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Autore: ONLYKORINE    01/11/2019    3 recensioni
Tredici. Tredici è il numero della morte e della rinascita. Nella notte di Ognissanti, tredici sono i minuti, dopo la mezzanotte, in cui il mondo dei vivi e quello dei morti entrano in contatto. Ted aiuta i fantasmi a lasciare questo mondo risolvendo le loro questioni in sospeso. Cosa succederà quando dovrà aiutare anche il fantasma di sua moglie?
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tredici minuti

 

“Buongiorno, Ted!”

Ted Brown voltò il viso verso la nuova centralinista della ‘Insurance Inc.’ e le fece un cenno con il capo: non sapeva il suo nome.

Si diresse velocemente verso il suo cubicolo e si sedette alla scrivania.

“Oggi solo due!” esclamò Rosie, sua moglie, entrando dietro di lui. Ted la guardò: i suoi capelli biondi erano lisci e sciolti, mentre i suoi occhi scuri erano ancora grandi ed espressivi, solo il suo colorito era un po’ pallido, ma lo era da quando era morta e Ted non si stupiva più.

Rosalind Brown era morta da due anni, dopo una lunga malattia che lo aveva distrutto, ma, dopo tre giorni, si era presentata nel suo ufficio, sostenendo di aver bisogno di lui e promettendogli che avrebbero passato del tempo insieme.

Ted non si era fatto tante domande, non gli interessava sapere perché il fantasma di Rosie volesse stare con lui, ma poterla vedere tutti i giorni era fantastico e lui aveva accettato la cosa senza problemi.

Rosie, quella volta, si era seduta sulla sua scrivania con in mano un blocchetto e una penna trasparenti e aveva iniziato a presentargli un po’ di persone. Persone morte, per l’esattezza; tutti quelli che lei gli presentava erano fantasmi. E tutti avevano bisogno di lui.

Ted aveva capito che ciò che impediva loro di attraversare la barriera e di lasciare per sempre il mondo dei vivi erano le questioni irrisolte e Rosie voleva assolutamente che lui aiutasse tutti quegli spiriti a compiere il grande passo e lasciarsi alle spalle il passato.

Così lei aveva ideato un piano per poter accontentare tutti: lui li avrebbe aiutati a sistemare le cose che non potevano più fare e gli spiriti lo avrebbero aiutato nel suo lavoro sfruttando le loro capacità.

Andava avanti da due anni e funzionava a meraviglia: un fantasma voleva far sapere ai familiari di aver lasciato nel pc un manoscritto che avrebbe voluto pubblicare? Ted lo avrebbe aiutato e lo spettro, in cambio, avrebbe scoperto se la persona su cui Ted indagava per lavoro, stesse tentando di imbrogliare l’assicurazione.

Uno scambio equo, insomma: centinaia di spiriti che potevano oltrepassare la barriera, lasciandosi alle spalle le questioni irrisolte, e lui che poteva fare carriera semplicemente compilando il registro degli assistiti fraudolenti o meritevoli di risarcimento.

“Due?” chiese. Bene, quel giorno non avrebbe poi lavorato tanto, sperando che non fossero cose troppo impegnative. La settimana prima aveva dovuto scavare una buca al parco cittadino perché un fantasma non riusciva a perdonarsi di aver nascosto al fratello il suo giocattolo preferito e di averlo sotterrato perché nessuno potesse trovarlo e scoprire che era rotto. 

E dopo innumerevoli buche dovute a vuoti di memoria ed essere scappato dalla polizia per violazione di proprietà comunale, Ted era riuscito ad avere il giocattolo e un gran mal di schiena che lo aveva accompagnato per tre giorni.

“Sì. Ti lascio prendere il caffè e torno dopo” si congedò la moglie, sparendo.

Ted rimase di sasso: caffè? Quale caffè?

“Ted, vuoi un caffè?” La centralinista si affacciò alla porta aperta e gli sorrise. Era una ragazza strana: aveva una matita infilata sulla sommità della testa, in una crocchia di capelli ricci e un paio di occhiali scuri dalla forma bizzarra le facevano risaltare gli occhi chiarissimi.

“Oh, sì grazie…” Si bloccò quando non seppe come chiamarla.

