’altra volta mi è bastato solo vederla sorridere in quell’azzurro di mare che c’ha negli occhi, mentre mi stava firmando lo scorso permesso di licenza… che ero già rincoglionito! Io non lo so…” – diceva incantato l’altro.
- “A me quando mi parla, sembra quasi che m’ipnotizza con lo sguardo… ma non fa lo stesso effetto anche a voi?”  
- “A te forse ipnotizzerà il cervello… a me invece qualcosa di molto più in basso…” – suggeriva ammiccante l’altro soldato.
- “Oeeeeeeeeh…! E dajeeee… evviva la sincerità di Maurice! Ahahahah…” – un’energica spallata arrivava dal compagno accanto.

E ridevano goffamente i giocatori di camerata, sotto le orecchie sì divertite quanto leggermente disgustate di Alain, che sottecchi nascondeva la sua acerba gelosia.
Non tanto per la volgarità dei commenti, che in verità erano più ironici che pesanti, quanto al fatto di immaginare la sua bionda Comandante fra le loro braccia come un mero oggetto di passatempo.


Non era forse apprezzata anche da lui?
Anche lui, spesso e volentieri, non la desiderava con cotanta eccitazione, come i suoi compagni di brigata?
Quante volte lui non ebbe, ogni volta, il desiderio ardente di strapparle l’uniforme?
Non era però forse lo stesso impeto che avrebbe riservato a una prostituta.
Alain quello lo sentiva e senza ancora capirne il perché.
Invidiava segretamente André, perché nonostante si sapesse in giro che il moro non avesse combinato ancora nulla con lei, Alain vedeva comunque una cosa: sapeva ‘prenderla’ nell’intimo della mente, leggerne il pensiero, coglierla in ogni riflessione, cruccio, o desiderio nascosto che nessun altro poteva scrutare.

Dalle scarse confidenze che scambiava con l’amico, sapeva di loro due che erano cresciuti assieme nella campagna di Arras, nell’Artois, inizialmente come compagni di giochi quando erano bambini, e poi a Versailles da adolescenti, come ufficiale di corte lei, e suo attendente personale lui.
In vent’anni trascorsi insieme ogni giorno, André poteva certamente conoscere meglio di chiunque altro il lato più intimo del Comandante.
E Alain non voleva ammetterlo, ma di questo ne sentiva una certa dose di rivalità.
Alain capiva che il Comandante aveva un temperamento molto simile al proprio carattere, irrequieto e ribelle, ma anche estremamente divergente da quello in opposto, calmo e paziente di André.
Chi si piglia s’assomiglia, lui pensava… è vero, ma non dicevano una volta che gli opposti si attraggono?


**************

Una sera entrarono, come ormai di consueto, in un Café chantant, "La Bonne Nuit", ma nel tardo pomeriggio, al fine di cogliere in anticipo le frequentazioni notturne clandestine che si sarebbero dovute consumare nel corso di tutta quella serata.
A giudicare dall’ora, non vi era ancora entrato nessun cliente; era previsto dall’orario di locandina, uno spettacolo di intrattenimento a sfondo erotico, tra giochi di varietà, balletti, canzoni e spogliarelli.
La pattuglia della Guardia aveva trovato, entrando nel locale, l’ampio bancone ancora vuoto, una cameriera intenta alle pulizie delle stoviglie, un garzone trasandato scaricare la consegna delle vivande, e una donna di servizio, più in fondo alla sala, che continuava a dar giù colpi di straccio e secchio sul pavimento.
Nulla di preoccupante si scorgeva dietro le quinte, e in fondo ai tavoli, sul piccolo siparietto, si esercitavano anzitempo, in una banale prova di burlesque, un gruppo esiguo di sciantose ballerine, intonando svogliatamente un numero d’esibizione sciatto e di poca tonalità.

Oscar, in quel frangente di distrazione, osservava la penosa performance di quelle attrici da operetta, un po’ scadente perché, forse notava lei, mancava l’essenziale: non avevano strumenti musicali, se non un paio di percussioni e una vecchia chitarrina scordata, e a passo sfalsato una soubrette batteva le mani a ritmo di ballo, mentre le altre alzavano con impegno le gambe, tra gonne e sottogonne, mostrando più che potevano delle loro cosce in ogni acrobazia.
Lo spettacolo non era indifferente nemmeno tra i commilitoni, i quali osservavano eccitati e divertiti le movenze piccanti di quelle signorine, facendo saltare qualche fischio di apprezzamento.


