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Autore: Mahlerlucia    28/10/2019    5 recensioni
Fai le cose difficili quando sono facili e inizia le grandi cose quando sono piccole. Un viaggio di mille miglia deve iniziare con un singolo passo.
(Lao Tzu)
[Bokuto x Akaashi]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A mano a mano'
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27 ottobre: POV 2° persona
 

 
Anime: Haikyuu!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo
Rating: giallo
Personaggi: Koutarou Bokuto, Keiji Akaashi
Pairing: BokuAka
Tipo di coppia: Shonen-ai


 
 
 Buon viaggio

 
 

Chi ha detto che tutto quello che cerchiamo
Non è sul palmo di una mano
E che le stelle puoi guardarle solo da lontano...
 
 

Aprile

Le sei in punto.
I convogli sono in funzione da oltre un’ora, i pendolari aumentano a vista d’occhio. Gli annunci degli arrivi e delle partenze si susseguono senza che tu dia loro importanza, troppo intento a controllare il solito tornello, quello meno lontano dall’ingresso ovest. Conosci ciascuna delle sue piccole abitudini. Sai bene che non lo vedrai mai arrivare ad un orario che lui stesso definirebbe come ‘allucinante’; la pigrizia avrà sempre la meglio sulla sua volontà. Probabilmente non si sarà ancora alzato dal letto, ma non sei poi così sicuro del fatto che stia realmente dormendo.
Lo attende una nuova vita, lontano dai vecchi amici, da quei professori che oramai avevano imparato a conoscerlo e a chiudere anche tutti e due gli occhi ogniqualvolta i suoi compiti non risultavano essere completi o nei casi in cui le sue prove scritte non brillavano per i contenuti esposti.

Una signora si sofferma a chiederti a che ora passi il prossimo treno per Shinagawa, lo stesso che dovrebbe prendere Bokuto-san per arrivare alla Nittaidai, l’Università edochiana specializzata in scienze sportive alla quale aveva deciso di iscriversi. Ti racconta di essersi dimenticata gli occhiali a casa per la fretta; oltre a non vedere nulla, sembra anche piuttosto in ansia. Le indichi orario e binario, consigliandole anche un konbini nel quale si sarebbe potuta procurare un paio di lenti provvisorie. Non avrebbe mai potuto lavorare in maniera decente in quelle condizioni. Ti ringrazia più volte, anche se riconosci di essere tu quello che dovrebbe ringraziarla per averti distolto dalle tue preoccupazioni almeno per una manciata di minuti.

La folla aumenta in maniera esponenziale e di lui non si trova ancora alcuna traccia. Estrai per l’ennesima volta il telefono dalla tasca. Hai ricevuto una sola notifica da parte di un gruppo di studio di Facebook, nulla di più. Decidi di aprire la chat attraverso la quale Bokuto suole avvertirti di essere in ritardo; ma non può essere questo il giorno. Non si aspetta di certo di trovarti a fare il palo alla stazione di Kanda. E di certo tu non hai alcuna intenzione di rovinargli – e rovinarti! – la sorpresa.
Sospiri guardando ancora una volta l’enorme orologio posto sopra un gigantesco cartellone pubblicitario.

Le sei e trenta.
Il tempo sembra davvero non passare mai quando ci si trova in trepidante attesa di qualcuno che si sta allontanando dalla propria vita ogni giorno di più, seppur in maniera cronologicamente naturale.
 
***
 
Le sette e dieci.
Il viavai che ti circonda si è rapidamente quintuplicato. Avevi iniziato a leggere l’ultimo romanzo storico che ti aveva consigliato tua madre qualche giorno addietro. Hai dovuto rileggere le prime pagine almeno tre volte solamente per comprendere il nome del protagonista: Arnau. Meglio rinunciarci, almeno per ora.
Ma non deve essere alla cerimonia di inaugurazione per le otto e trenta? A che ora pensa di prendere il treno?

“Pista, pista, pista! Ehi, gente... scusate, ma non vorrete per caso farmi fare tardi proprio il primo giorno?”

Una voce che avresti riconosciuto persino tra tutte quelle dei sette miliardi di bipedi che popolano il pianeta Terra. Possente, squillante, solcata da una leggera inflessione colma di eccitabilità e tensione dovute al ritardo cronico. Sta chiedendo gentilmente di poter passare avanti, deve prendere per forza di cose il prossimo convoglio per poter scendere a Shibuya e cambiare linea.
Come se gli altri stessero tutti procedendo con calma.

