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Autore: Corvitty    28/10/2019    0 recensioni
Scuro Mediterraneo è uno scritto che parla di due semplici ragazzi del 1750, due ragazzi viventi e facenti parte di due società all'apparenza molto simili ma in realtà completamente diverse: Genova e Venezia.
Le loro storie si intrecceranno man mano che verranno coinvolti in faccende sempre più profonde e "Scure" nel loro mare per eccellenza, il Mediterraneo.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
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Scuro Mediterraneo.

Capitolo Primo:

1750.
Gaspare, quella mattina, si svegliò più assonnato del solito; forse perché aveva bevuto un po’ troppo la sera prima con quegli squattrinati dei suoi compagni di guerra, forse perché aveva sognato tutta la notte Silvia, quella bellissima ragazza che lo aveva aiutato a trovare una sistemazione in quel marasma di persone, che viveva in città e la popolava.

Ma ora ecco si dirigeva in cucina apriva il suo solito cabinetto dove teneva il pane lontano da ladri e umidità; una volta preso il solito vecchio coltello lo alzò al cielo per poi farlo ricadere sul filone di pane, tagliando una fetta piuttosto curata, che cadde sul tagliere con un semplice sbuffo.
Una volta fatta colazione con pane, un’arancia e del salame rubato al macellaio, Gaspare tornò nella sua stanzetta dove cominciò a vestirsi con le sue solite calze bucate, la camicia troppo larga, la giacchetta in pelle del padre deceduto tre anni prima e le scarpe logore dal continuo scarpinare, avanti e indietro per Venezia.

Intanto da tutt’altra parte dell’Italia precisamente a Genova, Caterina si apprestava a curarsi per il ballo di mezzogiorno, al Salone degli Assarotti per decidere chi andrà a sposare dei quattro fanciulli, di quella nobile famiglia.
Così mentre si pettinava i capelli, riccioli e biondi come oro perlaceo, si chiedeva chi dei quattro l’avrebbero obbligata a sposare, poiché, se fosse stato per lei, avrebbe preferito rimanere zitella piuttosto che sposare uno di quei mostri. Avevano infatti una cattiva reputazione gli Assarotti perché portavano tutti un protuberante naso che sporgeva qualche centimetro di troppo per i suoi gusti.
E così una volta scesa in Salone per salutare suo padre che andava a caccia, si apprestò con la sua governante a scendere in città, per acquistare un paio di camicette da notte solo nelle migliori botteghe di Genova, ovviamente.

Intanto, Gaspare, aveva già fatto il suo giornaliero tragitto quasi una decina di volte, tra il Palazzo Ducale e il Panettiere e viceversa; infatti Gaspare era ormai da quando era arrivato qui a Venezia nel 1749 che lavorava per il panettiere ufficiale dei Doge fedele da più di 50 anni; in quel’anno il Doge era Pietro Grimani che aveva goduto di pace e tranquillità, fino a quel momento, dall’inizio del suo Dogato.
Ma mentre tornava dal Palazzo alla Panetteria incontrò un uomo, che gli chiese dove stava l’attuale piazza San Marco, e Gaspare un po’ stupito lo guardò indicandogli la direzione da prendere ma poi l’uomo che sembrava aver capito dove dirigersi, cercò invece di seguirlo finché Gaspare all’ennesimo angolo dove lo vedeva spuntare, gli andò incontro e grido:”Mi scusi ma lei non ha nulla da fare se non pedinarmi tutto il tempo durante la mia giornata?!?”, fu così che l’uomo allora gli chiese di seguirlo gentilmente e senza fare proteste, Gaspare tentò di controbatter ma l’anziano Signore gli puntò un coltello al fianco, così Gaspare con nonchalance lo seguì, lo portò in uno stretto vicoletto e poi dentro ad una casa tutta buia; una volta dentro fece per girarsi per chiedere al Vecchietto che cosa volesse da lui ma sentì un dolore forte e improvviso sulla nuca, che lo fece cadere a terra mentre chiudeva gli occhi accecati dal buio pesto che aleggiava in quella stanza.

Caterina intanto era già sulla sua carrozza sferragliante che scendeva giù dalla collina, sulla strada che portava al centro di Genova, mentre chiacchierava con Donata la sua governante.
Ma fu proprio mentre discutevano animatamente del pasticcio della sera scorsa, che la carrozza si fermò di botto come bloccata da un muro; Caterina allora guardò fuori dalla finestrella e vide che Gennaro, il condottiero della carrozza, era sul ciglio della strada con le mani già legate dietro alla schiena, fu proprio quella distrazione che non capiva la quale non le fece sentire il manigoldo, che un attimo dopo la forzò ad entrare in un sacco di saio nero, dopo quello, fu solo tutto buio.
   
 
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