André stava in un angolo in disparte ad assistere alla scena, nell’intenzione di non immischiarsi.
Nel frattempo però, si faceva avanti quella che doveva essere probabilmente la padrona del locale, o meglio, la protettrice delle ragazze, la quale aveva già scrutato con molta irritazione la scomoda presenza dei militari di Oscar.
Una presenza che avrebbe procurato al locale non pochi guai, se non la rovina delle sue già scarse entrate.

- “Che per caso siete venuti qua per un bicchierino?” – chiosava ad alta voce la donna infastidita – “Il bar è chiuso… apriamo stasera tardi… molto tardi… qui non c’è posto per voi, abbiamo i tavoli al completo…”
- “Siamo di servizio, signora, si tratta di consueta ordinanza d’ispezione” – precisava Oscar – “Se nella vostra attività non troveremo alcunché di illegale, non apporremo nessuna contravvenzione…”
- “Forse non ci siamo spiegati, signor ufficiale…” – interruppe tempestivamente la signora, gonfiando il petto di fronte ad Oscar, con le braccia incrociate in tono più deciso – “qui abbiamo da lavorare, fra poco c’è uno spettacolo… dovete far smammare i vostri gendarmi. Mandateli via…mi distraggono le signorine. Fuori, che qua non è aria!” – con un cenno del capo.

Oscar ricambiava lo sguardo della donna con altrettanta risolutezza, e non poco distante, si voltava André, appena accortosi della calda atmosfera che si prospettava bollente qualora anch’egli non fosse intervenuto in difesa della sua amata.
“Le ripeto, ho qua un mandato di perlustrazione: sto solo facendo il mio lavoro, come voi il vostro” – ribatteva Oscar, ma fu nuovamente interrotta -
– “E allora se voi non volete andarvene, chiamerò il pappone di quartiere… vorrà dire che ve la vedrete con lui!” – incalzava la signora coi toni accesi, che stavolta arrivarono fino alle orecchie dei soldati della Guardia.

André, avvicinandosi nell’intenzione di rassicurare gli animi, precisava – “Signora, si tratta solo di una verifica di routine…” – lanciando nel frattempo, un’occhiata di approvazione verso Oscar, ma ad ogni botta, una risposta  – “Senta giovanotto…” – lo bloccava la donna ancor prima di finire – “qui le ragazze lavorano sodo per buscarsi da mangiare, abbiamo una pigione mensile da saldare, le paghe delle prestazioni e delle comande, le consegne della merce… ebbene sì, facciamo anche servizi, come dire, ‘aggiuntivi’, del resto qui i soldi non bastano mai…”
I soldati però intanto erano già saliti al piano di sopra, intenti a iniziare la tanto agognata ispezione, sotto lo sguardo della magnaccia che, dal piano terra, stava tutta d’un pezzo con un orecchio teso a origliare cosa potessero trovare di scomodo e indecente nelle camere, e teneva intanto d’occhio le ragazze, affinché potessero indisturbate, continuare il provino di varietà previsto fra poche ore.

Ma Oscar, osservando silenziosa gli interni ammuffati della sala, le travi infracidite della soffitta, i tavoli consunti vicino il palchetto, anch’esso a suo giudizio, pericolante e ai limiti della sicurezza, aveva ormai compreso che in quella bettola si svolgeva una scarsa movida di quel poco che restava per animare quel quartiere malfamato dove ora si trovavano.
“E’ un pianoforte a coda, quello?” – interrompe improvvisamente Oscar, scorgendo una tastiera far capolino da una porta interna accanto alla sala.

La donna procace, in un colpo di silenzio improvvisamente si gira.
Una delle ragazze, che nel frattempo aveva origliato di nascosto la scena, dopo un’occhiata di accenno da parte della padrona, risponde timidamente – “Ma… ma che quello…? Ah, beh… sì… c’era rimasto là piantato da, boh… non sappiamo più chi… non sapevamo cosa farcene, in verità di quella carcassa di legno…” – cercando nel frattempo di capire dove diavolo Oscar volesse arrivare.
“…e così l’abbiamo lasciata là in quello stanzino a far la muffa.” – completava solerte la padrona.