“Bokuto-san!”

Cerchi di attirare la sua attenzione in mezzo alla folla. Non sei solito alzare la voce, la cosa t’imbarazza alquanto. Ma in quel frangente non puoi far altro che non pensarci: il tempo stringe e le occasioni saranno più uniche che rare d’ora in avanti. Sollevi le braccia e mostri quel biglietto provvisto d’integrazione per la linea della metropolitana. Avresti preferito acquistargli direttamente l’abbonamento, ma non hai portato con te sufficiente denaro.
Lo vedi voltarsi più volte prima a destra e poi a sinistra, fino al momento in cui la sua attenzione si lascia conquistare da quel braccio sollevato in maniera innaturale. La divisa della sua vecchia scuola sembra averlo riportato indietro nel tempo. Ma solamente di qualche settimana, non di più.
Il suo viso si riveste di un ampio sorriso. Un naufrago disperso in un mare di pendolari che finalmente ha trovato un viso amico, l’unico del quale può sinceramente fidarsi in quella mattinata di frenesia e titubanza mai provate prima. Non in quella maniera tanto palese, almeno.

“Akaashi!”

Si fionda tra la folla, rischiando d’inciampare in un piccolo trolley che non aveva minimamente visto. Gli corri incontro e lo sollevi per le spalle, onde evitare di vederlo ruzzolare a terra col rischio di ferirsi e di essere poi calpestato. Non lo avresti mai consentito.
In un attimo il suo sguardo imbarazzato si solleva sino a puntare i tuoi occhi lucidi; si aggrappa alle tue spalle mentre china velocemente la testa, come a volerti ringraziare per la tua perenne prontezza; oltre che per la costante pazienza.

“Akaashi, che ci fai qua?”

Passavo per caso...
Sorridi di fronte a quella domanda la cui risposta ti appare talmente ovvia da non avere nemmeno voglia di esternarla. In cuor tuo sei convinto che potrebbe arrivarci anche in autonomia, se solo si sforzasse un minimo nello spremere quelle meningi ancora appisolate.
Lo aiuti a rimettersi in piedi per poi strattonarlo appena per un braccio: nemmeno si è reso conto del fatto che insieme avete generato involontariamente una sorta di piccolo spartitraffico umano.

“Volevo salutarti.”

“Non sto partendo per gli Stati Uniti.”

“E nemmeno per l’Europa. Ma io so bene che hai capito cosa intendo...”

Koutaro rimane stranamente senza parole. Prova più volte a muovere le labbra per articolare qualche concetto di senso più o meno compiuto, anche una delle sue consuete e banali battute messe in piedi con l’unico scopo di tirarti su il morale. Ma la sua marcata emotività ha deciso di non voler affatto collaborare con lui, almeno in quel frangente tanto spinoso. Gli angoli della sua bocca s’increspano dal dispiacere dovuto a quelle lacrime che non riesci a placare. D’altronde, non rappresentano altro che l’espressione di quel dolore interiore che ti trascini dietro da diverse settimane.
Conosci un unico modo per stare meglio, anche se il contesto non è tra i più favorevoli: buttargli le braccia al collo e perderti ancora per una volta – forse l’ultima – nel suo profumo.

“Se avessi saputo che stavi così... sarei venuto ieri sera. Perché non mi hai telefonato?”

“No, avevi già tante cose a cui pensare.”

Nella foga del momento il biglietto è caduto a terra, sotto lo sguardo incuriosito dell’ormai ex capitano della Fukurōdani. Diventa per lui inevitabile strabuzzare gli occhi una volta compreso di cosa si trattasse nello specifico.

“Akaashi, vuoi venire con me?”

Sollevi il viso dalla sua spalla, totalmente spiazzato da quella sua nuova e spontanea curiosità. Certo, l’idea di assistere alla cerimonia di presentazione delle nuove matricole della Nittaidai University ti aveva trapassato la mente in diverse occasioni, così com’era poi stata velocemente accantonata. Purtroppo la cerimonia coincideva esattamente con il primo giorno di scuola e, da senpai dell’istituto, non puoi di certo permetterti di assentarti alla presentazione del nuovo corpo docenti. Un’infausta coincidenza di eventi importanti che ti ha portato a dover per forza fare una scelta.