“Ecco!” esclamò lei, senza accorgersi della sua gaffe. Entrò nell’ufficio con una tazza in mano. “Due zollette e poco latte, giusto?” Lei gli sorrise e Ted non seppe cosa dire. La ragazza arrossì e spiegò, sottovoce: “L’ho sentito mentre lo dicevi a Nick Torn della contabilità…”

Ted annuì. Era vero, aveva spiegato a Torn che doveva ricordarsi di rimettere il latte in frigo, dopo averlo utilizzato, così che lo potessero usare anche gli altri. Era un idiota.

“No, non è un idiota” disse lei, stranita.

Oh. Ted s’imbarazzò e non disse più niente. Che figura da povero sciocco aveva appena fatto! “Scusa, ho parlato a voce alta…” cercò di scusarsi.

Lei fece un sorriso triste e annuì. “L’ho sentito dire”. Cosa?

“Cosa hai sentito?” le chiese.

“Che quando sei da solo parli a voce alta...” Come? Chi lo diceva? Si guardò intorno, ma vide solo le pareti del suo cubicolo. Ma, mentre guardava il calendario dei Grifondoro, sentì Jerome, del cubicolo a fianco, borbottare contro il computer e anche la voce di Tamara, di due uffici più giù, che spiegava al telefono come spedire un modulo.

Non ci aveva mai fatto caso. Chiunque poteva sentire quello che si diceva e probabilmente qualcuno lo aveva sentito mentre parlava con Rosie o gli altri fantasmi.

Il telefono del centralino suonò e la ragazza corse via per andare a rispondere.

Ted finì il suo caffè e aprì una cartella sul pc: l’elenco degli assistiti. Stava leggendo di come la casa di un certo Sprike fosse stata svaligiata senza portare danni agli infissi, quando una voce lo distrasse dai suoi pensieri. “Sei Ted?”

Ted girò lo sguardo dal monitor alla porta e vide, sulla soglia, un ragazzino di circa dieci anni vestito in jeans, ma con la camicia, la giacca e la cravatta.

“Buongiorno” lo salutò Ted. Il ragazzino fece un passo avanti dopo aver guardato dietro di sé.

“Mi vedi davvero?” domandò e lui annuì.

 

Non era facile incontrare bambini in un posto come quello, così Ted gli chiese: “Sei morto, giusto?” Lui annuì. “Mi spiace, ma per avere il mio aiuto, dovrai passare da Rosie e metterti in fila…” gli spiegò.

“Cosa dovrei fare?” chiese il piccolo con una vocina strana e mettendo il broncio.

Ted sospirò. “Siediti” gli disse, spostando la sedia da sotto la scrivania con il piede. Il ragazzino si sedette e si guardò intorno.

“Come ti chiami?” gli chiese Ted, un po’ imbarazzato. Cosa si faceva con un fantasma? Gli si offriva da bere? No. Loro non bevevano. Una caramella? No, neanche, ma tanto non ne aveva.

“Nick, Nicholas Peek” rispose il fantasmino, guardando l’orologio di Harry Potter alla parete. Ted lo guardò e gli ricordò Rosie: glielo aveva regalato lei.

“Non sei un po’ cresciuto per credere in Harry Potter?” gli chiese il ragazzino, un po’ acido, mentre guardava con uno sguardo strano il portapenne a forma di Cappello Parlante sulla sua scrivania.

Ted si grattò la testa. Era la prima volta che incontrava un ragazzino a cui non piacesse Harry Potter, che lui invece adorava. Si guardò intorno: aveva tantissimi gadget.

“Sto parlando con un ragazzino morto che indossa una cravatta, vedi tu” sostenne, in tono forse un po’ presuntuoso. Beh, se lui aveva bisogno del suo aiuto, poteva almeno essere gentile, no?

Il fantasma alzò un sopracciglio e il suo sguardo, nonostante fosse pallidissimo, lo trafisse come se fosse stato un bambino in carne e ossa. Un bambino odioso. “Giusto” disse, con una smorfia.

“Ehi, eri così simpatico anche da vivo?” gli chiese, ironico. Il piccolo inclinò la testa e Ted si pentì di aver usato quel tono.

“Ascolta… mi hanno detto che puoi aiutarmi, devo sembrarti simpatico per avere il tuo aiuto? Se vuoi posso anche dirti che mi piacerebbe infestare Hogwarts, se può servire” domandò, in tono stizzito. Veramente odioso.

“Conosci il nome della scuola. Cos’è, ti vergogni a dire che ti piace il maghetto?” esclamò Ted, divertito per la prima volta da due anni a quella parte.