Oscar nel frattempo, senza farsi attendere si era già seduta sullo sgabello sgualcito di quel povero strumento, il quale pareva chiedesse languidamente pietà.
Di muffa ne aveva parecchia per davvero, per non parlare della polvere sotto le corde della cassa, che si sollevava ad ogni pressione della tastiera.
La sguaiata padrona e la sua ballerina, volgevano ora stupite il loro sguardo verso un ammutolito André, il quale non immaginava più che piega avrebbe svolto la situazione, e subito dopo si girarono verso di Oscar, che continuava indisturbata a posare le dita sulla tastiera ingiallita, e l’orecchio teso verso il timbro della cassa.
Da buona pianista che era, applicando i suoi di studi di conservatorio, Oscar tentava di testare con attenzione le giuste tonalità, senza prestare più considerazione ad alcuno che in quel momento la stesse osservando.

“Sapete suonare il pianoforte, ehm… signor ufficiale?” – chiedeva ora curiosa la signora, cercando di cogliere la sua attenzione, assieme allo sguardo interessato della ballerina che aveva ormai messo in rassegna le prove dello spettacolo.
André, allora, spezzando quella imbarazzante atmosfera, tentò di rispondere lui al posto di Oscar con un –
“Oh, sì… lei è molto brava nei suoi spartiti, si diletta ogni sera…” – ma poi di colpo si blocca, pensando di aver commesso due gravi sciocchezze: la prima, per aver rivelato in pubblico l’identità femminile di Oscar, e la seconda, aver esplicitato un episodio di intima quotidianità fra loro due, fuori dall’ambiente rude di caserma.

“Ah davvero?” – chiese allora la padrona curiosa, il cui tono aveva risvegliato André dal suo sovrappensiero –
- “ma quindi il signor ufficiale è anche una donna pianista? Alla faccia del bicarbonato di sodio…” – constatava fra sé, roteando le orbite – “e voi quindi ditemi, sapete anche che cosa suona di bello la vostra signora bionda?” – imitando i tasti con le mani – “…non è che per caso lavorate in un locale? Ditemi, dov’è che possiamo trovarvi?” – chiedeva ancora la signora tempestando di domande André che, ancor più imbarazzato, decise di svuotare il sacco con un – “Eh… beh… per la precisione, sono stato al suo servizio da molti anni… diciamo come domestico…”
E la signora, osservandolo a bocca aperta, con la faccia di chi stava incassando una fortuna, incalzava sonoramente –
- “Aaaah pperò! …e quindi la sua signora avrà fatto certamente delle ‘scuole alte’!” – gesticolando con la mano verso l’alto – “…eh ma allora qua, c’abbiamo ‘na vera intenditrice di musica!”
E mentre André sgranava gli occhi di stupore, incapace di capire se fosse stato meglio tagliarsi la lingua o portare avanti la spiegazione, la signora nel giro di un attimo si era dileguata dalla sua attenzione.
Con un tonfo assordante di battito di mani, urlava ad alta voce:
– “Ragazze, ragaaazze! …che state a fare ancora ‘là? Venite quà…” – facendo leva col braccio – “ho trovato una soluzione coi fiocchi per il nostro spettacolo!!!” – imitando, con l’altra mano, il gesto di perfezione.
All’improvviso, le soubrettes, che nel frattempo avevano origliato anche loro, sgusciavano disordinatamente dal palchetto infondo alla sala.


Oscar, ancora ignara di tutto quello che stava accadendo, si ritrova improvvisamente mille occhi femminili puntati addosso, chiedendosi ora per chissà quale intenzione.
Il silenzio calò nell’aria.
Fu interrotto da una timida domanda:
“E’ vero quindi, signora ehm… Comandante dei gendarmi… ehm… è vero quindi che voi sapete suonare il pianoforte?” – chiedeva mestamente la padrona ad Oscar, la quale ancora non aveva capito niente.

Con un rimbalzo di sguardi Oscar lanciava occhiate confuse ad André, e lui le comunicava a sua volta con tutte le espressioni facciali che poteva, al fine di convincere la bionda a suonare, giusto quel tanto per farsi perdonare dalla rozza signora, e magari consentire agli altri soldati di continuare indisturbati l’ispezione nelle camere di sopra.