“Non posso, mi spiace.”

“Ah, è vero! Oggi inizia la scuola, lo immaginavo. Ma allora mi spieghi... questo?”

Koutarou si piega per raccogliere il piccolo tagliando da obliterare al tornello. La destinazione segnata è proprio la sua, la fermata di metropolitana più prossima a quella che da oggi diventerà la sua nuova dimora accademica.

“Che stupido, stavo rischiando di perderlo. È il tuo biglietto. L’ho fatto io per te.”

“Alle cinque e cinquantacinque?! Akaashi, da che ora sei qui?”

“Dalle cinque e cinquantaquattro, per l’esattezza.”

“Sei impazzito? Ma hai dormito? E perché hai speso questi soldi per me?”

Distogli lo sguardo dal suo viso e punti al pavimento. La sua espressione contrita e preoccupata sta sortendo l’effetto opposto rispetto a quello desiderato. Ti sta portando nuovamente a chiuderti in te stesso, onde evitare di impensierirlo ulteriormente con il tuo insolito comportamento.
Poggi una mano chiusa a pugno sulla bocca, mentre balbetti un flebile ‘Bokuto-san, farai tardi’.

“Non m’importa un accidente di fare tardi se non mi dici cosa c’è che non va, Akaashi!”

“Non è stato un problema spendere qualche yen per te. E... non ti preoccupare, mi sveglio presto per andare a correre molto spesso, lo sai.”

Biascichi queste ultime parole cercando di far sparire quelle lacrime insistenti che continuano a cadere dagli angoli dei tuoi occhi chiari. Frughi in ogni tasca alla ricerca di un fazzoletto, ma con ogni probabilità lo avrai riposto all’interno della borsa. Prima ancora che tu possa accertartene, Koutarou ti porge il suo. Farà sicuramente parte della nuova divisa, dato che vi sono cucite le sue iniziali.

“Non vorrei sgualcirtelo...”

“Oh... che significa?”

“Rovinartelo.”

“Ma che dici? E comunque... lo vedi? Sei sempre tu il più intelligente tra i due. Dovresti salirci tu su quel treno per andare ad iniziare l’Università, non io.”

Il tono e la mimica messi in mostra nel sentenziare quelle ultime frasi ti stanno suscitando una certa ilarità. Le tue emozioni si stanno spostando all’interno della tua anima soave come le palline impazzite di un flipper palesemente da aggiustare. Passare dalla tristezza all’allegria improvvisa – ed improvvisata – non è cosa facile da gestire per chi non ama mostrare il proprio essere in pubblico. Specie di fronte alle persone che contano davvero.
Allunghi una mano per prendere quel piccolo pezzetto di stoffa che ancora attendeva di essere usato a dovere. Il contatto con la pelle calda e dura delle sue dita ti riporta nell’immediato alla realtà dei fatti.

“Non ce la faccio...”

“Akaashi, ti ho detto che non è un problema! Prendi il fazzoletto!”

Alzi il capo e con gli occhi ancora una volta gonfi di lacrime inizi a muovere la testa prima da una parte e poi dall’altra, ripetutamente. Il palmo della mano del tuo migliore amico si poggia con delicatezza sulla tua guancia umida, giusto un attimo prima di essere avvolto in un sincero abbraccio di conforto.
Le sue dita scorrono tra le ciocche scure dei tuoi capelli, mentre il ritmo lento del suo respiro si fa largo nel tuo orecchio arrossato, riportandoti pian piano alla calma. Ti solleva da terra e ti porta in una piccola sala d’attesa poco popolata. Giusto un paio di persone impegnate a parlare di azioni e quote societarie in un orario piuttosto improbabile.
 
***

“Va meglio?”