“Mi ricorda brutte cose” disse il bambino e Ted si sentì stupido: gli ricordava la vita.

“Cosa dovrei fare per farti passare la barriera?” domandò, per sviare il discorso.

Il fantasma tornò a guardarlo e si fece più attento. “Vorrei che le dicessi che non è stata colpa sua e che non la odio, anche se l’ho detto” disse, tutto d’un fiato.

Come? Ted si mise più dritto e finì con un lungo sorso il suo caffè prima di posare la tazza sulla scrivania. “A chi lo devo dire, a tua madre?” chiese.

“A mia sorella” precisò Nick.

Ted aveva conosciuto fantasmi che erano stati uccisi e desideravano vendetta, ma uno spirito che gli chiedesse di parlare con qualcuno per confortarlo, no, non gli era ancora successo.

“Glielo dirai?” chiese ancora Nick. Ted lo guardò: sapeva che non doveva farsi coinvolgere. Se iniziava a distribuire favori senza avere nulla in cambio sarebbe stata la fine, ne avrebbero approfittato tutti.

Ma era un bambino, cavolo. E aveva dieci anni. Aveva mai vinto una partita di baseball? Aveva mai saltato una lezione a scuola? Aveva mai baciato una ragazza? Quante cose si era perso? E ora voleva che consolasse qualcun altro. Era un bravo bambino. Odioso, ma bravo.

Poteva dirgli dei tredici minuti. Solo a lui, a nessun altro. Tredici minuti sarebbero bastati per parlarle.

“E tu chi sei?” esclamò Rosie. Anche il ragazzino si girò verso sua moglie.

“Vuole che dica delle cose a sua madre” spiegò Ted.

“Mia sorella, ho detto!” esclamò il piccolo, indispettito. “Sei sicuro di sapere quello che fai?”

“Sì, che so quello che faccio, altrimenti fattelo da solo!” Anche Ted si era innervosito. Nick incrociò le braccia, sbatté un piede per terra e sparì.

“Che succede?” chiese Rosie, avvicinandosi a lui, quando notò il suo nervosismo.

Ted ci pensò un po’. Non sapeva come fare. “Vorrei aiutarlo… Se gli dicessimo dei tredici minuti?” propose.

Rosie sospirò. “È un rischio, se lo sapessero tutti…”

Sarebbe stato il caos, lo sapeva bene. “Solo a lui” precisò.

Tentarono di abbracciarsi ma rimasero delusi quando non riuscirono a toccarsi. “Cavolo!” gridò.

“Tutto a posto, Ted?” La centralinista mise la testa dentro al piccolo ufficio e gli fece un sorriso. L’uomo rimase a guardarla. Lei avrebbe potuto toccarla.

“Dille di sì, Ted” gli suggerì Rosie.

Ted scosse la testa per scacciare il pensiero e rispose: “Sì, sono inciampato”. Non voleva che lo trovasse strano. La ragazza annuì e se ne andò.

“È carina” disse Rosie. Ted, che guardava ancora la porta, borbottò qualcosa. “Ti piace?” chiese ancora Rosie. Ted la guardò.

“Ma che domande fai!” esclamò. Quando si rese conto di aver gridato, abbassò la voce: “Sei mia moglie!”

“Sono morta, te ne sei accorto?” domandò e lui sbuffò.

“Ma sei qui!” Cercò di tenere il tono della voce basso.

“E ti sei chiesto il perché?”

“Avrai questioni in sospeso” rispose, scrollando le spalle.

“Tipo far sapere a mia sorella che ho baciato il suo ragazzo quando lei aveva la varicella?” La voce di Rosie era un po’ strana.

“Hai una sorella?” Ted corrugò la fronte: ma non era figlia unica?

“Ted! La mia questione in sospeso sei tu!”

“Io? Perché?” Anche Rosie sbuffò.

“Non riuscivo a lasciarti. Avevo paura a lasciarti solo. Ma ora…” continuò, guardando verso la porta dove era uscita la ragazza. “Devo scoprire qualcosa su quella ragazza. Dovreste uscire insieme” disse, sparendo dall’ufficio.

No! Ted avrebbe voluto fermarla. Lui non voleva uscire con la centralinista carina. Perché sua moglie voleva farlo uscire con un’altra? Sbuffò e si rimise al pc: tanto valeva lavorare e non pensare alla ragazza. Però forse…

***

“Buongiorno Ted!” lo salutò la centralinista il giorno dopo.