“In che senso…?” – provò a chiedere Oscar, nell’intenzione di fingersi stupida.
- “Signora Comandante… lo vedete qua voi stessa, siamo ‘na canaglia di sprovvedute, non c’abbiamo manco ‘n piffero per far schiamazzare quei quattro poveracci che vanno a bere da noi… ci serve ‘na cosa alternativa per farli rallegrare, sa’ comandante, quelli so’ uomini… hanno bisogno di essere ‘scaldati’ con qualcosa di più ‘armonioso’ delle nostre pagliacciate…” – asseriva la signora, volgendo lo sguardo verso le ragazze, speranzose di un suo sì.
E mentre Oscar, imbarazzata, si chiedeva ancora cosa mai potesse intendere quella donna per ‘armonioso’, rispondeva impacciata – “Ecco… non saprei… non conosco il vostro ‘repertorio’…” – ma le ragazze intervennero più supplicanti – “Vi preghiamo tutte quante signora Comandante, se solo aveste la cortesia di poterci fare questa piccola cosa… si tratta di danari! …quà se no si chiude baracca… almeno per questa sera…” –

E impietrita come una sfinge, Oscar dopo un paio di lunghi secondi, decise – “Va bene… vi verrò incontro… sì, bene… potrei avere uno spartito per provare…” – ma l’entusiasmo di quelle ballerine era talmente vigoroso che fu subito travolta da urla di trepidazione.



I tasti vibrarono sotto i movimenti spediti delle dita di Oscar, che armeggiavano velocemente tra il bianco dell’avorio e il nero dell’ebano, intonando un altro accompagnamento di riff, con un ritmo sostenuto molto lontano dal 3/4 dei passi di minuetto che suonava, fino a qualche anno prima a Versailles per la Regina.
Un genere differente, popolare e tradizionale, in tempo veloce, a suo parere di 4/4, dalla ripetizione ritmica e ripetutamente allegra e incalzante, quel ballo che richiamava le origini poco colte di quella gente che ora, in quel momento, batteva le mani a ritmo di danza.
Poco distanti da Oscar, le ballerine incalzavano altrettanto sostenute il ritmo, incoraggiate dai fervidi soldati della Guardia, alcuni un po’arrapati dalle provocanti ragazze, altri che ammiravano affascinati il contrasto di queste con la purezza virginale del loro Comandante che faceva sì da contrasto, ma in modo complementare, perché loro ci mettevano la prestanza fisica mentre Oscar ‘coloriva il tutto’ con la melodia.

Alain la osservava, accanto ad André, attonito e immobile come un bambino davanti una vetrina.
Per André era come fare un tuffo nel mare del passato, nei ricordi della vecchia amicizia che aveva con Oscar, quando egli con la vista ancora in salute, le portava il thé in camera, davanti al pianoforte, tra le note di Mozart, quando tutto era meno complicato e le cose non ancora 'sospese' fra loro.
I sentimenti, i rancori, i rimpianti.

Per Alain era come fare un tuffo in un mare sconosciuto, incontaminato, dove le apparenti insidie del fondale si mostravano in realtà accoglienti tra le fenditure.
Era stato ingiusto nel giudicarla tempo addietro, Oscar si era rivelata essere una donna unica nel suo genere, forte e fragile al tempo stesso, leale e giusta, nata per comandare, ma inconsapevolmente seducente e di un temperamento passionale.

Perché in quello stile di esibizione al piano, lei si mostrava passionale, gettando in un attimo tutta l'austerità di anni di educazione in uniforme.
E se una volta Alain l’aveva rinnegata come donna da ammirare, ora constatava a sé stesso di servire una donna capace di amare e degna di essere amata, perché alla fine lei, nonostante aristocratica, non aveva esitato di mischiarsi nella feccia di questa modesta gente.
Gente senza rango, senza né arte né parte, figlia di nessuno, in una squallida taverna, lei suonava in mezzo a loro facendo resuscitare una ‘carcassa di legno’, intonando coi tasti l'ennesima canzonaccia che suonata da lei, sembrava una nuova ouverture.











   
 
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