Non hai la forza di rispondere, affranto da quel sentimento al quale non riesci ancora a dare una definizione precisa; annientato dal senso di colpa per l’ulteriore ritardo che gli stai facendo accumulare; impotente di fronte alla paura di non essere in grado di affrontare nulla senza la sua preziosa aura costantemente presente al tuo fianco. Due anni vissuti in simbiosi, in perfetta sintonia anche nei momenti in cui non vi eravate trovati d’accordo sul da farsi in campo – e ce ne sono stati parecchi! –, affiatati in quella che credevate essere nulla di più rispetto ad una solida e sincera amicizia.
Ma le cose sono drasticamente cambiate negli ultimi mesi: una nuova consapevolezza si è fatta ben presto spazio tra i tuoi rigidi pensieri e da lì non si è mai più schiodata.
Bokuto-san, se la tua stella sparisce dalla mia visuale, io non sarò più in grado di giocare come ho sempre fatto.

“Ho paura.”

Non riesci ad aggiungere altro. Hai come la vaga sensazione di aver già parlato a sufficienza. O meglio, sei convinto di aver fatto danno a sufficienza con le tue inutili paranoie. In fondo, che importa al mondo delle tue remore? Perché i tuoi compagni di squadra dovrebbero fare affidamento proprio su di te e sulle tue insicurezze? Possibile che dopo due anni al fianco di uno dei cinque giocatori juniores più forti del Giappone non avevi ancora concepito la pallavolo come un divertimento? Cosa ti blocca ancora oggi?

“Di cosa?”

“Di non essere alla tua altezza. Di non meritarmi quel posto che è stato tuo e che hai saputo gestire così bene. Io non ho il tuo carisma, la tua motivazione e la tua elevazione. Io non sono in grado di-”

“Oh, Akaashi! Ma che dici? Come al solito ti stai un po’ perdendo nei tuoi numerosi pensieri. Anche uscendo dal contesto della pallavolo... Hai mai pensato di fare qualcosa senza stare a pensarci troppo? Se ti metti ad analizzare ogni singola cosa prendi sì un voto spettacolare a scuola, ma rischi di perderti gran parte delle cose belle che ti offre la vita. Ad esempio, quella di poter diventare il nuovo capitano della Fukurōdani. Nessuno meglio di te potrebbe ricoprire quel ruolo. Nessuno tra i nostri compagni ha la stessa completa visione di gioco che possiedi tu. Abbiamo già parlato tante volte delle tattiche superflue e di quanto sia importante considerare i propri limiti. Tu questo lo hai sempre fatto con parsimonia e rispetto nei confronti degli altri. Aspetta... si dice ‘parsimonia’, vero?”

Annuisci, mentre trattieni le dita centrali della mano sinistra con quelle chiuse della mano opposta. Un gesto simbolico che usi mettere in mostra ogniqualvolta ti ritrovi a riflettere in maniera approfondita circa i tuoi errori e le tue paure più o meno ingiustificate. Come in questo caso.

“Ah, bene. Dicevo... nessuno meglio di te potrà ricoprire quel ruolo anche perché conosci bene i nostri avversari di punta. Kozume, Tsuki, il Gamberetto, quel Russo alto due metri... pensi che non si trovino un po’ tutti sulla tua stessa barca?”

“Hai ragione. Anche Kozume-san...”

“Dovresti confrontarti con lui. Sai, Kuroo mi diceva che nemmeno lui se la sentiva di portare la maglia numero uno. In questo siete decisamente molto simili. Forse troppo. Mi sbaglio forse?”

“Bokuto-san è forse geloso?”

Gli concedi uno sguardo ammiccante e carico d’intesa. Avverti finalmente un senso di pace dipanarsi nella tua mente. Sospiri socchiudendo gli occhi. La sua mano posizionata pochi centimetri sotto al tuo naso t’invita di colpo a riaprirli. Sul palmo aperto ha posizionato un piccolo bottone la cui consistenza ti risulta sin da subito piuttosto familiare. Divarichi gli occhi per la sorpresa, cercando con tutte le tue forze di non illuderti in maniera eccessiva.

“Sai cos’è questo?”

“Un bottone della tua vecchia divisa?”

Fingi di fare il vago, ma le tue guance sono più rosse dell’abituale divisa della Nekoma. E questa volta nemmeno il buon Bokuto riesce a cascarci.

Ehi, ehi, ehi... Questo non è un bottone qualsiasi! Questo è esattamente quel bottone!”

Non avrebbe potuto annunciarlo in maniera più trionfante di così. Gli occhi illuminati di una nuova energia che non vedeva l’ora di poter condividere con te; le guance arrossite quanto le tue; la posizione genuflessa che nemmeno si è reso conto di aver assunto. Una dichiarazione esplicita e in piena regola.