Ted sorrise. Sì, effettivamente era carina. “Buongiorno” le rispose. Si fermò senza procedere verso il suo ufficio. Invitarla a uscire forse non era sbagliato. Si sforzò di leggere il nome sul cartellino: dannazione, era troppo lontano. Sarebbe stato scortese chinarsi in avanti?

Tentò un movimento per guardare meglio, ma una voce lo spaventò: “Si chiama Catherine, Ted”, e lui sobbalzò.

“Lo so!” mentì alla moglie, quando se la trovò accanto.

“Ted?” gli chiese, stranita, la ragazza.

“Sì, Catherine, scusami” si scusò lui.

“Bravo! Così sa che sai il suo nome! Ora chiedile di uscire” esclamò Rosie.

Il fantasma di Nicholas apparve accanto alla moglie e chiese: “Cosa state facendo?”

“Ted sta per chiedere a Catherine di uscire” spiegò Rosie al fantasmino.

“No!” gridarono sia Ted che Nicholas; subito dopo si guardarono stupiti. “Perché non vuoi?” chiesero, di nuovo insieme uno all’altro. Ted si innervosì. Perché il ragazzino che odiava Harry Potter non voleva che uscisse con la centralinista?

“Ted…” iniziò di nuovo Catherine “Sei sicuro di sentirti…” Ted si voltò verso di lei e le sorrise ancora. Ora voleva chiederle di uscire solo per far dispetto al ragazzino.

“No, sto bene. Pensavo… ti piacerebbe… uscire insieme…” iniziò, ma poi s’intartagliò. Come si chiedeva a una ragazza di uscire? Erano secoli che non lo faceva. Guardò sua moglie che gli sorrideva e annuiva: certamente era una situazione bizzarra.

“Venerdì” consigliò Nicholas, con una strana smorfia.

“Sì, venerdì è perfetto!” esclamò anche Rosie.

“Venerdì non posso io!” sbottò Ted.

“Ted…” Catherine girò intorno alla reception e gli andò vicino, mettendogli una mano sul braccio “Non preoccuparti, anch’io venerdì ho un impegno…” disse ancora, con un sorriso timido. Ted immaginò che fosse una scusa, che lo credesse un imbranato e cercò di non rimanerci male.

“Ti sta liquidando, vieni via, amico” disse il ragazzino, con un ghigno sul viso. Ted lo guardò malissimo. Era alle spalle della ragazza e non dovette sforzarsi più di tanto.

“Ok, ho capito” disse, rassegnato. Il ragazzino rise forte e lui girò le spalle per non rispondergli male.

“Facciamo la settimana prossima?” chiese lei. Ted la guardò: l’aveva impietosita? Oddio che situazione! Non doveva andare così. Scosse le spalle e si allontanò camminando all’indietro.

“La conosci, vero?” Rosie si avvicinò a Nicholas e insieme osservarono Catherine che tornava al suo posto guardando Ted andare via. Il ragazzino annuì.

“È mia sorella. O devo dire ‘era’? È successo tempo fa…” rispose il fantasmino.

“È con lei che devi scusarti?” Lui annuì e Rosie continuò: “Ok, facciamo così: io ti svelo come fare per parlarle e tu mi aiuti a farli mettere insieme. Sembra una brava ragazza e vorrei che Ted fosse felice”. Il ragazzino la guardò un po’ stranito. “La tratterà bene, non preoccuparti” disse ancora.

“Certo che siete strani, voi” dichiarò. “Ma va bene”. Le allungò la mano, ma poi la ritrasse: era un fantasma, niente contatti.

“Tredici. Tredici è il numero della morte e della rinascita. Nella notte di Ognissanti, tredici sono i minuti, dopo la mezzanotte, in cui il mondo dei vivi e quello dei morti entrano in contatto. In quei tredici minuti lei potrà vederti e tu potrai parlarle, ma solo quella notte. La sera del trentuno ottobre, allo scoccare della mezzanotte, potrete salutarvi” spiegò Rosie, serissima.

 “Solo tredici minuti?” chiese Nicholas, pensando.

“Ben tredici minuti!” lo corresse Rosie. Nick annuì.

“Catherine venerdì andrà alla…” iniziò a spiegare e Rosie, quando scoprì l’impegno della ragazza, sorrise felice.