“Sei sicuro che... proprio io... insomma, magari all’Università conoscerai-”

“Sì, conoscerò gente, indubbiamente. Ma nessuno di loro sarà mai come Akaashi!”

Afferri quel piccolo accessorio trattenendolo tra il pollice e l’indice. L’osservi da più angolazioni, quasi come se ti trovassi ad avere a che fare con un diamante grezzo rinvenuto dal nulla. Lo nascondi tra le dita e ti rivolgi ancora una volta a colui che ti ha fatto quel dono dal valore inestimabile; per quanto concretamente quel bottone d’ottone appartenuto ad una vecchia divisa non valesse un soldo bucato.

“Ne farò tesoro. Come di tutti i tuoi consigli.”

“Mi fa piacere. Ma un regalo del genere ha un significato speciale che prevede un premio.”

“A parte il fatto che andava consegnato il giorno della consegna dei diplomi.”

“Il tuo diploma arriverà a marzo.”

“Non ti arrampicare sugli specchi, Bokuto-san. Stiamo parlando del tuo diploma!”

“Akaashi!”

“Non te la prendere, sto scherzando. Piuttosto... grazie mille, davvero. Lo desideravo davvero, non sai quanto.”

Koutarou si solleva posando entrambe le mani sulle tue ginocchia. Si solleva in modo goffo dal pavimento sino a raggiungere il tuo viso, la punta del suo naso a contatto con il tuo, le rispettive labbra poste ad un paio di centimetri di distanza le una dalle altre.

“Hai idea di quanto siano belli i tuoi occhi?”

Abbassi il capo colto da una nuova ondata di genuino imbarazzo. Due dita sotto il tuo mento ti riportano a guardarlo di nuovo nelle sue iridi color delle stelle, le stesse che ti hanno illuminato per oltre due anni e che ancora stanno continuando a farlo. Fai giusto in tempo a deglutire, prima di ritrovare la sua bocca in cerca delle tue labbra carnose e rosse di desiderio.
Il vostro primo bacio, dopo mesi di tentativi ed errori, di frasi dette e parole sbeccate, di attimi da cogliere che sono stati invece dedicati esclusivamente alla pallavolo, per non destare sospetti tra i compagni di squadra. Momenti dedicati al vicendevole sostegno emotivo, ma che si erano limitati a consigli che non dovevano andare oltre quel quadrato di gioco dentro il quale eravate costretti a muovervi almeno per l’intera durata di tre set.
Le sue labbra racchiudono le tue, le stimolano, le seviziano, le inducono a dischiudersi per approfondire l’intimità. La sua lingua vorace tenta di farsi largo tra quelle morbide estremità, tra i tuoi denti, in cerca di un contatto sempre più profondo. Avverti un fremito viaggiare lungo l’intera schiena, seguito da una crescente eccitazione che si sta facendo largo nel tuo bassoventre.

Non è il luogo adatto, lo sapete entrambi. Il tizio incrociato poc’anzi non sembra più interessato solo a questioni prettamente economiche. Bokuto gli lancia un’occhiataccia, come a volergli intimare di non osare intromettersi in questione che non lo riguardano minimamente. Soprattutto se la sua espressione disgustata vuole essere un campanello d’allarme per l’eventuale presenza di pregiudizi di stampo omofobico.
 
***
 
Otto in punto.
Siete entrambi ufficialmente in ritardo, ma poco v’importa dopo ciò che è appena accaduto.
Vi stringete un’ultima volta, mentre viene annunciato l’imminente arrivo del nuovo convoglio diretto a Shinogawa. E questa volta Koutarou non può davvero più permettersi di perderlo.
Il treno frena a pochi metri dai vostri corpi avvinghiati, dai vostri cuori impazziti, dalle vostre lacrime irrefrenabili. Sì, perché ora anche lui si è unito al coro dei frignoni da te inaugurato. I capelli e i lembi dei vostri indumenti ondeggiano, fino al completo arresto del mezzo verde e bianco che vi avrebbe separati, ma mai in maniera definitiva.

“Devo andare.”

“Sì. Vai, Bokuto-san.”