***

“Non verrò stasera, ok?” Rosie guardava il marito vestirsi e impugnare la bacchetta: sarebbe andato alla festa di Halloween. Solo.

“L’avevo immaginato: vuoi lasciarmi” rispose Ted, inforcando un paio di occhiali finti dalle lenti tonde.

“Ted…” La voce di Rosie si perse, ma era ancora sicura “Te l’ho spiegato: è giusto così. Non hai voglia di tornare ad amare? Di baciare o abbracciare qualcuno?” Stranamente, Ted annuì.

“Lo so, hai ragione. È che mi sembra di tradirti.”

“Ci siamo amati, finché sono stata qui, ora è arrivato il momento di andare avanti” spiegò. Lui annuì ancora e lei continuò, cercando di sdrammatizzare il momento: “Devi farti la cicatrice sulla fronte”.

“Non sarò Harry Potter. Alla festa a tema ce ne saranno tanti. Io sarò James, suo padre. Quest’anno è l’anno dei cambiamenti, no?” spiegò. Rosie annuì. “Andrai da Rob Pittor? Il tuo ex?” le chiese uscendo di casa, sorridendo.

“Pensavo di andare da mia madre… ma quello stronzo di Rob si meriterebbe un bello scherzetto, effettivamente!” Risero tutti e due.

***

Quando vide il piccolo Nicholas, Ted non si meravigliò più di tanto. “Tua moglie mi ha detto dei tredici minuti” incominciò. Ted annuì e il piccolo gli raccontò della sorella, a cui aveva gridato di odiarla prima di essere investito. Lei ora si sentiva in colpa e lui voleva che lei potesse andare avanti. “Vorrei che fosse felice…”

Doveva essere più o meno quello che voleva Rosie per lui. Annuì. “Sei un ragazzino in gamba. Lei è qui?” gli chiese.

Il piccolo indicò una ragazza dai capelli rossi vicino alla portafinestra. “Anche lei adora Harry Potter. Ma ricorda, è vestita da Lily Evans, non da Ginny” spiegò. Ted sorrise senza capire bene.

“Sono emozionato” disse Nick, guardando la sorella.

“Andrai alla grande” lo incoraggiò Ted e pensò di dargli una pacca sulla spalla, ma si ricordò che lui era un fantasma.

“Buona fortuna” disse, quando si sentì un orologio scoccare la mezzanotte: la ragazza si girò e Ted riconobbe Catherine. Ecco perché non poteva uscire con lui! Il piccolo sparì e Ted si diresse alla terrazza: Rosie non sarebbe venuta ma non si sentiva più così solo come prima. Uscì solo dopo aver spiegato a ben due ragazze che non era Harry Potter e sbuffò: forse aveva sbagliato tutto.

 “Tesoro!” La voce di Rosie lo fece voltare di colpo e lei si avvicinò a lui, posandogli le mani sulle guance. Si chinò su di lui e lo baciò delicatamente sulle labbra. “Ti voglio bene”

Era venuta a salutarlo. “Anch’io, Rosie. Addio” le disse, stringendole la mano e lei sparì, sorridendo.

Quando le note di una canzone lenta arrivarono sulla terrazza, si avvicinò a Catherine, seduta su una panchina che guardava il cielo.

“Lily, balli con me?” le chiese, inchinandosi.

Lei alzò gli occhi di colpo e lo riconobbe. “Ted!” Rise. “Sei James!”

“E se fossi Harry?” chiese lui.

“Non hai la cicatrice” disse lei, semplicemente.

Ted sorrise e le prese la mano, facendola alzare. “Ecco perché Nick mi ha detto di cercare l’unico sfigato vestito da James!” esclamò lei divertita e, mentre la guardava, Ted notò che aveva gli occhi rossi di pianto.

“Volevo scusarmi per come mi sono comportato, ti giuro che non sono pazzo” disse lui. Catherine annuì.

“Lo so. Hai fatto in modo che potessi vederlo l’ultima volta” disse lei e Ted annuì. “Grazie, allora. Accetto il tuo ballo, James”.

Alzò lo sguardo dietro di lei e vide Rosie e Nicholas salutarlo mentre si tenevano per mano. Quando sparirono, riportò lo sguardo su Catherine e la prese fra le braccia.

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***Eccomi giusto in ritardo con una storia su Halloween!!! Altro contest, non so perchè abbia aspettato tanto a pubblicare effettivamente... vabbè... traccia rigidina... e 'solo' 3000 parole


   
 
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