Le porte si aprono per lasciar spazio ad un moltitudine di uomini e donne che si avvicendano per prendere posto tra seggiolini e banchina. Per fortuna c’è chi si accontenta anche solo di un sostegno a cui potersi mantenere.
Vi distanziate di qualche passo, senza perdervi di vista. Il tuo ex capitano cammina all’indietro, continuando a salutarti con il braccio. Il suo sguardo appare persino più serioso del consueto.
Riesce a salire a bordo giusto un attimo prima dell’immediata chiusura automatica delle porte. Ti piazzi ai confini della fatidica linea gialla, ricambiando il suo interminabile saluto. Tempo cinque secondi – contati mentalmente – e il treno sparisce in un snodo fatto di binari e ghiaia.

Le lacrime tornano a invadere il tuo viso.
La nuova vita di Koutarou Bokuto comincia da questo momento, dalla consapevolezza di avere un porto sicuro in cui poter attraccare in qualunque momento; dalla certezza di avere la persona per lui più importante sempre pronta ad accoglierlo per ogni reciproca necessità.
Ma non dimenticarti che da ora in avanti dovrai fare i conti anche tu con la tua nuova routine, con la sua assenza e con le tue nuove responsabilità. Sai bene che potrai contare sempre su di lui; e non solamente su di lui.
Ti sforzi di sorridere ottenendo come risultato una stramba smorfia malinconica. Sollevi il braccio un’ultima volta, salutando un paesaggio fatto di binari ormai vuoti; augurando a Bokuto di vivere i prossimi quattro anni con serenità e spensieratezza, com’è solito fare.

Un trillo proveniente proprio dalla vostra chat su WhatsApp.
 
“Mi sono dimenticato di dirti che sei la cosa più bella che mi sia mai capitata alla Fukurōdani. Ora è in mano tua. Falla girare a dovere! Buona vita Keiji!”
 
Buon viaggio, Bokuto-san.
 
 

[…]
Ti aspetto
Dove la mia città scompare
E l'orizzonte è verticale
Ma nelle foto hai gli occhi rossi e vieni male


Coraggio lasciare tutto indietro e andare
Partire per ricominciare
Che sei ci pensi siamo solo di passaggio
E per quanta strada ancora c'è da fare
Amerai il finale!










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio anticipatamente tutti coloro che passeranno a leggere questa mia piccola one-shot!

Il #Writober2019 prosegue, anche se mi ha visto costretta a saltare qualche prompt. Ma potevo di punto in bianco lasciare questo fandom a cui mi sto pian piano affezionando? Certo che no! E sono ‘tornata’ con un terzo pairing decisamente più ‘fanon’ e che ho imparato ad amare col tempo (anche grazie alle innumerevoli e meravigliose fanart che circolano sul web): i BokuAka! Spero di aver fatto un lavoro quantomeno decente! ;)

Prompt: POV 2° persona (casa mia, praticamente).
Anche in questo caso #GodBlessFanArtists nei secoli dei secoli per tutta l’ispirazione che mi danno ogni volta. Questa shot nasce da un’idea che avevo in mente da qualche giorno. Dato che in un recente capitolo del manga si è cominciato a parlare di ‘consegne dei diplomi’ per gli studenti del terzo anno, ne ho preso spunto per descrivere quello che potrebbe essere il vissuto emotivo di Akaashi il giorno della ‘definitiva’ separazione dal suo adorato senpai Bokuto. Chiaramente non la vive benissimo e il fatto che tenda ad esternare tutto solamente all’alba del primo giorno di distacco per gli imminenti inizi di scuola ed Università la dice lunga. Bokuto cerca di mettere una pezza dove può, anche in funzione di certe questioni importanti che aveva deciso di rimandare (si veda la consegna del secondo bottone della sua divisa come pegno d’amore).
La separazione sarà piuttosto dolorosa per entrambi, ma sono sicura che in fin dei conti non si perderanno mai, ovunque decideranno di andare in futuro. **

Il titolo della one-shot riprende il titolo della celebre canzone di Cesare Cremonini ‘Buon viaggio’ (della quale riporto la seconda strofa e il ritornello all’inizio e al termine del testo).
Il testo è scritto in seconda persona e al tempo presente (salvo qualche piccolo riferimento al passato).

Un ringraziamento speciale va agli amministratori del sito Fanwriter.it per aver permesso tutto questo! **

A presto,

Mahlerlucia
 
   
 
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